venerdì, agosto 31, 2018

Il principio d'immediatezza della contestazione disciplinare nel rapporto di lavoro.

"Il principio d'immediatezza della contestazione disciplinare è stato definito come "pluridirezionale", nel senso che accanto alla fondamentale funzione di garantire il diritto di difesa del lavoratore, agevolato nell'addurre elementi di giustificazione a breve intervallo di tempo dall'infrazione, vi è quella di non perpetuare l'incertezza sulla sorte del rapporto, sicché esso non può essere pregiudicato neppure nel caso di fatti aventi rilievo penale (in motivazione, vedi Cass. 11/8/2015 n.16683). 
La ratio del principio riflette l'esigenza dell'osservanza della regola della buona fede e della correttezza nell'attuazione del rapporto di lavoro, e non consente all'imprenditore-datore di lavoro di procrastinare la contestazione medesima in modo da rendere difficile la difesa del dipendente o perpetuare l'incertezza sulla sorte del rapporto, in quanto nel licenziamento per giusta causa l'immediatezza della contestazione si configura quale elemento costitutivo del diritto di recesso del datore di lavoro.
Questa ragione giustificativa della regola d'immediatezza (del licenziamento e della contestazione) è dunque coincidente con quella che connette l'onere di tempestività al principio di buona fede oggettiva e più specificamente al dovere di non vanificare la consolidata aspettativa, generata nel lavoratore, di rinuncia all'esercizio del potere disciplinare (vedi Cass. 17/12/2008 n.29480).
Peraltro, è stato sottolineato con orientamento privo di contrasti, come il criterio d'immediatezza vada inteso in senso relativo, dovendosi tener conto della specifica natura dell'illecito disciplinare, nonché del tempo occorrente per l'espletamento delle indagini, tanto maggiore quanto più è complessa l'organizzazione aziendale, con l'ulteriore specificazione che la relativa valutazione del giudice di merito è insindacabile in sede di legittimità se sorretta da motivazione adeguata e priva di vizi logici (vedi, di recente, Cass. 25/1/2016 n.1248, Cass. 12/1/2016 n. 281)".

Cassazione Civile Sez. Lavoro Sent. num. 20743/2018 - Presidente: DI CERBO-Relatore: LORITO - Data pubblicazione: 16/08/2018 - ESPOSITO c/ ALLIANZ spa.

martedì, agosto 28, 2018

Impugnazione lodo arbitrale e giudizio di legittimità.


Corte di Cassazione Civile Sez. I - Ord. num. 21184/2018 - Presidente: GIANCOLA - Relatore: CAMPESE - Data pubblicazione: 24/08/2018. 

“Il Collegio deve anzitutto ribadire (cfr. amplius, Cass. n. 23485 del 2013, nonché, in senso sostanzialmente conforme, la più recente Cass. n. 2985 del 2018) che quello d’impugnazione per nullità del lodo arbitrale costituisce un giudizio a critica limitata, proponibile soltanto per determinati errores in procedendo specificamente previsti, nonché per inosservanza, da parte degli arbitri, delle regole di diritto nei limiti indicati dall'art. 829, comma 2, cod. proc. civ. (nel testo, qui applicabile ratione temporis, anteriore alla modifica di cui al d.lgs. n. 40 del 2006).
In esso trova applicazione la regola della specificità della formulazione dei motivi, in considerazione della natura rescindente di tale giudizio e del fatto che solo il rispetto di detta regola può consentire al giudice, ed alla parte convenuta, di verificare se le contestazioni formulate corrispondano esattamente ai casi di impugnabilità stabiliti dalla menzionata norma.
Inoltre, nel ricorso per cassazione avverso la sentenza che abbia deciso su detta impugnazione, dovendosi verificare se la sentenza medesima sia adeguatamente e correttamente motivata in relazione alle ragioni di impugnazione del lodo, il sindacato di legittimità va condotto esclusivamente attraverso il riscontro della conformità a legge e della congruità della motivazione della sentenza che ha deciso sull'impugnazione del lodo.
Ciò comporta che la relativa denuncia, per ottemperare all'onere della specificazione delle ragioni dell'impugnazione, non può esaurirsi nel richiamo di principi di diritto, con invito al giudice dell'impugnazione di controllarne l'osservanza da parte degli arbitri e della corte di appello, né tanto meno in una semplice richiesta di revisione delle valutazioni e dei convincimenti in diritto del giudice dell'impugnazione.
Esige, da un lato, un pertinente riferimento ai fatti ritenuti dagli arbitri, per rendere autosufficiente ed intellegibile la tesi secondo cui le conseguenze tratte da quei fatti violerebbero i principi medesimi (c/r. Cass. n. 23670 del 2006; Cass. nn. 6028 e 10209 del 2007; Cass. n. 21035 del 2009; Cass. n. 23485 del 2013); dall'altro, l’esposizione di argomentazioni intellegibili ed esaurienti ad illustrazione delle dedotte violazioni di norme o principi di diritto, con cui il ricorrente è chiamato a precisare in qual modo - se per contrasto con la norma indicata o con l'interpretazione della stessa fornita dalla giurisprudenza di legittimità o dalla prevalente dottrina - abbia avuto luogo la violazione nella quale si assume essere incorsa la pronuncia di merito (cfr. Cass. n. 23485 del 2013; Cass. n. 3383 del 2004; Cass. n. 12165 del 2000; Cass. n. 5633 del 1999)”.

domenica, agosto 26, 2018

Il vizio d’omessa pronuncia ex art. 360 cpc.

Cassazione Civile Sez. III - Ord. num. 16304/2018 - Presidente: CHIARINI Relatore: SCRIMA - Data pubblicazione: 21/06/2018.
“Ad integrare gli estremi del vizio d’omessa pronuncia non basta la mancanza di un'espressa statuizione del giudice, ma è necessario che sia stato completamente omesso il provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto: ciò non si verifica quando la decisione adottata comporti la reiezione della pretesa fatta valere dalla parte, anche se manchi in proposito una specifica argomentazione, dovendo ravvisarsi una statuizione implicita di rigetto quando la pretesa avanzata col capo di domanda non espressamente esaminato risulti incompatibile con l’impostazione logico-giuridica della pronuncia (cfr. Cass. 4/10/2011, n. 20311)”.