mercoledì, gennaio 30, 2013

IL BAR DI HELGA E GLI “SBORNIA BOND”.

Helga è la proprietaria di un bar, di quelli dove si beve forte. Rendendosi conto che quasi tutti i suoi clienti sono disoccupati e che quindi dovranno ridurre le consumazioni e frequentazioni, escogita un geniale piano di marketing, consentendo loro di bere subito e pagare in seguito.
Segna quindi le bevute su un libro che diventa il libro dei crediti (cioè dei debiti dei clienti). La formula “bevi ora, paga dopo” è un successone: la voce si sparge, gli affari aumentano e il bar di Helga diventa il più importante della città.
Lei ogni tanto rialza i prezzi delle bevande e naturalmente nessuno protesta, visto che nessuno paga: è un rialzo virtuale. Così il volume delle vendite aumenta ancora. La banca di Helga, rassicurata dal giro d’affari, le aumenta il fido.
In fondo, dicono i risk manager, il fido è garantito da tutti i crediti che il bar vanta verso i clienti: il collaterale a garanzia. Intanto l’Ufficio Investimenti & Alchimie Finanziarie della banca ha una pensata geniale. Prendono i crediti del bar di Helga e li usano come garanzia per emettere un’obbligazione nuova fiammante e collocarla sui mercati internazionali: gli Sbornia Bond.
I bond ottengono subito un rating di AA+ come quello della banca che li emette, e gli investitori non si accorgono che i titoli sono di fatto garantiti da debiti di ubriaconi disoccupati. Così, dato che rendono bene, tutti li comprano.
Conseguentemente il prezzo sale, quindi arrivano anche i gestori dei Fondi pensione a comprare, attirati dall’irresistibile combinazione di un bond con alto rating, che rende tanto e il cui prezzo sale sempre. E i portafogli, in giro per il mondo, si riempiono di Sbornia Bond.
Un giorno però, alla banca di Helga arriva un nuovo direttore che, visto che in giro c’è aria di crisi, tanto per non rischiare le riduce il fido e le chiede di rientrare per la parte in eccesso al nuovo limite. A questo punto Helga, per trovare i soldi, comincia a chiedere ai clienti di pagare i loro debiti.
Il che è ovviamente impossibile essendo loro dei disoccupati che si sono anche bevuti tutti i risparmi. Helga non è quindi in grado di ripagare il fido e la banca le taglia i fondi.
Il bar fallisce e tutti gli impiegati si trovano per strada. Il prezzo degli Sbornia Bond crolla del 90%. La banca che li ha emessi entra in crisi di liquidità e congela immediatamente l’attività: niente più prestiti alle aziende.
L’attività economica locale si paralizza. Intanto i fornitori di Helga, che in virtù del suo successo, le avevano fornito gli alcolici con grandi dilazioni di pagamento, si ritrovano ora pieni di crediti inesigibili visto che lei non può più pagare.
Purtroppo avevano anche investito negli Sbornia Bond, sui quali ora perdono il 90%. Il fornitore di birra inizia prima a licenziare e poi fallisce.
Il fornitore di vino viene invece acquisito da un’azienda concorrente che chiude subito lo stabilimento locale, manda a casa gli impiegati e delocalizza a 6.000 chilometri di distanza.
Per fortuna la banca viene invece salvata da un mega prestito governativo senza richiesta di garanzie e a tasso zero.
Per reperire i fondi necessari il governo ha semplicemente tassato tutti quelli che non erano mai stati al bar di Helga perché astemi o troppo impegnati a lavorare.
Bene, ora potete dilettarvi ad applicare la dinamica degli Sbornia Bond alle cronache di questi giorni, giusto per aver chiaro chi è ubriaco e chi sobrio.
Avv. Giuseppe Valenti

Giustizia senza controllori.

Bologna, 29 gennaio 2013 - Piccola grande domanda: quanto tempo ci si mette con un qualunque lavoratore a considerarlo assente ingiustificato, quanto tempo gli lascia una qualunque azienda con le pratiche in sospeso?
Un giudice tributario non deposita 91 sentenze che doveva motivare dal 2005 al 2008. Poi non si fa vedere in udienza, non risponde ai solleciti e infine deve andare la Guardia di Finanza a riprendere i fascicoli processuali. Un anno fa era stato rinviato a giudizio ma per un vizio tecnico di notifica, tutto da rifare. Bisogna ammettere che ciò fa parte di un capitolo del grande libro delle assurdità italiane, alle quali Bologna dà un suo contributo notevole.
Ricorderete la storia della super assenteista del Sant’Orsola, è molto fresca quella dell’impiegato in convalescenza ai Caraibi. Ci sono cose strane, persino consentite dalla legge anche se rifiutate dal buon senso.
Ma quella del giudice è una brutta faccenda, perché di rimbalzo va a pesare su tanta gente che alla giustizia chiede garanzie e tutele.
Se un operatore sanitario si mette in malattia pluriennale viene da chiedersi come si vigila in quell’ospedale. Se un dipendente Ausl può andare dall’altra parte del mondo per cercare di guarire una gamba malandata, viene da chiedersi se non è il caso di guardare dentro una legge che lascia fare.
Ma se un giudice ritarda per anni la consegna delle sentenze, occorre chiudersi cosa ci stia a fare la giustizia e cosa faccia chi deve controllare che una fondamentale funzione pubblica venga amministrata non dico con celerità ma almeno in tempi non biblici.
Il cittadino sa che quando ricorre al magistrato deve avere un sacco di pazienza perché l’unico ad avere fretta è chi chiede riparazione di un torto.
Ma è necessario domandarsi cosa facciano i controllori. Il discorso vale per ogni sede giudiziaria.
Prima di lamentarsi di cause esterne, meglio un’autodiagnosi interna.
di Gianni Pecci
http://www.ilrestodelcarlino.it

martedì, gennaio 29, 2013

ELEZIONI, L'OUA PRESENTA IL SUO DECALOGO DI DOMANDE E PROPOSTE AI POLITICI: PER UNA GIUSTIZIA GIUSTA E UN'AVVOCATURA MODERNA.

DIECI DOMANDE SULLA GIUSTIZIA 
-1) Come intervenire in tempi rapidi per risolvere il problema carceri, restituendo dignità (e speranza) ai detenuti in linea con il grado di civiltà del paese e con le prescrizioni internazionali?
-2) Quali interventi attuare per ridurre i tempi dei processi civili: facendo ulteriormente lievitare il costo delle procedure o migliorando l’efficienza e la celerità della macchina giudiziaria?
-3) Quali strategie adottare per migliorare l'offerta di giustizia nei confronti di cittadini ed imprese, soprattutto quelle straniere, particolarmente attente alla durata de i processi civili?
-4) Come pensate di intervenire per incentivare soluzioni negoziate che diminuiscano il carico processuale, assicurando tuttavia la qualità del procedimento e la tutela del diritto di difesa di cittadini ed imprese?
-5) Quali tipi di intervento porre in essere per tutelare adeguatamente i minori nell’ambito dei conflitti familiari?
-6) Ogni anno vengono destinati alla Giustizia circa sette miliardi di euro. Ove le esigenze di bilancio non consentissero un aumento degli stanziamenti, come intendereste procedere ad una revisione e razionalizzazione dell’uso delle risorse disponibili, umane e materiali?
-7) Ritenete o meno opportuno che un progetto di revisione della geografia giudiziaria valuti la situazione caso per caso, consultando le realtà locali professionali, economiche e sociali interessate, oltre che verificando i prevedibili costi indotti da accorpamenti e soppressioni?
-8) Come giudicate una professione, quale quella forense, che, unica in Europa, conta ben oltre 200.000 iscritti e il cui reddito medio è in costante flessione? Inflazionata o meno? Ritenete auspicabile intervenire sull’accesso, prevedendo percorsi specializzanti a numero programmato all’Università e individuando ulteriori ambiti di attività, soprattutto a favore dei Colleghi più giovani?
-9) Che intervento pensate di poter attuare in tempi brevi per ridurre la pressione fiscale gravante sui professionisti? In particolare, sono ipotizzabili forme di sostegno della giovane avvocatura, quali la reintroduzione del c.d. regime dei minimi ed una riduzione degli adempimenti di ordine burocratico?
-10) Ritenete di assumere un impegno concreto per la modifica nel corso della legislatura delle lacune più rilevanti della legge professionale forense appena approvata, di concerto con gli organi istituzionali e politici dell’avvocatura?

NEMESI STORICA.

venerdì, gennaio 25, 2013

Anno Giudiziario-Il presidente CNF Alpa: "Con il nuovo Statuto, Avvocatura più forte nella giurisdizione".

25/01/2013 - Il presidente del CNF Guido Alpa è intervenuto oggi alla cerimonia di inaugurazione del nuovo anno giudiziario in Corte di Cassazione.
La riforma dell’ordinamento forense, che entrerà in vigore il 2 febbraio prossimo, “conferma all'Avvocatura uno statuto speciale in considerazione del suo ruolo costituzionale. Essa si intreccia con il sistema di amministrazione della giustizia estendendo le competenze dell’Avvocatura in materia, soprattutto favorendone la collaborazione con la Magistratura, con il Ministero della Giustizia e con le altre Istituzioni che cooperano al funzionamento della complessa macchina processuale”.
Così ha esordito oggi il presidente del Consiglio nazionale forense, Guido Alpa, intervenuto alle cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario in Corte di cassazione alla presenza del presidente della Repubblica e delle più alte cariche dello Stato, passando in rassegna le novità del nuovo ordinamento dell’Avvocatura, che darà rinnovato impulso al suo impegno nell’amministrazione della giustizia.
"Rispetto alle riforme finora avviate, altre sono le iniziative da assumere nell'amministrazione della giustizia. Auspichiamo che, oltre al Tribunale delle imprese, Governo e Parlamento si occupino degli interesse deboli, del Tribunale della famiglia, dei diritti fondamentali ancora negati".
Il presidente Alpa ha escluso che la riorganizzazione della geografia giudiziaria, così come formulata, potrà dare i benefici attesi; ed ha invitato Governo e Parlamento aoccuparsi, oltre che di Tribunale delle imprese, anche di Tribunale della famiglia, interessi deboli, diritti dei cittadini. Più in generale ha richiamato l'attenzione sulla inadeguatezza del sistema carcerario e sulla mortificazione dei diritti della persona che esso produce.
"I diritti della persona sono al centro della nostra Carta Costituzionale, della Carta fondamentale dei diritti e dell'azione dell'Avvocatura".

AIGA: INTERVENTO PER L'INAUGURAZIONE ANNO GIUDIZIARIO 2013.

Eccellentissimo Sig. Presidente della Corte d’Appello,
Eccellentissimo Sig. Procuratore Generale,
Onorevole rappresentante del Consiglio Superiore della Magistratura,
Onorevole rappresentante del Governo,
Illustrissimo Presidente del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati,
Illustrissime Autorità,
Colleghe e Colleghi Avvocati,
Signori Magistrati,
porgo a Voi il saluto dell’Associazione Italiana Giovani Avvocati, augurando a tutta la Giustizia Italiana e al nostro meraviglioso Paese un 2013 che possa contraddistinguersi per la definitiva uscita dalla crisi sociale ed economica, in cui siamo piombati ormai da troppi anni.
La prima attenzione desidero rivolgerla ad una problematica che colpisce i soggetti maggiormente indifesi della nostra società; mi riferisco alla quotidiana violazione dei diritti fondamentali dell’individuo che si perpetra nella carceri italiani, che ha comportato – purtroppo ancora una volta – la condanna dell’Italia innanzi alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo.
Usando le parole del Capo dello Stato, c’è la necessità di affrontare con "senso di responsabilità, di umanità e di civiltà costituzionale" la "vergognosa realtà carceraria che marchia l'Italia".
Bisogna prendere atto dell’estrema urgenza e spiace constatare come, nell’attuale campagna elettorale, il tema venga ignorato dalle principali forze politiche in competizione.
I numeri della Giustizia Italiana, illustrati ieri dal Primo Presidente della Suprema Corte di Cassazione ed oggi, per il nostro distretto, da S.E. Presidente della Corte d’Appello, testimoniano ancora una volta la forte crisi di sistema.
E’ ormai evidente che le cerimonie d’inaugurazione degli anni giudiziari nei vari anni sono tra loro per lo più identiche nelle relazioni, negli interventi, nella promesse. Ma dobbiamo anche dare atto che l’anno appena concluso ha portato importanti novità.
Desidero segnalarne tre:
a) È stata dichiarata l’incostituzionalità della mediazione obbligatoria nel processo civile; l’Avvocatura italiana nel suo complesso aveva a più riprese segnalato l’inopportunità della normativa ed ha salutato con favore la decisione della Consulta. La mediazione obbligatoria era sbagliata e frutto di grandi iniquità, nonché incapace di migliorare la qualità del sistema giudiziario. Resta però ferma la necessità di implementare strumenti alternativi di risoluzione delle controversie e di sviluppare percorsi deflattivi del contenzioso. Sotto questo profilo la Giovane Avvocatura italiana è pronta a fare la sua parte in termini di contributi di idee e proposte. b) È stata rivoluzionata la geografia giudiziaria del nostro Paese. È evidente che essa doveva essere aggiornata alle mutate esigenze socio-economiche del nostro Paese e che la distribuzione degli Uffici Giudiziari presentava diversi profili di irrazionalità. Ma la chiusura indiscriminata di tutte le Sezioni Distaccate di Tribunale, di tutti gli Uffici dei Giudici di Pace con sedi diverse da quelle del Tribunale, e la soppressione di alcuni Tribunali e Procure della Repubblica comporterà indubbiamente un impoverimento di molte realtà territoriali (già disagiate), di cui il legislatore delegato avrebbe dovuto tenere conto. Sotto questo profilo l’Aiga ha più volte denunciato l’eccessività e irrazionalità dell’intervento e manifestato dubbi circa eccessi di delega che sono stati già rimessi all’attenzione della Consulta.
c) La terza novità riguarda la nostra professione ed è stata l’approvazione nell’ultimo giorno disponibile prima dello scioglimento delle Camere della legge di Riforma Forense, attesa da 79 anni dall’Avvocatura italiana.
Pur essendo soddisfatti della regolamentazione della nostra professione per norma primaria, essendo stata superata la disciplina regolamentare del DPR 137 dell’agosto 2012, non possiamo che segnalare che la novella sia stata un’occasione persa per la nostra categoria e per il Sistema Giudiziario italiano.
La Riforma Forense si presenta senza evidenti spinte verso la modernità, verso la necessità di ridisegnare la figura dell’avvocato nella società informatica, calato nella realtà europea, verso la ricerca di nuovi spazi di mercato che possano consentire all’Avvocatura, specie quella giovane, di affrontare nuove sfide fuori dal ristretto recinto dei Palazzi di Giustizia.
Una Riforma dove la meritocrazia non viene valorizzata e dove soltanto l’anzianità è un merito. Significativamente nel testo le parole “anziano”, “anziani” e “anzianità” si ripetono 18 volte, mentre quella “giovani” è presente una sola.
Ma proprio quest’oggi, dinanzi alle Autorità giudiziarie e politiche nazionali e del nostro Distretto, intendo ribadire quanto ha formato oggetto della mozione proposta dall’AIGA all’ultimo Congresso Nazionale Forense tenutosi a Bari a Novembre scorso e che ha ottenuto oltre il 70% dei consensi tra gli avvocati delegati congressuali di tutte le età.
Chiediamo nella prossima legislatura la modifica del testo, perché il sistema di governo e di amministrazione dell’Avvocatura non è democratico e vogliamo liberamente scegliere i nostri rappresentanti nazionali senza sbarramenti anagrafici; perché la specializzazione forense non può essere attribuita soltanto frequentando uno sterile corso universitario o per mera anzianità; perché l’obbligo di aggiornarsi costantemente durante l’attività professionale non può essere imposto soltanto ai Giovani Avvocati; perché l’accesso della professione deve impedire che l’albo professionale sia il comodo approdo per la disoccupazione intellettuale di chi non è stato capace o non è riuscito a fare altro.
Concludo il mio intervento ringraziandovi per l’attenzione e con l’augurio che l’anno giudiziario 2013 possa essere finalmente l’anno della svolta; l’anno in cui i cittadini possano ricominciare a guardare con fiducia i Palazzi di Giustizia; l’anno in cui l’Italia possa nuovamente affermare con orgoglio di essere la culla del diritto; l’anno in cui il nostro Paese possa finalmente rialzarsi.

Giustizia: per il Procuratore generale della Cassazione Ciani occorre legge su toghe in lista.

(ANSA) ROMA, 25 GEN - Sono destinati a "rafforzarsi" i "dubbi" sull'imparzialità della magistratura nel caso dei pm che prima assumono "comportamenti protagonistici" dimostrando "l'incapacità di resistere alla lusinga dell'immagine" e poi scelgono la strada della "diretta partecipazione alla competizione politica".
Lo sottolinea il Procuratore generale della Cassazione Gianfranco Ciani nelle sue considerazioni sull'anno giudiziario.
Ciani chiede una legge che disciplini l'entrata in politica delle toghe.

Un software per velocizzare la Giustizia: "In Puglia risparmiamo così".

La soluzione hi-tech contro la malagiustizia c'è e arriva dalla Puglia. Nichi Vendola lo ha ribadito di recente in due trasmissioni televisive, prima nel talk di approfondimento "Piazza Pulita" di La7 e poi nella trasmissione Ballarò.
"In Puglia abbiamo due progetti, Auror@ e Gnosis, finanziati dalla Regione con meno di 5 milioni di euro, che rappresentano il più avanzato processo di informatizzazione al servizio dei cittadini", ha puntualizzato il leader di Sel.
"Una buona pratica del sud che qualche volta andrebbe detta". Vendola si riferiva a due programmi open source pensati e realizzati da un'azienda di Lecce, la Links Management and Technology. Auror@ è un sistema informativo integrato per la gestione del fascicolo processuale e dei flussi documentali, attiva in buona parte della Puglia.
Il sistema riceve in automatico le notizie di reato provenienti dagli uffici di Polizia giudiziaria, le classifica e le collega al fascicolo penale di appartenenza.
Gli inquirenti hanno così a disposizione una mole di dati disponibile con un click risparmiando 8 euro per ogni singola operazione che avrebbe richiesto fotocopie, spostamenti e deposito in cancelleria. Secondo i promotori la diffusione di un sistema di questo tipo in tutto il territorio italiano potrebbe far risparmiare 13,2 milioni l'anno di carta ipotizzando la digitalizzazione del 50% dei documenti.
Altro esempio, la notifica di un atto penale.
Nella procedura ordinaria il cancelliere firma l'atto, scannerizza il cartaceo, lo registra inserendo dati, tipologia di notifica e i destinatari (directory di indirizzi Pec), firma elettronicamente l'immagine del documento, conferma l'invio dell'e-mail. Il sistema digitale di notifiche penali esegue queste operazioni in automatico e porterebbe a un risparmio di 8,4 milioni l'anno se fosse utilizzato in tutta Italia.
Ma Autor@ è pensato anche per gli avvocati: grazie al software evitano lunghe file in cancelleria collegandosi al portale "avvocati" della Procura per scaricare i documenti che gli servono in tempo reale. Tutto questo nella massima sicurezza grazie all'utilizzo di una smart card personale con un certificato digitale rilasciata dall'ordine.
Il programma è in uso gratuito presso il Ministero della Giustizia, eppure di sperimentazioni in Italia se ne vedono ancora poche. In questo momento nelle procure di Monza e di Milano è stata attivata una versione light del software che permette alle forze di polizia di comunicare le notizie di reato in forma digitale attraverso la rete.
 La fase di sperimentazione di Gnosis si è invece conclusa da poco ed ora è attivo in tutta la Puglia. In buona sostanza, il software rappresenta uno strumento informatico di supporto all'azione investigativa, una sorta di sistema di ricerca che permette di selezionare in tempo reale tutta la mole di documenti raccolta. Il programma si basa su un sistema di crawling che permette, ad esempio, di trovare informazioni nei giornali e nei siti attraverso ricerche semantiche.
I pubblici ministeri indicano l'oggetto e ricevono in automatico gli articoli collegati alla chiave di ricerca inserita, risparmiando ore di lavoro. Gnosis prevede anche l'opzione della gestione del traffico telefonico con la mappatura delle chiamate di un indagato, la geolocalizzazione dei numeri contattati e l'identificazione degli spostamenti della persona.

ANAI: NELLA GIUSTIZIA MANCA TRASPARENZA SU INTROITI, SPESE E RISORSE. I CITTADINI HANNO IL DIRITTO DI SAPERE COME VENGONO GESTITI I FONDI.

DE TILLA: IL CONTROLLO DELLE SPESE AD UNA COMMISSIONE PARITETICA CON SOCIETÀ CIVILE, AVVOCATI, MAGISTRATI, OPERATORI DEL SETTORE.
Invece che sopprimere mille uffici giudiziari, per migliorare la giustizia basterebbe introdurre seriamente e diffusamente il processo telematico. L’Associazione nazionale avvocati italiani (Anai) interviene sulle spese del “sistema giustizia”.
Per il presidente Maurizio De Tilla, bisognerebbe innanzitutto rendere obbligatorio il processo civile telematico, per il resto molte sono le domande a proposito della gestione delle risorse da parte di via Arenula.
“Il processo civile telematico – ha detto il presidente ANAI – può portare a formidabili risparmi in ore di lavoro e ad incrementi di qualità del sistema. Appaiono necessari forti investimenti e cambiamenti di mentalità per produrre la massima produttività di giudici, di dirigenti e di personale, va eliminato al più presto l’ibridismo tra fascicolo cartaceo e telematico”. Il “Tribunale telematico” è la più seria proposta presentata dall’Avvocatura che va al più presto esaminata in una sinergia collaborativa tra i CISIA, gli Ordini e le Associazioni degli avvocati.
“La prima domanda sulla gestione delle risorse allora è questa: dove finiscono ogni anno i fondi dell’Amministrazione della giustizia che ammontano a più di sette miliardi di euro all’anno? – si chiede il presidente De Tilla – Cittadini, avvocati, giudici, dirigenti, dipendenti, operatori della giustizia hanno il diritto sacrosanto di sapere nel dettaglio come vengono gestiti i fondi della giustizia (che sono stati incrementati sensibilmente con i notevoli aumenti dei contributi a carico degli utenti)”. “Manca trasparenza – denuncia il presidente ANAI – su investimenti, introiti, spese, somme e beni gestiti, risorse impiegate, obiettivi perseguiti e raggiunti. Si sa solo che si sono spesi malamente 84 milioni per inutili braccialetti elettronici e che per l’esternalizzazione dei servizi si spendono all’incirca 700 milioni all’anno”.
Le domande dell’Associazione nazionale avvocati italiani allora sono:-Quanto si è speso fino ad oggi per il processo telematico?- Sono state utilizzate bene le risorse impiegate?- Si possono razionalizzare le risorse?- Quanti sono gli sprechi? Ma soprattutto, conclude il presidente De Tilla: “È necessario affidare ad una commissione paritetica, formata da cittadini, avvocati, giudici, personale, il controllo delle ingenti spese”.

Il nuovo redditometro è figlio di un fisco senza etica.

Il 24 dicembre scorso il Ministro delle finanze del già dimissionario governo Monti ha emanato il decreto attuativo del redditometro, una specifica tipologia di accertamento sintetico, basato cioè sulla capacità di spesa e di contribuzione della persona fisica ed al cui risultato si perviene con metodo induttivo.
Pochi giorni fa lo stesso Monti , che aspira a diventare un po’ più pop, ne ha preso le distanze, con sorpresa di chi scrive, come se la responsabilità politica e tecnica fosse, per assurdo, di qualche burocrate o forse del precedente governo.
Non si nega che lo strumento di accertamento sia stato introdotto su iniziativa di Tremonti nel 2010 e prevedesse già allora l’inversione sulle spalle del contribuente di provare il minore reddito conseguito a fronte di quello ricostruito con l’accertamento.
Non si nega la sonora bocciatura su questo punto, prima che dalla Corte di Cassazione, dalla logica più banale: se lo strumento è essenzialmente induttivo e si avvale di coefficienti moltiplicatori applicati a beni indice, è ovvio che il reddito determinato statisticamente sia tutto da dimostrare a cura dell’amministrazione finanziaria.
Ma con tale previsione normativa succede che una visione molto empirica, non suffragata in maniera apodittica, debba essere sconfessata, al contrario, con tutte le dimostrazioni del caso dal contribuente. Fatto che evidentemente non lo pone neppure sullo stesso piano del fisco.
E’ pur vero tutto ciò. Ma la chicca confezionata alla vigilia di Natale non solo ha attuato questa stortura, ha potenziato nella maniera più indecorosa ed illiberale l’utilizzo del redditometro, tradendo di gran lunga le finalità di quello progettato durante il precedente governo Berlusconi, che si sarebbe limitato a considerare tra i beni indice di capacità contributiva i mezzi di trasporto, le residenze, le assicurazioni, i cavalli da corsa, il servizio di collaboratori familiari nella disponibilità del contribuente, in linea di massima quelli già previsti nel D.M. 19 novembre 1992 con l’aggiunta di alcuni beni di lusso.
Tanto per capirci, avrebbe operato da grossolano setaccio sui contribuenti per selezionare situazioni paradossali, come i reddito zero in possesso dell’ultimo modello di suv tedesco. Le voci di spesa del nuovo redditometro: quelle sì che lasciano letteralmente basiti!
Laddove non siano documentabili con quanto è già in possesso dell’amministrazione finanziaria, si tiene conto della spesa media Istat per nucleo familiare; una presunzione, quella statistica, destinata ad essere usata in molti casi, se si considera che fanno testo anche i libri non scolastici (e non è una battuta) o le borse e le valige o la bigiotteria!
Una presunzione che fa prevalere il metodo di accertamento induttivo su quello analitico, in ausilio del quale è nato il primo quando l’amministrazione finanziaria non era ancora informatizzata.
Tralasciando l’aspetto terroristico della complicazione statistica, mettendo da parte la intricata legislazione tributaria, situazioni non superabili neppure dalla media diligenza e perizia del contribuente modello e che, anzi, favoriscono il clima di odiosità nei confronti del fisco, il problema è anche etico.
La famiglia viene radiografata ed inibita nei consumi, viene scoraggiato quel “darsi una mano a vicenda” che ha fatto sempre parte della storia delle famiglie e delle imprese italiane, gran parte delle quali fondano il proprio benessere e la propria sopravvivenza su un’architettura familiare.
Le persone vengono considerate sempre meno persone e sempre più “particelle catastali”, la comunità viene sempre più divisa in favore di uno Stato giacobino che tutto controlla ed in tutto interviene come un automa.
E questo sta succedendo in un Paese come l’Italia, che come unica regola ha l’eccezione, ed accade, come nella migliore tradizione giacobina, in un crescendo di terrore.
Sarà l’ennesima conferma di come sull’agenda Monti non ci sia spazio per coniugare rigore e crescita?
Marika Franchini 
www.L’Occidentale.it

RIFORMA FORENSE, OUA: NECESSARIO DIALOGO CON TUTTA L‘AVVOCATURA PER REDAZIONE CONDIVISA DEI REGOLAMENTI ATTUATIVI.

NICOLA MARINO, PRESIDENTE OUA: “Eppur si muove, siamo lieti che la riforma finalmente possa entrare in vigore, anche se la piena attuazione è ancora lontana. L’Oua, auspicando un dialogo che coinvolga tutta l’avvocatura, seguirà la definizione dei regolamenti attuativi, tenendo ben presenti le mozioni approvate dal recente Congresso Forense in cui si chiedevano precise modifiche”.
TRAI PUNTI CRITICI: I PARAMETRI, LA TUTELA DEI GIOVANI, L'ECCESSIVO NUMERO DI AVVOCATI E LA RIFORMA DELL'ACCESSO UNIVERSITARIO CON IL NUMERO PROGRAMMATO.
Dialogo, condivisione e rispetto delle decisioni del Congresso Forense. Con queste linee guida l’Organismo Unitario dell’Avvocatura valuterà l'effettiva entrata in vigore della riforma professionale e seguirà con attenzione la definizione dei numerosi regolamenti attuativi previsti dalla nuova legge forense. Di oggi, intanto, la prima, attesa, circolare esplicativa del Cnf.
Per Nicola Marino, presidente Oua: “Eppur si muove. E anche se la riforma è ben lungi dall’essere compiuta, siamo lieti che la situazione si sia sbloccata e che sia giunta anche la prima circolare esplicativa del Cnf. Certo occorrerà continuare a dare vigile impulso a questo iter, non solo per darvi compiuta attuazione, ma anche allo scopo di porre rimedio ad alcuni errori, storture, anomalie che, come ha sancito anche il recente Congresso Forense di Bari, rischiano di compromettere l'esito da tutti auspicato”.
 “Pur apprezzando che, dopo circa 70 anni, sia stata varata la necessariamente migliorabile legge professionale - aggiunge Marino - registriamo, assieme alla costante modifica in senso peggiorativo del sistema di quantificazione dei compensi professionali, come dimostra anche l’ultimo parere del Consiglio di Stato (18 gennaio) che censura la proposta concordata a dicembre con il Ministero di Giustizia, mettendo in discussione, tra gli altri aspetti, l’accordo sulla quantificazione delle spese forfettarie. Urgono, perciò, una maggiore e più consona considerazione dell’attività forense in sede di definizione dei parametri e di liquidazione giudiziale (la gestione degli Studi è pari a quella di piccole aziende) e l’adozione di interventi a tutela dei giovani, che vanno sostenuti per affrontare un mercato oggi poco capace di assorbirli: gli avvocati sono oltre 230mila. Tra le proposte da mettere in campo una effettiva programmazione del numero in sede di accesso all’Università e mettendo a disposizione una migliore formazione e competenze specifiche orientate al diverso panorama (sovranazionale) in cui si muoverà il giurista del futuro”.
 “Su tutti questi nodi strategici per la professione forense – conclude Marino - (e ne abbiamo citato solo alcuni) promettiamo, assieme ad una vigile attenzione, una aperta disponibilità al dialogo con tutte le componenti dell'avvocatura ai fini della ricerca di soluzioni condivise che consentano auspicabili modifiche della nuova legge professionale”.

mercoledì, gennaio 23, 2013

LA RIFORMA FORENSE: PREGI E DIFETTI.

1. La funzione costituzionale dell’avvocato.
Tra i principi della Costituzione sono fondamentali:
a) il principio di inviolabilità del diritto di difesa in ogni stato e grado di giudizio e, collegato a questo, il principio della tutela dei non abbienti (art. 24); b) il principio della parità delle parti nel processo (art. 111).
All’attuazione degli indicati principi è preposta l’avvocatura che è una componente essenziale della giurisdizione che trova una giustificazione sostanziale nel fatto che l’avvocato, con la difesa del cittadino, assume la veste di protagonista nel processo.
E se è vero che il processo risulta essere la sede dell’esercizio della funzione giurisdizionale è innegabile che la rilevanza costituzionale di quest’ultima debba estendersi a tutti i soggetti che ad esso partecipano da protagonisti: giudici ed avvocati.
La magistratura e l’avvocatura sono, con pari dignità, le componenti della giurisdizione. La rilevanza della pari dignità assume il significato di un concreto bilanciamento all’interno dell’assetto costituzionale della giurisdizione, che si presenta come garanzia di neutralizzazione delle possibili distorsioni e degenerazioni.
L’avvocato diventa, quindi, il depositario e l’affidatario della quota di sovranità appartenente alle parti processuali che non possono restare nella totale disponibilità del giudice. L’Avvocatura assume il ruolo di indispensabile sostegno alla correttezza e alla pienezza del ruolo del giudice per la rappresentazione della situazione giuridica delle parti.
Se la presenza dell’avvocato è garanzia di terzietà del processo, l’Avvocatura deve concorrere, con propri rappresentanti, all’Amministrazione della giustizia nelle diverse articolazioni, con un bilanciamento di ruoli e funzioni. La recente nuova disciplina di riforma dell’ordinamento della professione forense parla, all’art. 1 n. 2, di specificità della funzione difensiva e di “primaria rilevanza giuridica e sociale dei diritti alla cui tutela essa è proposta”.
Ma la dicitura legislativa non è sufficiente. Appare necessaria una riforma costituzionale. L’Avvocatura ha, infatti, proposto di modificare il titolo IV della Seconda Parte della Costituzione intitolandola “La Giurisdizione” con l’articolazione in tre sezioni: la prima dedicata ai principi fondamentali della funzione giurisdizionale; la seconda ai principi riguardanti la Magistratura, la terza ai principi che regolano la difesa e l’Avvocatura.
Viene così rafforzato il principio costituzionale del diritto di difesa come funzione essenziale in ogni procedimento giudiziario e viene, allo stesso tempo, costituzionalizzata l’attività dell’avvocato nella sua funzione di rilevanza pubblica.
2. La riforma forense è un primo passo. Ma non basta.
Occorre porre immediato rimedio al sovraffollamento degli albi degli avvocati ponendo regole selettive per l’accesso alla professione. Sul punto la riforma è completamente carente avendo il Parlamento disatteso alcune indicazioni dell’Avvocatura (selezione nell’accesso al tirocinio e all’esame di stato, limite di età, scadenza del certificato di abilitazione, eliminazione delle iscrizioni di diritto, etc.). Sul tema bisogna intervenire con incisività ed urgenza stabilendo il numero chiuso per la iscrizione all’albo e, se con ciò non fosse possibile, il numero programmato all’Università (nelle iscrizioni e/o nel corso del quinquennio di laurea).
Non c’è altra soluzione. La presenza record di 240 mila avvocati rende difficoltoso l’esercizio di una qualificata difesa del cittadino. In Francia gli avvocati sono 47 mila e in Inghilterra vi sono 10 mila barrister (gli avvocati che esercitano nel processo) ai quali si aggiungono 120 mila solicitors che hanno funzioni anche non forensi e non svolgono, in massima parte, funzioni difensive.
3. La eccessiva ingerenza dello Stato nella formazione dei regolamenti attuativi della riforma forense. Il potere di autonomazione è molto diffuso negli ordinamenti forensi europei. L’autonomia ed indipendenza delle avvocature europee è facilitata con la predisposizione di regole da parte delle organizzazioni forensi con il controllo dello Stato. Con la recente riforma forense è avvenuto il contrario. Quasi tutto il potere regolamentare è attribuito al Ministero della Giustizia, con il parere delle Commissioni parlamentari competenti e il parere del CNF. Anzitutto è da segnalare che le modalità per il riconoscimento del titolo di specialista vengono stabilite dal Ministero ed i percorsi formativi vengono organizzati esclusivamente presso le facoltà di giurisprudenza, espropriando così gli ordini e le associazioni di ogni potere.
Ma vi è di più: le Università provvedono a tanto nell’ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. E poiché i fondi notoriamente mancano, le specializzazioni se ne vanno alla malora!
E rimangono, così, solo i titoli degli avvocati docenti universitari di ruolo in materie giuridiche, i quali possono indicare il relativo titolo con le opportune specificazioni.
Anche in tema di assicurazione per la responsabilità civile ed assicurazione contro gli infortuni vi è l’ingerenza dello Stato laddove si stabilisce che le condizioni essenziali e i massimali minimi delle polizze sono stabiliti ed aggiornati ogni cinque anni dal Ministro della Giustizia.
Che probabilmente sarà favorevole alle Assicurazioni (poteri forti) e non terrà alcun conto dei giovani e della parte debole dell’avvocatura che versa in grave difficoltà per la grave crisi economica e per le liberalizzazioni selvagge.
Con un regolamento emanato dal Ministro della Giustizia, sentito CNF e Commissioni parlamentari, sono altresì disciplinati la tenuta e l’aggiornamento dell’albo, degli elenchi e dei registri, le modalità di trasferimento, i casi di cancellazione e le relative impugnazioni di provvedimenti adottati in materia dei Consigli degli Ordini, dei quali si è esclusa qualsiasi autonomia.
Compete, inoltre, al Ministro della Giustizia di adottare il regolamento che disciplina: a) le modalità che giustificano le modalità di svolgimento del tirocinio e le relative procedure di controllo da parte del competente Consiglio dell’Ordine; b) le ipotesi che giustificano l’interruzione del tirocinio e le relative procedure di accertamento. Ancora. Il Ministro della giustizia, sentito il CNF, disciplina con regolamento: a) le modalità e le condizioni per l’istituzione dei corsi di formazione da parte degli ordini e delle associazioni forensi giudicate idonee, in maniera da garantire la libertà ed il pluralismo dell’offerta formativa e della relativa scelta individuale; b) i contenuti formativi dei corsi di formazione in modo da ricomprendervi, in quanto essenziali, l’insegnamento del linguaggio giuridico, la redazione degli atti giudiziari, la tecnica impugnatoria dei provvedimenti giurisdizionali e degli atti amministrativi, la tecnica di redazione del parere stragiudiziale e la tecnica di ricerca; c) la durata minima dei corsi di formazione, prevedendo un carico didattico non inferiore a centosessanta ore per l’intero periodo; d) le modalità e le condizioni per la frequenza dei corsi di formazione da parte del praticante avvocato nonché quelle per le verifiche intermedie e finale del profitto, che sono affidate ad una commissione composta da avvocati, magistrati e docenti universitari, in modo da garantire omogeneità di giudizio su tutto il territorio nazionale.
Ai componenti della commissione non sono riconosciuti compensi, indennità o gettoni di presenza. Anche qui nessuna autonomia dagli Ordini che devono seguire pedissequamente le prescrizioni del Ministero.
 4. I pregi e i difetti della riforma forense.
Qualcuno si è chiesto se valeva la pena di dare il consenso ad una riforma che, in definitiva, non tratta bene l’avvocatura e la sottopone ad una disciplina imposta dallo Stato (Ministero della Giustizia e Commissioni parlamentari) senza porre in essere alcuna innovativa politica legislativa di selezione nell’accesso al tirocinio e all’esame di Stato.
Qualcuno ha ribattuto che qualche risultato positivo c’è: l’eliminazione dei soci di capitale dalle società tra avvocati (se e quando sarà approvato il decreto legislativo del Governo); il ripristino del procedimento di formazione dei parametri (le vecchie tariffe) che impone di sentire il CNF (senza però che vengano reintrodotti i minimi di tariffa).
Per alcuni vi sono altri vantaggi per le istituzioni forensi: il prolungamento a quattro anni del mandato per gli Ordini con una proroga di un altro anno per le nuove elezioni; il prolungamento a quattro anni dal mandato per il CNF con una proroga di quasi due anni per le nuove elezioni. Il tutto con il limite invalicabile di due mandati.
Il tutto con elezioni consiliari che dovranno tener conto della rappresentanza di genere nella percentuale almeno del terzo dei consiglieri eletti.
 Maurizio de Tilla 
(Presidente A.N.A.I.)

lunedì, gennaio 21, 2013

IL RAP DELL'ESAME D'AVVOCATO!

IN ARRIVO MODIFICHE AI PARAMETRI DI CUI AL D.M. 140/2012.

Testo dell'accordo Ministero Giustizia/Associazioni professionali. 
Premessa 
Con la Riforma delle Professioni ed il Decreto Parametri si è inteso abbandonare una logica di predeterminazione “amministrativa” di liquidazione giurisdizionale dei compensi.
Si tratta di un passaggio di grande apertura nel mondo delle professioni, su cui non si ritiene di dover tornare indietro.
Si ritiene, invece, possano essere individuati, ed affrontati, aspetti sui quali l’operatività ha evidenziato profili di criticità; di questi si ritiene poter tenere conto nel contesto di un intervento di modifica del Decreto.
Alcuni interventi sono ancora in corso di valutazione tecnica e di impatto.
 Intervento di modifica 
Si riportano di seguito riassuntivamente gli interventi di modifica al D.M. n. 140/2012: 1) aggiunta (per tutte le professioni) delle spese forfettarie liquidate nella misura compresa tra il 10 e il 20 per cento del corrispettivo; 2) eliminazione (per tutte le professioni) della valutazione negativa da parte dell’organo giurisdizionale dell’assenza di prova della mancata consegna del preventivo di massima (Riserva di valutazione in relazione all’art. 9 DL 1/2012); 3) introduzione di un parametro numerico per la liquidazione dell’attività stragiudiziale, consistente nella percentuale compresa tra il 5% e il 20% del valore dell’affare; 4) introduzione di un possibile incremento del compenso nel caso di assistenza stragiudiziale nel procedimento di mediazione; 5) introduzione di un possibile incremento del compenso liquidato giudizialmente a carico del soccombente costituito, quando le difese della parte vittoriosa siano risultate manifestamente fondate; 6) possibilità di aumento anche oltre il doppio nel caso di assistenza di più parti (Riserva di valutazione); 7) soppressione della riduzione del 50% del compenso nella liquidazione delle prestazioni svolte a favore di soggetti in patrocinio a spese dello stato e del compenso per l’assistenza d’ufficio a minori; 8) introduzione di due ulteriori scaglioni per le controversie di valore superiore ad euro 1.500.000,00: a) 1.500.001,00 – 5.000.000,00, b) oltre 5.000.000,00; 9) introduzione della voce “studio” nella fase esecutiva (sia mobiliare che immobiliare) che contiene valori corrispondenti al 35% - 50% degli importi previsti per la voce “procedimento”; 10) incremento (in misura oscillante tra il 30% - 50%) di tutti i valori previsti per il procedimento per ingiunzione e per il precetto; 11) previsione della nuova fase di investigazione relativamente all’attività giudiziale penale, a cui corrispondono valori pari a circa il 70% di quelli previsti per la fase istruttoria davanti all’autorità giudiziaria.

venerdì, gennaio 18, 2013

La riforma forense (l. n. 247/2012) oggi è stata pubblicata in “Gazzetta Ufficiale”.

La legge 31 dicembre 2012 n. 247, “Nuova disciplina dell’ordinamento della professione forense”, è stata pubblicata oggi sulla Gazzetta Ufficiale (n. 15 del 18 gennaio 2013). Però, decorsi i canonici quindici giorni dalla data di pubblicazione, non tutte le norme saranno applicabili, poiché molte delle disposizioni rimarranno sospese fino a quando non saranno stati approvati i regolamenti attuativi. A tali decreti attuativi, stanno lavorando sia il Ministero della Giustizia sia il CNF.

NUOVE PIANTE ORGANICHE: SALERNO AVRA’ 3 MAGISTRATI IN MENO.

Tagli alle piante organiche del ministero della Giustizia, operati in base a due parametri fondamentali, riferiti all’anno 2011.
Il primo è dato dal bacino d’utenza (numero abitanti), il secondo è riconducibile al numero delle cause nuove (ovviamente riferite all’anno 2011).
Ebbene, per quanto attiene il Tribunale di Salerno, a fronte di un bacino d’utenza pari a n. 486.185 abitanti ed ad una sopravvenienza (per il 2011) di n. 58.582 nuovi procedimenti, il numero di magistrati in pianta organica (n. 73) è stato ritenuto eccessivo dal Ministero.
Così la nuova pianta organica prevederà n. 3 magistrati in meno, cioè 70.

giovedì, gennaio 17, 2013

Oua preoccupata per la revisione dell'organico dei giudici.

GIUSTIZIA, L’OUA PREOCCUPATA PER LA PROPOSTA DI REVISIONE DELLA PIANTA ORGANICA DEI GIUDICI: DIVERSI TRIBUNALI E PROCURE A RISCHIO PARALISI A PARTIRE DA REALTÀ COMPLESSE COME QUELLA DI PALERMO DOVE SALTEREBBERO 13 MAGISTRATI GIUDICANTI E 12 PUBBLICI MINISTERI NICOLA MARINO, PRESIDENTE OUA: “SE LA PROPOSTA RIMANESSE INVARIATA RISCHIAMO D’ASSISTERE A UN ULTERIORE COLPO AL BUON FUNZIONAMENTO DELLA GIUSTIZIA DOPO LA SCIAGURATA E INCOSTITUZIONALE DECAPITAZIONE DI 1000 UFFICI GIUDIZIARI. CHIEDIAMO AL MINISTERO DI APRIRE UN CONFRONTO CON GIUDICI E AVVOCATI SU QUESTO NODO PER TROVARE SOLUZIONI ADEGUATE MA ANCHE PER CORREGGERE, LA PREVISTA E IRRAZIONALE REVISIONE DELLA GEOGRAFIA DI TRIBUNALI E PROCURE, SOSPENDENDO INTANTO IL PROVVEDIMENTO”
 Molti dubbi, perplessità e talvolta in alcuni casi netta contrarietà è stata espressa dall'Organismo Unitario dell’Avvocatura-OUA sulla bozza di proposta sulla revisione dell'organico dei giudici proposta dal ministero di Giustizia e che sta circolando in queste ore.
Per l’Oua questo provvedimento, se confermato, rischia di creare ulteriore confusione e in taluni casi potrebbe costituire un nuovo e grave attacco al sistema giustizia, penalizzando il già difficoltoso funzionamento di molti tribunali italiani e rallentando (in alcuni casi, bloccando) l'attività giudiziaria: un fenomeno increscioso già oggetto di diversi richiami da parte dell’Unione Europea.
Per Nicola Marino, presidente Oua: «Dopo il danno della soppressione, oltretutto incostituzionale, di decine di Tribunali, di tutte le Sezioni Distaccate (e di oltre 600 sedi dei giudici di pace), circa mille uffici giudiziari, si aggiunge ora la beffa di una revisione delle attuali piante organiche che lascia perplessi. Desta preoccupazione, per fare un esempio, tagliare 13 giudici e 12 pm in un Tribunale come quello di Palermo, dove si lavora già con una carenza di organico. Ciò è inaccettabile per la tenuta dell'intero sistema giustizia, che è sempre più a rischio paralisi. Chiediamo che si apra un confronto con l’avvocatura e con la magistratura e che si sospenda l’entrata in vigore del provvedimento di revisione della geografia giudiziaria».

CASSA FORENSE, COMUNICATO DELLA DIREZIONE GENERALE: Contributi minimi anno 2013.

Alla fine del mese di gennaio l'istituto cassiere, Banca Popolare di Sondrio, invierà a tutti gli iscritti alla Cassa un plico, contenente i quattro bollettini con scadenza 28 febbraio, 30 aprile, 30 giugno e 30 settembre 2013, da utilizzare per il pagamento della contribuzione minima dell'anno.
La contribuzione minima per l'anno 2013 è così determinata:
  1. contributo minimo soggettivo * € 2.700,00 
  2. contributo minimo integrativo ** € 680,00 
  3. contributo per l'indennità di maternità *** € 132,00 
(*) Il contributo soggettivo minimo è ridotto alla metà per i primi 5 anni di iscrizione alla Cassa, a condizione che l'istanza di iscrizione sia stata presentata dopo il 31/12/2008 e comporti una decorrenza anteriore al compimento del 35° anno di età;
(**) l'obbligo del contributo minimo integrativo è escluso per il periodo di praticantato con abilitazione al patrocinio e, a decorrere dal 2010, anche per i primi cinque anni d’iscrizione all'Albo;
(***) per i pensionati di vecchiaia, dall'anno solare successivo alla maturazione del diritto a pensione, i bollettini contengono il solo contributo per l'indennità di maternità.
Nella sezione "Accesso Riservato ‐ servizi on line ‐ mav ‐ dettaglio mav", è riportato il dettaglio analitico delle somme chieste in pagamento.
In caso di mancato recapito o smarrimento dei bollettini M.Av., utili per il pagamento dei contributi minimi 2013, è possibile la riproduzione autonoma e la ristampa dei bollettini, sempre tramite la sezione "Accessi riservati ‐ Posizione Personale ‐ Servizi On line ‐ M.Av. ‐ M.Av. Contributi minimi".
Il pagamento dei bollettini M.Av. può avvenire anche mediante "Forense Card", senza alcun onere aggiuntivo.
La Forense Card va preventivamente richiesta tramite il sito della Cassa nell'area riservata agli iscritti.
Per chiarimenti relativi alle modalità di pagamento dei bollettini è attivo il numero verde della Banca Popolare di Sondrio 800248464, mentre per informazioni relativealla composizione della contribuzione contattare l'Information Center della Cassa al n. 06-36 21 11.
Infine, con l'occasione, si invita a verificare sul sito web della Cassa www.cassaforense.it sezione "accessi riservati ‐ posizione personale" (mediante PIN e Codice Meccanografico) la correttezza dell'indirizzo di studio risultante alla Cassa effettuando, se necessario, la rettifica.
La variazione effettuata verrà registrata in tempo reale.
Cassa Forense 
La Direzione Generale

martedì, gennaio 15, 2013

Nasce Associazione Nazionale Avvocati Italiani, Presidente è Maurizio de Tilla.

Roma, 14 gen. - (Adnkronos) - Portare avanti la battaglia degli avvocati italiani per la tutela dei valori morali e civili della professione.
Nasce con questo obiettivo l'Associazione nazionale avvocati italiani (Anai) che raccoglie il disagio di professionisti giovani e meno giovani con piu' di cento sedi in tutta Italia.
A presiedere la nuova associazione e' Maurizio De Tilla, ex presidente dell'Organismo unitario dell'avvocatura, i vicepresidenti sono Mario Coluzzi, Claudio Acampora, Stefano Nardini e Michele Riggi; segretario nazionale Domenico Monterisi e il tesoriere Maria Andretta.
''L'Associazione nasce per tutelare i valori morali e civili della professione forense per difendere l'indipendenza, l'autonomia ma soprattutto la dignita' e il decoro dell'avvocato e della sua attivita', duramente messe alla prova con gli ultimi provvedimenti legislativi - ha spiegato De Tilla - Lotteremo contro ogni visione mercantilistica della professione forense e contro le ingerenze dei poteri forti. La campagna mediatica scatenata contro gli avvocati ha fatto parlare a sproposito di casta ma i numeri parlano chiaro: i dati pubblicati dalla cassa forense dicono che la professione si sta impoverendo, di conseguenza si sta svilendo la stessa professionalita' dell'avvocato''. ''Con questa consapevolezza ci batteremo per il rispetto della nostra Costituzione - ha assicurato De Tilla - che vuole non solo un avvocato indipendente e autonomo ma soprattutto l'uguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge, principio che puo' essere salvaguardato e tutelato solo con una professione forense degna di questo nome''.
Tra le linee programmatiche dell'Anai la difesa anche giudiziaria dell'assetto territoriale della giustizia, contrastando qualsiasi ipotesi indiscriminata e illegittima di revisione della geografia giudiziaria; la lotta contro qualsiasi legge o regolamento che tenti di reintrodurre l'obbligatorieta' della mediaconciliazione, e ampio ricorso alla mediazione facoltativa, a dimostrazione del fatto che l'avvocato non vuole allungare i tempi processuali o ingolfare inutilmente il sistema giustizia, ma garantire semplicemente che la giustizia faccia il suo corso a tutela dei diritti.
Ancora, l'attuazione di un giusto processo che garantisca la funzione costituzionale dell'avvocato e la tutela dei diritti dei cittadini; la rappresentanza anche sindacale dell'avvocatura con il riconoscimento di parte sociale e con la stipula di contratti collettivi con i dipendenti degli studi professionali; l'attuazione di un processo civile e penale che non ostacoli la difesa del cittadino, eliminando quelle forme illegittime di selezione delle impugnative ma soprattutto eliminando esosi e sproporzionati aumenti dei contributi che di fatto ostacolano l'accesso alla giustizia ai cittadini meno abbienti. Infine, nel programma dell'Anai la promozione di iniziative legislative per introdurre il numero programmato all'Universita' al fine di consentire una forte selezione all'accesso della professione; la difesa dell'autonomia normativa e gestionale della previdenza forense nonche' della natura privata della Cassa forense; iniziative legislative per migliorare la riforma della professione forense.

Condominio: contro il decreto ingiuntivo preclusi riferimenti a questioni attinenti alla validita` della delibera.

Con la recente sentenza n. 19605/2012, la Corte di cassazione ha precisato che “in tema di opposizione a decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo emesso ai sensi dell'art. 63 disp. att. cod. civ. per la riscossione dei contributi in base allo stato di ripartizione approvato dall'assemblea, il condomino opponente non può far valere questioni attinenti alla validità della delibera condominiale ma solo questioni riguardanti l'efficacia della medesima”.
La delibera condominiale, infatti, costituisce titolo di credito del condominio e, di per sé, prova l'esistenza di tale credito e legittima non solo la concessione del decreto ingiuntivo, ma anche la condanna del condomino a pagare le somme nel giudizio di opposizione che quest'ultimo proponga contro tale decreto, ed il cui ambito è dunque ristretto alla sola verifica della esistenza e della efficacia della deliberazione assembleare di approvazione della spesa e di ripartizione del relativo onere.
Ne consegue che, una volta accertata la immediata esecutività della delibera, in base alla quale è stato legittimamente emesso il decreto, non possono essere invocati nel giudizio di opposizione eventuali vizi invalidanti la predetta delibera in quanto gli stessi avrebbero dovuti essere fatti valere nel giudizi di impugnazione.
Infatti, il Giudice dell'opposizione al decreto non può, neppure incidenter tantum, rilevare l'invalidità delle delibere impugnate.

lunedì, gennaio 14, 2013

ELEZIONI, OUA: UN’AGENDA DI PRIORITÀ PER USCIRE DALLA CRISI ENDEMICA DELLA GIUSTIZIA ITALIANA.

L’OUA AVVIA UN FITTO CALENDARIO DI INCONTRI CON LE FORZE POLITICHE. L’ORGANO DI RAPPRESENTANZA POLITICA DEGLI AVVOCATI NELLE PROSSIME SETTIMANE ELABORERÀ UN’AGENDA GIUSTIZIA ANCHE SULLA BASE DELLE MOZIONI APPROVATE AL RECENTE CONGRESSO FORENSE DI BARI, CHE VERRÀ PRESENTATA AI DIVERSI SCHIERAMENTI ELETTORALI. 
Il neo Presidente Nicola Marino e la Giunta hanno delineato, nella prima riunione tenutasi lo scorso fine settimana (11 gennaio), le prime attività di immediata esecuzione dell’Oua.
L’attuale momento elettorale deve essere utilizzato per la concreta interlocuzione con la politica, cui sottoporre le questioni non solo dei punti critici della riforma della professione appena approvata (accesso, giovani, rappresentanza, previdenza) ma anche dei rimedi alle attuali gravi carenze della giustizia civile e penale (eccessiva durata dei processi, costi, qualità, geografia giudiziaria, carceri), temi per i quali l’Avvocatura ha e rivendica un ruolo centrale, che l’Oua vuole, con decisione, portare avanti, con i modi e quell’unità di intenti che la classe forense ci ha rassegnato al Congresso di Bari.
L’Organismo politico, con i contributi di tutte le componenti, Ordini ed Associazioni, si appresta dunque a dettare l’Agenda Giustizia, avviando da subito una interlocuzione con tutti gli schieramenti impegnati nella prossima campagna elettorale, per prospettare il punto di vista dell’Avvocatura sulla base delle mozioni approvate nel recente Congresso Nazionale di Bari.
“Per fare ciò - dichiara il Presidente Marino - occorre il contributo di tutti: nessuno può andare da solo perché il Congresso di Bari ha indicato una linea chiara che l’OUA intende rispettare e portare avanti”.
Sarà dunque particolarmente importante la prossima Assemblea dell’OUA, fissata per il 18 gennaio, dedicata a questi temi, nella quale anche Ordini e Associazioni potranno esprimere le proprie indicazioni, in vista di una linea che non può che essere necessariamente unitaria e condivisa.
Roma, 14 gennaio 2013

Vaticano, monito alla Cassazione: ” no alla mercificazione dei bambini!”

Qualche giorno fa, la Corte di Cassazione – rigettando il ricorso presentato da un padre musulmano contro la Corte d’appello di Brescia e confermando l’affido esclusivo di un figlio minorenne ad una donna che convive con la compagna – ha emesso una sentenza definita “storica” (almeno secondo il parere dell’ArciGay).
La Suprema Corte ha, infatti, affermato che non devono esistere pregiudizi sull’adozione di minori da parte di coppie omosessuali ed ha stabilito che un bambino può crescere bene, ed in maniera equilibrata, anche all’interno di una “famiglia” omosessuale.
La sentenza 601/2013, ovviamente, non è passata inosservata ed ha, immediatamente, alzato un polverone e non s’è fatta attendere troppo la reazione del Vaticano. Dai microfoni dell’emittente Radio Vaticana, l’arcivescovo mons. Vincenzo Paglia (Presidente del dicastero vaticano per la famiglia), pur non facendo riferimento diretto alla sentenza della Suprema Corte, ha affermato che consentire l’adozione alle coppie omosessuali, significa considerare il bambino come una merce.
“I bambini, ha sottolineato il Vescovo, devono venire al mondo e crescere, all’interno di una famiglia “ordinaria”, composta cioè da un padre e da una madre”.

Elezioni: Severino, nei programmi ci sarà anche la giustizia.

(ASCA) - Roma, 14 gen - ''I temi della giustizia sono tecnici, per questo i tempi della campagna elettorale per ora sono prematuri per parlarne, ma credo che alla presentazione dei programmi politici lo spazio per la giustizia ci sarà''.
Ne e' convinta il ministro della Giustizia Paola Severino che con queste parole a Prima di tutto, su Rai radio 1, ha spiegato il perche' la giustizia e le carceri siano, secondo lei, ancora cosi' poco al centro della campagna elettorale.
''Mi auguro, ma sono anche convinta che lo spazio per la giustizia ci sara', perche' so che i partiti considerano questo tema centrale'', ha proseguito.

venerdì, gennaio 11, 2013

OUA: resoconto della prima riunione della Giunta Esecutiva.

Si è tenuta l’11 gennaio 2013 la prima riunione della Giunta Esecutiva dell’Organismo Unitario dell’Avvocatura Italiana, coordinata dal Presidente Nicola Marino.
Udita la relazione del Presidente circa i contatti intercorsi con le forze politiche, in questo momento impegnate nella formazione delle liste, si conviene che saranno intensificate le relazioni con i partiti e le formazioni impegnate nella prossima campagna elettorale, per prospettare il punto di vista della Categoria con riferimento alle questioni relative al diritto di difesa dei cittadini, sia in sede penale che civile, fortemente pregiudicato anche da recenti provvedimenti che hanno aggravato i costi per l’accesso e introdotto limiti alla tutela.
Saranno, altresì, illustrate, in attuazione del mandato congressuale, le richieste di modifica della legge forense, sottolineando che conviene alla collettività continuare ad avere un’avvocatura libera ed autorevole.
Nel contempo, sarà chiesto l’accreditamento permanente, presso il Parlamento, di componenti dell’Organismo al fine di seguire, in prima linea, l’andamento dei lavori sulle questioni di rilievo per la giustizia e per l’avvocatura in genere.
L’Esecutivo dell’OUA, ferma restando l’autonomia degli Ordini Forensi e delle Associazioni nelle rispettive aree di competenza, auspica che non venga meno, nei rapporti con l’esterno, la necessaria unitarietà della Categoria, come previsto dal preambolo dello Statuto congressuale, onde evitare di apparire ancor di più frazionati, e perciò inefficaci, agli occhi dell’opinione pubblica.
Nel corso della riunione, sono stati nominati i componenti degli uffici di segreteria: - Carlo Maria Palmiero, COA di S.Maria C.V. - Paolo Bogoni, COA di Verona - Maurizio Condipodero,COA di Reggio Calabria - Giuseppe Bonsegna,COA di Lecce - Elio Tomatis, COA di Mondovì, e di tesoreria: - Marco Deucchi Baroni-COA di Chiavari - Giovanni Priotto-COA di Torino - Patrizia Orsini-COA di Cagliari.
Nonché sono state valutate le proposte da sottoporre all’Assemblea per i Coordinatori e Componenti delle Commissioni assembleari.
Sono state istituite, in aggiunta a quelle già esistenti, le seguenti nuove commissioni: 1) Commissione speciale modifiche statutarie 2) Organizzazione professionale e marketing 3) Informatica e processo telematico 4) Commissione speciale diritti umani ed è stata eliminata la 1) Commissione speciale comunicazione e stampa.
Roma, 11 gennaio 2013

Forza Cedu!

Le carceri italiane fanno schifo, ma non esiste soluzione al problema se non riformando la giustizia. Il nostro principale problema è la malagiustizia, come si legge anche nella più recente condanna inflittaci dalla Corte Europea Diritti dell’Uomo.
Quella condanna non è solo umiliante, è il preludio a un diluvio di condanne. Né nessuno, dal Quirinale al governo, dalla cassazione all’ultima procura ha diritto di meravigliarsi e scandalizzarsi, perché l’Italia è già, da anni, il Paese più condannato per violazione dei diritti umani.
E ricordo che la Cedu agisce non nell’ambito dell’Unione europea, ma del Consiglio d’Europa, assai più vasto.
Con l’eccezione di Marco Pannella e dei radicali (cui si unisce un ristrettissimo drappello di garantisti non basculanti), mettere l’accento sul problema delle carceri è ipocrita e non risolutivo. Vale anche per la Corte di Strasburgo, visto che siamo stracondannati per denegata giustizia, mentre solo di recente fioriscono le sentenze per l’inumanità della detenzione.
E avverto: come prima avvenne per i tempi della giustizia, ora questo genere di sentenze assume il ruolo di modello. Se non rimediamo diventiamo condannati seriali. Oltre che Paese di disonorati. Vediamo problemi e soluzioni.
L’Italia dispone (arrotondo) di 47.000 posti in carcere, dove si trovano all’incirca 40.000 condannati. Posto che la vivibilità di quelle strutture deve essere assai migliorata, i numeri dicono che non c’è alcun sovraffollamento.
Se non fosse che ai condannati si devono sommare altri 26.000 cittadini che dobbiamo considerare innocenti, che attendono un giudizio, di cui molti non hanno mai incontrato un giudice (che non sia la macchietta di quello che accompagna il collega procuratore nelle indagini preliminari). Il totale, come si vede, violenta ogni civiltà.
Affrontare la questione con provvedimenti tampone, destinati a sfollare le celle, come si fece con l’indulto, è obbrobrioso e inutile.
Come svuotare una cloaca otturata succhiando con la cannuccia. Servono tre ordini di soluzioni. 1. Far funzionare la giustizia, imponendole tempi certi e ragionevoli, facendo rispettare la legge e pagare ogni abuso (e sono tantissimi) nella custodia cautelare. 2. Non pensare che il carcere sia l’unica pena, giacché in molti casi, privi di violenza o senza reti organizzative, possono essere più efficaci altre limitazioni della libertà. 3. Poco meno di 24.000 detenuti sono stranieri, molti dei quali converrebbe buttarli fuori piuttosto che punirli (l’esempio statunitense è illuminante).
Solo dopo che si è fatta la prima cosa, vale a dire una profonda riforma della giustizia, sarà non solo opportuno, ma assolutamente necessario adottare l’amnistia (non l’indulto, che è perdita di onore, tempo e soldi). Lo si farà per salvare la riforma, mettendo nel conto di star facendo un piacere ai disonesti e un’offesa agli onesti. La Cedu ci ha dato un anno, dopo di che saremo frustati a dovere.
Avendo a che fare con persone serie, discutendo fra forze politiche ragionevoli e studiando i problemi per quel che sono, un anno è sufficiente. Si riforma e si sfolla, intanto avviando programmi di riqualificazione edilizia.
Ma il nostro è il Paese in cui una classe politica di smidollati sa solo dire “più carcere e aumento delle pene” non appena uno stupro o un rapimento colpisce l’opinione pubblica, salvo dimenticarsi che ci dovrebbero essere le sentenze, non solo lo spettacolo dell’accusa.
Il Paese in cui i manettari che vorrebbero arrestare tutti e hanno le loro versioni personali della storia d’Italia possono passare, senza un solo giorno di discontinuità, dalla magistratura alla politica. In cui gli accordi parlamentari si fanno, sottobanco, per leccare le toghe delle corporazioni, a cominciare da quella degli avvocati, le cui rappresentanze sindacali (?!) hanno ottenuto una riforma vergognosa dell’ordinamento forense.
In cui non s’osa dire l’ovvio, non s’osa osservare che in tutto il mondo civile, senza eccezione alcuna, le carriere di accusatori e giudici sono separate, perché altrimenti s’alza un procuratore e t’arresta. Quindi, immorale della favola, concludo al grido di: Forza Cedu!
Detenuti d’Italia fate tutti ricorso. Processati d’Italia, che aspettate da anni uno straccio di sentenza, fate tutti ricorso.
Sarà l’unico modo per radere al suolo questa fetenzia che non merita d’essere chiamata: giustizia.
Davide Giacalone

giovedì, gennaio 10, 2013

Insidia stradale, infortunio, pedone, Comune, responsabilità, custodia.

Tribunale Verona sezione II civile sentenza 22 settembre 2012 n 1951
La responsabilità ex art. 2051 c.c. presuppone che il soggetto a cui la si imputa abbia con la cosa un rapporto definibile come custodia (potere di sorveglianza e di modifica dello stato, con esclusione di analogo potere da parte di altri).
Accertato tale potere e accertato il danno causato dall’anomalia della cosa custodita, la responsabilità del custode sussisterà, salvo che l’evento – in assenza comunque di un eventuale difetto di diligenza del custode – si sia verificato in modo improvviso e imprevedibile. (P. es., situazione di pericolo provocata dallo stesso danneggiato o da terzi che, nonostante la diligente attività di controllo o di manutenzione esigibile dal custode per garantire un intervento tempestivo, non possa esser rimossa o segnalata con tempestività. Nella specie, invece, tale non poteva esser considerata la circostanza secondo cui l’attrice abitava nelle immediate vicinanze del luogo del sinistro, posto che, insieme a tale circostanza, si sarebbe in ogni caso dovuta provare la precedente conoscenza in capo all’attrice della buca in questione, né che la stessa, al momento dell’infortunio, stesse parlando con l’amica che le stava al fianco, posto che insieme a tale circostanza, si sarebbe dovuto provare come, a causa di ciò, la sua attenzione fosse assolutamente e colposamente sviata, né infine che avrebbe potuto notare ed evitare la buca comunque, posto che era provato come l’illuminazione pubblica fosse carente.)
 Riferimenti normativi: art. 2051 c.c. Cfr. Cass. Civ., sez. III, sentenza 6 giugno 2008, n. 15042.

Usucapione, domanda giudiziale, trascrizione, esclusione, tassatività.

Tribunale Catanzaro sezione I civile - decreto 14 novembre 2012. 
E’ inammissibile la trascrizione della domanda giudiziale di usucapione in considerazione del fatto che le ipotesi che prevedono la trascrizione delle domande giudiziali e consentono l'opponibilità degli effetti degli atti e delle sentenze nei confronti dei terzi sono tassative, non solo nel senso che dalla trascrizione derivano soltanto gli effetti espressamente previsti dalla legge, ma anche e soprattutto nel senso che tali effetti sono prodotti esclusivamente dagli atti e dalle pronunce specificamente indicati nelle norme stesse.
Nemmeno la trascrizione può giustificarsi con finalità informativa verso i terzi: nel caso dell’usucapione, l’eventuale acquirente dal convenuto nel giudizio di usucapione, infatti, non ha bisogno di consultare i registri immobiliari per sapere che esiste una situazione controversa, poiché è sufficiente l’osservazione della realtà concreta per appurare l’esistenza di un soggetto che esercita sul bene una signoria di fatto palesemente incompatibile con il diritto vantato dall’alienante.
Riferimenti normativi: artt. 2643 e 2653 c.c.

martedì, gennaio 08, 2013

Esiste l'OUA, oppure siamo già nel regime FederOrdini?

E' giunto l'invito, rivolto da Franco Tortorano (Presidente della Distrettuale Campana) ai Presidenti dei Consigli dell'Ordine e ai Presidenti delle Unioni Distrettuali, con il quale si programma una riunione politica a Roma, con i responsabili Giustizia dei vari partiti impegnati in campagna elettorale.
Mi pare vagamente di ricordare che il rappresentante unitario dell'Avvocatura sia , ancora per il momento, l'OUA e non una Federazione di Consigli dell'Ordine.
Oppure mi sbaglio? Che cosa intende fare l'OUA e la sua Assemblea?
Il testo dell'invito è il seguente: " Facendo seguito alla mia del 28/12 u.s. comunico che Mauro Vaglio propone, in prosieguo all’incontro che si terrà il giorno 11 gennaio p.v., un ulteriore incontro, moderato da un esponente nazionale del giornalismo, da tenersi per il giorno 18 gennaio p.v., dalle ore 12 alle 15, sempre presso la sede del Consiglio dell’Ordine di Roma, da tenersi con i rappresentanti (segretari o responsabili giustizia) delle forze politiche che si apprestano alla competizione elettorale del febbraio p.v. In tale occasione verrà presentato un documento dell’Avvocatura nel quale verranno esposte ed esaminate le criticità che la tutela dei diritti del cittadino incontra nella giurisdizione con le conseguenti ricadute nella società e nell’esercizio della professione forense. Attesi i tempi strettissimi per l’invio ai rappresentanti della politica dell’invito a partecipare all’incontro, invito che Mauro Vaglio propone che venga da me sottoscritto, Vi prego di farmi conoscere, sia a mezzo telefono e sia a mezzo email da indirizzare al mio studio, la Vs eventuale condivisione all’iniziativa, rinviando al prosieguo e comunque alla riunione del prossimo 11 gennaio ogni ulteriore determinazione.In attesa invio a tutti i più cari saluti. Napoli 7 gennaio 2012. f.to Franco Tortorano".
Giusto per capire : esiste l'OUA? oppure siamo già nel regime Federordini?
Ester Perifano-  Avvocato

Obbligo di iscrizione alla previdenza forense: una visione lungimirante o un cavallo di Troia?

La situazione, prima della riforma in commento, era la seguente: 165.000 avvocati iscritti agli Ordini e iscritti in Cassa Forense, 60.000 avvocati iscritti all’Ordine ma non iscritti in Cassa Forense e quindi, tranne i pochi iscritti alla Gestione autonoma dell’INPS, privi di copertura previdenziale e assistenziale.
Con l’art. 21 della legge di riforma è stato escluso per la permanenza dell’iscrizione all’Albo ogni riferimento al reddito professionale ma l’obbligo per chi si iscrive all’Albo della contestuale iscrizione alla Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense con l’espressa previsione che non è ammessa l’iscrizione ad alcuna altra forma di previdenza se non su base volontaria e non alternativa alla Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense.
Siffatta previsione sembra scontentare tutti mentre l’opportuna conoscenza della giurisprudenza sia della nostra Corte Costituzionale che della Corte Europea dei diritti dell’uomo, non può che portare a vedere nella previsione dell’art. 21 una scelta del legislatore nazionale ponderata e lungimirante piuttosto che un cavallo di troia per far saltare il sistema previdenziale forense e portare tutti all’Inps. Uguaglianza è una nozione-chiave del lessico giuridico-politico contemporaneo. In essa si ravvisa comunemente un valore, un ideale, un obiettivo pubblico, un principio normativo, un criterio di giustizia, un’aspirazione morale universale.
Ma il successo e l’indubbia forza evocativa dell’idea non ne garantiscono l’attuazione effettiva nella realtà; né ci esimono dal confrontarci con le criticità insite nel concetto stesso.
Basti pensare alla tensione che potenzialmente intercorre tra l’uguaglianza e altri valori parimenti meritevoli di tutela: tra uguaglianza e diritti di libertà, tra uguaglianza e diritto di proprietà, o ancora tra tutela dell’uguaglianza e rispetto delle differenze.
«Uguaglianza, differenza, libertà, proprietà sono tutti beni degni di essere promossi e protetti giuridicamente; ma proprio se considerati nella loro natura di valori si rivelano reciprocamente incommensurabili e talora conflittuali, possono dar luogo ad alternative inesorabili e a conseguenti rinunce: non esiste un mondo sociale senza perdite, come notava Isaiah Berlin appunto in riferimento alle potenziali collisioni tra uguaglianza e libertà. La concretezza di questi dilemmi rivela già in sé l’intrinseca problematicità di un concetto» (Maria Zanichelli, Il principio di uguaglianza e il divieto di discriminazione).
La giurisprudenza della Corte Europea dei diritti dell’uomo ha, in varie occasioni, avuto modo di sottolineare come la convenzione dei diritti dell’uomo non sancisca un obbligo per gli Stati membri di realizzare un sistema di protezione sociale o di assicurare un determinato livello delle prestazioni assistenziali; tuttavia, una volta che tali prestazioni siano state istituite e concesse, la relativa disciplina non potrà sottrarsi al giudizio di compatibilità con le norme della Convenzione e, in particolare, con l’art. 14 che vieta la previsione di trattamenti discriminatori (Corte Costituzionale, sentenza n. 187/2010).
Dal principio di parità di trattamento si distinguono nettamente, per contenuto precettivo, i divieti di discriminazione: mentre il principio di parità impone di trattare in modo eguale situazioni eguali (onde la disparità deve essere giustificata con l’indicazione dell’effettiva diseguaglianza di situazioni), il divieto di discriminazioni impone di trattare in modo eguale situazioni differenti: impone cioè di ignorare una differenza.
Tra i due precetti corre tuttavia un nesso logico strettissimo: a nulla varrebbe, infatti, l’adempimento del precetto di ignorare la differenza, se esso non si accompagnasse al precetto di trattare in modo eguale le due situazioni che devono essere considerate come eguali.
In questo senso può affermarsi che ogni divieto di discriminazione presuppone – o, se si preferisce, contiene in sé – una regola di parità.
Se, ciò nonostante, il principio di parità è venuto affermandosi in un tempo successivo rispetto ai principali divieti di discriminazione, questo è dovuto al fatto che la disparità di trattamento immotivata desta minore allarme sociale rispetto alla disparità di trattamento basata su motivi illeciti (cioè da differenze che si assume debbano essere ignorate), ma, a ben vedere, i divieti di discriminazione costituiscono logicamente un passo successivo rispetto al principio di parità.
Onde può dirsi che una implicita affermazione di questa era già contenuta nell’affermazione di quelli (Pietro Ichino, I divieti di discriminazione).
A questo punto è evidente che tutti gli avvocati iscritti all’Ordine dovranno contestualmente iscriversi in Cassa Forense la quale non potrà operare alcuna discriminazione tra gli iscritti soprattutto in base al reddito pena la violazione dell’art. 14 della Convenzione dei diritti dell’uomo che vieta la previsione di trattamenti discriminatori. La norma prevede la possibilità della eventuale applicazione del regime contributivo.
Domanda: per tutti gli iscritti oggi al retributivo corretto o solo per i 60 mila non ancora iscritti? Alla luce di quanto detto più sopra a me pare che dello inciso si debba dare una interpretazione costituzionalmente orientata nel senso di esercitare per tutti gli iscritti l’opzione al sistema di calcolo contributivo di cui alle leggi 335/1995 e più recentemente 214/2011 cosi allineando anche la previdenza degli avvocati ai canoni nazionali. Se si dovesse andare di contrario avviso prevedo un contenzioso nutrito.
Al fine di garantire a tutti gli iscritti parità di trattamento senza discriminazioni reddituali sarà a questo punto inevitabile l’esercizio dell’opzione al sistema di calcolo contributivo della pensione per tutti ed è ciò che il legislatore ha perseguito con la legge 214/2011.
Si ritorna cioè al punto di partenza come nel gioco dell’oca dopo aver perso solo del tempo prezioso. Molti dei 60 mila oggi si oppongono sulla affermazione che sarebbe una loro aspettativa di diritto rimanere nella gestione speciale Inps.
Opposizione che non ha fondamento dato che, attualmente, solo pochi hanno ritenuto di iscriversi colà. Diceva Albert Einstein: È nella crisi che sorge l'inventiva, le scoperte le grandi strategie!
Ci vorrà molta pazienza e costanza per far quadrare il cerchio e scaricare la pistola fumante.
di Paolo Rosa - Avvocato

Legge di stabilità 2013: più semplice la difesa da Equitalia.

Nella legge di stabilità per il 2013, l’articolo 1, commi da 537 a 543, indica il provvedimento che impone l’obbligo di sospensione immediata di cartelle di pagamento o di possibili misure cautelari ed esecutive da parte di Equitalia a fronte di un’istanza presentata dal contribuente e annullamento automatico qualora ci fosse inerzia da parte dell’ente creditore decorsi 220 giorni dall’istanza.
Il contribuente, quando si presentano circostanze specifiche, dunque entro 90 giorni dalla notifica della cartella di pagamento o di un provvedimento esecutivo, come l’atto di pignoramento, o cautelare, come l’ipoteca e il fermo amministrativo, può presentare direttamente all’agente di riscossione – anche in via telematica – una dichiarazione dedicata al fine di dimostrare la legittimità dell’atto sottostante e richiedere, quindi, la sospensione istantanea della azioni di Equitalia. Quest’ultima avrà, a quel punto, 10 giorni di tempo per inviare all‘ente creditore l’istanza, il quale, passati altri 60 giorni, previa comunicazione trasmessa al debitore mediante raccomandata con ricevuta di ritorno o a mezzo posta elettronica certificata ai debitori obbligati all’attivazione, potrà attestare al medesimo la correttezza della documentazione prodotta, trasmettendo, all’agente della riscossione, il provvedimento di sospensione o sgravio.
Alternativamente, l’ente stesso ha la possibilità di avvisare il contribuente dell’idoneità della documentazione a lasciare irrisolta la riscossione, avvisando l’agente della riscossione. In qualsiasi circostanza, passati i 220 giorni dalla presentazione della dichiarazione del debitore a Equitalia, le partite oggetto della dichiarazione vengono annullate di diritto e sono ritenute in automatico discaricate dei relativi ruoli. Sono eliminati, inoltre, dalle scritture patrimoniali dell’ente creditore gli importi corrispondenti.
I motivi per i quali viene chiesta l’immediata sospensione e annullamento delle azioni di Equitalia dovrà essere indicata dal contribuente nell’istanza; nella fattispecie sarà necessario specificare le ragioni per le quali si pensa che gli atti siano illegittimi, ad esempio perché il diritto al credito si è prescritto o è decaduto prima del ruolo esecutivo. Inoltre sarà possibile dimostrare che l’atto è stato già pagato in data precedente alla formazione del ruolo stesso, a vantaggio dell’ente creditore o enunciare qualunque altra causa di non esigibilità del credito stesso.
Qualora, tuttavia, il contribuente producesse documentazione falsa per dimostrare l’illegittimità dei provvedimenti assunti, ferma restando la responsabilità penale, si applica la sanzione amministrativa dal 100% al 200% dell’ammontare delle somme dovute, a partire da un minimo di 258 euro.
I nuovi ordinamenti si applicheranno anche alle dichiarazioni presentate all’agente della riscossione prima dell’entrata in vigore della legge di stabilità, ossia prima del primo gennaio appena trascorso. In questo caso, l’ente creditore dovrà confermare o respingere la richiesta del contribuente, entro 90 giorni dalla di pubblicazione in “Gazzetta Ufficiale” della legge (entro il 29 marzo).
Passati altri 220 giorni inutilmente dalla data stessa, le pendenze verranno rese nulle di diritto e l’agente di riscossione verrà ritenuto automaticamente discaricato dei relativi ruoli.
Nello stesso tempo verranno eliminati dalle scritture patrimoniali dell’ente creditore gli importi corrispondenti.