sabato, marzo 28, 2009

Il diritto tra paura e sicurezza.


L'iniziativa assunta dai penalisti italiani di proclamare una dura astensione dalle celebrazioni delle attività giudiziarie, dal 30 marzo al 3 aprile, deve essere anche l'occasione, oltre che per esprimere perplessità nei confronti delle nuove misure emergenziali in tema di sicurezza, di ribadire la necessità di un diritto penale che operi quale extrema ratio.
Inammissibile è il ricorso allo strumento penale per intervenire nel campo degli squilibri sociali.
Così facendo non si favoriscono processi di integrazione sociale, non si pensa seriamente a predisporre un efficace contrasto politico alle crescenti aree di marginalità e di nuova povertà, pozzo senza fine di vittime sacrificali da donare al crimine, ma si assiste ad una discutibile concezione della sicurezza urbana che comporta il sacrificio delle garanzie costituzionali, subordinate agli esclusivi interessi della difesa dello Stato e delle istituzioni che devono apparire nerborute, ma mai solidali.
D'altra parte, senza ipocrisie, oggetto della discussione è la creazione di un'opinione pubblica che vede nel fenomeno migratorio la principale causa del dilagare della criminalità.
Ed allora è naturale conseguenza, di questo articolato contesto, che ci troviamo di fronte a opzioni legislative che prediligono il diritto penale dell'autore, anziché del fatto, attraverso la decretazione d'urgenza che espropria il Parlamento dalla funzione legiferante.
Questa condizione fa pensare all'affermarsi di una democrazia sempre più autoritaria e totalizzante, come reazione anche alla progressiva perdita di controllo di regolazione dei conflitti, da ricercarsi nella fine della opposizione parlamentare della sinistra ed alla elusione dell'antagonismo di classe con tentativi di mediazione politica più simili a cabotaggi di scarso raggio.
Si è di fronte, quindi, a strategie repressive volte alla neutralizzazione dell'individuo come immediata conseguenza del bisogno di fronteggiare l'attuale situazione di crisi sociale.
Si ripropone, insomma - è la strada più facile e più breve - un sistema punitivo incentrato sul reo, piuttosto che sul reato.
In definitiva, l’impressione prevalente è che in questa fase storica si stia rinunciando alla via politica a vantaggio di quella giudiziaria.
E questo mediante l'affermazione di un diritto penale del nemico, ove le garanzie dell'accertamento del fatto in una giurisdizione piena nella quale il giusto processo sia la musa ispiratrice, vengono considerati orpelli inutili e da eliminare.
Avv. Cecchino Cacciatore
Consigliere dell'Ordine degli Avvocati Salerno

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