sabato, ottobre 31, 2009

RICORDO DELL'AVV. GIUSEPPE TEDESCO TRACCIATO DAL PRESIDENTE MONTERA.


Ringrazio “Cronache del Mezzogiorno” per avermi chiesto di ricordare l’Avv.Giuseppe Tedesco: ma per noi era “Don Peppino”.
Era Don Peppino perché,così chiamandolo,coniugavamo,con il “don”,la riverenza dovuta all’Uomo ed all’Avvocato di così elevato spessore,e,con il Peppino,la confidenza del chiamarsi col diminutivo o vezzeggiativo come si conviene tra amici.
Don Peppino,infatti,era pronto all’incontro amicale con i Colleghi,che arricchiva di umanità e cordialità,col porre anche il giovane in una situazione di non soggezione.
Nell’ora dei ricordi è facile incorrere nella retorica, ma chi mi conosce sa che non solo non mi appartiene ma sarebbe addirittura ridicolo farvi ricorso per una persona, per così dire, concreta e realistica.
Presiedeva la Commissione per l’abilitazione alla professione di Avvocato e quando proposi il Suo nome,in Consiglio,vi fu un vero e proprio plebiscito di consensi.
Da persona seria, onesta e di coscienza qual’era, allorquando gli comunicai la decisione consiliare ,mi chiese una pausa, perché voleva consultarsi con l’amato figlio Michele per verificare se il nuovo impegno poteva conciliarsi con quelli professionali.
Ha accolto gli esaminandi con animo paterno, così come ha accolto tanti Colleghi che hanno svolto la pratica forense presso il suo studio.
Il figlio dell’Avvocato,come ho già avuto più volte occasione di dire,vive la professione partendo da un punto di osservazione privilegiato.
E per questo mio fortunato status, tanti anni or sono, capitai in quello studio di Corso Garibaldi,già ricco di storia e di tradizione,in quanto lo divideva con un altro Maestro, l’Avv. Renato Palumbo (noi Salernitani abbiamo l’abilità di dimenticare alcuni galantuomini) e l'amicizia che intratteneva con mio padre si rinnovò con me,incoraggiandomi, sostenendomi e consigliandomi nella guida degli Avvocati Salernitani.
Quando Don Peppino non condivideva una tesi, un ragionamento,una decisione,all’eventuale insistenza del suo interlocutore,ribatteva con un suo usuale intercalare conclusivo:”Ma fatemi il piacere”, che non era altro se non una eufemistica ed elegante espressione per dire tutt’altro.
Alle doti di preparazione,d’ intuito,di sagacia,di logica giuridica,si aggiungeva l’imponenza del tratto,l’esuberanza intellettuale,che in Lui si esprimevano e si rappresentavano come esempio della supremazia dell’Avvocato.
E domani la coltre che l’avvolgerà, per vivere il Suo interminabile silenzio, sarà la Toga.
Americo Montera
Da Cronache del Mezzogiorno 31.10.2009

La morte, la vita…….



La morte è la nostra eterna compagna.
E’ sempre lì, alla nostra sinistra,
ad un passo di distanza da noi.
Ci osserva, ci sussurra all’orecchio,
a volte… sentiamo il suo gelo.

E’ lì accanto a noi, ci osserva,
ci osserverà sempre,
sino al giorno in cui ci toccherà.

La morte è il nostro più vicino saggio consigliere,
ogni volta che ne senti il bisogno
voltati e chiedi consiglio a lei,
la troverai lì, alla tua sinistra, disponibile.

Se imparerai a farlo senza vani timori
Ti sbarazzerai delle maledette meschinità
Proprie degli uomini che vivono
Senza mai cercare di capire cosa sia la morte,
e così tirano avanti,
come se la morte non dovesse mai toccarli.


Jiddu Krishnamurti

venerdì, ottobre 30, 2009

Halloween: la festa delle zucche vuote!


Con enorme tristezza nel cuore mi guardo attorno e vedo come la nostra cultura, millenaria, sia saccheggiata fino alle sfere più intime.
Nel momento in cui predispongo lo spirito alla riflessione sul dono della vita, attraverso la contemplazione di chi la ha onorata santamente (Ognissanti), per poi riflettere sul profondo senso della morte e sulla grata rimembranza di chi ci ha preceduto (commemorazione dei defunti), mi accorgo che tutto attorno prevale la «festa delle zucche vuote»: una mascherata lasciva e stolta che omologa verso l’annientamento la vita interiore delle giovani generazioni.
Perché un simile scempio, mi chiedo? Per soldi, certo, ma non solo.
Sarebbe stupido fermarsi al consumismo, come spiegazione. In verità, mi accorgo che la morte è diventata qualcosa di cui non si deve far menzione se non per esorcizzarne la paura.
Lo si nota in tutti gli ambiti della vita, così come nei dibattiti attorno a certi temi etici.
L’effetto più destabilizzante e preoccupante consiste nel fatto che quando si smette di riflettere sul senso della morte, poi anche il senso della vita sfugge e di conseguenza vengono assunti comportamenti insensati.
La vita intera tende a venire vissuta come se fosse senza senso e mi pare che questo sia ormai evidente in migliaia di esempi.
Quanto più educativo era, per i bambini, vivere secondo la tradizione, cominciando a formarsi una solida coscienza con le prime riflessioni generate da Ognissanti e dal 2 novembre in un contesto familiare, piuttosto che subire l’odierna socializzazione forzata a base di «dolcetto o scherzetto».
E’ alienante. Come già alienati sono i difensori a oltranza di Halloween, incapaci di capire che non sempre si può dire «ma cosa volete che sia, è solo una divertente mascherata», giacché “semel in anno licet insanire” valeva già per il carnevale nella nostra cultura.
Ma, naturalmente, le zucche vuote vogliono celebrare la loro festa. Del senso della vita e della morte non vogliono nemmeno sentire parlare.
Se poi cerchi di far notare quanto sia deleterio, diseducativo e addirittura pericoloso abituare i bambini a riporre fiducia nella magia e nell’esoterismo, o addirittura in certe forme di occultismo, piuttosto che nella paziente e semplice cura della spiritualità, questi ti guardano con la stessa espressione vuota, ebete e vagamente aggressiva dell’ortaggio arancione che difendono e che ben li rappresenta.

Davide Lovat

Lutto nel Foro salernitano: scomparso oggi l'Avvocato Giuseppe Tedesco.


SALERNO, 30 ottobre 2009 - Profonda commozione a Salerno per la scomparsa dell’Avvocato Giuseppe Tedesco, già Presidente della Salernitana calcio (dal 1967 fino al 1972).
Tedesco, oltre ad essere stato un apprezzato Avvocato penalista, intraprese giovanissimo anche la carriera politica ed a diciotto anni divenne consigliere comunale a Giffoni Sei Casali.
A cavallo tra gli anni ’70 ed ’80 per quattro consiliature sedette tra i banchi del consiglio provinciale di Salerno.
I funerali si svolgeranno domani nel Duomo di Salerno con inizio alle 15,30. La cerimonia funebre sarà officiata dall’Arcivescovo di Salerno, monsignor Gerardo Pierro.

Nomina di un nuovo difensore ed obblighi a carico del precedente avvocato (Cassazione Civile Sez. II, sentenza 12/10/2009 n. 21589).



La questione sottoposta al giudizio di Piazza Cavour, inerente un caso di responsabilità professionale dell’avvocato, in particolare, attiene all’individuazione e all’adempimento degli obblighi che residuano a carico del difensore domiciliatario allorché, esaurito un grado di giudizio, il mandato professionale s’estingua consensualmente ed il cliente affidi l’incarico ad un nuovo avvocato.
In concreto, l’avvocato domiciliatario aveva omesso di comunicare al nuovo difensore l’avvenuta notifica della sentenza emessa in primo grado dal TAR, determinando la tardiva proposizione dell’appello innanzi al Consiglio di Stato.
In punto di diritto il professionista aveva sostenuto che soltanto l’ipotesi di rinuncia al mandato implicherebbe, per il difensore, l’obbligo di compiere gli atti formali fino a quando la parte non si sia munita di nuovo difensore sicché, laddove il rapporto professionale si estingua per causa diversa (mutuo consenso o revoca da parte del cliente) non residuerebbe alcun specifico obbligo a carico dell’ex difensore domiciliatario.
La Corte di Cassazione, nella recente sentenza n. 21589/09, respinge decisamente una simile impostazione, stabilendo che:
“Nel caso che la parte abbia nominato un altro difensore in sostituzione di quello precedente presso il quale la stessa parte aveva eletto il proprio domicilio, quest’ultimo è tenuto a comunicare al nuovo difensore gli atti in relazione ai quali il domicilio era stato eletto e, in particolare, residua a suo carico l’obbligo di informare il nuovo difensore dell’avvenuta notifica do eventuali sentenze che riguardino la parte”.
Secondo la Suprema Corte, l’obbligo d’informazione trae fonte dal più generale dovere di diligenza professionale cui l’avvocato è tenuto verso il proprio cliente, anche in caso di rinuncia o revoca del mandato, nonché nella particolare relazione che si stabilisce tra il soggetto destinatario degli atti ed il difensore domiciliatario la quale non fa venir meno gli obblighi connessi alla ricezione degli atti per i quali sia avvenuta la domiciliazione, che residuano a carico del domiciliatario anche se nel frattempo la parte abbia nominato un nuovo difensore.
Peraltro, sempre secondo la Corte di Cassazione, la mancata tempestiva comunicazione dell’avvenuta notifica vale da sola a riferire all’avvocato domiciliatario la responsabilità della tardiva proposizione dell’Appello, atteso che solo la pronta conoscenza dell’avvenuta notifica della sentenza permette al nuovo difensore di fruire compiutamente dello spatium deliderandi rideterminato per legge ai fini della proposizione dell’eventuale impugnazione.
L’onere di provare la comunicazione al nuovo difensore della notifica incombe a carico dell’avvocato domiciliatario.
Appurato l’inadempimento da parte dell’avvocato, ai fini del riconoscimento del diritto al risarcimento del danno a favore del cliente, occorrerà raggiungere la prova della fondatezza dell’appello tardivamente proposto per responsabilità professionale.
L’affermazione della responsabilità di un legale, infatti, postula l’indagine sul sicuro fondamento dell’azione che avrebbe dovuto essere proposta (…) e perciò la “certezza morale” che gli effetti di una diversa attività del professionista sarebbero stati più vantaggiosi per il cliente. Al criterio della certezza degli effetti della condotta si può sostituire quello della probabilità di tali effetti e della idoneità della condotta a produrli (Cass. 9238/07).
Chiarito che, nella fattispecie, sussiste l’inadempimento dell’avvocato e che l’appello predisposto dal nuovo avvocato – se tempestivo – sarebbe stato ammissibile, dunque, la Corte di Cassazione rinvia il giudizio al giudice di merito proprio per l’accertamento del possibile esito che avrebbe avuto l’impugnazione.

giovedì, ottobre 29, 2009

Via libera del governo al decreto legislativo sulla mediazione obbligatoria per le controversie civili.


Il testo, presentato dal ministro Angelino Alfano come “uno dei pilastri della grande riforma della giustizia civile”, che attende “il gradimento dei cittadini, delle imprese e anche dell’ANM”, è stato approvato ieri all’unanimità dal consiglio dei ministri.
Per Alfano, l’obbligo di prevedere una composizione alternativa delle controversie già al momento della stipula del contratto introduce nel sistema “un nuovo istituto giuridico finalizzato alla deflazione del sistema giudiziario italiano”.
Insieme alla semplificazione dei riti, la mediazione dovrà servirà a “prendere il toro per le corna” e guarire la giustizia dal male che più di tutti la affligge: la lentezza.
Nel merito, la conciliazione consiste in “una mediazione generalizzata per la conciliazione delle controversie civili e commerciali” e potrà essere di due tipi: facilitativa, quando il mediatore, soggetto professionale e terzo; aiuta le parti a raggiungere un accordo amichevole tra loro; o aggiudicativa, quando il mediatore propone una risoluzione della controversia distribuendo torti e ragioni.
In ogni caso, la mediazione civile sarà obbligatoria per poter avviare un processo in materia di diritto della locazione, di condominio, nell’attribuzione di colpa medica e nei contratti bancari, finanziarie assicurativi. Sarà invece facoltativa per tutte le altre applicazioni del diritto civile.
In ogni caso, il giudice potrà indicarla quale strumento idoneo alla composizione di una vertenza, e quindi chiudere in questo modo il processo. Il procedimento è a forma libera e, sé previsto dal regolamento dell’organismo cui ci si rivolge;anche per via telematica.
L’avvocato già nella fase di conclusione del contratto deve informare chiaramente il cliente della possibilità di mediare (e delle agevolazioni fiscali collegate) a pena di nullità del contratto stesso.
Se la mediazione civile non soddisferà una delle parti, questa potrà comunque sempre ricorrere alla giustizia civile ordinaria, solo che, nel caso in cui il giudice faccia propria la proposta avanzata dal mediatore o nella sentenza ne ricalchi la sostanza, chi ha rifiutato in prima istanza la mediazione quale soluzione della vertenza sarà obbligato al pagamento di tutte le spese legali e giudiziarie e di una tassa ulteriore.
L’ultima novità introdotta dal provvedimento è la nascita di una nuova figura giudiziaria: il mediatore dovrà essere una figura professionale terza, indipendente e specializzata, controllata direttamente dal ministero della Giustizia.
Sarà inoltre tenuta al segreto “istruttorio” e non potrà in nessun caso, neanche in quello nel quale le parti approdino poi a un tribunale ordinario, rivelare le dichiarazioni rese in sede di mediazione, che non potranno comunque essère utilizzate tin un eventuale processo ordinario.
Il testo definitivo del decreto ha sollevato immediate proteste dell’Associazione nazionale forense.
Secondo Ester Perifano, segretario dell’Anf, “il decreto prevede un istituto profondamente diverso da quello della conciliazione, a partire da alcuni elementi fondamentali: segretezza e riservatezza”.
Contestando anche “l’obbligatorietà della conciliazione in alcune materie quale condizione di procedibilità della successiva azione giudiziaria”, l’Anf prevede l’insuccesso della conciliazione, così come avvenuto per quella in materia lavoristica.
Tutt’altra l’accoglienza al decreto dal Consiglio nazionale forense. Il presidente Guido Alpa ha ribadito il parere positivo sull’impianto, anche se rileva alcuni «nodi delicati» come «l’estensione a diritti reali», la sovrapposizione ad altri organismi conciliativi (es. bancari, ndr) e la scelta di non vincolare le parti alla difesa tecnica.

GIUSTIZIA: BONAIUTI, MAGISTRATI SARANNO CONSULTATI SU RIFORMA.


(ASCA) - Roma, 29 ott - "Non c'e' il minimo dubbio che i magistrati vengano consultati quando si parla di riforma della giustizia. Bisogna tuttavia capire una cosa. Se vado da un medico e sbaglia, ho diritto a un risarcimento. Per i magistrati, al contrario, questo non e' previsto. E quando si parla di riforma della giustizia si scatena il finimondo.Questo per dire che ci sono aspetti della categoria che devono essere rivisti e avvicinati ai cittadini. Nel caso della magistratura siamo di fronte a un ordine molto forte".
Cosi', il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Paolo Bonaiuti, intervistato da Omnibus su La 7.
Quanto all'esistenza del progetto di un 'lodo Ghedini', per portare i processi alle alte cariche dello Stato tutti a Roma, di cui parla oggi Repubblica, Bonaiuti ha detto che "siamo a livello delle chiacchiere di Repubblica, non c'e' nulla di concreto. Da come viene rappresentato il Pdl sembra di assistere alla Guerra del Peloponneso di Tucidide. Non e' cosi'. Il Presidente Berlusconi ha detto, con grande tranquillita', di essere pronto ad affrontare i processi che lo vedranno impegnato, anche se questo gli portera' via del tempo dall'attivita' di governo".

GIUDICI COMUNISTI:POCHI MA POTENTI.


I giudici sono davvero comunisti come dice Silvio Berlusconi? No, per lo meno non tutti. I comunisti sono una parte e per giunta minima degli oltre settemila in servizio nei tribunali.
Peccato che sia la parte più influente della magistratura, quella più famosa e chiassosa e dunque in grado di condizionare le scelte delle altre toghe.
E un`eredità del Sessantotto, anche se non sono tutti sessantottini, anzi, fra di loro ci sono molti quarantenni: una pattuglia che non ha a cuore l`applicazione scrupolosa e equidistante della legge, ma la usa per perseguire il proprio fine, ovvero il sovvertimento di un sistema considerato sbagliato.
Vogliono cambiare il Paese e sognano di farlo con le sentenze.
L`anomalia italiana - così l`ha definita il premier - sta tutta li, in quel piccolo gruppo di pm e giudici ideologizzati che s`è impadronito della giustizia e attraverso il sistema delle correnti esercita un potere vero sui tribunali e le procure, agendo su trasferimenti e provvedimenti disciplinari.
Per qualche magistrato emettere una sentenza contro questo gruppo significa scavarsi la fossa, essere messo ai margini, non fare più carriera.
Ci sono giudici che hanno provato a decidere in autonomia, contro lo strapotere di procure come quella milanese, ma sono finiti male, dirottati su un binario morto.
Ad altri, che pure hanno cercato di rompere il muro di conformismo che condiziona l`attività della giustizia, in particolare nei processi di rilevanza politica ma non solo, è capitato addirittura di essere isolati come se avessero la peste.
Difficile opporsi a questa mafia delle toghe, che non è un partito in senso classico ma agisce come se lo fosse.
Chi ci ha provato, come ho detto, ha avuto vita dura.
Per quieto vivere e per esigenze di carriera la maggioranza delle toghe preferisce adeguarsi, confermando sentenze sbilenche, genuflettendosi di fronte a assoluzioni troppo generose che fanno comodo al pm o a condanne senza prove che però interessano le procure.
Ufficialmente nessuno lo ammetterà, ma in privato e dietro garanzia di anonimato più di uno confida di non poterne più dell`arroganza di questi capi corrente.
Vorrebbero reagire, mandare a quel paese le toghe rosse, ma non sanno come farlo. Mancano di iniziativa o forse più semplicemente di coraggio, sono gli stessi che biasimano le sparate di Berlusconi contro i giudici comunisti, perché a loro dire ottengono l`effetto opposto a quello desiderato e li costringono a fare fronte comune con le toghe rosse di fronte al nemico, ovviamente sempre lo stesso: il premier.
Fino che non si allenterà la presa che questo gruppo esercita sulla magistratura sarà dunque difficile cambiare la giustizia in Italia.
Se il Cavaliere vuole davvero farla finita con i giudici comunisti non è dichiarando guerra a tutte le toghe che riuscirà a vincere la sua battaglia.
Non servono proclami. L`unico modo efficace è togliere potere alla cupola che comanda nei tribunali, cambiando il sistema delle nomine e modificando profondamente il Consiglio superiore della magistratura.
Solo così riuscirà a porre fine all`influenza nefasta che alcune toghe politicizzate hanno esercitato sui colleghi negli ultimi trent`anni e più.
Tolga loro le armi con cui hanno condizionato e indirizzato l`intera categoria e vedrà che il loro potere si frantumerà.
Non sono invincibili, sono solo intoccabili.

MAURIZIO BELPIETRO
tratto da "LIBERO - EDIZIONE MILANO"
di giovedì 29 ottobre 2009.

mercoledì, ottobre 28, 2009

Il Cnf e le associazioni dei civilisti italiani assumono l’impegno di verificare gli orientamenti giurisprudenziali della Cassazione.


Roma 26/10/2009. Verifiche annuali degli orientamenti giurisprudenziali della Corte di Cassazione e analisi delle sentenze che consolidano modelli e con la discussione delle questioni più complesse o ancora irrisolte.
E' questo l'impegno assunto dal Consiglio nazionale forense con le associazioni civilisti italiani e dei processualcivilisti, comunicato a Parma al congresso degli ordini forensi dell' Emilia Romagna sabato scorso dal presidente Guido Alpa.
" Stiamo anche predisponendo una serie di osservazioni costruttive allo schema di decreto delegato sulla conciliazione, approvato dal consiglio dei ministri venerdì scorso, e una circolare agli Ordini forensi che dovranno sobbarcarsi un gravoso compito nell'ambito della funzione sociale della professione forense", ha annunciato Alpa che ha anche ricordato che sono in corso di sottoscrizione con le università per i programmi formativi per la qualificazione degli avvocati.
"Vogliamo mettere in moto la nuova riforma della professione in sintonia con la riforma della giustizia", ha dichiarato Alpa.

PM COMUNISTI? ANM REPLICA ALLE ACCUSE DI BERLUSCONI.


(AGI) - Roma, 28 ott - "Rispondiamo solo alla legge e alla Costituzione". "No alle intimidazioni". Cosi' la giunta dell'Associazione Nazionale Magistrati risponde alle accuse lanciata ieri dal premier Silvio Berlusconi durante la trasmissione "Ballaro'" contro "pm e giudici comunisti di Milano".
"Nessun ufficio giudiziario - replica l'Anm - merita queste infondate e ridicole definizioni, tanto meno quello di Milano".
E alle assemblee che si svolgeranno domani in tutti i distretti giudiziari, afferma il sindacato dei magistrati, "la magistratura arriva compatta: sia nelle componenti associative, sia con la spontanea e massiccia adesione agli appelli in favore del collega Mesiano (sentenza Lodo Mondadori, ndr). Cio' testimonia il sentimento di solidarieta' a un collega attaccato violente-mente solo per aver fatto il proprio dovere, e che ha poi tenuto un comportamento esemplare; ma testimonia soprattutto il rifiuto verso qualsiasi forma di intimidazione".
"Forse certe strategie non nascono a tavolino - prosegue l'Anm -. Ma neppure nascono dal nulla: dal 'cappello in mano' del magistrato che si vuole parte, al calzino stravagante del giudice che si vorrebbe dimezzato piu' che terzo, alla stucchevole reiterazione di epiteti nei confronti di magistrati, ogni occasione sembra buona per denigrare l'ordine giudiziario e descrivere i palazzi di giustizia come sezioni di partito, frequentate da magistrati militanti. Nessun ufficio giudiziario merita queste infondate e ridicole definizioni, tanto meno quello di Milano. Da Milano, e dall'intero Paese, la magistratura ribadisce che intende continuare a vestire solo la toga e a rispondere solo alla legge. In primis alla Costituzione".

Berlusconi ed i giudici: la telefonata a Ballarò di ieri sera.

martedì, ottobre 27, 2009

Marrazzo si dimette ed abbandona la politica.

Convegno Ass. Avvocati d'Impresa (30/10/2009-Camera di Commercio).

Alfano: sprint su riforma avvocatura, cerchiamo dialogo.


Roma, 27 ott. (Apcom) - L'agenda sembra chiara: prima la riforma dell'avvocatura, nata da un disegno di legge frutti di "una sollecitazione dello scorso agosto" oggi all'esame della commissione Giustizia del Senato" verranno intercettazioni e riforma del processo penale.
Così la detta il ministro della Giustizia Angelino, ma a leggere il messaggio con cui oggi alle 12 è stata convocata la consulta per la Giustizia del Pdl sembra che il focus sia altrove.
Primo punto della riunione odierna, infatti, è 'Intercettazioni', testo varato dalla Camera ma fermo in commissione Giustizia del Senato.
Per Alfano, che ieri era a Mosca per un incontro con l'omologo russo, ma che domani tornerà a Roma, non c'è comunque alcun attrito tra gli ingranaggi della macchina della giustizia del centrodestra: "L'obiettivo - ha chiarito il ministro - è fare tutti e tre i provvedimenti, cominciando dalla riforma dell'avvocatura".
Apertura, dunque, ai desiderata del presidente della commissione Giustizia del Senato, Filippo Berselli, che all'indomani della bocciatura del Lodo Alfano dichiarò senza tanti indugi che di stravolgere l'agenda della commissione non c'era neanche da parlarne.
Ecco quindi che ieri, da Mosca, ha chiarito perchè si va avanti sulla riforma dell'avvocatura.
"La collochiamo - ha detto - nell'ambito della parità accusa-difesa, parità nel processo che non può prescindere da una modernizzazione degli avvocati". Poi, le altre riforma, "nella speranza che il dialogo sia aperto".
Eppure, ancora pesa il 'gran rifiuto' opposto dall'opposizione alla proposta di venerdì scorso di aprire una sorta di bicamerale sulla giustizia a partire dal quattro novembre.
Alla proposta, l'ex segretario del Pd Dario Franceschini aveva detto un secco no, rifiutando qualsiasi possibile apertura. L'allora sfidante e oggi segretario dei Democratici, Pierluigi Bersani, si era mostrato meno prevenuto e si era detto possibilista su ipotesi di confronto, a patto che non si parlasse mai di "riforme nell'interesse dei pochi".
Per questa ragione, oggi gli sherpa berlusconiani hanno guardato con favore alla vittoria di Bersani alle primarie. "Una leadership forte del Partito democratico può aiutare il confronto sulle riforme spinte dalla maggioranza di governo".
Il Pd di Bersani, ha detto oggi a tal proposito Alfano, "potrà avere maggiore forza politica e potrà entrare nel merito dei problemi senza pregiudizi".
Di più però non è dato sapere: anche secondo alcuni esponenti della maggioranza, infatti, è troppo presto per potersi esprimere sulle scelte che farà Bersani in materia di giustizia.

Evviva la "piccola differenza"!

domenica, ottobre 25, 2009

Le disavventure del povero Piero.

Documento approvato presso il CNF il 17 ottobre 2009.

L'ORGANIGRAMMA DELL'UDAI - SEZIONE DISTRETTUALE SALERNO/NOCERA/VALLO DELLA LUCANIA.



Consiglio direttivo:
Presidente Avv. Alessandro Pasca foro di Salerno
Vice Presidente vicario Avv. Carmine Tulipano foro di Salerno
Vice Presidente Avv. Lucia Ragone foro di Salerno
Segretario Avv. Antonio Amatucci foro di Salerno
Tesoriere Avv. Chiara Memoli foro di Salerno
Consigliere coordinatore del comitato scientifico Avv. Giuseppe Tambasco foro di Vallo della Lucania - responsabile circondario
Consigliere Avv. Errico Santonicola foro di Nocera - responsabile circondario
Collegio Probiviri:
Presidente Avv. Giuseppe Trezza foro di Salerno
Componente del Collegio Avv. Enrico D’Antonio foro di Salerno
Componente del Collegio Avv. Vincenzo Volpe foro di Salerno
Comitato Scientifico :
Avv. Alessandro Pasca
Avv. Alba De Felice
Avv. Maurizio D’Orta foro di Napoli
Avv. Patrizia Macario foro di Salerno
Avv. Arnaldo Miglino foro di Vallo della Lucania
Avv. Caterina Anna Pellegrino foro di Nocera
Avv. Giuseppe Tabasco
Avv. Attilio Tajani foro di Vallo della Lucania
Avv. Antonella Villani foro di Salerno

Alfano: dalla Russia rilancia il dialogo per il dopo-primarie.


Il guardasigilli Angelino Alfano rilancia la riforma della giustizia da San Pietroburgo, dove ha iniziato una visita ufficiale di quattro giorni in Russia subito dopo quella privata del premier Silvio Berlusconi.
Ma, nonostante la chiusura dell'opposizione alla proposta della consulta giustizia del Pdl per una Bicamerale bis, il ministro lascia aperta la porta e confida nel nuovo leader del Pd che uscirà oggi dalle primarie per ritrovare la via del dialogo.
In ogni caso Alfano ha ribadito la necessità della separazione delle carriere, attaccando anche il protagonismo televisivo di una minoranza di magistrati, e l'esigenza di indicare delle priorità all'obbligatorietà dell'azione penale, ad esempio da parte del parlamento.
Alfano parte dal principio del “giusto processo”, tramite una sua ragionevole durata e una effettiva parità tra le parti, grazie alla separazione delle carriere.
Con il pm che diventerà “l'avvocato dell'accusa” e un'avvocatura più moderna, grazie ad una riforma che a novembre sarà varata in aula al Senato, prevede il ministro.
Secondo il ministro Alfano bisognerà mettere mano anche al sistema disciplinare perchè finora il Csm “non ha assicurato la dose indispensabile di giudizio obiettivo sui singoli casi”.
Idem per l'obbligatorietà dell'azione penale, a suo avviso trasformatasi in “discrezionalità piena dei magistrati”.

sabato, ottobre 24, 2009

Evento di Deontologia (27/10/2009 ore 16/18 aula Parrilli - Palazzo di Giustizia).

Corso di formazione in diritto tributario.

Avvocati: 300 mila studi professionali a rischio chiusura.


(AGI) - Roma, ott. 2009 - Sono a rischio 300mila studi professionali "che vedono i loro fatturati ridursi drasticamente, soprattutto per avvocati, commercialisti, consulenti del lavoro e notai".
E' l'allarme lanciato dal presidente dell'Organismo unitario dell'Avvocatura, Maurizio de Tilla, secondo il quale "la Finanziaria 2010 deve rispondere adeguatamente alle gravi difficolta' di un settore che rappresenta oltre il 12% del Pil del nostro Paese. Servono interventi urgenti sul credito, sugli incentivi, sull'Irap, per i giovani avvocati, per le avvocatesse in maternita' e per la formazione continua".
Con una nota a cura del responsabile della Commissione Fisco, Luigi Zanoni, l'Oua critica l'impianto della proposta di legge Finanziaria per il 2010 presentata dal Governo rilevando che non siano previste misure anticrisi a tutela delle professioni.
Per de Tilla, che gia' nei mesi scorsi aveva avanzato un pacchetto di proposte, "il Governo non ascolta adeguatamente le richieste di oltre 3 milioni e mezzo di soggetti professionali di questo Paese" ed e' "evidente e grave la disparita' di trattamento tra i lavoratori autonomi e gli studi professionali e non si capisce perche' questo settore sia tagliato fuori dalle norme del 'Piano anticrisi'".

venerdì, ottobre 23, 2009

Comunicazione del Presidente della Cassa Previdenza Avvocati.

Evento di deontologia ed ordinamento forense (03/11/2009).

Sulla trasmissione della cittadinanza al figlio minore di cittadini stranieri(Corte d'Appello Salerno, decreto 20/08/2009 n° 32).



LA MASSIMA:
“Va riconosciuta la trasmissione della cittadinanza italiana al figlio minore di cittadini stranieri separati giudizialmente, anche quando il genitore non affidatario-non convivente acquisti la cittadinanza successivamente alla separazione”.
“E’ applicabile l’art. 14 co. 1, l. 91/1992, anche in caso di separazione giudiziale dei coniugi, poiché la separazione non fa venire meno la potestà (del genitore divenuto cittadino italiano e non affidatario dei figli minori, nda), mutando solo le sue concrete modalità di estrensicazione”.

Corte di Appello di Salerno
Decreto 20 agosto 2009, n. 32

La Corte di Appello di Salerno ha pronunziato il seguente decreto sul reclamo proposto da S. R. (Avv. V. C. e R. T. P.), nei confronti del Ministero dell’Interno (Avvocatura distrettuale dello Stato di Salerno) e con l’intervento necessario del Procuratore della Repubblica presso questa Corte di Appello, avente ad oggetto decreto n. 13/09 cron.
In proc. 190/08 r.g.v.g. del Tribunale di Salerno in data 7.1.09, in materia di riconoscimento della cittadinanza italiana;
rilevato in fatto
Che il reclamante, nato in territorio italiano da padre e madre a quel tempo entrambi cittadini stranieri, si duole dell’erroneità della mancata applicazione della Legge 13.1.1912 n. 555, ma pure della interpretazione della riforma di cui alla Legge n. 91/92, siccome egli doveva comunque ritenersi convivente con il padre, che aveva conseguito la cittadinanza italiana con d.P.R. 30.9.98;
Che l’Avvocatura dello Stato insiste per l’insussistenza del diritto a conseguire la cittadinanza, non essendo il minore convivente con il padre, per essere stato nel 1997, in sede di separazione giudiziale dei suoi genitori, affidato alla madre; ma non mancando di rilevare che difetta la prova di un regolare permesso di soggiorno per il reclamante fin dalla data della nascita, anche solo mediante annotazione su quello dei genitori, nonché ulteriore documentazione prevista dalla L. 91/92 e dalla normativa di attuazione;
ritenuto in diritto
Che al momento della nascita di S. R. vigeva la Legge 13.1.1912, n. 555, la quale, al suo art. 1, prevedeva che era cittadino per nascita anche colui che era nato in territorio italiano se entrambi i genitori non avevano la cittadinanza italiana, né quella di altro Stato;
Che pertanto la tesi del reclamante sull’acquisizione del diritto alla cittadinanza italiana in forza di tale normativa non può condividersi, in quanto i genitori dell’odierno reclamante erano comunque, al momento della nascita, l’uno cittadino egiziano e l’altra cittadina libanese;
Che di conseguenza occorre vagliare se il diritto del S. sia configurabile alla stregua della normativa sopravvenuta, vale a dire della L. 5.2.92 n. 91 (e del d.P.R. 12.10.93 n. 572);
Che per l’art. 14 di tale legge “i figli minori di chi acquista o riacquista la cittadinanza italiana, se convivono con esso, acquistano la cittadinanza italiana”, mentre per l’art. 12 del d.P.R. “l’acquisto della cittadinanza da parte dei figli minori di chi acquista …. la cittadinanza italiana si verifica se essi convivono con il genitore alla data in cui quest’ultimo acquista … la cittadinanza”, mentre “la convivenza deve essere stabile ed effettiva ed opportunamente attestata con idonea documentazione”;
Che i primi giudici escludono la convivenza utile ai fini del riconoscimento della cittadinanza sul presupposto che l’intervenuta separazione dei genitori e l’affidamento alla madre quella abbia fatto venir meno;
Che pure è sostenuta la necessità della prova della persistenza della legale residenza in Italia fin dalla nascita, con richiamo all’art. 4, comma 2, della L. 91/92 (per il quale diviene cittadino “lo straniero nato in Italia, che vi abbia risieduto legalmente senza interruzioni fino al raggiungimento della maggiore età”), ovvero della legale residenza in Italia del genitore;
Che però alla fattispecie si applica l’art. 14 e non l’art. 4 L. cit.;
Che la ratio di detta disciplina pare risiedere in ciò, che l’effettività della convivenza garantisca la continuità di uno stabile rapporto familiare con il genitore divenuto cittadino italiano, il quale continui ad esercitare la sua potestà nelle forme di legge, così assicurando l’effettiva sussistenza del vincolo morale e spirituale normalmente rinvenibile nel rapporto tra genitore e figlio, quale presupposto evidente per la trasmissione al secondo dell’inserimento del primo nel contesto nazionale sancito in virtù della conseguita cittadinanza;
Che effettivamente, come sostiene il reclamante, la potestà genitoriale non viene meno n caso di separazione giudiziale dei coniugi e che solo essa muta concrete modalità di estrinsecazione, sicché, a prescindere dalla persona del coniuge affidatario, la persistenza della frequentazione da parte dell’altro coniuge secondo le modalità del provvedimento giudiziale (o di omologazione della separazione consensuale, come è avvenuto nel caso di specie) integra, ad avviso di questa Corte, i presupposti e gli estremi per l’applicazione di detta normativa;
Che tra le condizioni della separazione (omologata il 7.2.97, come da documenti versati nella produzione del reclamante) è prevista la prosecuzione delle visite da parte del padre, con amplissime facoltà di incontri giornalieri e perfino con divieto di allontanamento della madre oltre una breve distanza, come pure le contribuzioni ed interventi diretti nella vita dei figli all’epoca minori;
Che può quindi dirsi che, ai fini della normativa applicabile, S. R. era sostanzialmente convivente con il padre poi divenuto cittadino italiano: e che pertanto, in accoglimento del reclamo e riforma del reclamato decreto, anch’egli ha diritto a conseguire la cittadinanza;
Che, quanto alle spese, la complessità della materia e soprattutto la totale assenza di precedenti giurisprudenziali editi, come pure la non fondatezza della tesi principale del reclamante sull’applicabilità della L. 555/1912, integrano – ad avviso di questa Corte – un giusto motivo di totale compensazione;
p. q. m.
in accoglimento del reclamo ed in riforma dell’impugnato decreto, dichiara la sussistenza dei presupposti del diritto di S. R. a conseguire la cittadinanza italiana ed ordina all’Ufficiale dello Stato Civile di eseguire gli adempimenti conseguenti; dichiara interamente compensate tra le parti le spese di lite.
Si comunichi.
Salerno 16/07/09.
Il Presidente
(dott. Nicola Bartoli).

mercoledì, ottobre 21, 2009

Il "posto fisso" che piace a Silvio!

ANM: giovedì 29 ottobre p.v. assemblee nei distretti giudiziari ed udienze sospese.


La giunta esecutiva centrale dell’Anm, riunitasi oggi a Roma in attuazione della delibera del Comitato direttivo centrale di sabato 17 ottobre, ha indicato la data di giovedì 29 ottobre, alle 12.30, con sospensione delle udienze, per le assemblee distrettuali dei magistrati.
Le assemblee su tutto il territorio nazionale serviranno a prendere decisioni su eventuali nuove forme di protesta dopo la proclamazione dello stato di agitazione di sabato scorso contro le riforme "punitive" annunciate dal governo e contro l’"aggressione odiosa e barbara" a Raimondo Mesiano, il giudice del tribunale di Milano sul Lodo Mondadori.

GIUSTIZIA:PD,ALFANO CAMBIA IDEA E TRADISCE IMPEGNI CON AVVOCATI.


(AGI) - Roma, 21 ott - “Dopo aver garantito, solo 10 giorni fa, che il Senato avrebbe approvato la riforma dell’ordinamento forense entro la fine di ottobre, apprendiamo che il ministro della Giustizia Alfano ha cambiato idea e, in accordo con il presidente della commissione giustizia del Senato Berselli, vuole adesso rallentare l’approvazione della riforma”.
Cosi’ i deputati del Pd Lanfranco Tenaglia, Donatella Ferranti, Cinzia Capano, Marilena Samperi e Anna Rossomando commentano le dichiarazioni del ministro Angelino Alfano e del presidente Filippo Berselli.
“E’ chiara - proseguono i parlamentari - la finalita’ di voler accaparrare il consenso degli avvocati sulle annunciate riforme della giustizia, promettendo l’inserimento di poteri in grado di bilanciare quelli dei Pm. In realta’, l’unico aspetto perverso sara’ quello di allungare sine die i tempi di una riforma attesa dall’intera avvocatura. Auspichiamo - concludono gli esponenti Pd - che gli organismi rappresentativi degli avvocati, uniti, pretendano con forza dal ministero il rispetto degli impegni assunti e non accettino di essere strumentalizzati per ritorsioni contro i magistrati”.(AGI)

DELIBERATO DEL C.O.A. DI SALERNO SULL'ESIGENZA DI TUTELA DELLA RISERVATEZZA NELLA CORRISPONDENZA FRA AVVOCATO E CLIENTE DETENUTO.


Il Cons. Avv. Cecchino Cacciatore ha relazionato al Consiglio circa la necessità d tutelare la riservatezza nella corrispondenza tra difensore e cliente detenuto, al fine di evitare la violazione delle norme in materia dettate dal codice di procedura penale.
La fattispecie attiene all'integrità della corrispondenza postale che il detenuto riceve dal proprio difensore, che non può essere sottoposta a censura, pena la violazione del diritto di difesa.
Pertanto è stata individuata una modalità di identificazione del mittente che consentirà la esatta identificazione del mittente sulla busta da recapitare al detenuto ed evitare così l'apertura della stessa da parte degli organi preposti ai controlli.


CONSIGLIO DELL'ORDINE DEGLI AVVOCATI DI SALERNO.
TORNATA DEL 13.10.2009.

ESTRATTO DAL LIBRO DELLE DELIBERAZIONI.

Sentita la relazione del Consigliere Avv.Cacciatore

esaminate le disposizioni in materia di colloqui e corrispondenza tra il difensore e l’imputato detenuto contenute nel pacchetto sicurezza di recente adozione;

considerato che tali disposizioni limitano in particolare il diritto alla riservatezza tra l’avvocato e il proprio assistito ristretto in regime di cd. carcere duro ai sensi dell’art.41 bis ord.pen;

valutate anche le riflessioni provenienti da numerosi avvocati iscritti a questo libero Foro;

visti gli artt. 35 disp.att. c.p.p. e 41 bis ord.pen. il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Salerno delibera di istituire modalità di certificazione della provenienza della detta corrispondenza da parte degli avvocati iscritti a questo stesso Consiglio ed idonee a garantire il succitato diritto alla riservatezza.

La individuazione delle riferite modalità è rimessa al Consigliere segretario Avv.Paolino ed al Consigliere delegato Avv.Cacciatore

Partito delle toghe e toghe di partito.


Ho letto di un Luciano Violante che riflette sui guasti della giustizia e sul corporativismo dei magistrati, prendendo le distanze dall’Associazione Nazionale Magistrati. La notizia è presentata come una specie di conversione, o, almeno, inversione di marcia.
Si tratta, in realtà, di recensioni preconfezionate, di una lettura assai superficiale di un suo libro, “Magistrati”. Violante è uomo di grandi responsabilità e solida intelligenza.
Quel che oggi scrive non è diverso da quel che ieri fece, sicché non gli è contestabile l’incoerenza, né riconoscibile l’evoluzione. Più semplicemente, ha preso le misure del mostro cui una politica dissennata ha dato vita.
Ha davanti le proprie stesse colpe, che gli incutono timore, al punto da cercare di cambiare le carte in tavola.
Violante fu giovane magistrato, a Torino, da dove emerse quale uomo di riferimento del Partito Comunista nel mondo della giustizia, fino a divenire il non occulto regista della politicizzazione dei magistrati.
Certo, lo fece con grandezza. Non ambiva alla carriera, puntava allo Stato. Non disdegnando, nel frattempo, il far carriera. E’ giunto ad avere un potere enorme. Ha prima fatto fuori Giovanni Falcone e poi messo al suo posto un proprio sodale, Giancarlo Caselli.
Oggi fa finta di scandalizzarsi per quanti avversarono Falcone, e fa finta di raccontare che prevalse il criterio dell’anzianità, nella scelta del capo della procura di Palermo. Bubbole, furono lui ed Elena Paciotti, prima presidente dell’Anm, poi membro del Consiglio Superiore della Magistratura, infine parlamentare europea eletta dai comunisti, a silurare quello che oggi ricordano bugiardamente.
Il suo potere lo portò ad indicare la via per processare Giulio Andreotti, lasciando il lavoro perdente a Caselli, dopo che l’operazione politica era conclusa.
Alla fine del percorso, però, anche Violante ha perso, il mostro gli si è rivoltato contro, e la sconfitta cominciò alla procura di Milano, durante l’inchiesta Mani Pulite. Datemi qualche minuto, perché questa è una storia interessante.
Lui lo dice con parole diverse, ma nel libro si allinea ad un’interpretazione che noi sosteniamo da anni: la deviazione cominciò con la lotta al terrorismo.
Fu in quell’occasione che la politica firmò una delega in bianco alla magistratura. Offrì uno strumento importante, il reato di “banda armata”, che consentiva un enorme potere discrezionale nel mettere e tenere in galera.
I magistrati di sinistra furono i più attivi, meritoriamente. Al terrorismo seguì la mafia, anche in questo caso mediante l’approntamento di un’arma impropria: il reato di “associazione di stampo mafioso”, che, accompagnata dal “concorso esterno”, consentì ai magistrati di inquisire e rovinare, quando non ingabbiare, chiunque. Nel biennio 1992-1994 la magistratura s’era già trasformata da ordine in potere, aveva già affermato la propria indipendenza dalla legge scritta, e ritorse le due deleghe passate contro il delegante, cancellando parte del mondo politico.
Violante, che aveva costruito ed accudito le prime due violazioni, rizzò subito le orecchie. La vecchia scuola leninista s’avvide di un pericolo che sfuggiva all’Italia stracciona e vociante: l’usurpazione della politica.
Non è un caso che Violante ricordi il referendum sulla responsabilità civile dei magistrati (1987), per sottolineare che il Pci si espresse a favore, contrastando l’interesse corporativo delle toghe. Lo fece a ragion veduta, perché Violante non è mai stato favorevole al partito dei magistrati, semmai ai magistrati funzionali all’interesse del partito. Il suo. Cade, però, in contraddizione, quando afferma che cinque anni dopo gli italiani erano tutti dalla parte della magistratura, e lo erano da tempo. Al citato referendum avevano votato in massa (80,20%) contro l’irresponsabilità giudiziaria!
Veniamo al punto fondamentale. Violante non fa una piega, nel ripetere che i partiti democratici della prima Repubblica caddero a causa del loro finanziamento illecito. E, ancora una volta, dimentica di dire qualcosa su quello del Pci.
Ma ricorda che già allora, nel 1993, aveva avvertito l’intollerabilità di un “governo dei giudici”. Solo che si mantiene sul teorico, omette l’analisi politica: al contrario di quel che era avvenuto con terrorismo e mafia, quella volta i magistrati non erano i suoi. Francesco Saverio Borrelli era stato appoggiato dai socialisti. Antonio Di Pietro è considerato di sinistra solo da chi non sa cosa la sinistra dovrebbe essere.
Gerardo D’Ambrosio salvò il Pci (che poi lo portò in Parlamento), ma non aveva in mano le indagini. Violante capì subito il pericolo, cominciando a denunciare l’“alterazione dei rapporti”.
Fino a quel momento l’opera di Magistratura Democratica e di Violante era stata diretta ad assumere la Costituzione come unica guida, profittando della indeterminatezza declamatoria (e cattocomunista) di non pochi articoli e, quindi, piegando l’interpretazione giuridica agli interessi di parte.
Una deviazione profonda e pericolosissima, che, però, fu assecondata, trovando solo in Cassazione qualche residua resistenza (sicché provvidero a far fuori, sempre per via giudiziaria, chi in quella sede s’opponeva).
Ma il rito milanese si discostava da quell’andazzo, e sebbene portasse benefici ai ribattezzati comunisti, conducendo lo stesso Violante a presiedere la Camera dei Deputati, non di meno non erano più loro a tenerne la guida, ma le non rosse toghe di quella procura.
Preso atto della sconfitta politica, pertanto, Violante passa ad avvertire dei pericoli connessi, compresa la degenerazione dell’Anm e del Csm.
Ha perfettamente ragione, ma limitarsi a descrivere questa, omettendo il resto, può farlo solo chi ha una vocazione alla falsificazione, o una naturale propensione all’ignoranza ed al luogocomunismo. Noi conosciamo i nostri polli, e ricordiamo la loro marcia contro il diritto.
DAVIDE GIACALONE

martedì, ottobre 20, 2009

Avvocatessa e detenuto, sesso orale col cliente in carcere: sospesa.


“Non è come pensa, posso spiegare tutto”. Le imbarazzate giustificazioni abbozzate da un’avvocata, sorpresa in atteggiamenti inequivocabili con un suo cliente in una sala colloqui del carcere di Opera, a Milano, non hanno per nulla convinto un agente penitenziario.
Lui la sua idea se l’era già fatta: ha preso carta e penna e ha scritto un rapporto, come gli impone il dovere, direttamente al direttore. Galeotta fu la causa (forse) e il rapporto professionale troppo stretto instaurato con il cliente.
I guai, per l’avvocato donna, sono iniziati quando un agente di polizia penitenziaria ha sbirciato dalla spioncino per controllare che l’incontro di routine tra legale e detenuto andasse per il verso giusto. Inequivocabile la scena.
E se sul piano penale l’avvocato non ha infranto la legge, su quello deontologico i rilievi sono stati molteplici.
Si spiega così il provvedimento con il quale il competente Ordine degli avvocati ha sanzionato la legale: una sospensione disciplinare della durata di sei mesi per un fatto che risale a diverso tempo fa.
Dal giugno scorso la professionista ha già dovuto lasciare la toga. A nulla è valsa la difesa abbozzata, non senza imbarazzo, davanti allo sguardo perplesso dei colleghi: "La scena è stata fraintesa, mi era caduta la penna sotto il tavolo della sala colloqui".
Niente da fare: con i suoi comportamenti, ha sentenziato l’Ordine di Milano, la donna ha disonorato la professione.

lunedì, ottobre 19, 2009

Vertici forensi a ranghi serrati: gli avvocati dettano le condizioni al parlamento sulla riforma.


Dom. 18 - Dieci punti irrinunciabili nella riforma dell'ordinamento professionale forense al l'esame del Senato.
Li ha fissati l'avvocatura riunita ieri a Roma, sotto l'egida del consiglio nazionale forense.
Alla vigilia della discussione degli emendamenti al testo, presentati in commissione Giustizia a Palazzo Madama, e dell'indagine conoscitiva sulle professioni che sta per entrare nel vivo alla Camera, gli avvocati ribadiscono con un documento unitario che sono compatti nella difesa del testo base della riforma e sollecitano governo e parlamento ad approvare la legge in tempi rapidi.
I punti cardine della riforma che l'avvocatura ritiene qualificanti e quindi irrinunciabili sono:

- la specialità dell'ordinamento professionale forense;

- le regole di accesso alla professione, per tutelare la sicurezza e l'affidabilità della prestazione professionale;

- il rigore della formazione continua e dell'aggiornamento permanente;

- la previsione di titoli di specializzazione come elemento di ulteriore qualificazione e sicurezza del servizio dell'avvocato;

- la riserva professionale di consulenza legale;

- la legittimità dei minimi tariffari inderogabili e il ripristino del divieto di patto di quota lite;

- i contenuti e i limiti della pubblicità consentita;

- la devoluzione del potere regolamentare al Cnf;

- l'effettività e continuità dell'esercizio professionale come condizione di permanenza nell'albo;

- l'esclusione dei soci di mero capitale dalle forme associative professionali.

Sulla riserva professionale nella consulenza legale, che ha suscitato le critiche del l'Antitrust e della Confindustria, il presidente del consiglio nazionale forense Guido Alpa ha precisato, durante la discussione, che il testo unitario dell'avvocatura non intacca la consulenza professionale svolta dalle altre professioni ordinistiche, né le consulenze svolte dalle associazioni nei confronti dei loro iscritti, né quelle che possono essere rese all'interno di un gruppo societario a una società "sorella".
La riserva, in pratica, nel progetto di riforma, non è prevista per attività "interne" a un'azienda (come le banche o le assicurazioni), ma solo per le consulenze nei confronti di terzi.
Il presidente dell'organismo unitario dell'avvocatura Maurizio de Tilla sottolinea la sua adesione al documento unitario, «che - dice - ha recepito le "sette mosse" irrinunciabili nella riforma già messe a punto dall'Oua».
De Tilla chiarisce come dare sostanza a quelle che il decalogo definisce «regole di accesso alla professione»: «Gli avvocati in Italia - spiega - sono 230mila, contro i 40mila della Francia. Il paese ha bisogno al massimo di 100mila avvocati. È necessario introdurre il numero chiuso all'università e un accesso programmato di 4mila avvocati l'anno alle scuole di formazione forense. Inoltre, sarebbe necessario prevedere il limite massimo di cinquant'anni di età per l'iscrizione all'albo e la validità quinquennale del certificato di abilitazione alla professione».
Compattezza anche sul fronte delle tariffe minime, che - ha sottolineato la discussione di ieri - sono state sempre "salvate" dalla Corte di giustizia europea, nonostante le bocciature della Commissione.
«Oggi - aggiunge de Tilla - ci sono giovani avvocati costretti a erogare prestazioni per 100 o 200 euro. Una cifra che non consente neanche il rimborso delle spese. L'assenza di minimi tariffari - conclude - andrebbe a danneggiare proprio la parte debole della professione».

Articolo tratto da: Il Sole 24 Ore

Riforma professione forense: comunicato stampa dell'OUA.



Maurizio De Tilla, Oua: “Alla VI Conferenza Nazionale dell’Avvocatura, a Roma a novembre, 2 mila avvocati chiederanno atti concreti a Governo e Parlamento per una riforma forense condivisa”



L’OUA AI CONSIGLI DELL’ORDINE DI TUTTA ITALIA

AL CNF E ALLE ASSOCIAZIONI:

LA RIFORMA FORENSE IN SETTE PUNTI IRRINUNCIABILI:

* Introdurre il numero chiuso all’università e un accesso programmato di 4mila avvocati l’anno alle scuole di formazione forense.
* Maggiore rigore all’accesso. Entrata in vigore delle nuove regole. Limite di 50 anni d’età e la validità del certificato di abilitazione di cinque anni.
* Continuità ed effettività nell’esercizio dell’attività e l’applicazione dei criteri stabiliti dalla Cassa forense
* Inderogabilità dei minimi tariffari.
* Ripristinare il divieto di patto quota-lite.
* Prevedere l’esclusività della consulenza legale.
* No alle società di capitale e con soci di solo capitale.
L’assemblea dei delegati dell’Oua, riunitasi a Bologna il 16 ottobre, ha approvato i “Sette punti irrinunciabili” per la riforma dell’ordinamento forense.
Questa posizione è stata esposta dai vice presidenti Oua, Antonio Giorgino e Luca Saldarelli, alla riunione tenutasi sabato 17 ottobre, presso il Cnf, con i consigli degli ordini degli avvocati di tutta Italia e con le associazioni forensi.
Sull’incontro si è espresso il presidente Oua, Maurizio de Tilla: «Il documento comune finale dell’assemblea di sabato ha recepito le linee essenziali dei “Sette punti irrinunciabili per riforma forense”, lanciati dall’Oua nei giorni scorsi. Bisogna ristabilire l’inderogabilità dei minimi tariffari, ripristinare il divieto di patto quota-lite, prevedere l’esclusività della consulenza legale e non ammettere le società di capitale e con soci di solo capitale».
Il presidente dell’Oua ha, però, sottolineato che «è necessario ribadire con più chiarezza criteri di maggiore rigore all’accesso: chiediamo l’entrata in vigore immediata delle nuove regole. Per l’iscrizione all’albo si deve fissare il limite massimo di 50 anni d’età e si deve possedere il certificato di abilitazione valido entro i cinque anni. Serve, inoltre, che ci sia continuità ed effettività nell’esercizio dell’attività e l’applicazione dei criteri stabiliti dalla Cassa forense». «Abbiamo oltre 200mila avvocati, altro che casta – ha aggiunto - è imprescindibile l’inserimento del numero chiuso all’università e un accesso programmato di 4mila avvocati l’anno alle scuole di formazione forense».
«La riforma – ha concluso de Tilla - deve raccogliere le proposte condivise di tutta l’avvocatura, senza colpi di mano e cedimenti, una riforma incompleta è un pericolo da scongiurare. Il testo unificato in discussione al Senato, deve respingere le ingerenze esterne, come quelle dell’antitrust, e varare una legge su quei “Sette punti” che per oltre 200mila avvocati sono irrinunciabili. La prossima conferenza nazionale dell’avvocatura, a novembre a Roma (20-21), è il luogo deputato per dare uno sbocco positivo a questo lungo e tortuoso iter».
Roma, 19 ottobre 2009

venerdì, ottobre 16, 2009

GIUSTIZIA: BERLUSCONI,ora la rivoluzione!


(AGI) - Sofia, 16 ott. - "Una rivoluzione" la chiama Silvio Berlusconi, "prendere il toro con le corna". E' la 'grande riforma' che ha in mente il Cavaliere.
"Una riforma della Costituzione", perche' la riforma del processo penale che giace in Senato "non e' sufficiente" e a questo punto "vale la pena" consultare anche gli elettori.
Giustizia, si cambia: "rivisitando" la Carta e "ricorrendo" nel caso anche al popolo, al referendum. Il presidente del Consiglio conclude cosi' la sua visita a Sofia. Ragionamenti sulla "magistratura politicizzata", su organismi come la Consulta che "annullano le decisioni del Parlamento".
Osservazioni sul fatto che da quando non c'e' piu' l'immunita' per i parlamentari sono i giudici "a decidere chi deve governare".
E allora basta: "Io – ripete il Cavaliere - vengo considerano come un nemico, non ci sto, sono fermamente convinto a cambiare le cose".
E' chiaro, nei rilievi del presidente del Consiglio, che la goccia che ha fatto traboccare il vaso e' stata il responso della Corte sul 'Lodo Alfano'. "Praticamente ha detto ai pm rossi di Milano: 'riaprite la caccia all'uomo'".
E l'uomo Berlusconi e' costretto a lavorare per l'Italia e la sera a vedere i suoi avvocati per preparare le udienze per "accuse risibili" portate avanti solo "per recare fastidio" al capo del governo. Non ci sta il Cavaliere a questa giustizia che mette ancora sul banco degli accusati un cittadino ritenuto innocente in primo grado.
E' il "non ci sto" di scalfariana memoria, pronunciato in modo categorico, convinto di avere l'appoggio anche degli alleati.
Berlusconi poi torna con la mente a quella visita a Sofia nel 2002 quando attacco' "l'uso criminoso" della tv pubblica. "Sono stato male interpretato", e' la sua versione di quello che e' passata alla storia come 'l'editto bulgaro'.

Esame d'avvocato: il compito va ricorretto, se manca l'adeguata motivazione (TAR Puglia-Lecce, sez. I, ord. 09.09.2009 n. 710)


T.A.R. Puglia-Lecce - Sezione I
Ordinanza 9 settembre 2009, n. 710

REPUBBLICA ITALIANA
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia-Lecce - Sezione Prima
ha pronunciato la presente

ORDINANZA

Sul ricorso numero di registro generale 1213 del 2009, proposto da:
G. A., rappresentato e difeso dall'avv. Fr. Me., con domicilio eletto presso Giovanni Pellegrino in Lecce, via Augusto Imperatore, 16;
contro
Ministero della Giustizia, Sottocommissione Esami Avvocato Presso La Corte D'Appello di Lecce, Sottocommissione Esami Avvocato Presso La Corte D'Appello di Reggio Calabria, rappresentati e difesi dall'Avvocatura dello Stato, domiciliata per legge in Lecce, via Rubichi;
per l'annullamento,previa sospensione dell'efficacia,
dei provvedimenti di giudizio analitici e sintetici con cui la Sottocommissione distrettuale per gli esami di Avvocato, presso la Corte d'Appello di Reggio Calabria per la sessione 2008/2009, ha valutato insufficienti gli elaborati del ricorrente; nonchè di ogni altro atto presupposto, connesso, collegato e/o consequenziale, ed in particolare del verbale 18 dicembre 2008 nel quale sono indicati i criteri generali di valutazione che la Commissione Centrale ha fissato e del verbale del 26 febbraio 2009 della Sottocomissione presso la Corte di Appello di Reggio Calabria, nel quale sono riportate le operazioni di correzione degli elaborati del ricorrente;.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Vista la domanda di sospensione dell'esecuzione del provvedimento impugnato, presentata in via incidentale dalla parte ricorrente;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Giustizia;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Sottocommissione Esami Avvocato Presso La Corte D'Appello di Lecce;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Sottocommissione Esami Avvocato Presso La Corte D'Appello di Reggio Calabria;
Visti gli artt. 19 e 21, u.c., della legge 6 dicembre 1971, n. 1034;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 09/09/2009 il dott. Carlo Dibello e uditi per le parti i difensori avv.ti Fr. Me. e Si. Li.;
considerato
che i pareri pro veritate allegati dal ricorrente costituiscono indice sintomatico di un errore valutativo della commissione, specie per quel che concerne il ravvisato difetto di coordinamento nella stesura dell’elaborato di diritto civile e la ritenuta inadeguatezza delle soluzioni prescelte dal candidato, oltre che per la valutazione di insufficienza della prova di diritto penale, entrambe decisamente sovvertite dagli autori dei pareri in questione;
P.Q.M.
Accoglie la suindicata domanda cautelare e, per l’effetto, ordina che la commissione giudicatrice effettui il riesame degli elaborati del ricorrente in diversa composizione.
La presente ordinanza sarà eseguita dall'Amministrazione ed è depositata presso la segreteria del tribunale che provvederà a darne comunicazione alle parti.
Così deciso in Lecce nella camera di consiglio del giorno 09/09/2009 con l'intervento dei Magistrati:
Carlo Dibello, Presidente, Estensore
Massimo Santini, Referendario
Claudia Lattanzi, Referendario

DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 09/09/2009

VI CONFERENZA NAZIONALE DELL’AVVOCATURA:Venerdì 20 e sabato 21 Novembre 2009 (Cavalieri Hilton Hotel - ROMA).


VI CONFERENZA NAZIONALE DELL’AVVOCATURA
AVVOCATURA E RIFORMA DELLA GIUSTIZIA NELLA COSTITUZIONE E NELL’ORDINAMENTO
Venerdì 20 e sabato 21 Novembre 2009
Cavalieri Hilton Hotel - ROMA

20 NOVEMBRE
Ore 9 - Registrazioni
Ore 9,30 - Apertura Lavori
Indirizzi di saluto Autorità Istituzioni e Associazioni Forensi
Ore 11 - Relazioni introduttive
Ore 13.30 - Colazione di lavoro
PRIMA SEDUTA: Ore 15 - 19
“La riforma dell’ordinamento professionale. La modifica della parte II titolo IV nella giurisdizione”
1) La riforma dell’ordinamento per una Nuova Avvocatura
2) L’Avvocato soggetto costituzionale
3) L’Avvocato garante delle tutele
4) Avvocatura e sfida della qualità
Forum della Previdenza
(organizzato dalla Cassa di Previdenza Forense)
21 NOVEMBRE
SECONDA SEDUTA: Ore 9 - 13
"Il Patto per la giustizia e Il giudice laico"
Ore 13.30 - Colazione di lavoro
TERZA SEDUTA: Ore 15 – 19
Strumenti processuali e deleghe legislative
Dibattito e conclusioni

INFORMAZIONI GENERALI
Segreteria Organizzativa
La Segreteria sarà operativa in Sede Congressuale a partire dalle ore 09.00 nelle giornate del 20 e 21 Novembre 2009 e seguirà gli orari congressuali.
Sede Congressuale
Cavalieri Hilton Hotel -Salone dei Cavalieri
Via Cadiolo, 101 – 00136 Roma

martedì, ottobre 13, 2009

Impegno del Ministro Alfano: "presto riforma ordinamento forense".

OUA: I SETTE PUNTI IRRINUNCIABILI PER LA RIFORMA FORENSE.


COMUNICATO STAMPA DELL’O.U.A

È INTOLLERABILE UN ALBO CON 230 MILA AVVOCATI.SÌ AL NUMERO CHIUSO ALL’UNIVERSITÀ.

Nessun cedimento sulle tariffe minime. Sì al divieto di patto quota lite e all’esclusività di consulenza legale, no alle società di capitale o con soci di capitale.

Maurizio de Tilla, presidente Oua: «La riforma deve raccogliere le proposte condivise di tutta l’avvocatura, senza colpi di mano e cedimenti, una “riformicchia” è un pericolo da scongiurare. Il testo unificato già in discussione al Senato deve recepire e mantenere alcuni punti irrinunciabili. La novità è la nostra richiesta di inserire il numero chiuso all’università e un accesso programmato di 4mila avvocati l’anno alle scuole di formazione forense. E comunque serve maggiore rigore all’accesso, chiediamo l’entrata in vigore immediata delle nuove regole. Per l’iscrizione all’albo deve essere necessario il limite massimo di 50 anni d’età e la validità del certificato di abilitazione entro i cinque anni. Chiediamo, inoltre, che ci sia continuità ed effettività nell’esercizio dell’attività e l’applicazione dei criteri stabiliti dalla Cassa forense.Infine – ha concluso de Tilla – bisogna ristabilire l’inderogabilità dei minimi tariffari, ripristinare il divieto di patto quota-lite, prevedere l’esclusività della consulenza legale e non cedere sulle società di capitale e con soci di solo capitale. La riforma è una necessità per la categoria e per il Paese, ma non deve essere snaturata da ingerenze esterne, a partire quelle dell’antitrust, bisogna guardare all’Europa e in linea con le molte direttive sul tema varare una legge, che gli avvocati aspettano da molti, troppi, anni».

I SETTE PUNTI IRRINUNCIABILI DELL’OUA:
1. Inderogabilità dei minimi tariffari.
2. Ripristinare il divieto di patto quota-lite.
3. Prevedere l’esclusività della consulenza legale.
4. No alle società di capitale e con soci di solo capitale.
5. Introdurre il numero chiuso all’università e un accesso programmato di 4mila avvocati l’anno alle scuole di formazione forense.
6. Maggiore rigore all’accesso. Entrata in vigore delle nuove regole. Limite di 50 anni d’età e la validità del certificato di abilitazione di cinque anni.
7. Continuità ed effettività nell’esercizio dell’attività e l’applicazione dei criteri stabiliti dalla Cassa forense
Roma, 13 ottobre 2009

GIUSTIZIA: LI GOTTI (IDV), GOVERNO TAGLIA FONDI MA NON PER MINISTRO.


(ASCA) - Roma, 13 ott - ''Come al solito Berlusconi e il suo governo cercano di imbrogliare gli italiani: sostengono di volere una giustizia migliore, preparano una riforma a propria misura e intanto cercano di affossare il sistema attuale togliendogli l'ossigeno''.
Lo sostiene il capogruppo dell'Italia dei Valori in Commissione Giustizia al Senato, Luigi Li Gotti, commentando i dati preventivi del bilancio ministeriale contenuti nella Finanziaria.
‘’Il Governo per il 2010 ha previsto una spesa di 7.408,1 milioni di euro - sottolinea Li Gotti - cioe' oltre 900 milioni in meno di quanto, dopo l'assestamento, si prevede di spendere quest'anno. E' un'assurdita', perche' i tagli riguardano settori portanti e importanti dell'amministrazione giudiziaria. In particolare, si tolgono 70 milioni all'amministrazione penitenziaria, 73 milioni per il mantenimento e l'assistenza dei detenuti, oltre 356 milioni per personale e servizi''.
''E non basta - continua il parlamentare IdV - perche' al gratuito patrocinio vengono tolti quasi 246 milioni di euro, malgrado Governo e maggioranza abbiano introdotto nuove fattispecie di reato, come quello di ingresso e soggiorno illegale, che determineranno un maggior ricorso a questo tipo di tutela e quindi un aggravio dei costi. Altri 349,2 milioni vengono tolti alle spese correnti''.
''La cosa strana, la ciliegina sulla torta - conclude Li Gotti che a nome del partito ha presentato un ordine del giorno in Commissione perche' il Governo si impegni a riequilibrare le risorse necessarie alla gestione della giustizia - e' rappresentata dal fatto che a tutti questi tagli si contrappone un solo aumento: un piu' 15 per cento del fondo per gli stipendi di ministro e sottosegretari''.

RIFORME: BERLUSCONI, SI PARTE DA GIUSTIZIA.


(AGI) - Roma, 13 ott. - Il cammino delle riforme andra' avanti secondo programma e ora si parte con la giustizia.
L'indicazione ribadita oggi da Silvio Berlusconi ai vertici del Pdl mette a tacere chi pensa che la bocciatura del 'Lodo Alfano' possa aver modificato l'agenda del governo. Il presidente del Consiglio nega qualsiasi volonta' di 'forzare' la mano sulle riforme.
Si parte dalla giustizia, come da programma, ha spiegato anche ai capigruppo del partito. E questo vuol dire il provvedimento sulle intercettazioni, quello sul processo penale e la separazione delle carriere piu' volte auspicata.
L'intenzione di fissare i punti all'ordine del giorno nasce dai paletti posti dai finiani. In un'intervista questa mattina il vicepresidente del Pdl alla Camera, Italo Bocchino, ha sostenuto che occorre partire dalla riforma presidenzialista e dal completamento del federalismo.
Sulla giustizia al momento Gianfranco Fini non si e' pronunciato, anche perche' - viene fatto osservare - non esiste ancora un testo e comunque sara' il presidente della commissione Giustizia della Camera, Giulia Bongiorno, ad intervenire in merito.
"Al Senato ancora non e' stato depositato nessun progetto sulla separazione delle carriere", spiega Filippo Berselli, "la prossima settimana completeremo la riforma dell'avvocatura e finiremo le audizioni sulle intercettazioni".
Di giustizia si discutera' domani sera alla consulta del Pdl, alla presenza del ministro Angelino Alfano, del coordinatore nazionale Ignazio La Russa e di Niccolo' Ghedini.

Ennesima riunione al CNF per riforma ordinamento forense (17/10 p.v.).

Tutti tranquilli: "ghe pensi mi"!

domenica, ottobre 11, 2009

Mossa del Pdl al Senato: torni l’immunità parlamentare.


ROMA — Dopo la proposta del ministro della Giustizia Angelino Alfano di aprire un confronto con l’opposizione sull’immunità parlamentare, dal Pdl parte un’iniziativa che sembra destinata ad accelerare i tempi del dibattito.
Il senatore Lucio Malan ha presentato ieri un disegno di legge per rein­trodurre l’istituto che, ricorda, fu voluto dai padri Costituenti e «modificato nel ’93 sull’onda della piazza».
«Un errore», secondo Malan, la cui iniziativa si propone «di riportare l’armonia e l’equilibrio tra le istituzioni».
Il capogruppo del Pdl alla Camera Fabrizio Cicchitto, da parte sua, mette l’immunità tra i temi di un’organica riforma della giustizia e come il Guardasigilli ipotizza di aprire dopo il congresso del Pd il dialogo con le opposizioni.
«Nessun tema — sostiene Cicchitto — può essere considerato un tabù intoccabile se si vuole riformare lo Stato, rinnovare le istituzioni e ridisegnare quei rapporti tra politica e magistratura che sono stati devastati nel ’92-’94 dal circolo mediatico-giudiziario».

...La "prova regina"!