venerdì, febbraio 27, 2009

Il Cnf approva la riforma della professione.


Roma 27/02/2009. Più selezione per diventare avvocati, formazione e assicurazione civile obbligatoria, istituzione presso i Consigli dell’Ordine dello Sportello per il cittadino, controllo sulla correttezza dei legali più serrato.
E’ pronta la riforma della professione di avvocato.
Oggi il Consiglio nazionale forense ha approvato il testo che modifica, dopo 70 anni, l’ordinamento professionale degli avvocati con l’obiettivo di garantirne qualificazione e professionalità, un serrato controllo disciplinare e una loro responsabilità sociale.
“La riforma della professione è uno degli obiettivi prioritari di questa consiliatura, insieme con la promozione di una maggiore qualificazione professionale degli avvocati tramite la formazione”, ha dichiarato il presidente Guido Alpa.
“Abbiamo raggiunto un risultato epocale per la categoria, che aggiornerà sotto diversi profili la professione forense. Come promesso al Ministro Guardasigilli Angelino Alfano, che nel congresso di Bologna a novembre aveva dichiarato di attendere una proposta unitaria, il Cnf in qualità di istituzione con poteri di proposta al governo, dopo un’opera di drafting normativo, gli consegnerà questo testo augurandoci che possa presto trovare l’approvazione in Parlamento, nell’ambito della più ampia riforma della giustizia”.
Il plenum del Cnf, approvando oggi l’articolato di riforma, ha posto il suggello a una intensa attività di proposta e coordinamento svolta in tutti questi mesi dalla rappresentanza istituzionale dell’avvocatura, per mettere a punto un testo che risultasse largamente condiviso da tutte le componenti (Ordini, associazioni forensi, Oua e Cassa di previdenza).
Nel corso dei mesi il Cnf ha indetto numerose assemblee e negli ultimi due ha coordinato una commissione consultiva costituita ad hoc.
Gli obiettivi della riforma.
Consentire l’accesso e la permanenza nella professione ai più meritevoli e a chi esercita effettivamente; puntare a una maggiore qualificazione e preparazione dei professionisti, introducendo limiti all’accesso, potenziando la formazione iniziale dei professionisti e imponendo l’obbligo di formazione permanente; garantire la trasparenza verso i cittadini con l’obbligo dell’assicurazione per responsabilità civile, la istituzione di sportelli di informazione presso gli Ordini locali, aprendo alla possibilità per gli avvocati di farsi pubblicità nei limiti della dignità e decoro; garantire un maggiore controllo sulla correttezza, mantenendo la giurisdizione domestica ma garantendo la terzietà del giudice. Di seguito le principali novità contenute nel testo proposto dal Cnf in dettaglio.
Società tra avvocati.
Sono ammesse, anche di natura multidisciplinare. Vietate quelle di capitali. Saranno iscritte in un elenco speciale aggiunto all’albo forense.
Specializzazioni.
Per la prima volta sono riconosciute le specializzazioni. L’avvocato potrà fregiarsi del titolo di specialista (per esempio in diritto di famiglia, societario, tributario, penale etc.) dopo aver seguito scuole e corsi di alta formazione di durata non inferiore a due anni e per un totale di almeno 400 ore di formazione complessive, al termine dei quali sosterrà un esame presso il Cnf, che rilascerà il titolo.
Pubblicità.
E’ consentito all’avvocato dare informazioni sul modo di esercizio della professione, purché in maniere veritiera, non elogiativa, non ingannevole e non comparativa.
Formazione permanente.
L’avvocato ha l’obbligo di curare il costante e continuo aggiornamento per assicurare la qualità delle prestazioni professionali nell’interesse degli utenti.
Assicurazione.
Il testo di riforma prevede anche l’obbligo per il legale, pena l’illecito disciplinare, di stipulare una polizza di assicurazione per la responsabilità civile, volta a coprire anche i valori ricevuti in deposito.
Tariffe.
Il compenso è sempre pattuito tra avvocato e cliente e l’avvocato è tenuto a render nota la complessità dell’incarico fornendo le informazioni utili circa gli oneri ipotizzabili al momento del conferimento. In mancanza di accordo si applicano le tariffe professionali vincolanti nel minimo e nel massimo. Al proposito il Cnf sta lavorando a una ipotesi di semplificazione del tariffario, da sottoporre all’approvazione del ministero.
Fuori dagli albi chi non esercita effettivamente.
La riforma impone nuove regole per la iscrizione all’albo e la permanenza nell’albo: aver superato l’esame di abilitazione non oltre i cinque anni precedenti la domanda di iscrizione e dare prova di esercizio effettivo e continuato della professione. Il testo di riforma predisposto dal Cnf regola anche la permanenza nel registro dei praticanti: cinquant’anni di età e non oltre sei anni dal rilascio del certificato di compiuta pratica.
Diventa anche più difficile l’iscrizione nell’albo dei cassazionisti, subordinato non solo all’anzianità di esercizio della professione ma anche alla frequenza della Scuola superiore dell’avvocatura con verifica di idoneità.
Sportello per il cittadino.
Ciascun consiglio dell’ordine istituisce uno sportello volto a fornire informazioni e orientamento ai cittadini per le fruizioni di una prestazione professionale di avvocato e per l’accesso alla giustizia.
Accesso alla professione.
Si renderà più uniforme la valutazione dei candidati, che saranno seguiti in un percorso formativo realizzato in stretta collaborazione con le Università. E’ previsto un test informatico di ingresso per la iscrizione al registro dei praticanti. Il tirocinio dura due anni e si compone di pratica e contestuale frequenza obbligatoria di corsi di formazione di almeno 250 ore complessive di formazione nel biennio. Decorso il primo anno di pratica, al praticante è dovuto un adeguato compenso. Il certificato di compiuta pratica consente di partecipare alla prova di preselezione informatica per le tre sessioni immediatamente successive. L’esame di stato si sostiene nella sede di Corte d’appello nel cui distretto il praticante ha svolto il maggior periodo di tirocinio.
L’esame si articola in una prova scritta e in una prova orale.
Procedimento disciplinare.
Cambiano le regole per i “processi” agli avvocati per rendere il giudice domestico più terzo e imparziale. L’attività istruttoria viene demandata a un collegio istruttore di disciplina istituito a livello distrettuale, composto da avvocati eletti fra gli iscritti all’albo da ciascun consiglio dell’ordine circondariale. Il giudizio si svolge presso un collegio giudicante formato da sette componenti effettivi di cui quattro avvocati provenienti dagli Ordini del distretto e tre dal Consiglio dell’ordine al quale appartiene “l’incolpato”. In caso di proscioglimento dagli addebiti, l’autore dell’esposto (cittadini e/o avvocato) può presentare al procuratore della Repubblica una richiesta motivata di impugnazione. Il Cnf vigila sull’attività disciplinare svolta dai Consigli dell’Ordine locali al fine di assicurare un uniforme regime sanzionatorio di tutti gli iscritti agli Albi.

La Cassa di Previdenza Forense sulle spalle dei giovani !!


L’Aiga, nel corso della audizione dinanzi alla Commissione Parlamentare di Controllo delle Attività degli Enti Gestori di forme obbligatorie di previdenza ed assistenza sociale presieduta dall’On. Nino Lo Presti, ha manifestato la preoccupazione dei Giovani Avvocati per una riforma della Cassa di previdenza forense – approvata dal comitato dei Delegati in scadenza – che, mantenendo il sistema retributivo a ripartizione, addossa il costo dell’enorme debito già contratto dall’Ente esclusivamente sulle più giovani generazioni di contribuenti.
“Stupisce”, ha sottolineato il presidente Sileci, “che il Ministero dell’Economia e della Finanza abbia espresso parere favorevole in merito alla riforma previdenziale ed allo stesso tempo abbia segnalato che essa non appare in grado di risolvere in via definitiva le problematiche legate all’equilibrio strutturale della gestione. Una riforma è tale - ha concluso Sileci, - quando è in grado di risolvere compiutamente i problemi, garantendo a tutti doveri e diritti, evitando sperequazioni e determinando stabilità: lo stesso ministero dell’Economia ha rilevato che non è così e questo rende ancora più inaccettabile il visto favorevole espresso. Auspichiamo che il controllo omesso dal dicastero Economico sia effettivamente svolto dal ministero della Giustizia, cui per competenza il testo è stato inviato”.

giovedì, febbraio 26, 2009

CNF: incostituzionale efficacia di giudicato del patteggiamento nei procedimenti disciplinari?


Il Consiglio nazionale forense ha messo in dubbio la legittimità costituzionale delle norme del codice di procedura penale che conferiscono efficacia di giudicato alla sentenza di patteggiamento nel procedimento disciplinare a carico di avvocati.
L'attuale assetto normativo infatti, vincolerebbe gli organi disciplinari in ordine all'accertamento dei fatti, alla responsabilità dell'agente e all'affermazione dell'incolpato ha commesso il fatto.
Il CNF con un'ordinanza inviata alla Corte Costituzionale ha pertanto sollevato questione di costituzionalità degli articoli 445, comma 1 bis e 653, comma 1 bis del codice di procedura penale in quanto sospettati di contrastare con i principi costituzionali di uguaglianza (con riferimento al canone della ragionevolezza, articolo 3, comma 2), di difesa (articolo 24, comma 2) e del giusto processo (con riferimento alla garanzia del contraddittorio, articolo 111, comma 2)".
Secondo quanto afferma il CNF “ll combinato disposto delle norme contestate, nel testo risultante a seguito delle modifiche apportate nel tempo (ad opera della legge numero 97/2001 e della legge numero 134/2003), conferisce, infatti, efficacia di giudicato anche nell'ambito dei procedimenti disciplinari non solo alla condanna pronunciata a seguito di dibattimento, ma anche alla sentenza di cosiddetto patteggiamento (pena concordata, articolo 444 Cpp) [...] tutto ciò - secondo il CNF - contrasterebbe col principio costituzionale della ragionevolezza delle leggi perchè, da una parte, si equiparano, quanto all'effetto, due sentenze strutturalmente diverse (quella di condanna a seguito di dibattimento e quella di patteggiamento) e tra di loro non assimilabili così come più volte ritenuto dalla stessa Corte di cassazione; dall'altra si crea una ingiustificata disparità di trattamento tra chi è sottoposto a procedimento disciplinare e chi subisce un giudizio amministrativo, o civile, visto che in quest'ultimi casi il cpp nega efficacia di giudicato alla sentenza di patteggiamento".
"Inoltre – continua il Cnf- le norme violerebbero il diritto di difesa e il principio del contraddittorio visto che non consentono all'interessato e al Consiglio nazionale forense in sede giurisdizionale, anche nella sua veste di giudice di merito, di assumere tutte le iniziative istruttorie ritenute opportune e necessarie per ricostruire la portata fattuale dei comportamenti".

Arriva in Senato il testo sulla riforma del processo civile.


Il ddl manovra approdato nell'Aula del Senato, dopo esser stato approvato dalla Camera, contiene anche una parte sulla riforma del processo civile dove è modificata la norma sul filtro per i ricorsi civili in Cassazione.
È saltata la norma introdotta dall'opposizione che prevedeva l'inammissibilità dei ricorsi contro le sentenze d'appello che confermano quelle di primo grado e il filtro torna ad essere quello disegnato in Consiglio dei ministri.
Ammissibili sarebbero, dunque, quattro tipi di ricorsi in cassazione: 1) quando il provvedimento impugnato «ha deciso le questioni di diritto in modo difforme da precedenti decisioni della Corte»; 2) quando l'istanza ha per oggetto una «questione nuova o una questione sulla quale la Corte ritiene di pronunciarsi per confermare o mutare il proprio orientamento» o quando vi è contrasto di giurisprudenza; 3) quando «appare fondata» la denuncia di violazione dei principi del giusto processo; 4) quando si è di fronte ai ricorsi cosiddetti nell'interesse della legge.
Il presidente della commissione Giustizia, Filippo Berselli, ha detto che «è stato preferito il testo presentato alla Camera e il ministro Alfano ha aderito alla richiesta di ritirare l'emendamento depositato e si è tornati al testo originariamente proposto dal governo».
Intanto, l'opposizione ha annunciato la presentazione di tutti gli emendamenti che sono stati bocciati in commissione.

mercoledì, febbraio 25, 2009

Consulta: Francesco Amirante eletto Presidente.


ROMA (ansa) - E' Francesco Amirante il nuovo presidente della Corte Costituzionale. Succede a Giovanni Maria Flick, il cui mandato è scaduto lo scorso 18 febbraio. Amirante è stato eletto a scrutinio segreto dai 15 giudici della Consulta.
Come primo atto, il neopresidente Francesco Amirante ha nominato come vicepresidente il giudice costituzionale Ugo De Siervo.
Settantacinque anni, di Napoli, Amirante è il 33/mo presidente della Corte Costituzionale e resterà in carica fino al dicembre del 2010. Dal 14 novembre 2008 era vicepresidente della Consulta.
Il nuovo presidente è entrato in magistratura nel 1958. Nel 1980 è stato addetto all'ufficio del massimario e del ruolo della Cassazione ed è stato applicato alla sezione lavoro, di cui è diventato in seguito consigliere e presidente.
Dal 1987 è stato componente fisso delle Sezioni Unite della Suprema Corte.
Eletto giudice costituzionale il 23 novembre 2001 dalla Corte di Cassazione ha giurato il 7 dicembre successivo nelle mani del Presidente della Repubblica.

Riforma del processo civile, l’Oua ha incontrato il ministro Alfano.


Il presidente dell’Oua, Maurizio de Tilla, e il vice presidente, Antonio Giorgino, sono stati ricevuti ieri dal ministro della Giustizia, Angelino Alfano.
L’incontro è stato dedicato, principalmente, alla discussione sui progetti di riforma del processo civile.
L’Oua ha consegnato al ministro un documento analitico con le proprie proposte sulla materia. Oggi il progetto di legge approda in aula al Senato.
«Abbiamo ribadito al Ministro la nostra contrarietà alla formulata ipotesi di filtro per i ricorsi in Cassazione - spiega il presidente de Tilla – una norma palesemente contraria alla Costituzione. Abbiamo, inoltre manifestato consenso alla soppressione della norma, attualmente in vigore, relativa alla formulazione dei motivi del ricorso (at. 366 bis), poiché fonte di estrema incertezza. Abbiamo, infine, ribadito la richiesta avanzata dal Congresso forense di Bologna di prevedere termini perentori tanto per gli avvocati quanto per i giudici e di escludere dal processo ogni forma di testimonianza cartacea».
Più in generale, l’Oua ha manifestato apprezzamento per le proposte già avanzate dal ministro sulla semplificazione dei riti e per l’accelerazione dei processi, a partire da un deciso sostegno all’informatizzazione.
«Sono pendenti più di cinque milioni di processi civili - ha sottolineato de Tilla - cresce sempre di più la esasperazione di chi promuove un’azione civile. La gravità della situazione impone un coraggioso intervento di riorganizzazione che, chiudendo la fallimentare stagione della riforma a costo zero, deve incidere non solo sulle regole processuali, ma anche sulle risorse umane, professionali, finanziarie, tecnologiche. Nella sua relazione al Parlamento il Ministro della Giustizia, Angelino Alfano, ha ribadito che l’obiettivo principale è quello di ridare con urgenza dignità alla giustizia civile, individuando le opportune soluzioni per eliminare il gigantesco macigno dei procedimenti arretrati per poi avviarsi ad un regime di ragionevole durata che non può più attendere oltre. Non possiamo non essere d’accordo».
De Tilla e Giorgino hanno inoltre ribadito la contrarietà dell’avvocatura alla soppressione dei tribunali minori, che rappresentano dei veri e propri presidi di giustizia sul territorio, e rilanciato la proposta di riconoscere in modo esplicito l’avvocatura come soggetto costituzionale.
Infine, è stato chiesto al ministro di proseguire nel percorso di riforma della legge che regola la professione forense, prevedendo come primo atto l’abrogazione della legge Bersani.
Roma, 25 febbraio 2009

martedì, febbraio 24, 2009

DIRITTI DI COPIA: DAL 21 FEBBRAIO 2009 SONO AUMENTATI GLI IMPORTI.


Si segnala che, con decreto dirigenziale 8 gennaio 2009 del Ministero della Giustizia, sono stati modificati gli importi dei diritti di copia e di certificato previsti dagli articoli 267, 268 e 269 del DPR 115/2002 (Testo Unico in materia di spese di giustizia).
I nuovi importi, aumentati, sono entrati in vigore il 21 febbraio 2009.

L`Italia è una calamita per i delinquenti romeni, perché manca la certezza della pena.


Eugen Terteleac, presidente dell`Associazione dei romeni in Italia, se la prende «con l`inefficienza della macchina repressiva italiana» e lancia una proposta:
«Apriamo le ronde alla partecipazione di cittadini romeni, per una sicurezza senza discriminazioni».
Nella lotta alla criminalità, funziona la collaborazione tra Roma e Bucarest?
«Non funziona affatto e i lavoratori romeni onesti lo denunciano da tempo, senza essere ascoltati. Tra la nostra comunità si sta diffondendo la paura, soprattutto tra chi vive nelle periferie delle grandi città. Il pericolo è che si faccia di tutta l`erba un fascio».
Ma la comunità romena non ha delle responsabilità?
«Le nostre associazioni da tempo stanno isolando i delinquenti e chiedendo alle autorità italiane maggiore severità. Il problema è che l`Italia è una sorta di calamita per i malviventi».
Una calamita?
«Sì, perché in Romania le pene sono molto più severe e i tempi dei processi ben più brevi di quelli italiani. Insomma a un criminale romeno conviene delinquere in Italia».
E' giusto che i detenuti romeni scontino la pena in patria?
«Certo, anche perché così sarebbero più vicini ai familiari».
Cosa ne pensate delle ronde di cittadini perla sicurezza?
«Siamo favorevoli. Di più: proponiamo di affiancare ai cittadini italiani dei volontari romeni, soprattutto nei quartieri ad alta densità di presenza immigrata».

tratto da "LA REPUBBLICA" di martedì 24 febbraio 2009

lunedì, febbraio 23, 2009

Giustizia, Alpa (Cnf): essenziale la cooperazione tra avvocatura, magistratura e operatori per promuovere le riforme.



Roma 23/02/2009. “La cooperazione tra avvocatura, magistratura e operatori è essenziale per risolvere i problemi della giustizia. Il salone di Rimini sulla giustizia sarà un’opportunità di dialogo e verifica”.
E’ quanto afferma il Presidente del Consiglio nazionale forense, Guido Alpa, a proposito della presentazione del Salone della Giustizia, evento in programma dal 3 al 6 dicembre prossimi presso la Fiera di Rimini, promosso dal presidente della commissione giustizia del senato Filippo Berselli e annunciato lo scorso 18 febbraio.
Il Salone della Giustizia sarà “una ulteriore importante occasione di dialogo, di confronto e di verifica tra i diversi attori del processo: giudici, avvocati, operatori, e, per quanto riguarda gli aspetti di repressione del crimine, forze dell’ordine. Nei quatto comparti previsti – la legge, le indagini, il processo, la pena – il ruolo dell’avvocato è essenziale: per le proposte e le tecniche di interpretazione, per la raccolta delle prove, per l’esercizio del diritti di difesa dei cittadini portatori di diritti e interessi, individuali e collettivi, per la sanzione, risarcitoria e afflittiva. Il ruolo dell’Avvocatura, riconosciuto dalla Costituzione quale unica professione essenziale per il funzionamento della macchina della giustizia, sarà migliorato dalla legge di riforma che il Parlamento si appresta a discutere, anche sulla base delle proposte del ministro della Giustizia”.
Alpa ha sottolineato che “Il ruolo dell’Avvocatura è garanzia di professionalità; si tratta di un ruolo non sopprimibile né sostituibile; il dialogo e la cooperazione è con la Magistratura; le funzioni del magistrato non sono delegabili; grazie al Salone della Giustizia potremo vedere rappresentata in modo concreto, il volto della giustizia, un volto da rimodellare e ripensare”.

Evento formativo AIAF (venerdì 27/02/2009 ore 15,30).

STUDI DI SETTORE: I PROBLEMI E LE PROPOSTE DELL’O.U.A.-


È NECESSARIO adeguare gli studi di settore della categoria perchè assistiamo a:
1. una crescita del tempo medio per l’incasso dei compensi;
2. una crescita del numero di clienti insolventi o parzialmente insolventi;
3. una diminuzione su base annua del numero di incarichi;
4. una crescita delle ipotesi di desistenza in corso di causa;
5. una crescita delle ipotesi di transazione in corso di causa (anche con condizioni che in passato non sarebbero state ritenute satisfattorie);
6. una minor soddisfazione della clientela anche in ipotesi di controversie vinte (per difficoltà, ad esempio, al recupero dei crediti etc.);
7. un aumento dei costi sostenuti per i consumi;
8. una riduzione delle tariffe (anche a seguito dell’abolizione dei minimi tariffari);
9. un aumento dei costi per l’aggiornamento professionale (previsioni di ulteriore crescita).
10. una differenziazione fra specifiche parti del territorio;
È NECESSARIO, per tutte queste ragioni:
* Prevedere una temporanea sospensione delle metodologie accertative tramite gli studi di settore per tre perioda di imposta a decorrere dal 2008 compreso.
* Istituire rappresentanze dell’avvocatura (tramite l’O.U.A) presso ciascun Osservatorio Regionale.

domenica, febbraio 22, 2009

Berlusconi: "Io e Obama simili, siamo entrambi uomini del fare".


ROMA - Parla di crisi, di Europa, di politica internazionale.
E anche di Barack Obama, con cui si dice certo di "instaurare una relazione altrettanto forte" che con George W. Bush, perché "siamo entrambi uomini del fare": a dirlo è Silvio Berlusconi - a Berlino per il G20 - in un'intervista che esce domani sul quotidiano tedesco Bild.
"Il mio rapporto di amicizia con Bush - spiega il premier - non ci ha impedito di avere a volte idee diverse, ma sempre sulla base di una profonda e reciproca stima".
E con Obama, assicura, sarà lo stesso: "Ci lega un tratto comune, siamo entrambi uomini tesi al fare. La sua sua azione politica e i suoi provvedimenti saranno valutati sul campo, ma intanto per quanto mi concerne sono fiducioso che la sua 'audacia della speranza' sia l'approccio giusto per risolvere i grandi problemi con cui si è trovato a confrontarsi".

sabato, febbraio 21, 2009

Tutte le novità del decreto anti-stupri: stop ai domiciliari per i violentatori.


ROMA (21 febbraio) - Dalle ronde al patrocinio gratuito per le vittime di violenze sessuali, fino al reato di stalking. Sono solo alcune delle novità contenute nel decreto anti-stupro varato ieri dal Consiglio dei ministri.
Ronde con ex agenti.
Il via libera alle ronde previsto dal decreto legge anti-stupri approvato ieri non sarà immediato, ma avverrà dopo la conversione in legge del provvedimento e l'emanazione di un successivo decreto da parte del ministro dell'Interno. È l'articolo 6 (“Piano straordinario di controllo del territorio”) del dl a prevedere che «i sindaci, previa intesa con il prefetto, possono avvalersi della collaborazione di associazioni tra cittadini non armati al fine di segnalare agli organi di polizia locale, ovvero alle forze di polizia dello Stato, eventi che possano arrecare danno alla sicurezza urbana ovvero situazioni di disagio sociale». I sindaci dovranno avvalersi in via prioritaria di appartenenti, in congedo, delle forze dell'ordine e delle forze armate.
Stupro, niente domiciliari.
All'articolo 2 il decreto estende l'obbligatorietà della custodia cautelare in carcere e la conseguente esclusione dai domiciliari per i delitti di prostituzione minorile, pornografia minorile, turismo sessuale, violenza sessuale esclusi i casi di minore gravità, atti sessuali con minorenne e violenza sessuale di gruppo. Si prevede poi l'arresto obbligatorio in flagranza per i casi di stupro, con conseguente possibilità di procedere con rito direttissimo e celebrare il processo anche nell'arco di 48 ore. Si limita quindi, all'articolo 3, l'applicazione dei benefici penitenziari previsti dalla legge Gozzini come permessi premio, lavoro esterno e misure alternative alla detenzione, ai condannati per delitti di violenza sessuale.
Patrocinio gratuito.
Per assicurare una più adeguata assistenza legale alle vittime di violenze sessuali, il decreto estende con l'articolo 4 il patrocinio gratuito a spese dello Stato per tutti coloro che subiscono questo tipo di reato, anche in deroga ai limiti di reddito.
La senatrice dei Pd Vittoria Franco commenta: ««Siamo ovviamente d'accordo con misure come il gratuito patrocinio, l'arresto cautelare in carcere, o l'ergastolo per chi uccide dopo una violenza. Ma a parte lo stalking non ci sono misure vere di prevenzione della violenza contro le donne. Non si stanziano fondi, non sono previste misure a favore dei centri antiviolenza, come sarebbe invece necessario, non si finanziano in modo massiccio, come si dovrebbe, le forze dell'ordine».
Da marzo 2.500 agenti in più.
Il decreto prevede lo stanziamento di fondi per 100 milioni di euro che serviranno, ha spiegato il ministro dell’Interno Roberto Maroni, «a rafforzare il sistema di controllo e di presidio del territorio».
In base al provvedimento, saranno poi assunti entro il 31 marzo prossimo altri 2.500 operatori delle forze dell'ordine. Sarà un successivo decreto interministeriale a chiarire le modalità. Poliziotti, carabinieri e finanzieri saranno assunti tra i volontari in ferma breve prefissata risultati idonei nei concorsi degli anni precedenti. Il segretario generale della Silp-Cgil ricorda però che «le forze dell'ordine hanno subito tagli per un miliardo di euro con la manovra finanziaria».
Ergastolo in caso di morte.
All'articolo 1 si prevede una modifica al Codice penale in modo da contemplare l'ergastolo in caso di omicidio commesso in occasione dei delitti di violenza sessuale, atti sessuali con un minorenne, violenza sessuale di gruppo e atti persecutori.
Il ministro della Giustizia, Angelino Alfano, ha commentato: «Il decreto legge anticipa di 100 giorni la tutela giuridica delle donne. La norma è già stata approvata al Senato e ne anticipiamo gli effetti».
Il ministro per le Pari Opportunità Mara Carfagna ha aggiunto: ««È finito il tempo delle scarcerazioni facili per gli stupratori, che ora sanno di rischiare pure l'ergastolo».
Il nuovo reato di stalking.
Si prevede la reclusione da sei mesi a quattro anni per chiunque «molesta o minaccia taluno con atti reiterati ed idonei a cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero a ingenerare un fondato timore per l'incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero a costringere lo stesso ad alterare le proprie scelte o abitudini di vita. La pena aumenta se a molestare è il coniuge, anche se separato o divorziato, o il convivente o il fidanzato (anche ex). Si prevede più carcere anche se la vittima è un minore o un disabile o una donna incinta e se gli atti persecutori sono stati commessi usando armi, o da “persona travisata”.
Videosorveglianza più diffusa.
Il piano straordinario di controllo del territorio prevede poi l'utilizzo da parti dei Comuni di sistemi di videosorveglianza in luoghi pubblici o aperti al pubblico.
La capogruppo del Pd nella commissione Giustizia della Camera, Donatella Ferranti, commenta: «Il Governo è incoerente e contradditorio: oggi Maroni annuncia un potenziamento della videosorveglianza urbana, dimenticandosi che nel ddl intercettazioni il ministro Alfano ha introdotto una norma che equipara le riprese visive e audio visive alle intercettazioni telefoniche per cui tutto ciò che sarà videoripreso senza l'autorizzazione preventiva del tribunale collegiale sarà inutilizzabile ai fini processuali».
La permanenza nei Cie, 6 mesi.
Con l'estensione da due a sei mesi del tempo di permanenza nei Centri di identificazione e espulsione (Cie) «potremo garantire il rimpatrio di tutti coloro che sono nei Centri per immigrati, in particolari quelli provenienti dalla Tunisia che sono stati trattenuti in queste settimane a Lampedusa».
Lo ha detto il ministro dell'Interno, Roberto Maroni, illustrando il decreto legge anti-stupri. A Lampedusa, ha ricordato, «c'erano oltre 1.000 tunisini, ne sono già stati rimpatriati oltre 120. Ora saranno tutti rimpatriati grazie a questa norma. Noi abbiamo anticipato nel decreto una norma già approvata dal Parlamento europeo per quanto riguarda l'asilo e i rimpatri».

Apicella, Nuzzi e Verasani presentano ricorso in Cassazione.


I magistrati salernitani trasferiti d’ufficio dal CSM hanno presentato ricorso per cassazione, avverso il provvedimento disciplinare.
Più precisamente, i ricorsi presentati sono stati due distinti: uno per il Procuratore Apicella e l'altro per i PM Nuzzi e Verasani.
I due ricorsi sono quasi identici, salvi alcuni aspetti di dettaglio.
Quello che abbiamo pubblicato qui è il ricorso dei PM Nuzzi e Verasani.


Alfano: non spunteremo armi giudici.


ANSA) - ROMA, 20 FEB - La riforma delle intercettazioni non ''spuntera' le armi ai magistrati', ha assicurato oggi il ministro della Giustizia Angelino Alfano.
A chi gli chiedeva come intenda spiegare alle donne che non si potranno piu' fare intercettazioni senza gravi indizi colpevolezza o al di la' di 2 mesi dal reato ha risposto: 'Non abbiamo eliminato nessun tipo di reato,abbiamo eliminato gli abusi,cioe' la possibilita' di chi pensava di poter rovinare la vita delle persone violando la privacy dei cittadini'.

venerdì, febbraio 20, 2009

De Tilla (O.U.A.):”Stop al Fisco per 3 anni”.


«Sospendere gli studi di settore per i professionisti per almeno tre anni. La crisi c’è per tutti, anche per i professionisti che faticano ad incassare dai clienti mentre le spese corrono. Oppure...».
Maurizio De Tilla, presidente dell’Organismo unitario dell’avvocatura italiana (Oua), non ha certo la verve del diplomatico: o si cambia, oppure state pur certi che «daremo battaglia».
Allora presidente, la vostra battaglia contro gli studi di settore come procede? «Bisogna sfatare un mito. Non tutti gli avvocati sono super pagati. C’è anche chi - proprio per effetto di questo ciclo economico negativo - risente pesantemente della crisi».
Non mi dirà che adesso gli avvocati noti arrivano alla fine del mese come gli operai...
«Questo magari no. Ma i clienti da qualche tempo non pagano, pagano male o addirittura hanno proprio sospeso i pagamenti. Capirà che le spese corrono e quindi bisogna intervenire».
E come?
«Serve una sospensione immediata e per tre anni dei parametri. Del resto anche se non si incassa la parcella lo studio si continua a pagare, i dipendenti pure, così come le bollette. Ma non sono parametri di reddito, bensì di costo vivo. Bisognerebbe che l’adesione fosse facoltativa e non obbligatoria».
E basterebbe questa sospensione per evitare tracolli al mondo della professione forense?
«No, anche perché subiamo i danni del decreto Bersani. Sono diminuiti, e di molto, gli incassi. E gli studi, pur di conservarsi il cliente, hanno dovuto accettare clausole capestro da parte di società, banche e assicurazioni».
Mi pare, però, che voi avete già fatto pressioni per farlo abrogare...
«Prudentemente posso dirle che ho buoni segnali, e attendo una risposta positiva da parte del governo. Speriamo...».
Mi sbaglio o chiedete interventi statali anche a favore dei professionisti?
«E’ davanti a tutti che il governo ha elargito aiuti consistenti al settore industriale, prima di tutto al comparto automobilistico. Poi ci sono stati gli interventi a favore delle famiglie. Per i professionisti invece, non s’è visto nulla».
Sì, però i professionisti hanno ben altri redditi...
«Questo è un luogo comune. Solo il 15% degli avvocati guadagna bene. Il 65% ha in questo momento grandi difficoltà di reddito e anche di sopravvivenza dell’attività».
Insomma, a Palazzo Chigi si sono scordati di voi, è questo quello che vuol dire? «Proprio così. C’è scarsa attenzione per tutto il mondo delle professioni. Ben due milioni di professionisti, e parlo di tutti non solo degli avvocati, subiscono come tutti gli altri i colpi della crisi. È un circuito vizioso che, se non si interviene tempestivamente, può provocare gravi danni.
Ma se i “buoni segnali” per l’abrogazione del decreto Bersani e il blocco triennale egli studi di settore non dovessero concretizzarsi cosa farete?
«Mi creda: la situazione è talmente grave che saremo costretti a dare battaglia. Io attendo a breve delle risposte positive per tutto il settore delle professioni, se non ci saranno daremo presto battaglia».
Antonio Castro
Articolo tratto da: LiberoMercato

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.....Il nuovo "esercito di Franceschiello".

giovedì, febbraio 19, 2009

INTERCETTAZIONI: VIA LIBERA A DDL DA COMMISSIONE GIUSTIZIA CAMERA.


Roma, 19 feb. - (Adnkronos) - Via libera della commissione Giustizia della Camera al Ddl sulle intercettazioni, con il voto favorevole della maggioranza e l'astensione dell'Udc. Il relatore Giulia Bongiorno riferira' in aula lunedi' prossimo.
L'esame del provvedimento e' programmato per il mese di marzo, con i tempi contingentati.
La commissione Cultura di Montecitorio, intanto, ha espresso il proprio parere, che tuttavia non e' vincolante, sul testo licenziato dalla commissione Giustizia, bocciando, di fatto, l'emendamento Bergamini sul carcere da uno a tre anni per i giornalisti che pubblicano intercettazioni di cui e' stata ordinata la distruzione. La sanzione, secondo la commissione, appare "non rispettosa del principio di proporzione della pena".
Per la commissione Cultura "appare necessario ridurre nel minimo la pena detentiva prevista per i reati commessi dai giornalisti, stabilendo altresi' l'alternativita' della medesima con la pena pecuniaria, allo scopo di consentire di valutare di volta in volta la gravita' concreta del comportamento posto in essere".
Deve essere il giudice, quindi, di volta in volta, a stabilire se la pena debba essere detentiva o pecuniaria.

Ronda su ronda.


Il dibattito di questi giorni a proposito delle cosiddette ronde inserite nel DDL sicurezza approvato dal Senato ed ora all'esame della Camera, ha fatto registrare qualche dichiarazione fuori luogo che probabilmente si sarebbe potuta evitare se solo si fossero adottate due cautele elementari: considerare che la norma è tuttora in fase embrionale e leggere (è sempre utile) il testo licenziato dal Senato.
Così si sarebbe potuto innanzitutto scoprire che la decisione se avvalersi o meno delle ronde (a proposito, del termine non c'è traccia nel testo) spetta in ogni caso agli enti locali, previo parere del comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza.
Togliamoci quindi dalla mente l'immagine di una dozzina di nerboruti leghisti che appena rientrati a casa dopo dodici ore di fabbrica, senza nemmeno aver cenato (e quindi ancor più incattiviti dal digiuno) se ne va a spasso per il Paese con tanto di mazze e pugni ferrati, visto peraltro che la norma vieta l'utilizzo di armi.
Quanto poi all'attività cui i vigilantes potrebbero dedicarsi, il DDL si limita a quella di segnalazione alle Forze di polizia dello Stato di “eventi che possano arrecare danno alla sicurezza urbana ovvero situazioni di disagio sociale”.
Dunque, se per ipotesi la norma uscita da Palazzo Madama dovesse essere confermata dalla Camera, l'unica novità sarebbe costituita dalla possibilità per gli Enti locali di avvalersi di una attività che già oggi, a legislazione vigente, non è affatto vietata per i cittadini, liberi di gironzolare per la città, muniti di telefonino, pronti ad avvertire il 113 delle situazioni di emergenza che dovessero verificarsi.
Perfino i nostri amici delle Camere Penali – con cui generalmente concordiamo dalle colonne di Giustiziagiusta.info – stavolta sembrano aver ecceduto in allarmismo dichiarando che “una simile disposizione, se approvata, sarebbe destinata non certo a garantire sicurezza, ma piuttosto ad innescare per legge una spirale di violenza e ritorsioni cui non sarà poi agevole porre freno”.
Tranquilli, colleghi, s'è l'Italie: una norma inutile, non pericolosa.

Scritto da Alessio Di Carlo - giovedì 19 febbraio 2009
Da:www.giustiziagiusta.info

mercoledì, febbraio 18, 2009

CASSAZIONE CIVILE: IL CONTENUTO DEL "DIRITTO DI SATIRA".


"La satira costituisce una modalità corrosiva e spesso impietosa del diritto di critica e può realizzarsi anche mediante l'immagine artistica, come accade per la vignetta o per la caricatura, consistenti nella consapevole ed accentuata alterazione dei tratti somatici, morali e comportamentali delle persone ritratte.
Diversamente dalla cronaca, la satira è sottratta al parametro della verità in quanto esprime mediante il paradosso e la metafora surreale un giudizio ironico su un fatto, pur rimanendo assoggettata al limite della continenza e della funzionalità delle espressioni o delle immagini rispetto allo scopo di denuncia sociale o politica perseguito.
Conseguentemente nella formulazione del giudizio critico, possono essere utilizzate espressioni di qualsiasi tipo anche lesive della reputazione altrui, purché siano strumentalmente collegate alla manifestazione di un dissenso ragionato dall'opinione o comportamento preso di mira e non si risolvano in un'aggressione gratuita e distruttiva dell'onore e della reputazione del soggetto interessato (Cass. 8 novembre 2007, n. 23314; inoltre, sulla possibilità che la satira non rispetti fedelmente la realtà dei fatti, cfr. anche Cass. 29 maggio 1996,, n. 4993).
In tal ordine di idee, va dunque subito smentita l'affermazione dei ricorrenti secondo cui il giudice avrebbe erroneamente omesso di verificare il canone della veridicità dei fatti, laddove, invece, la satira (neppure i ricorrenti escludono che si tratti di siffatta espressione, salvo a vedere se essa abbia o meno superato i limiti di liceità) si identifica per tale quanto più utilizza espressioni abnormi, iperboliche, impietose, corrosive, esagerate rispetto ai normali parametri di valutazione degli esseri e delle cose umane, così da suscitare stupore, ironia e riso in colui che legge o ascolta.
Diversamente, l'estrinsecazione di fatti coerenti con la realtà (e, dunque, veritieri) potrebbe essere tutt'al più identificata con il diritto di critica, nella cui più vasta categoria si inserisce la satira che, nella storia della manifestazione del pensiero, soggiace a limiti meno stringenti rispetto alla critica stessa.
Sicuramente, invece, la satira, per essere lecita, deve soggiacere al limite della continenza ed, in coerenza con questa affermazione, la sentenza impugnata esclude l'applicabilità della scriminante di cui all'art. 51 c.p. nei casi di attribuzione di condotte illecite o moralmente disonorevoli, di accostamenti volgari e ripugnanti, di deformazione dell'immagine in modo da suscitare disprezzo della persona e ludibrio della sua immagine pubblica".
CASSAZIONE CIVILE SEZ. III SENT. 28 NOVEMBRE 2008 N. 284111- EST. SPIRITO.

Che farà Veltroni, dopo le dimissioni?

Paolo Grossi nuovo giudice Corte Costituzionale.


Il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, con decreto in data odierna, ha nominato Giudice della Corte Costituzionale il Prof. Paolo Grossi, in sostituzione del Prof. Giovanni Maria Flick, il quale scade mercoledì dalle funzioni di Giudice costituzionale.
Grossi compie gli studi giuridici presso la Facoltà di Giurisprudenza dell'Università degli Studi di Firenze.
Profondamente influenzato dalle lezioni civilistiche di Enrico Finzi e soprattutto dalla personalità dello storico di Diritto canonico Pietro Agostino D'Avack, si laurea nel 1955 in Storia del diritto italiano, discutendo col titolare della cattedra Ugo Nicolini una tesi sul regime giuridico delle abbazie benedettine nell'Alto Medioevo italiano.
Dal 1966 al 1983 è stato segretario generale dell'Istituto di Diritto Agrario internazionale e comparato di Firenze e dal 1986 docente ordinario di Storia del Diritto italiano.

Avvocati di Latina, in toga, protestano davanti al Csm.


Roma (18/02/2009) - Circa 120 avvocati della provincia di Latina hanno manifestato questa mattina davanti alla sede del Consiglio superiore della magistratura a Roma per sollecitare interventi e soluzioni per la crisi della giustizia pontina.
Due pullman sono partiti da Latina e un altro da Gaeta per raggiungere piazza dei Marescialli, dove gli avvocati, con la toga indosso, hanno protestato.
Una delegazione del consiglio dell'ordine di Latina, composta dal presidente Giovanni Malinconico, dal segretario Carlo Macci e dal tesoriere Aldo Panico, è stata ricevuta dal segretario generale del Csm Carlo Visconti, al quale i legali hanno manifestato il disagio del sistema giustizia pontino, a partire dai posti vacanti di presidente del tribunale, presidente di sezione penale e presidenti della I e II sezione civile.
I disagi del tribunale pontino, hanno inoltre spiegato gli avvocati, riguardano anche la carenza di organico tra i magistrati e tra il personale di cancelleria e la mancata assegnazione di posti vacanti nell'organico dei magistrati.
Un nuovo incontro è stato concordato, in data da stabilire, con il vicepresidente del Csm Nicola Mancino.
Il 6 marzo gli avvocati torneranno a manifestare a Roma davanti al ministero della Giustizia.

Incidente stradale, tamponamento a catena, veicoli in movimento, responsabilità [art. 2054, co. 2 c.c.].


In tema di circolazione stradale, nei casi di tamponamento a catena di veicoli fermi incolonnati, vale il principio che vada addebita all'ultimo veicolo la responsabilità di tutti i tamponamenti dei veicoli precedenti.
Nel tamponamento a catena di veicoli in movimento, con riguardo ai veicoli intermedi, trova applicazione la presunzione iuris tantum della colpa in eguale misura a carico di entrambi i conducenti di ciascuna coppia di veicolo tamponato e tamponante, fondata sulla inosservanza della distanza di sicurezza rispetto al veicolo antistante.
(Cassazione civile , sez. III, sentenza 03.07.2008 n° 18234).

sabato, febbraio 14, 2009

Il CNF “non è rappresentante istituzionale degli interessi dell’Avvocatura” (Corte Cost. ord. n. 43 del 2009).


La cura degli interessi professionali della classe forense non rientrerebbe tra le attribuzioni del Consiglio Nazionale Forense, e dunque le sue prerogative istituzionali non sono incise dalla legge oggetto del giudizio di costituzionalità.
Lo ha ritenuto, con decisione che non mancherà di far discutere, la Corte Costituzionale (ord. 43/2009) in una vicenda che interessava la scelta degli avvocati della Regione Lombardia.
La Regione Lombardia aveva previsto, con propria legge 27 dicembre 2006 n. 30 che gli enti pubblici regionali si avvalessero, di norma, del patrocinio dell'Avvocatura Regionale per la difesa di atti o attività connessi ad atti di indirizzo e di programmazione regionale, con la pretermissione degli avvocati del libero foro.
Il Tar Lombardia aveva sollevato la questione di costituzionalità, lamentando la:
1) Violazione dell'art. 117, terzo comma, della Costituzione
La legge professionale forense prevede che gli avvocati dipendenti da enti pubblici siano abilitati al patrocinio unicamente per le cause e gli affari propri dell'ente presso il quale prestano la loro opera; la regione, incidendo sulla materia delle professioni, avrebbe violato la norma rubricata che in tale materia di competenza concorrente riserva allo Stato la determinazione dei principi fondamentali, tra cui rientra il regime delle incompatibilità con l'esercizio della professione di avvocato (a tutela dell'indipendenza del professionista, oltre che degli interessi dell'ente pubblico, cui il dipendente è legato da un rapporto di esclusività).
2) Violazione dell'art. 24 della Costituzione
La norma regionale sarebbe poi in contrasto con il principio di effettività della tutela giurisdizionale di cui all'art. 24 della Costituzione, da intendersi comprensivo anche della libertà di scelta delle modalità della difesa medesima;
3) Violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione
La norma regionale contrasterebbe infine con la riserva allo Stato della normativa in materia di tutela della concorrenza (e, incidendo sul principio del libero esercizio di un'attività professionale, contrasterebbe pure con gli articoli 49 e 50 del Trattato 25 marzo 1957, che istituisce le Comunità europee).
Successivamente alla proposizione della questione, la Regione ha approvato una nuova legge che abroga l'obbligo, per gli enti pubblici operanti nell'ambito della Regione Lombardia, di far ricorso agli avvocati della Regione, stabilendo solo, a loro carico, un mero onere di comunicazione dell'esistenza della vertenza alla Giunta della Regione.
La Consulta ha quindi preso atto, nel merito, della sopravvenuta ragione di inammissibilità della questione sollevata, essendo frattanto mutato il quadro normativo di riferimento.
Nondimeno, per quanto attiene l’intervento volontario spiegato dal CNF nel giudizio di costituzionalità, la Corte ha ritento quanto segue:
“Preliminarmente, deve essere dichiarato inammissibile l'intervento del Consiglio Nazionale Forense; Invero, nei giudizi incidentali di costituzionalità, l'intervento di soggetti estranei al procedimento nell'ambito del quale è stata sollevata la questione è ammesso soltanto qualora l'interveniente sia portatore di un interesse qualificato, suscettibile di essere direttamente inciso dalla decisione della Corte (ex plurimis, sentenze n. 440 del 2005, n. 279 del 2006, n. 245 del 2007) e, più specificamente, qualora detta incidenza derivi dall'immediato effetto che la decisione della Corte produce sul rapporto sostanziale oggetto del giudizio a quo (ordinanze n. 251 del 2002 e n. 250 del 2007);
Nel giudizio amministrativo da cui origina la presente questione di costituzionalità, la posizione sostanziale dibattuta riguarda gli interessi professionali della classe forense, ma non tocca questioni che coinvolgano direttamente le attribuzioni del Consiglio Nazionale Forense, mettendone in gioco le sue prerogative istituzionali”.

AMMISSIBILE DELIBAZIONE DI SENTENZA ECCLESIASTICA PER ESCLUSIONE DEL BONUM PROLIS.


[Cassazione, Sezione Prima Civile, Presidente M. G. Luccioli, Relatore F. M. Fioretti, sentenza n. 814 del 15 gennaio 2008]
“… il riconoscimento degli effetti civili della sentenza di nullità del matrimonio concordatario, pronunciata dai Tribunali Ecclesiastici, non è precluso dalla preventiva instaurazione di un giudizio di separazione personale tra gli stessi coniugi dinanzi al giudice dello Stato Italiano, giacchè il giudizio e la sentenza di separazione personale hanno “petitum”, “causa petendi” e conseguenze giuridiche del tutto diversi da quelli del giudizio e della sentenza che dichiara la nullità del matrimonio…”
“ … le sezioni unite di questa Suprema Corte con la sentenza n. 19809 del 2008, dopo avere distinto le cause di incompatibilità delle sentenze di altri ordinamenti, che annullino il matrimonio, con l’ordine pubblico italiano in assolute e relative ed avere affermato che nella ipotesi di delibazione di sentenze di ordinamenti stranieri rileva ogni tipo di incompatibilità (sia essa assoluta che relativa), hanno ribadito il principio, già affermato in precedenti pronunce, secondo cui le sentenze ecclesiastiche di nullità del matrimonio, in ragione del favore particolare al loro riconoscimento che lo Stato italiano s’è imposto con il protocollo addizionale del 18 febbraio 1984, modificativo del Concordato, possono essere delibate anche in caso di incompatibilità relativa”.
“ … La compatibilità o meno con l’ordine pubblico italiano deve essere verificata con riferimento alla causa per la quale viene dichiarata la nullità del matrimonio”.
“Nella fattispecie la nullità del matrimonio è stata dichiarata per la concorde esclusione del bonum prolis da parte di entrambi i coniugi e, quindi, per una causa, che la giurisprudenza di questa Corte , per quel margine di maggiore disponibilità che lo Stato si è imposto, in materia matrimoniale, nei confronti dell’ordinamento canonico rispetto ad altri ordinamenti stranieri, ha costantemente riconosciuto non essere incompatibile con l’ordine pubblico”.

Evento Formativo in diritto ambientale (20/02/2009).

I privilegiati del Toga Express.


Non rompete, la Giustizia italiana funziona benissimo.
Sono passati 13 giorni da quando Antonio Di Pietro è stato denunciato per offesa al Capo dello Stato: e ieri è stato scagionato.
Tredici giorni affinché il pm Giancarlo Amato compisse «una lettura attenta» e archiviasse con un fiume di motivazioni.
Questo alla Procura di Roma, dipinta come ingolfatissima: solito vittimismo, propaganda.
Raccontano che i processi, in Italia, durino più che in ogni altro Paese europeo: minimo cinque anni per un penale, da otto a trenta per una qualsiasi causa civile, sette anni e mezzo per un divorzio, quattro anni per un’esecuzione immobiliare.
Dati chiaramente falsi.
Non è vero che a Milano, come racconta Luigi Ferrarella nel suo «Fine pena mai» (il Saggiatore), un processo per usura vada in primo grado in sette anni.
Di Pietro dimostrò che la Giustizia è celerrima già da Mani pulite, quando alcuni personaggi (solo alcuni, peccato) giunsero al terzo grado di giudizio in solo tre anni. E lo dimostrò quando cominciò a querelare: un’intervista contro di lui, uscita su Repubblica il 5 febbraio 1997, andò a giudizio in meno di due mesi, il 3 aprile successivo.
E che la Giustizia non perda tempo lo dimostrò anche a Brescia, quando evitò ogni processo a suo danno (prestiti, Mercedes, case eccetera) incassando una serie di «non luoghi a procedere» che per qualsiasi altro cittadino, dissero i malevoli con le statistiche in mano, si sarebbero tradotti in automatici rinvii a giudizio.
Lui se la cavò in sei ore.
Quindi dev’essere falso che a Strasburgo il nostro Paese batta chiunque per condanne legate alla durata dei processi: dieci volte più della Francia e cinquanta volte più della Gran Bretagna.
In realtà è veloce e persino discreta, la nostra Giustizia: come quando a Napoli, per interrogare Di Pietro nel gennaio scorso, fecero allontanare giornalisti e fotografi grazie a una disposizione ad horas del procuratore generale.
Intanto, ecco: nel Milanese un’ucraina di 23 anni è stata seviziata, semi-violentata e poi scaraventata dal sesto piano.
Ora lei vive sulla sedia a rotelle e il branco che l’ha resa invalida è stato riconosciuto e denunciato, perché sono connazionali che vivono ancora tutti lì vicino a lei, indisturbati.
A sette mesi dal tentato omicidio, dicono, la Procura non ha ancora mosso un dito. Un misero volo dalla finestra può aspettare: era un’ucraina, mica un anarchico.

di Filippo Facci
http://www.ilgiornale.it

giovedì, febbraio 12, 2009

Giustizia/Brunetta: si a informatizzazione processo.


Roma, 12 feb. (Apcom) - L'appello lanciato dal presidente del Consiglio di Stato, Paolo Salvatore, al ministro per la Pubblica amministrazione e Innovazione, Renato Brunetta, per la realizzazione delle innovazioni necessarie al processo telematico e all'informatizzazione della giustizia, "l'abbiamo già accolto".
E' lo stesso ministro Brunetta a spiegarlo ai cronisti, a margine dell'inaugurazione dell'anno giudiziario del Consiglio di Stato.
"Stiamo lavorando insieme", aggiunge il ministro.

Alpa, alla cerimonia d’inaugurazione dell’anno giudiziario della Corte dei Conti, chiede legge statale per responsabilità amministrativa-contabile


Roma 11/02/2009. “Appare problematica la qualificazione della responsabilità amministrativa-contabile, che oggi sembra costituire una figura di responsabilità a sé”, rispetto a quella civile generale.
“Appare utile affidare la disciplina di questo tipo di responsabilità alla legge dello Stato, piuttosto che non alle leggi regionali nella misura in cui sia coinvolta la materia dell’ordinamento civile che, per l’appunto ai sensi della Costituzione, è oggetto di esclusiva riserva statale”.
E’ questo il suggerimento avanzato dal presidente del Consiglio nazionale forense, Guido Alpa, durante il suo intervento in occasione della cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario presso la Corte dei Conti, che si è tenuta oggi dinanzi al Capo dello Stato e alle più alte cariche istituzionali.
Nel suo intervento, Alpa si è soffermato sugli aspetti problematici della giustizia contabile, a partire appunto dalla qualificazione della responsabilità amministrativa-contabile.
Il presidente del Cnf ha anche dato conto del fatto che il Cnf sta monitorando l’attuazione della direttiva servizi e l’evoluzione della normativa sulla class action, la cui riforma allo stato è oggetto di un emendamento governativo e di un progetto di legge, sempre governativo, di contenuti assai diversi tra loro. L’eventuale estensione della class action all’ambito dei servizi pubblici, ha avvertito Alpa, presuppone la risoluzione delle questioni della cosiddetta “pregiudiziale amministrativa”, che vede la Corte di Cassazione e Consiglio di stato in contrasto tra loro, e della risarcibilità o meno (atteso l’attuale orientamento restrittivo della stessa Corte dei Conti) del danno che deriva da un atto amministrativo illegittimo conseguente all’applicazione di una disposizione di legge dal contenuto ambiguo.
Quanto all’applicazione della legge Pinto (n.89/2001) che ha introdotto il rimedio risarcitorio dovuto alla violazione del principio del giusto processo, anch’essa oggetto di una annunciata riforma governativa, Alpa ha rilevato la singolarità di un sistema “che assorbe fondi, assegnati a coloro che sono ingiustamente danneggiati dal cattivo funzionamento della macchina della giustizia, fondi che potrebbero essere impiegati per far funzionare meglio la stessa macchina”.
Alpa ha espresso gratitudine per il lavoro svolto dai giudici contabili “per la dedizione che dispiegano nell’affermazione del principio di legalità e nella salvaguardia dei valori racchiusi nella Costituzione”, gratitudine tributata “in questo difficile momento attraversato dalle istituzioni” anche al Capo dello Stato, “che di quei valori è il supremo garante”.

mercoledì, febbraio 11, 2009

L'ANGOLINO DELLA SATIRA.


ORA CHE LE ELEZIONI SONO TERMINATE, POSSIAMO RIFERIRE UN FATTERELLO DIVERTENTE.
NON LO ABBIAMO FATTO PRIMA PERCHE’,NELL'AVVELENATO CLIMA ELETTORALE, ANCHE UN BONARIO INTERVENTO SATIRICO AVREBBE POTUTO ESSERE FRAINTESO E STRUMENTALIZZATO.
EBBENE, PIU’ D’UNO AVEVA NOTATO CHE TUTTE LE LISTE IN CORSA PER LE ELEZIONI ALLA CASSA FORENSE AVEVANO ADOTTATO UN “MOTTO”: TUTTE TRANNE UNA!
ALLORA ERA CIRCOLATA LA POESIOLA CHE VEDETE RIPRODOTTA INNANZI.
ABBIAMO SAPUTO, PERO’, CHE I COMPONENTI DELLA LISTA MEDESIMA, ANCHE PERCHE’ GRATIFICATI DA UN GROSSO CONSENSO ELETTORALE, HANNO DECISO DI PORRE EMENDA ALLA MANCANZA.
PARE CHE ABBIANO ADOTTATO IL MOTTO: “LA TUA PENSIONE NELLE NOSTRE MANI”!.
SARA’ VERO?

Alfano: "Eluana è morta di sentenza".


Parlando ai microfoni di "Ballarò", il ministro della Giustizia Angelino Alfano è stato chiaro: "Eluana è morta di sentenza. Non possiamo dire che sia morta nell'incidente stradale di cui è stata vittima nel '92 perchè a quell'incidente ha sopravvissuto 17 anni; e non possiamo dire che sia morta di protocollo perchè di protocolli non si muore, nè alcun medico avrebbe potuto applicare a lei quel protocollo se non vi fosse stata specifica possibilità giuridica".
Eluana, dunque, "è morta di sentenza".

11 febbraio 2009: i Patti Lateranensi 80 anni dopo.

martedì, febbraio 10, 2009

La giustizia italiana oggi a “Istantanea” su La 7.



Roma, 10 feb. (Adnkronos) - La riforma del processo penale e' ormai pronta. Mentre in Italia continua il confronto tra magistratura, mondo politico e società civile, La7 proporrà oggi alle 23.15, un nuovo appuntamento di "Istantanea", la serie condotta da Rula Jebreal, che mira a fare il punto sullo stato di salute della giustizia italiana.
A questo scopo, nella prima parte della trasmissione, la Jebreal ospiterà in studio per un confronto l'ex magistrato di Mani Pulite Gherardo Colombo, autore del libro "Sulle regole", una riflessione sulla cultura della giustizia, e l'avvocato e deputato del Pdl Gateano Pecorella.
A seguire, andrà in onda il film-documentario, "Giustizia e' fatta?" prodotto da H24 per La7. Un racconto in presa diretta tra le aule del Tribunale ordinario di Roma, dove ogni giorno si istituiscono circa venti nuovi processi.
La cronaca vera dei procedimenti giudiziari e la testimonianza dei diretti interessati per scoprire se davvero "la legge e' uguale per tutti".

NON MORTA, MA UCCISA : ADESSO PERO' VOGLIAMO SAPERE TUTTO!


Eluana è stata uccisa. Davanti alla morte le parole tornano nude. Non consentono menzogne, non tollerano mistificazioni.
E se noi - oggi - non le scrivessimo, queste parole nude e vere, se noi - oggi - non chiamassimo le cose con il loro nome, se noi - oggi non gridassimo questa tristissima verità, non avremmo più titolo morale per parlare ai nostri lettori, ai nostri concittadini, ai nostri figli. Non saremmo cronisti, e non saremmo nemmeno uomini.
Eluana è stata uccisa. Una settimana esatta dopo essere stata strappata all`affetto e alla “competenza di vita” delle sorelle che per 15 anni, a Lecco, si erano pienamente e teneramente occupate di lei.
In un momento imprecisato e oscuro del “protocollo”, orribile burocratico eufemismo con il quale si è cercato di sterilizzare invano l`idea di una “competenza di morte” messa in campo, a Udine, per porre fine artificialmente ai suoi giorni.
Eluana è stata uccisa. E noi osiamo chiedere perdono a Dio per chi ha voluto e favorito questa tragedia. Per ogni singola persona che ha contribuito a fermare il respiro e il cuore di una giovane donna che per mesi era stata ostinatamente raccontata, anzi sentenziata, come “già morta” e che morta non era.
Chiediamo perdono per ognuno di loro, ma anche per noi stessi.
Per non aver saputo parlare e scrivere più forte. Per essere riusciti a scalfire solo quando era troppo tardi il muro omertoso della falsa pietà. Per aver trovato solo quando nessuno havoluto più ascoltarle le voci per Eluana (le altre voci di Eluana) che erano state nascoste.
Si, chiediamo perdono per ogni singola persona che ha voluto e favorito questa tragedia. E per noi che non abbiamo saputo gridare ancora di più sui tetti della nostra Italia la scandalosa verità sul misfatto che si stava compiendo: senza umanità, senza legge e senza giustizia.
Eluana è stata uccisa. E noi vogliamo chiedere perdono ai nostri figli e alle nostre figlie.
Ci perdonino, se possono, per questo Paese che oggi ci sembra pieno di frasi vuote e di un unico gesto terribile, che li scuote e nessuno saprà mai dire quanto. Con che occhi ci guarderanno? Misurando come le loro parole, le esclamazioni?
Rinunceranno, forse per paura e per sospetto, a ragionare della vita e della morte con chi gli è padre e madre e maestro e amico e gli potrebbe diventare testimone d`accusa e pubblico ministero e giudice e boia?
Chi insegnerà, chi dimostrerà, loro che certe parole, che le benedette, apodittiche certezze dei vent`anni non sono necessariamente e sempre pietre che gli saranno fardello, che forse un giorno potrebbero silenziosamente lapidarli.
Ci perdonino, se possono. Perché Eluana è stata uccisa.
Sì, Eluana è stata uccisa. E noi, oggi, abbiamo solo una povera tenace speranza, già assediata- se appena guardiamo nel recinto delle aule parlamentari - dalle solite cautelose sottigliezze, dalle solite sferraglianti polemiche.
Eppure questa povera tenace speranza noi la rivendichiamo: che non ci sia più un altro caso così. Che Eluana non sia morta invano, e che non muoia mai più. Ci sia una legge, che la politica ci dia subito una legge.
E che nessuno, almeno nel nostro Paese, sia più ucciso così: di fame e di sete.
Ma che si faccia, ora, davvero giustizia.
Che s`indaghi fino in fondo, adesso che il “protocollo” è compiuto e il mistero di questa fine mortalmente c`inquieta.
Non ci si risparmi nessuna domanda, signori giudici. Ci sia trasparenza finalmente, dopo l`opacità che ci è stata imposta fino a colmare la misura della sopportazione.
E si risponda presto, si risponda subito, si risponda totalmente.
Come è stata uccisa Eluana?

MARCO TARQUINIO
Da "AVVENIRE" di martedì 10 febbraio 2009

La sentenza è stata eseguita: addio Eluana.

lunedì, febbraio 09, 2009

CSM: DA PM DI SALERNO DELEGITTIMAZIONI E TANTE INSINUAZIONI.


ROMA (ANSA) - Hanno delegittimato ''tantissimi soggetti anche istituzionali'', ''insinuato dubbi di correttezza, senza la minima prova'' anche sulle piu' alte cariche dello Stato, ledendo il loro ''prestigio'' e spingendosi sino a coinvolgere ''''gratuitamente in critiche sconsiderate'' persino il presidente della Repubblica. E' durissima la sezione disciplinare del Csm con i magistrati di Salerno protagonisti dello scontro con la procura generale di Catanzaro.
Nelle motivazioni dell'ordinanza con cui ha disposto la sospensione del procuratore Luigi Apicella e il trasferimento dei suoi sostituti Gabriella Nuzzi e Dionigio Verasani, ma anche l'allontanamento dalle loro funzioni e dalla loro sede del Pg di Catanzaro Enzo Jannelli e il suo sostituto Alfredo Garbati, ce n'e' per tutti i protagonisti dello scontro ''senza precedenti'', che ha prodotto un ''inusitato vulnus'' mai verificatosi prima ''nella storia repubblicana'' della funzione giurisdizionale e che ha determinato il rischio di una ''vera e propria implosione della giurisdizione''.
Tutti, compiendo atti ''abnormi''(il sequestro, le toghe salernitane e il successivo controseguestro, quelle calabresi, del fascicolo Why not) hanno infatti subito una ''caduta di autorevolezza, prestigio e credibilita''' che rende impossibile la loro permanenza nello stesso ufficio e che li rende ''inidonei'' a ''svolgere in maniera adeguata indagini'' e dunque a fare i pubblici ministeri.
Va ancora peggio ad Apicella, che per il tribunale delle toghe e' ''incompatibile'' con l'esercizio delle funzioni giurisdizionali e che per questo e' stato sospeso. Ma se, dunque tutti hanno sbagliato, violando regole fondamentali, le censure piu' dure sono per i magistrati di Salerno.
La sezione disciplinare ritiene che abbiano ''abdicato'' al loro ruolo di magistrati ''imparziali'' e ''super partes'', visto che hanno riprodotto nelle motivazioni del sequestro del fascicolo Why not, in maniera ''pedissequa'' e ''senza alcun vaglio critico'', il ''contenuto delle piu' di 60 dichiarazioni'' rese loro dall'ex pm di Catanzaro Luigi De Magistris, anche quelle in cui questi lamentava il silenzio di Giorgio Napolitano sulla sua vicenda; assieme a una ''serie infinita'' di dati (come i numeri di telefono di Prodi e Mastella e di un agente segreto, ma anche fotografie, e i ''nominativi sul citofono di un portone''), documenti (come le relazioni del consulente Genchi), intercettazioni, valutazioni ''spesso non pertinenti rispetto all'oggetto dell'indagine''.
E cosi' hanno inserito nel loro provvedimento, finito su Internet e che ''ha il taglio di un'inchiesta giornalistica'',''notizie allarmistiche e impertinenti'' su ''personaggi estranei'' al loro procedimento penale: ''alte cariche istituzionali, magistrati, politici e personaggi pubblici'', ledendo in alcuni casi il diritto alla loro riservatezza.
Hanno fatto proprie ad esempio ''accuse allusive'' di De Magistris ai magistrati che gli erano subentrati nelle inchieste,e al pg della Cassazione che gli aveva promosso l'azione disciplinare.
E menzionato ''gratuitamente'' altri giudici non indagati ''riuniti, loro malgrado, in un gran 'polverone''.
PER SCARICARE L'INTERA ORDINANZA DEL CSM,CLICCA QUI.

domenica, febbraio 08, 2009

....Eluana, tieni duro!!!!!

Le Erinni.


Da qualche parte del web si ulula ed inveisce, invero in maniera scombiccherata, contro chi scrive e contro questo blog (da sempre “super partes”).
Lasciamo le “erinni” alle loro polemiche ed alle loro continue sconfitte: se non ci fossero il “potere costituito” dovrebbe inventarle!
Una cosa è certa è sicura: non abbiamo mai fatto, per quanto ci riguarda, battaglie per ottenere posti e/o potere personale.
Vogliamo rivelare, perché ci meditino su, a queste “furiose” una cosa che pochi sanno: nell’ultima riunione del 2008 il COA di Salerno, di sua iniziativa, ci aveva nominato responsabili per la formazione deontologica (POF 2009).
Abbiamo rinunciato.
consiglioaperto
PS: non faremo altre repliche sull’argomento, che intendiamo chiuso.

sabato, febbraio 07, 2009

Risultati ufficiosi elezioni Cassa Forense.


SONO TERMINATE LE OPERAZIONI DI SPOGLIO DEI VOTI E, UFFICIOSAMENTE, POSSIAMO CONFERMARE CHE NEL DISTRETTO DI CORTE DI APPELLO DI SALERNO RISULTANO ELETTI, QUALI DELEGATI ALLA CASSA FORENSE PER IL PROSSIMO QUADRIENNIO, I COLLEGHI AVV.TI ANDREA BARATTA ED AMERICO MONTERA (ENTRAMBI CANDIDATI DELLA LISTA N.3).
AUGURIAMO AGLI ELETTI, CON SINCERA CORDIALITA', DI BEN OPERARE NELL'INTERESSE DELL'AVVOCATURA DI TUTTO IL DISTRETTO.

Caso Englaro: dichiarazione del Card. Vallini (Prefetto emerito del Supremo Tribunale Segnatura Apostolica).


"Le notizie che giungono da Udine dell’applicazione delle procedure che nel giro di pochissimi giorni condurranno inesorabilmente alla morte Eluana Englaro ci lasciano sgomenti e preoccupati per la vita di questa persona, verso la quale nutriamo sentimenti di rispetto e di sincero amore cristiano, e per le conseguenze che ne potranno derivare nel sentire collettivo su un tema così delicato.
La scienza medica finalizzata da sempre a curare la salute è messa a servizio della morte.
Non possiamo poi accettare che nel nostro paese, patria del diritto, in nome del rispetto formale di una sentenza, fondata in definitiva sulla ricostruzione altamente opinabile (per mille ragioni) della volontà della persona, si rinunci ad escogitare - con l’impegno di tutti necessitato da una grande causa - strumenti giuridici legittimi che, in forza dell’equità, cioè della giustizia al caso concreto, possano salvare la vita di una persona che non è in grado di difendersi da sola.
Summum ius, summa iniuria! Registriamo con dolore una nuova sconfitta della ragione fondativa del diritto che è la difesa dell’uomo e la tutela dei suoi diritti fondamentali, tra cui la nutrizione e l’idratazione.
La rinuncia a questi supremi principi di ogni ordinamento, ancorato ai valori di una sana laicità dello Stato, contribuiranno ad alimentare quella “cultura di morte”, i cui segni si manifestano ogni giorno di più nel nostro paese".

Eluana Englaro: sospese completamente nutrizione ed idratazione!

Conflitto istituzionale: i commenti di oltretevere.


Approvando il decreto legge sul caso di Eluana Englaro "il governo ha fatto un gesto di grande coraggio, che sarà apprezzato dalla grande maggioranza di tutti i cittadini".
Così commenta monsignor Rino Fisichella, presidente della pontificia accademia per la vita.
"Il gesto sarà apprezzato dalla grande maggioranza degli italiani - aggiunge monsignor Fisichella, in partenza per Lourdes per un pellegrinaggio con i parlamentari - che stanno seguendo questa vicenda con grande partecipazione e non riescono a capire come sia possibile che a una ragazza che sta bene, anche se in coma, possa essere tolta l’alimentazione e l’idratazione. Pur nella differenza delle competenze che abbiamo ci rallegriamo che le istanze che abbiamo portato avanti in questi mesi sono state ascoltate e accolte".
Così invece il cardinal Renato Raffaele Martino, presidente del pontificio consiglio Giustizia e Pace: "Sono costernato che in tutte queste diatribe politiche si ammazzi una persona e sono profondamente deluso" dalla decisione del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, di non firmare il decreto".