martedì, maggio 28, 2019

Notifica non andata a buon fine e tempestiva riattivazione del procedimento notificatorio.

Cassazione Civile Sez. VI - Ordinanza n. 14575/2019 - Presidente: Frasca - Relatore Vincenti - Pubblicata il 28/05/2019. 

"Il Condominio ricorrente, destinatario della notificazione della sentenza di primo grado in data 6 giugno 2017, ha effettuato una prima e tempestiva notifica del ricorso in data 5 settembre 2017, non andata a buon fine per trasferimento ad altro indirizzo del difensore domiciliatario del Condominio resistente, nonché una seconda notificazione, con esito positivo, in data 14 settembre 2017, ossia 9 giorni dopo il primo tentativo. Nella specie, quindi, trova piena applicazione il principio secondo cui, in caso di notifica di atti processuali non andata a buon fine per ragioni non imputabili al notificante, questi, appreso dell'esito negativo, per conservare gli effetti collegati alla richiesta originaria deve riattivare il processo notificatorio con immediatezza e svolgere con tempestività gli atti necessari al suo completamento, ossia senza superare il limite di tempo pari alla metà dei termini indicati dall'art. 325 c.p.c., salvo circostanze eccezionali di cui sia data prova rigorosa (Cass., S.U., n. 14594/2016, Cass. n. 19059/2017, Cass. n. 20700/2018)".

mercoledì, maggio 15, 2019

I caratteri costitutivi della cd “truffa contrattuale”.


Cass. Civile Sez. I - Sent. Num. 12852/2019 - Presidente: BISOGNI -Relatore: NAZZICONE - Data pubblicazione: 14/05/2019. 

 “Nella c.d. truffa contrattuale, ai sensi dell'art. 1439 c.c., i raggiri usati devono essere tali che, senza di essi, l'altra parte non avrebbe prestato il proprio consenso per la conclusione del contratto, ossia quando, determinando la volontà del contraente, abbiano ingenerato nel “deceptus” una rappresentazione alterata della realtà, provocando nel suo meccanismo volitivo un errore da considerarsi essenziale ai sensi dell'art. 1429 cc.
Ne consegue che a produrre l'annullamento del contratto non è sufficiente una qualunque influenza psicologica sull'altro contraente, ma sono necessari artifici o raggiri, o anche semplici menzogne, che abbiano avuto comunque un'efficienza causale sulla determinazione volitiva della controparte e, quindi, sul consenso di quest'ultima (ex multis: Cass. 20 gennaio 2017, n. 1585; Cass. 27 ottobre 2004, n. 20792)”.

martedì, maggio 14, 2019

La distinzione tra l’estorsione e l’esercizio arbitrario delle proprie ragioni.

Cass. Penale Sez. II- Sent. num. 20236/2019 - Presidente: DIOTALLEVI - Relatore: PACILLI - Data Udienza: 07/05/2019. 

“Questa Corte (Cass. Sez. 2, n. 46288 del 28/06/2016) ha già chiarito che il delitto di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza alla persona e quello di estorsione, pur caratterizzati da una materialità non esattamente sovrapponibile, si distinguono in relazione all'elemento psicologico del reato, in quanto, nel primo, l'agente persegue il conseguimento di un profitto nella convinzione non meramente astratta ed arbitraria, ma ragionevole, anche se infondata, di esercitare un suo diritto, ovvero di soddisfare personalmente una pretesa che potrebbe formare oggetto di azione giudiziaria.
Nel secondo, invece, l'agente persegue il conseguimento di un profitto nella consapevolezza della sua ingiustizia (in motivazione la Corte ha precisato che l'elevata intensità o gravità della violenza o della minaccia di per sé non legittima la qualificazione del fatto ex art. 629 cod. pen. - potendo l'esercizio arbitrario delle proprie ragioni essere aggravato, come l'estorsione, dall'uso di armi - ma pub costituire indice sintomatico del dolo di estorsione).
Inoltre, ai fini della configurabilità del reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni, occorre che l'autore agisca nella ragionevole opinione della legittimità della sua pretesa, ovvero ad autotutela di un suo diritto suscettibile di costituire oggetto di una contestazione giudiziale, anche se detto diritto non sia realmente esistente.
Tale pretesa deve corrispondere perfettamente all'oggetto della tutela apprestata in concreto dall'ordinamento giuridico e non mirare ad ottenere un qualsiasi quid pluris, atteso che ciò che caratterizza il reato in questione è la sostituzione, operata dall'agente, dello strumento di tutela pubblico con quello privato.
Ciò premesso, nell'ipotesi in cui il creditore ponga in essere una minaccia per ottenere il pagamento di interessi usurari, è certamente configurabile il delitto di estorsione e non quello di esercizio arbitrario delle proprie ragioni, poiché l'agente è necessariamente consapevole di esercitare la violenza o minaccia per ottenere il soddisfacimento dell'ingiusto profitto derivante da una pretesa contra ius, essendogli negata la possibilità di far valere un diritto tutelabile con l'azione giudiziaria, in considerazione dell'illiceità della pretesa (Cass. Sez. 2, n. 9931 del 01/12/2014)”.

sabato, maggio 11, 2019

Il valore probatorio del verbale d’accertamento d’infrazione.


Cass. Civile Sez. Lavoro - Ord. Num. 12363/2019 - Presidente: D'ANTONIO - Relatore: GHINOY - Data pubblicazione: 09/05/2019. 


“Il verbale di accertamento dell'infrazione fa piena prova, fino a querela di falso, con riguardo ai fatti attestati dal pubblico ufficiale rogante come avvenuti in sua presenza e conosciuti senza alcun margine di apprezzamento o da lui compiuti, nonché alla provenienza del documento dallo stesso pubblico ufficiale ed alle dichiarazioni delle parti, mentre la fede privilegiata non si estende agli apprezzamenti ed alle valutazioni del verbalizzante né ai fatti di cui i pubblici ufficiali hanno avuto notizia da altre persone, ovvero ai fatti della cui verità si siano convinti in virtù di presunzioni o di personali considerazioni logiche (Cass. S.U. n. 12545 del 25/11/1992, Cass. n. 23800 del 07/11/2014).
Per le parti non coperte da efficacia probatoria privilegiata, il materiale probatorio è liberamente valutabile e apprezzabile dal giudice, unitamente alle altre risultanze istruttorie raccolte o richieste dalle parti (Cass. n. 15702 del 12/08/2004, n. 9251 del 19/04/2010)”.

giovedì, maggio 09, 2019

La “data certa” della scrittura privata non autenticata.

Cass. Civile Sez. II - Ord. Num. 12093/2019 - Presidente: GORJAN - Relatore: VARRONE - Data pubblicazione: 08/05/2019. 

“L'art. 2704 c.c. non contiene una elencazione tassativa dei fatti in base ai quali la data di una scrittura privata non autentica deve ritenersi certa rispetto ai terzi e lascia al giudice di merito la valutazione, caso per caso, della sussistenza di un fatto, diverso dalla registrazione, idoneo, secondo l'allegazione della parte, a dimostrare la data certa. Tale fatto può essere oggetto di prova per testi o per presunzioni, la quale non è ammessa solo se direttamente vertente sulla data della scrittura (Cass. Civ. Sez. I, Sent. n. 23425 del 2016). In tema di data certa, nel caso di scrittura privata non autenticata può essere ritenuta la certezza della data, solo nel caso in cui la scrittura formi un corpo unico con il foglio sul quale è impresso il timbro postale, perché la timbratura eseguita da un pubblico ufficiale equivale ad attestazione autentica che il documento è stato inviato nel medesimo giorno in cui essa è stata eseguita (Cass. Civ Sez. VI, Ord. n. 23281 del 2017)”.

martedì, maggio 07, 2019

Ricorso in Cassazione: i vizi di violazione di legge e d'omesso esame di fatto decisivo.

Corte Cassazione Civile Sez. VI - Ord. Num. 11833/2019 Presidente: LOMBARDO - Relatore: ORICCHIO - Data pubblicazione: 06/05/2019. 

“Non possono che richiamarsi i condivisi principi già enunciati da questa Corte per cui "in ogni caso non può ammettersi , anche attraverso la formale e strumentale deduzione di vizio di violazione di legge, una revisione in punto di fatto del giudizio di merito già svolto", giacché "il controllo di logicità del giudizio di fatto non può equivalere e risolversi nella revisione del "ragionamento decisorio" ( Cass. civ., Sez. L., Sent. 14 no novembre 2013, n. 25608), specie quando non ricorre - come nella fattispecie- l'ipotesi di "un ragionamento del giudice di merito dal quale emerga una totale obliterazione di elementi" ( Cass. civ., S.U., Sent. 25 ottobre 2013 n. 24148)”.
“L'omesso esame del fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., come riformato, va inteso, in applicazione dei canoni ermeneutici dettati dall'art. 12 disp. prel. cod. civ., tenendo conto della prospettiva della novella, mirata ad evitare l'abuso dei ricorsi basati sul vizio di motivazione, non strettamente necessitati dai precetti costituzionali, supportando la generale funzione nomofilattica della Corte di cassazione. 
Ne consegue ( fra l'altro) che il fatto decisivo ed oggetto di discussione, la cui omessa valutazione è deducibile come vizio della sentenza impugnata, deve essere rigorosamente indicato ( nel doveroso rispetto anche delle previsioni degli artt. 366, primo comma, n. 6, e 369, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ.) in modo che lo stesso "fatto storico", il cui esame sia stato omesso risulti con la specifica indicazione del "dato", testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, del "come" e del "quando" tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e, soprattutto, della sua "decisività" ( cfr. : Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014).
In definitiva, è denunciabile in Cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all'esistenza della motivazione in sé”.