domenica, giugno 30, 2013

L'OUA MODIFICA LE GIORNATE DI ASTENSIONE.

La Giunta dell’Organismo Unitario dell’Avvocatura Italiana,
premesso 
che in data 25 giugno 2013 l’Assemblea dell’OUA ha deliberato l’astensione dalle udienze civili penali, tributarie ed amministrative nei giorni 5,8,9,10,11,12,15 e 16 luglio 2013;
che in data odierna è pervenuta l’allegata comunicazione dalla Commissione di Garanzia dell’attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali, la quale ha formulato osservazioni, da intendersi qui richiamate;
tutto ciò premesso la Giunta dell’OUA, stante l’urgenza, onde non consentire che si possa dar adito a contestazioni in ordine alla proclamazione e celebrazione dell’astensione;
delibera 
la rettifica delle date già disposte, indicendo l’astensione dalle udienze civili, penali, amministrative, contabili e tributarie e dalle altre attività giudiziarie per i giorni 8,9,10,11,12,13,15 e 16 luglio.

......ROBA DA GIURISTI.

Napoli: Cancellieri contestata dagli avvocati.

mercoledì, giugno 26, 2013

Opposizione a decreto ingiuntivo: ecco il nuovo art. 645 cpc.

Cambia la prima udienza di opposizione al decreto ingiuntivo con il nuovo pacchetto sviluppo, infatti l’art. 73 del “Decreto del Fare” recita come segue: “All’articolo 645, secondo comma, cpc è aggiunto il seguente periodo: “L’anticipazione di cui all’articolo 163-bis, terzo comma, deve essere disposta fissando udienza per la comparizione delle parti non oltre trenta giorni dalla scadenza del termine minimo a comparire”; b) all’articolo 648, primo comma, cpc le parole “con ordinanza non impugnabile” sono sostituite dalle seguenti parole: “provvedendo in prima udienza, con ordinanza non impugnabile”. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano ai procedimenti instaurati, a norma dell’articolo 643, ultimo comma, del codice di procedura civile, successivamente all’entrata in vigore del presente decreto.”

Oggi, presso il CNF, inaugurazione dell'Anno Giudiziario forense.

Gli Avvocati proclamano 10 giorni di astensione per il prossimo mese di luglio.

martedì, giugno 25, 2013

L’OUA dice no alla mediazione obbligatoria, puntando su camere arbitrali e negoziazione assistita.

«Un grande successo», così l’OUA l’ha definito l’incontro tenutosi a Roma il 25 giugno 2013. Si è trattato di una Assemblea Nazionale dell’Avvocatura ai quali hanno preso parte gli Ordini di tutta Italia, le Associazioni forensi e il CNF. L'OUA ha approvato un documento, presentato all'Assemblea Nazionale dell'Avvocatura, con il quale si analizza nel merito il cosiddetto «decreto del fare», esprimendo un complessivo giudizio negativo sugli interventi relativi alla giustizia.
L'Organismo ha quindi proposto al Ministro Cancellieri, che incontrerà il prossimo 3 luglio (insieme al CNF e agli Ordini territoriali), di recepire le proposte dell'avvocatura e di inserirle in un maxi-emendamento nell'iter di conversione della legge.
Proposte a tutela dei cittadini per evitare una mediazione obbligatoria e onerosa. È il presidente OUA, Nicola Marino, a dire «basta con gli interventi parziali, con sistemi che sono risultati inefficaci quando applicati, come avvenuto con la prima versione della mediazione obbligatoria», che sostiene, invece, ci sia bisogno di «risposte condivise e forti ai problemi della giustizia».
Gli avvocati hanno messo sul tavolo delle proposte - già dal Congresso Forense di Bari e ribadite dall'OUA al Ministro nell'ultimo incontro – «per rendere efficienti gli uffici, a partire dall'aumento dell'organico dei giudici, con il ricorso e l'impiego dei numerosi magistrati ora fuori ruolo»: camere arbitrali, negoziazione assistita e una revisione del rapporto tra onerosità e obbligatorietà.
Smaltimento dell’arretrato giudiziario. «Non si comprende» – continua Marino affrontando il nodo dello smaltimento dell’arretrato - «il ricorso a magistrati e professori in pensione e, addirittura, ai notai (tutte categorie con copiosi redditi e pensioni) quando ci sono migliaia di giovani avvocati colpiti dalla crisi economica».
Scioperi a luglio e settembre? «Infine - conclude - se il Ministro, il 3 luglio, all'incontro previsto con l’OUA (insieme al CNF e agli Ordini), aprirà un dialogo e recepirà le proposte dell'avvocatura, presentando un maxi-emendamento nell'iter di conversione del decreto sospenderemo le proteste, altrimenti non ci rimane che confermare lo sciopero a metà luglio e poi a settembre».

venerdì, giugno 21, 2013

CNF: “Il 3 luglio incontro con il ministro della giustizia Cancellieri”.

21/06/2013-Roma - “Facendo seguito alla richiesta del Consiglio nazionale forense di un incontro urgente, inviata lo scorso 17 giugno, il ministro della giustizia Annamaria Cancellieri ha fissato la data il prossimo 3 luglio”.
 Lo ha annunciato il presidente del Consiglio nazionale forense, inviando oggi una lettera agli Ordini forensi rappresentativi dei 26 distretti. L’incontro era stato chiesto dal CNF all’indomani dell’approvazione, da parte del consiglio dei ministri, del decreto legge “del fare”, che ha introdotto misure ritenute non adeguate a risolvere la questione di come garantire il miglior servizio giustizia ai cittadini, sotto il profilo processuale, economico e organizzativo.
“L’efficienza della giustizia è un valore per l’Avvocatura e un obiettivo al quale lavoriamo perché strettamente connessa al pieno realizzarsi dei diritti dei cittadini. Come sempre non faremo mancare il nostro contributo di proposte concrete, in parte già anticipate al ministro nella lettera del 20 giugno”, dichiara Alpa.
“Le riforme in materia di giustizia, dopo anni di interventi asistematici, devono fondarsi su una riflessione ampia e completa, condivisa con tutti gli operatori che nei diversi ruoli, tutti indispensabili, concorrono alla giurisdizione”.

Pd: su mediazione obbligatoria ascoltare operatori.

(ASCA) - Roma, 20 giu - ''Le nuove norme sulla mediazione civile dovranno trovare necessariamente la piu' ampia condivisione anche tra gli operatori del diritto che saranno chiamati ad applicarle. Per questo il Pd auspica, e si attivera' in questo senso, che nel corso della discussione parlamentare ci sia il coinvolgimento e il confronto con le rappresentanze delle associazioni professionali, affinche' il ricorso a meccanismi extragiudiziari di risoluzione delle controversie sia sempre di piu' un'opportunita' per tutti i cittadini''.
Lo dichiara in una nota Danilo Leva, Presidente Forum Giustizia del Pd.

mercoledì, giugno 19, 2013

DECRETO “FARE”: LA GIUNTA OUA PROCLAMA LO STATO DI AGITAZIONE, CONVOCA LA PROPRIA ASSEMBLEA STRAORDINARIA E GLI STATI GENERALI DELL’AVVOCATURA.

Contestando la reintroduzione dell’obbligatorietà della media conciliazione e delle disposizioni (dichiarate come idonee) ad eliminare l’arretrato delle cause civili, del tutto inefficaci e tali da rendere ancora più difficoltoso ed incerto l’accesso alla giurisdizione e l’esercizio del diritto di difesa costituzionalmente garantito, la Giunta OUA ha proclamato lo stato di agitazione dell’Avvocatura, convocando:
1) l’Assemblea Straordinaria dell’OUA per la data del 25 giugno 2013, alle ore 10,00;
2) gli Stati Generali dell’Avvocatura per la data del 25 giugno 2013, alle ore 15:00, invitando il CNF, la Cassa, i COA, le Unioni Regionali e le Associazioni per assumere deliberazioni sul Decreto Legge 15.06.2013 Disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia- “Misure per l’efficienza del sistema giudiziario e la definizione del contenzioso civile”: determinazioni e proposte.

martedì, giugno 18, 2013

Anai: bugia un milione di processi in meno.

18 giugno 2013 - L'Associazione nazionale avvocati italiani 'boccia’ il decreto 'del fare’ del governo Letta. «Ben sapevamo - ha dichiarato il presidente Anai Maurizio De Tilla - che poteri economici forti e agenzie di intermediazione avrebbero nuovamente fatto pressioni sul Governo per introdurre la mediaconciliazione obbligatoria che è stata dichiarata incostituzionale».
Con l'aggiunta, sottolinea l'Anai, «di una bugia colossale: un milione di processi in meno. Altro che decreto del fare. Si tratta di un provvedimento del fare male. Anzi, un provvedimento che picchia sui cittadini e sulla giustizia».

Giustizia: tra il fare e l’affare.

Il 15 giugno il Consiglio dei Ministri ha approvato il c.d. decreto del fare contenente “Misure urgenti per il rilancio economico del Paese” tra cui quelle in materia di giustizia civile con il fine di “agevolare la definizione dei procedimenti civili” (art. 1).
Chi non sa cosa vi sia nel package sarebbe piacevolmente sorpreso, pensando a processi civili più efficienti, celeri, con la riduzione del debito processuale.
In realtà le misure non riformano in alcun modo il processo civile (sopprimendo tempi processuali inutili come l’udienza di precisazione delle conclusioni soprattutto nei giudizi di appello, abbreviando i termini, introducendo termini perentori per i magistrati, promuovendo prioritariamente l’udienza di discussione orale etc.) ma si restaura la mediazione civile obbligatoria.
Lo strumento è ancora la discutibile tecnica legislativa d’urgenza, peraltro poco chiara, creando l’Ufficio del Giudice e l’istituzione degli ausiliari del giudice, nonché un apposito ufficio con il fine di coadiuvare l’attività ermeneutica della Suprema corte (magistrati assistenti di studio) e una ulteriore semplificazione della motivazione della sentenza civile.
Si pensa dunque di smaltire l’arretrato facendo ricorso a manovalanza sottopagata composta dai c.d. giudici ausiliari (magistrati onorari), ai quali sarà attribuita un’indennità onnicomprensiva di duecento euro per ogni provvedimento che definisce il processo, con un tetto massimo alla indennità annua di ventimila euro.
Permane dunque il dubbio reclutamento che prescinderà da un vero concorso, il cui difetto di qualità potrebbe ripercuotersi sui provvedimenti e dunque sui diritti delle parti. Più interessanti certamente l’introduzione nel codice di rito dell’art. 185 bis (Proposta di conciliazione del giudice) che prescrive al giudice di dover formulare alle parti una proposta transattiva o conciliativa. Prescrizione che pare un ritorno al passato, poi disatteso dai giudici, e dell’art. 118 disp. att. cod. proc. civ. con la semplificazione delle motivazioni.
Tuttavia il punctum dolens è la reintroduzione della mediazione obbligatoria civile, anche su impulso del giudice, dunque non più solo come condizione di procedibilità ma anche durante la pendenza del contenzioso, sanzionando chi non si piega al diktat della mediazione.
Una soluzione finalizzata solo ad alimentare il business della mediazione (degli organismi di conciliazione, di chi fa formazione ai mediatori).
Soluzione illegittima e grottesca per vari motivi: a) la litigiosità non si riduce con uno strumento obbligatorio (soprattutto in Italia) ma intervenendo a monte sulla cultura della litigiosità; b) invece di risolvere i mali del processo civile e della inoperosità dei magistrati si sposta altrove il problema; c) si attenua il diritto costituzionale alla giustizia; d) non si incentiva la mediazione, riducendo per es. l’entità del contributo unificato, ma al contrario si sanziona chi non vi si ottemperi; e) l’iscrizione di diritto degli avvocati negli albi dei mediatori certifica come si ignori la specifica formazione di un mediatore.
Molto grave poi che tale percorso sia avvenuto in spregio del consulto del Consiglio Nazionale Forense (previsto dall’art. 35, comma 1, lett. q) della legge n. 247/2012) così come eccepito dal suo presidente, il quale ricorda come solo poco prima il Guardasigilli avesse comunicato l’intenzione di fare un percorso concertato.
Notando come vi siano molti “dubbi sulla scelta di una fonte emergenziale in una materia coperta da riserva assoluta di legge” e che “la sentenza della Corte costituzionale ha provocato la caducazione della intera pregressa normativa per eccesso di delega, ritenendo assorbiti e non infondati gli altri possibili vizi”.
La mediazione così come concepita è dunque affetta da vizi “evidenziati da numerosissime ordinanze di remissione provenienti da molte istanze giudiziarie nazionali, e riguardano molti altri profili, tra i quali (…) la stessa obbligatorietà del meccanismo, la sua onerosità, e soprattutto l’assenza di opportune garanzie di preparazione giuridica per i mediatori, reclutabili anche tra soggetti privi di formazione tecnico giuridica”.
La riforma della giustizia viene dunque trattata per l’ennesima volta senza una visione d’insieme, con schizofrenici sussulti emergenziali, deflazionando il ricorso alla giustizia invece di risolvere i mali della giustizia, alimentando il business della mediazione senza istituire una mediazione (facoltativa ma premiale) di qualità.
I diritti dei cittadini ringraziano.

di Marcello Adriano Mazzola | 18 giugno 2013

lunedì, giugno 17, 2013

L'OUA critica il cd "decreto del fare".

Mediazione Obbligatoria: Alpa esprime sconcerto per la reintroduzione.

Il Presidente del Consiglio Nazionale Forense, Guido Alpa, ha inviato oggi una lettera esprimendo "sconcerto" al ministro guardasigilli per la reintroduzione della obbligatorietà della mediazione.
Nella lettera inviata oggi dal CNF, a firma del Presidente Guido Alpa, in merito alle misure per l’efficienza del sistema giudiziario e la definizione del contenzioso civile, contenute nel decreto legge “del fare”, approvato sabato dal Consiglio dei Ministri, alla Cancellieri si chiede un incontro il prima possibile, tra Consiglio Nazionale Forense, i presidenti dei 26 Ordini forensi distrettuali in rappresentanza del territorio, Oua, e la stessa Cancellieri, per ripristinare un confronto sui necessari e organici interventi in materia di giustizia.
Delle norme in materia di giustizia, evidenzia la lettera, si è appreso da fonti esterne al dicastero, nonostante la circostanza che “solo pochi giorni or sono nel corso degli incontri svoltisi con le rappresentanze istituzionali ed associative dell’Avvocatura il ministro stesso aveva comunicato l’intenzione di procedere in materia attraverso la necessaria consultazione di tutti i soggetti che partecipano al funzionamento della macchina processuale”.
Il CNF ribadisce innanzitutto la propria contrarietà al solito metodo adottato dai Governi via via succedutisi, di intervenire con decretazione d’urgenza sulla giurisdizione e sull’accesso dei cittadini alla giustizia; e senza un preventivo confronto con la Istituzione che rappresenta coloro che esercitano il ministero della difesa.
Consultazione peraltro legislativamente prevista dall’articolo 35, comma 1 lettera q della legge 247/2013.
Quanto al merito del provvedimento, la lettera individua i punti che sollevano “forti criticità”, riservandosi di portare all’incontro un documento dettagliato con le modifiche necessarie e le ulteriori proposte, visto che la buona amministrazione del servizio giustizia è un obiettivo sentito da tutta l’Avvocatura.
La lettera critica l’utilizzo della decretazione d’urgenza in una materia coperta da riserva assoluta di legge. Evidenzia inoltre che la declaratoria di incostituzionalità da parte della Consulta, per eccesso di delega delle precedenti norme, ha assorbito logicamente e giuridicamente, ma non certo ha ritenuto infondati, gli altri vizi sollevati dalle numerose ordinanze di rimessione, relativi alla obbligatorietà, onerosità, assenza di garanzie circa la preparazione dei mediatori.
“Non risolve il problema l'iscrizione di diritto degli avvocati nel registro dei mediatori”, chiarisce la lettera.

venerdì, giugno 14, 2013

Evento formativo del 18 giugno 2013.


Il mantenimento dei figli in forma diretta.

L’interpretazione strettamente letterale dell’art. 155 4° comma c.c. sembrerebbe non lasciare margini applicativi al mantenimento indiretto come regola. “Salvo accordi liberamente sottoscritti dalle parti, ciascuno dei genitori provvede al mantenimento dei figli in misura proporzionale; il giudice stabilisce ove necessario la corresponsione di un assegno periodico”, equivale ad affermare che il mantenimento diretto da parte di entrambi i genitori, collocatario e non, sia la regola ed il mantenimento indiretto l’eccezione da disporsi ove ritenuto necessario.
Nonostante tale previsione, assistiamo a ben poche pronunce dei giudici di merito che abbiano disposto il mantenimento in forma diretta. (Trib. di La Spezia, ord. del 14 marzo 2007; Trib. di Catania, del 25 settembre 2009; Trib. di Bologna, ord. del 18 gennaio 2010). L’obiezione è tale forma di mantenimento è ovvia e comprensibile : la previsione del regime di mantenimento dei figli in forma diretta è una modalità nei fatti difficilmente praticabile che finisce per rendere del tutto incerto – e quindi non esigibile – il diritto del minore ad essere mantenuto. Tale regime lascia nell’astrattezza il dovere di ciascun genitore di impegnare una quota del reddito per il figlio e rischia, in molti casi, di contabilizzare detto impegno in una negoziazione quotidiana che può favorire il conflitto o inasprirlo quando già esiste. Anche il mantenimento sotto forma di assegno periodico solleva altrettante perplessità: da un lato, può – nel concreto – risolversi come vantaggio economico del genitore presso cui è collocato il minore o, in casi più estremi, come forma di potere assoluto, senza alcuna garanzia dell’impiego delle somme nell’interesse del minore e, dall’altro, priva il genitore obbligato dalla possibilità di partecipare alla vita della prole in maniera più attiva e concreta, inibendogli la possibilità di soddisfare le necessità quotidiane dei figli mediante l’acquisto diretto dei beni e servizi di cui hanno bisogno, in quanto ridotto a mero soggetto erogatore di indistinto denaro, a cui solo l’altro darà senso, decidendo e interpretando i bisogni dei figli. La Corte di Cassazione ha espresso criteri orientativi che in questa sede è doveroso analizzare. Inizialmente, ha sostenuto che “l’affidamento condiviso è istituto che, per le sue finalità riguardanti l’interesse del minore (..) non può certo fare venire meno l’obbligo patrimoniale di uno dei genitori a contribuire al mantenimento dei figli mediante la corresponsione di un assegno a favore del genitore con il quale gli stessi convivono”. (Cass. civ. Sez. I Sent., 18/08/2006, n. 18187) Sulla stessa scia, con Sentenza n°23411 del 04.11.2009, ha sottolineato che “Ciascun genitore deve provvedere al mantenimento dei figli….La corresponsione dell’assegno, peraltro, si rivela quantomeno opportuna se non necessaria quando l’affidamento condiviso prevede il collocamento prevalente presso uno dei genitori. Il collocatario, essendo più ampio il tempo di permanenza presso di lui, potrà quindi gestire da solo il contributo ricevuto dall’altro genitore, dovendo provvedere in misura più ampia alle spese correnti e all’acquisto di beni durevoli che non attengono necessariamente alle spese straordinarie”.
Ed ancora la I^ Sezione, con Sentenza n. 22502 del 04.11.2010, ha statuito che il genitore non collocatario del minore deve versare una somma proporzionale ai tempi di affidamento, gestita dall’altro genitore, che paga le spese correnti.
L’obbligo di versamento grava su chi non è collocatario del minore e l’importo risulterà determinato in base ai tempi di permanenza presso ciascun genitore.
Con la Sentenza n. 785 del 20.01.2012, la Corte ha preso una posizione ancora più netta rispetto al mantenimento in forma diretta, affermando che non può essere condiviso l’assunto secondo il quale, con la riforma di cui alla L. 54/2006, il contributo diretto da parte di ciascuno dei genitori costituirebbe la regola, quale conseguenza diretta dell’affido condiviso.
Invero, l’art. 155 c.c., integralmente riformato dalla legge citata, dispone che il giudice fissi altresì la misura e il modo con cui ciascuno di essi deve contribuire al loro mantenimento. In tal modo il legislatore ha inteso conferire al giudice un’ampia discrezionalità nella determinazione del contributo a carico dei genitori, discrezionalità da esercitarsi ovviamente con esclusivo riferimento all’interesse morale e materiale della prole.
Lo stesso art. 155, al comma 4, stabilisce, quale criterio direttivo per la determinazione del giudice, che ciascuno dei genitori deve provvedere al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito; ove necessario, poi, è disposta la corresponsione di un assegno periodico al fine di realizzare il principio di «proporzionalità».
Il limite alla discrezionalità sta nel riferimento al perseguimento dell’esclusivo interesse morale e materiale della prole, per cui la scelta di applicare un regime diverso da quello stabilito dalla legge come prevalente, deve essere fornito di adeguata motivazione.
Nel caso di specie, “l’eccessiva litigiosità dei genitori quale circostanza idonea a sollevare ulteriori conflitti in un contesto che al contrario esige una condotta pienamente collaborativa” ha correttamente orientato la Corte d’Appello di Catania a revocare il mantenimento diretto avendolo considerato fonte di grave conflittualità a danno dei minori.
L’orientamento espresso con tale pronunzia richiede quindi che i Giudici di merito, nei casi di affido condiviso piuttosto che disporre, in via apodittica e pressochè automatica, l’assegno di mantenimento, vaglino la possibilità del mantenimento diretto, fornendo adeguata motivazione di una scelta operata in senso opposto, così sostanziando l’inciso “ove necessario” di cui all’art. 155 comma 4 c.c. e tutelando in maniera più concreta il diritto della prole alla bigenitorialità e il diritto del genitore non collocatario a partecipare alla vita dei propri figli.

Avv. Assunta Giordano

giovedì, giugno 13, 2013

L'avvocatura italiana solidale con i colleghi turchi.

Gli avvocati italiani esprimono la loro solidarietà ai colleghi turchi, che si sono mobilitati per difendere i manifestanti e per questo sono stati arrestati.
Per il segretario generale dell'Associazione nazionale forense Ester Perifano quanto accaduto ieri a Istanbul è «una pessima notizia per la democrazia turca e per il principio di indipendenza della giustizia dal potere politico».
L'Anf invierà alla rappresentanza diplomatica turca presente in Italia una nota di protesta per i gravi fatti accaduti.
Il Consiglio nazionale forense, per voce del vicepresidente del Cnf Carlo Vermiglio sottolinea come «Il principio di autonomia e indipendenza di ogni singolo avvocato non può mai essere sacrificato per nessuna ragione di Stato, soprattutto quando si vuole imporla con la violenza e l'uso sproporzionato della forza. Ancora una volta, l'avvocatura subisce un grave attentato alla sua funzione primaria: la difesa dei diritti dei cittadini. Attentare ad essa significa attentare ai diritti stessi».
L'Unione camere penale, nell'esprimere estrema indignazione e piena solidarietà ai colleghi colpiti, sollecita il Governo ad intraprendere tutti i passi necessari per ripristinare la libertà professionale e la libera manifestazione del pensiero dell'avvocatura turca.
Secondo l'Organismo unitario dell'avvocatura, l'arresto degli avvocati a Istanbul «è un pessimo segnale per un paese ormai considerato europeo: la Turchia non può proseguire su questa strada, quella della negazione dei diritti».
L'Oua chiede perciò l'intervento urgente dell'Italia e la condanna dell'Unione Europea.

Deontologia: il dovere di lealtà e correttezza si riferisce all’intera attività professionale.

“L’art. 6 c.d.f. (dovere di lealtà e correttezza) non è limitato alla sola attività di assistenza o difesa in giudizio ma si riferisce all’intera attività professionale, in tutte le sue manifestazioni, impegnando l’avvocato ad assolvere la propria alta funzione nel rispetto delle regole di diritto e di comportamento”. 

Consiglio Nazionale Forense (Pres. f.f. Vermiglio, Rel. Ferina), sentenza del 15 marzo 2013, n. 38

Turchia: migliaia di avvocati in marcia verso Piazza Taksim.

martedì, giugno 11, 2013

Domande provocatorie dell'inviato di 'Striscia la notizia': è aggressione, non diritto di cronaca!

Confermata la condanna nei confronti di ‘Reti televisive italiane’ a risarcire i danni lamentati da Marina Ripa di Meana, beccata sotto casa da un inviato del telegiornale satirico di ‘Canale 5’. Obiettivo non era un approfondimento giornalistico, ma uno show televisivo fondato principalmente sulla reazione scomposta della persona inseguita e oppressa con domande provocatorie e ingiuriose.

(Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza n. 14533/13; depositata il 10 giugno)

lunedì, giugno 10, 2013

Arretrato civile, in arrivo una task force di 400 giudici onorari.

 
Per aggredire le 480mila cause che ingolfano le Corti di Appello italiane, il Governo starebbe preparando un decreto (che potrebbe essere presentato già nel Consiglio dei ministri di venerdì) che mette in pista 400 giudici ausiliari, ciascuno dei quali avrebbe il compito di stendere almeno 100 sentenze l’anno.
Le corti di secondo grado, infatti, sono uno degli uffici in maggiore sofferenza del sistema giustizia. Ben 200mila procedimenti, ancora in attesa di verdetto definitivo, infatti, hanno già superato i termini imposti dalla legge Pinto sulla ragionevole durata del processo.
Sarebbe questa la prima tranche da ‘attaccare’ da parte della magistratura onoraria.
Il progetto ruota dunque intorno all’ingaggio, con lo status di magistrati onorari, di 400 giudici ausiliari scelti tra magistrati in pensione, docenti universitari, e avvocati. Saranno inseriti all’interno delle Corti di Appello, di cui verrebbero a costituire il terzo membro del collegio, con funzioni però di giudice relatore.
Un sistema per sgravare i magistrati di ruolo, assicurandone nel contempo la presenza all’interno del procedimento. La remunerazione dovrebbe essere fissata in 200 euro per sentenza, senza aggravare ulteriormente sulle spese di giustizia e dunque senza mettere nuovamente mano al contributo unificato.
I cui rialzi sono fortemente osteggiati dall’avvocatura di cui il progetto prevede il coinvolgimento.  Allo studio anche l’istituzione di un “ufficio del processo” costituito da laureati in giurisprudenza che potranno così svolgere 18 mesi di tirocinio in tribunale, di cui 12 validi come pratica forense, e che dovrebbe anche costituire una strada ‘preferenziale’ per l’ingresso in magistratura.

Compenso professionale: la causa relativa rientra nel foro del consumatore.

 
Tribunale di Verona-Ordinanza 26 aprile 2013 
N. 10558/2012 R.G.
TRIBUNALE CIVILE E PENALE DI VERONA 
Il Giudice Dott. Massimo Vaccari Ha emesso la seguente
ORDINANZA 
nel procedimento ai sensi degli artt. 702 bis e ss. c.p.c. promosso da: X. & Partners già studio X. & Associati associazione professionale (c.f. e p.i.v.a. OMISSIS) rappresentato e difeso dallo avv.to O. Pettene del foro di Verona RICORRENTE CONTRO Y. (c.f. OMISSIS) rappresentata e difesa dagli avv.ti L. Fadalti e E. del Monaco del foro di Treviso e S.M. Mazzeo del foro di Verona RESISTENTE
a scioglimento della riserva assunta all’udienza del 18 aprile 2013;
RILEVATO CHE 
La ricorrente ha convenuto in giudizio avanti a questo Tribunale Y. per sentirla condannare al pagamento in proprio favore della somma di euro 37.752,00 a titolo di compenso per un’attività di consulenza legale e tributaria che era stata meglio descritta in apposita lettera di incarico che era stata sottoscritta dalla resistente il 30 settembre 2010 e che la ricorrente ha assunto di aver regolarmente svolto.
Nel ricorso è stato precisato che la competenza del Tribunale di Verona a giudicare della controversia derivava dalla clausola d, ultimo periodo, del contratto, che era stata specificamente approvata per iscritto dalla resistente e che attribuiva la competenza per qualsiasi controversia relativa alla interpretazione, adempimento, violazione, risoluzione e/o alla esecuzione del incarico in via esclusiva al foro di Verona.
La convenuta è costituita alla prima di udienza e ha eccepito in via preliminare i l’incompetenza per territorio del Tribunale di Verona sulla base dell’assunto che, spettandole, nell’ambito del predetto rapporto, la qualifica di consumatore doveva applicarsi la disciplina di cui al decreto legislativo n. 206/2005, ed in particolare gli art. 33, lett u), 34 comma 4, con l’ulteriore conseguenza che la clausola derogativa del foro del consumatore contenuta nel contratto concluso tra le parti doveva presumersi vessatoria ed era onere del professionista dimostrare che era stata preceduta da idonea trattativa individuale.
La Y. ha resistito anche nel merito assumendo la infondatezza della domanda di controparte Ciò detto con riguardo alle prospettazioni delle parti deve essere dichiarata l’incompetenza per territorio del Tribunale di Verona a pronunciarsi sul ricorso di cui in epigrafe essendo invece competente il Tribunale di Treviso nel cui circondario risiede la resistente.
Invero la ricorrente non ha contestato la propria qualifica di professionista né quella di consumatore della convenuta, nell’ambito del rapporto posto a fondamento della domanda giudiziale, e del resto una simile ricostruzione è pienamente conforme a quelle che sono le caratteristiche di tali figure giuridiche secondo l’ormai consolidato orientamento della Suprema Corte. La Corte di Cassazione ha infatti stabilito che ai fini della disciplina sui contratti del consumatore “è professionista la persona che assume verso l’altra impegno di svolgere a suo favore un compito da professionista intellettuale se l’impegno è assunto nel quadro di una attività svolta in modo non occasionale” (Cass. 20 marzo 2010, n.6824; Cass. 27 febbraio 2009 n.4914; Cass. 2 gennaio 2009 n.20, con riguardo alla figura professionale del medico e Cass. ord. 26 settembre 2008 n.24257 e Cass. ord. 4 maggio – 9 giugno 2011 n.12685 con riguardo all’avvocato).
 A sostegno di tale interpretazione è stato anche osservato che lo stesso art. 3 del cod. cons. alla lett e) individua nel prodotto destinato al consumatore una prestazione di servizi.
Parimenti, per quanto attiene alla definizione di consumatore, occorre aver riguardo al prevalente orientamento giurisprudenziale secondo il quale è tale la persona fisica che, anche se svolge attività imprenditoriale o professionale, conclude un qualche contratto per la soddisfazione di esigenze della vita quotidiana estranee all’esercizio di tale attività (così Cass. Sez. Un. 20 marzo 2008 n.7444 e Cass. ord. 4 maggio – 9 giugno 2011 n.12685); mentre deve essere considerato “professionista” tanto la persona fisica quanto la persona giuridica, sia pubblica che privata, che invece utilizza il contratto nel quadro della sua attività imprenditoriale e professionale (Cass. 23 febbraio 2007, n.4208) E’ appena il caso di aggiungere che tali principii valgono per tutti i professionisti intellettuali, ivi compresi quelli che, come l’attrice, svolgono attività rientranti anche nelle competenze proprie dei dottori commercialisti, consegue che nella fattispecie.
Da tali premesse consegue che nella fattispecie, versandosi in una ipotesi di contratto d’opera professionale intellettuale, avente ad oggetto prestazioni di varia natura (legale-tributaria) tra l’associazione ricorrente e la consumatrice resistente la clausola di deroga del foro del consumatore è nulla ai sensi dell’art. 36 primo comma d. lgs. 206/2005, trova applicazione il combinato disposto degli artt. 33, lett u) e 34 comma 4, del d. lgs. 209/2005, e quindi, in difetto di allegazioni e prove da parte della ricorrente idonee a vincere la presunzione di vessatorietà della clausola in esame o a dimostrare che essa fosse stata oggetto di specifica trattativa nella fase precontrattuale, il foro esclusivo del consumatore, corrispondente al luogo di residenza della resistente.
Sul punto giova rammentare, che la clausola derogativa del foro del consumatore è nulla anche laddove il foro indicato come competente risulti coincidente con uno dei fori legali di cui agli art. 18, 19 e 20 c.p.c. (Cassazione civile, sez. III, 20/03/2010, n. 6802).
Quanto all’assunto di parte ricorrente secondo cui l’eccezione della resistente è tardiva in quanto avrebbe dovuto essere sollevata non oltre dieci giorni prima dell’udienza di comparizione delle parti esso muove dalla premessa, giuridicamente errata, secondo cui il foro del consumatore è esclusivo ma derogabile.
In realtà tale criterio attributivo della competenza per territorio ha carattere inderogabile, essendo suscettibile di rilievo ufficioso, come si evince chiaramente dal disposto dell’art. 36, comma 3 del d. lgs. 206/2005 che prevede che “la nullità (sott. delle clausole considerate vessatorie) opera soltanto a vantaggio del consumatore e può essere rilevata d’ufficio dal giudice” (sul punto negli stessi termini, sia pure con riferimento all’art. 1469 bis c.c., di contenuto identico alla norma sopra citata, abrogata dal d. lgs. 206/2005: Cass., sez. III, 13 giugno 2006 n.13642).
Orbene la norma del codice del consumo sopra citata, alla quale deve riconoscersi natura di norma sia di diritto sostanziale che di diritto processuale, individua una ipotesi di incompetenza per territorio inderogabile ai sensi dell’art. 28 ultima parte c.p.c. e va quindi coordinata con l’altra disposizione del codice di rito che definisce il termine di decadenza dalla proposizione della corrispondente eccezione, ossia il terzo comma dell’art. 38 c.p.c.
Quest’ultima norma, dopo la modifica operata dalla L. 69/2009, consente ancora il rilievo ufficioso del difetto di competenza per territorio ma non più, come nella versione previgente, anche quello su eccezione di parte, fino all’udienza di cui all’art. 183 c.p.c., come era già in precedenza.
Il momento ad essa corrispondente del procedimento sommario di cognizione va individuato nella udienza di comparizione delle parti che è destinata alla definizione del thema decidendum.
Dimostrando piena consapevolezza dei predetti profili la difesa della resistente, all’atto della costituzione in giudizio ha sollecitato questo Giudice ad avvalersi del potere di rilievo ufficioso che pertanto può ora essere esercitato.
 Le spese del procedimento vanno poste a carico della ricorrente in applicazione del criterio della soccombenza e si liquidano come in dispositivo facendo riferimento ai parametri introdotti dal d.m.140/2012 e tenendo conto che nel presente giudizio non vi sono state né la fase istruttoria né quella decisoria.
P.Q.M 
Dichiara l’incompetenza per territorio del Tribunale di Verona a pronunciarsi sulla domanda di cui in epigrafe essendo competente il Tribunale di Treviso e condanna la ricorrente a rifondere alla resistente le spese del procedimento che liquida nella somma complessiva di euro 2.500,00 per compenso, oltre Iva e Cpa.
Verona 26 aprile 2013.

Cassa forense, elezioni il 9 settembre.

 
Alberto Bagnoli, presidente: “Abbiamo prontamente recepito le istanze del Ministero del Lavoro anticipando la data per il rinnovo delle cariche al 9 settembre. In precedenza la data era stata fissata al 18 novembre per garantire agli organi della Cassa il tempo necessario a definire il regolamento che, in base alla nuova legge professionale, sancisce l’ingresso nella Cassa di tutti gli avvocati iscritti agli Albi indipendentemente dal reddito”.
Le elezioni per il rinnovo del Comitato dei Delegati della Cassa forense sono state anticipate dal 18 novembre al 9 settembre 2013.
Lo rende noto il presidente dell’Ente previdenziale degli avvocati, Alberto Bagnoli, che ha già inviato una comunicazione ufficiale a tutti i Consigli degli Ordini forensi.
“Non abbiamo avuto alcuna difficoltà ad aderire all’invito del Ministero del Lavoro in merito all’anticipazione della data delle elezioni per il rinnovo del Comitato dei Delegati però nei limiti massimi consentiti dal nostro regolamento elettorale – ha dichiarato Bagnoli – la data del 18 novembre era stata scelta non certo per procrastinare nel tempo il confronto elettorale all’interno dell’Avvocatura, ma per cercare di risolvere tempestivamente entro l’anno di tempo assegnatoci dalla legge il problema del regolamento di attuazione previsto dalla nuova legge professionale che sancisce il principio della coincidenza tra iscrizione all’Albo professionale e iscrizione alla Cassa, un principio che ci ha imposto di individuare le opportune modalità per inserire nel sistema quasi 60 mila avvocati sino a oggi non iscritti per redditi troppo bassi”.
“Pur prendendo atto delle ragioni tecniche esposte dal Ministero del Lavoro, prontamente recepite con un mio provvedimento in data odierna previo consulto con il Consiglio di Amministrazione, resta il problema di un regolamento atteso da decine di migliaia di avvocati che rischia di subire ritardi legati ai tempi procedurali necessari per il rinnovo delle cariche”, ha aggiunto il Presidente della Cassa forense.
“Confido però nello spirito di collaborazione che ha costantemente animato i rapporti tra Ministero e Cassa forense – ha concluso Bagnoli – e spero possa essere individuato un percorso per consentire di approvare l’importante provvedimento in questo ultimo scorcio di mandato nel superiore interesse di tutti gli avvocati italiani”.

venerdì, giugno 07, 2013

I giovani avvocati e praticanti sono "i ragazzi di oggi".

 
Il grande inganno realizzato dall’avvocatura nei confronti dei giovani è stato quello di far credere che vi fossero sbocchi lavorativi per tutti e che l’attività professionale potesse garantire a chiunque un reddito soddisfacente.
Tale atteggiamento, unito alla carenza di diverse occupazioni lavorative (esistenti, come sopra detto, fino agli anni ’70), ha portato ad un aumento smisurato degli iscritti negli albi di avvocato, ed inoltre ad un aumento smisurato del numero dei praticanti.
A questo assalto l’avvocatura ha reagito tentando di rendere l’esame di abilitazione sempre più difficile. Nessuno però ha avvertito i giovani della possibile saturazione del mercato, e della possibilità di non superare l’esame di abilitazione.
Questa situazione, sommata alla possibilità di esercitare il patrocinio provvisorio per sei anni (fino al 1988 erano quattro), ha portato alla formazione di una categoria di sub professionisti che hanno un patrocinio provvisorio, hanno formato una propria clientela, magari hanno messo su famiglia, ma non hanno alcuna garanzia per il futuro e rischiano di non diventare mai avvocati.
Quella che manca è soprattutto la motivazione o, come si sarebbe detto tanti anni fa, la vocazione; si sceglie di iscriversi nel registro dei praticanti per provare, e si va avanti per forza d’inerzia perché nel frattempo non si è trovato nulla di meglio.
E’ logico e normale che, navigando a vista, un praticante si preoccupi non tanto della propria formazione personale (compito che peraltro non spetta a lui), quanto della formazione della clientela, necessaria per vivere.
Le proposte che tendono a restringere l’accesso ponendo ulteriori limiti sono illogiche e retrive: occorre invece puntare sulla formazione autentica e sgombrare il campo dalle false illusioni di lauti guadagni che appaiono, in realtà, assai improbabili per chi inizia la professione in questo momento storico.
L’avvocatura non può combattere una assurda battaglia contro i propri praticanti, poiché ciò significa combattere contro sé stessa.

Avv. Antoni Ciavola
Foro di Catania.

La "querelle" tra Cassa Forense e Ministero.

giovedì, giugno 06, 2013

Saldi...prima delle ferie estive (sarà autentico?).

Tribunali, Cancellieri: Strumenti urgenti contro arretrato civile.

 
05 giugno 2013 - Misure urgenti e straordinarie per affrontare il problema dell’arretrato civile nei tribunali. E’ quanto si propone il ministro della Giustizia Anna Maria Cancellieri nel corso di un’audizione in commissione alla Camera.
“Si tratta di un'emergenza di tale gravità - spiegato la Guardasigilli - da dover essere affrontata con strumenti straordinari e urgenti. In uno dei prossimi Consigli dei ministri presenterò un pacchetto di misure eccezionali, di varia tipologia".
fonte ilVelino/AGV NEWS Roma.

Deontologia: vietato assistere un coniuge contro l’altro, dopo averli assistiti entrambi.

 
“L’art. 51, can. I, C.D.F. vieta al professionista, che abbia congiuntamente assistito i coniugi in controversie familiari, di assumere successivamente il mandato per la rappresentanza di uno di essi contro l’altro.
Tale previsione costituisce una forma di tutela anticipata al mero pericolo derivante anche dalla sola teorica possibilità di conflitto d’interessi, non richiedendosi specificatamente l’utilizzo di conoscenze ottenute in ragione della precedente congiunta assistenza.
Pertanto, la norma de qua non richiede che si sia espletata attività defensionale o anche di rappresentanza, ma si limita a circoscrivere l’attività nella più ampia definizione di assistenza, per l’integrazione della quale non è richiesto lo svolgimento di attività di difesa e rappresentanza essendo sufficiente che il professionista abbia semplicemente svolto attività diretta a creare l’incontro delle volontà seppure su un unico punto degli accordi di separazione o divorzio”.

Consiglio Nazionale Forense (Pres. f.f. Perfetti, Rel. Tacchini), sentenza del 13 marzo 2013, n. 35.

OUA: L'AUTONOMIA DELLA CASSA FORENSE È IRRINUNCIABILE E NON PUÒ ESSERE MESSA IN DISCUSSIONE.

 
L'Organismo Unitario dell'Avvocatura (Oua), riferendosi sia al processo elettorale di rinnovo del Comitato dei Delegati, sia all'obbligo di iscrizione contestuale all'Albo e all'Ente previdenziale, come previsto dalla nuova legge forense, si è espresso oggi con forza a tutela dell'autonomia e dell'indipendenza della Cassa Forense.
Per Nicola Marino, presidente dell'Oua, «le modalità di convocazione delle elezioni non possono essere il pretesto per il Governo per mettere in discussione l'autonomia gestionale della Cassa».
 «Non è accettabile - aggiunge il presidente Oua - che si crei incertezza sulla governabilità dell'Ente sulla base di interpretazioni dell'iter da seguire per il rinnovo del Comitato dei Delegati, nonché dei meccanismi previsti dalla nuova legge forense per quanto riguarda l'obbligo di iscrizione alla Cassa di tutti gli avvocati già presenti negli albi, anche quelli che non raggiungono i minimi».
 «Vigileremo - conclude Marino - affinché nessuno metta le mani sulle pensioni degli avvocati e, allo stesso tempo, facciamo appello alla determinazione, al senso di responsabilità del presidente della Cassa, del Consiglio di Amministrazione e dell'attuale Comitato dei Delegati perché si contrastino con i fatti i pretestuosi tentativi del Ministero».
Roma, 6 giugno 2013

martedì, giugno 04, 2013

Avvocati stabiliti: il CNF ha avviato un censimento presso gli Ordini forensi.

 Il Consiglio nazionale forense ha avviato un censimento presso gli Ordini forensi per conoscere il numero e la provenienza degli avvocati stabiliti iscritti nella apposita sezione speciale.
I Consigli dell’Ordine hanno ricevuto la circolare 10-C-2013, con la quale il CNF li ha invitati a fornire i dati in loro possesso relativi agli avvocati stabiliti e integrati.
L’obiettivo è, da una parte, procedere ad una verifica generale dello stato di applicazione della direttiva 98/5/CE (direttiva stabilimento) e del decreto legislativo di attuazione 96/200, in linea con l’analisi che sta conducendo la stessa Commissione europea.
Ma allo stesso tempo, la raccolta dei dati consentirà di prendere contezza del numero di domande di iscrizione e l’esito delle stesse presentate dal 1° gennaio 2012 ad oggi da parte di cittadini che abbiano conseguito il titolo di avvocato in Romania.
Queste informazioni sono state richieste specificatamente dal ministero della giustizia (con nota del 23 aprile 2013), a seguito di alcune segnalazioni relative a domande di iscrizione corredate da certificazioni del titolo di “avocat” rilasciate da enti rumeni non autorizzati.

Esame di avvocato: 366 gli ammessi all'orale a Salerno.

 
Sono 366 i candidati ammessi alla prova orale presso la Corte di Appello di Salerno. 
Il numero complessivo dei partecipanti all'esame è stato di 1.125, per cui la percentuale dei promossi risulta pari al 32,53%.