martedì, maggio 14, 2019

La distinzione tra l’estorsione e l’esercizio arbitrario delle proprie ragioni.

Cass. Penale Sez. II- Sent. num. 20236/2019 - Presidente: DIOTALLEVI - Relatore: PACILLI - Data Udienza: 07/05/2019. 

“Questa Corte (Cass. Sez. 2, n. 46288 del 28/06/2016) ha già chiarito che il delitto di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza alla persona e quello di estorsione, pur caratterizzati da una materialità non esattamente sovrapponibile, si distinguono in relazione all'elemento psicologico del reato, in quanto, nel primo, l'agente persegue il conseguimento di un profitto nella convinzione non meramente astratta ed arbitraria, ma ragionevole, anche se infondata, di esercitare un suo diritto, ovvero di soddisfare personalmente una pretesa che potrebbe formare oggetto di azione giudiziaria.
Nel secondo, invece, l'agente persegue il conseguimento di un profitto nella consapevolezza della sua ingiustizia (in motivazione la Corte ha precisato che l'elevata intensità o gravità della violenza o della minaccia di per sé non legittima la qualificazione del fatto ex art. 629 cod. pen. - potendo l'esercizio arbitrario delle proprie ragioni essere aggravato, come l'estorsione, dall'uso di armi - ma pub costituire indice sintomatico del dolo di estorsione).
Inoltre, ai fini della configurabilità del reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni, occorre che l'autore agisca nella ragionevole opinione della legittimità della sua pretesa, ovvero ad autotutela di un suo diritto suscettibile di costituire oggetto di una contestazione giudiziale, anche se detto diritto non sia realmente esistente.
Tale pretesa deve corrispondere perfettamente all'oggetto della tutela apprestata in concreto dall'ordinamento giuridico e non mirare ad ottenere un qualsiasi quid pluris, atteso che ciò che caratterizza il reato in questione è la sostituzione, operata dall'agente, dello strumento di tutela pubblico con quello privato.
Ciò premesso, nell'ipotesi in cui il creditore ponga in essere una minaccia per ottenere il pagamento di interessi usurari, è certamente configurabile il delitto di estorsione e non quello di esercizio arbitrario delle proprie ragioni, poiché l'agente è necessariamente consapevole di esercitare la violenza o minaccia per ottenere il soddisfacimento dell'ingiusto profitto derivante da una pretesa contra ius, essendogli negata la possibilità di far valere un diritto tutelabile con l'azione giudiziaria, in considerazione dell'illiceità della pretesa (Cass. Sez. 2, n. 9931 del 01/12/2014)”.

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