martedì, marzo 21, 2006

DOCUMENTO POLITICO PRESENTATO AL CONSIGLIO DEL 21/03/2006



CONSIGLIO DELL’ORDINE DEGLI AVVOCATI DI S.


La preoccupante situazione in cui versa l’Avvocatura di S., il rilevante astensionismo registrato nella recente tornata elettorale, l’ansia di tener fede ai gravosi impegni assunti con i Colleghi che ci hanno gratificato del loro consenso, impongono un recupero del ruolo del Consiglio ed a tal uopo, alla luce anche di recenti eventi che hanno travagliato questa Assise, veniamo a formalizzare delle proposte, ad aprire un dibattito per assumere, infine, consequenziali ed adeguate decisioni.

I
Ci preme riaffermare, anzitutto, perché sembra essersene perso il ricordo, la centralità del Consiglio Forense rispetto, e nel più ampio rispetto, alle vicende tutte dell’Avvocatura di S..
E’ il Consiglio che, per regola scritta e principio democratico, viene eletto direttamente dai Colleghi ed è, quindi, il Consiglio organo sovrano.
La riprova, qualora ce ne fosse bisogno, è che i “vertici” (presidente, consigliere segretario, consigliere tesoriere) sono eletti non dagli Avvocati direttamente, ma dai consiglieri: tanto perché essi “vertici” sono espressione della fiducia loro espressa dal Consiglio, sulla base di un necessario e preventivo accordo programmatico.
Fiducia che potrebbe, in tesi, in ogni momento essere revocata, laddove fossero riscontrati inadempimenti e/o fughe in avanti.
L’importanza, anche numerica, del voto consiliare è perciò quantomai rilevante sotto il profilo politico e della legittimità.
Il presidente (ed il discorso vale ancor più per il segretario ed il tesoriere) - eletto dal Consiglio - agisce in virtù del consenso conferitogli dai Consiglieri e, pertanto, deve periodicamente confrontarsi sulle linee programmatiche concordate e trasfuse nelle delibere consiliari via via approvate.
Purtroppo, nelle ultime consiliature, si è dovuta registrare - incomprensibilmente ed immotivatamente - una progressiva perdita di quelle prerogative e peculiarità che pure avevano contraddistinto, in passato, questo Consesso.
I valori - prima condivisi - della collaborazione reciproca, della collegialità, della qualificazione, della motivazione e gratificazione, della apoliticità e apartiticità, della conseguenzialità delle decisioni assunte, sono andati via via sbiadendo.
E stato privilegiato - per contro - l’arroccamento, il verticismo e l’accentramento, mediante una non condivisibile e non opportuna “rilettura” di prerogative e competenze.
Tanto - inoltre - con una netta separazione (anche fisica), tra gli organi istituzionali, tra gli organi di vertice e i singoli consiglieri, a volte tra lo stesso consiglio e la Classe, con inevitabili ricadute negative (segnatamente sotto il profilo funzionale ed operativo).
Questo “scollamento”, purtroppo, è stato registrato anche all’esterno con dolorose ed inaccettabili generalizzazioni.
Dato - ancora obbiettivo ed ulteriore - è che oggi, a differenza del passato, si opera per il particolarismo, su obbiettivi definiti anziché categoriali, con distacco e fredda determinazione, con discontinuità e assenza di coordinamento.
Non sfuggirà, men che meno ai vertici consiliari, di cui sono ben note intelligenza e capacità politica, che è questa – e vi sono formali segnali in tal senso – una scelta meditata e non casuale.
Una scelta che però discrimina ulteriormente, mortifica l’Istituzione nel suo complesso, demotiva e delegittima l’operato del singolo consigliere che è chiamato ad operare quasi “bendato”.
Scoraggiando così – rectius: defraudando – ogni benché minima e naturale forma partecipativa alla gestione, con complessivo allontanamento dei Consiglieri dalla Classe.
Classe forense, si badi bene, talora “proletarizzata” ed allo sbando, abbisognevole più che mai di una guida assidua e partecipe. Una Classe che invoca sostegno!
Una metodologia questa non condivisibile, che non può essere accettata e che – comunque - respingiamo.
Timidi tentativi – in questo inizio di consiliatura - per incanalare sui giusti binari l’attività consiliare ci sono stati, ma sono stati frustrati.
Basti qui richiamare la relazione del Consigliere M., protocollata sin dal 31.1.2006, caduta sostanzialmente nel vuoto!
Una relazione operativa, che certo non aveva altro obbiettivo che offrire un contributo in positivo e che - per convinta condivisione ­- richiamiamo come parte integrante del presente.
Il silenzio che ne è seguito, è sintomatico delle scelte testè denunciate.
Ma noi “non ci stiamo!”, mutuando parole enfatizzate da altri.
E ci chiediamo se questo era quello che, delegandoci ad entrare in questo consesso, la classe forense si aspettava da noi!
II
Riteniamo, perciò, irrinunciabile una ponderata programmazione ed una pianificazione dell’attività consiliare, che individui e si strutturi in 4 settori:
1) attività istituzionale di base (ex art. 14 R.D.L n. 1578/1933)-
- custodia e revisione albo avvocati e registro praticanti;
- vigilanza sul decoro dei professionisti;
- potestà disciplinare;
- parere sulla liquidazione degli onorari;
- restituzione atti e documenti per cessata attività professionale;
- vigilanza sull’adempimento degli obblighi previdenziali.
2) attività di formazione-
- corsi di formazione e aggiornamento;
- seminari e convegni.
3) attività istituzionale integrata-
- difese d’ufficio;
- gratuito patrocinio;
- diritto famiglia e minorile;
- varie (competenze ex riforma cpc.)
4) attività politica forense-
- rapporti con organismi nazionali e locali e associazioni di categoria;
- rapporti con Magistratura ed altre componenti del mondo giudiziario;
- pubblicità – riviste - informatica.
Per tali settori è necessario prevedere deleghe, secondo anche personali motivazioni e inclinazioni, a singoli e/o a gruppi di consiglieri che dovrebbero curare l’intero percorso delle attività loro assegnate, riferendone periodicamente al Consiglio.
Una così articolata attività deve passare, poi, attraverso la riproposizione del Consigliere di turno, riqualificandone e rafforzandone il ruolo ed i compiti.
Va evitato che egli svolga una funzione di mera “facciata”, sovrapponendogli altre figure e/o interventi, atti a “scavalcarlo”.
Si badi bene, non si intende esautorare i “vertici” dai loro compiti peculiari e dall’opportuna iniziativa politica, ma va trovato – e non è difficile – un equilibrio, perché il Consigliere di turno sia nella quotidianità l’interlocutore del collega, mentre il Consiglio deve conservare il ruolo primario di punto d’approdo di tutte le legittime istanze.

III
Le considerazioni che precedono, impongono l’assunzione di precise responsabilità e la formulazione di adeguate proposte operative, anzitutto di natura etica.
Sotto questo secondo profilo
• va recuperata la supremazia della rappresentanza e del servizio ai Colleghi, di guisa che mai escano mortificati gli interessi generali della Classe, sempre centrali rispetto al “particulare”,
• i rapporti interpersonali non vanno oltremodo anteposti alla delega ricevuta e ai doveri istituzionali;
• va ripristinata, regolamentata e potenziata l’attività del Consiglio, di guisa che - nel rispetto delle competenze, funzioni e prorogative - si gratifichi e si dia visibilità all’impegno dei 15 Consiglieri tutti.
Sotto il profilo più strettamente operativo, occorre pervenire a:
1) Ristabilimento degli “equilibri istituzionali” tra le cariche istituzionali dell’Ordine (segnatamente Presidente e Segretario) ed i singoli Consiglieri;
2) Rigorose regole di trasparenza, interna ed esterna, di tutti gli atti del Consiglio: completa verbalizzazione delle dichiarazioni rese in consiglio, pubblicazione delle delibere adottate, nonchè del relativo percorso approvativo.
Tanto sempre nel rispetto delle regole imposte dalla privacy, nell’intento di realizzare quel “Consiglio di vetro” (come spesso abbiamo detto e sentito dire) ed evitare, il più possibile, il rincorrersi di voci malevole ed ingiuste congetture sul nostro operato.
Per contro, in questo inizio di biennio, abbiamo registrato - purtroppo - il rinvio di decisioni da prendere invece senza eccessivi indugi (deleghe, consigliere di turno, pubblicazione delle delibere per estratto) ed il silenzio omissivo circa eventi straordinari a questo Consesso occorsi.
Ambedue i fenomeni sono un chiaro segno di discontinuità con il passato, tanto da farci temere che il “vetro” – di cui sarebbe cinto questo Consiglio - si stia piano piano, ma inesorabilmente, opacizzando.
Al riguardo già la stessa pregressa consiliatura aveva dato un chiaro segnale dettando precise regole di linearità e trasparenza, così prevedendo appositi spazi e sezioni nel nostro sito internet (spazi questi rimasti, sino ad oggi, laconicamente vuoti).
3) Conferimento deleghe ai Consiglieri.
Di questo già abbiamo ampiamente detto: qui occorre solo evidenziare che questa prassi era in adozione corrente in pregresse consiliature e che, inoltre, l’esigenza di avere referenti certi è vivamente avvertita da moltissimi Colleghi. Tale scelta, oltretutto, favorisce l’approfondimento e crea dei chiari punti di riferimento per specifiche materie, tutelando anche lo stesso consigliere dall’ondata di richieste che la Classe, legittimamente, avanza.
4) Rapporti costanti con i Colleghi (singoli e/o associati) e le loro esigenze, con nomina di appositi delegati (per settore; singole sezioni di Tribunale; per ufficio di GDP);
E’ viva l’esigenza di “assistere” i colleghi nei rapporti, sovente tesi con una parte della magistratura e con altra parte del personale di cancelleria.
5) Disciplina: ripristino della “commissione di disciplina”.
6) Gestione rapporti con le istituzioni e nomina di specifiche commissioni (enti locali; capi magistratura; vertici cancellerie, etc.);
7) Formazione permanente dell’avvocatura (biblioteca; stampa forense; sito internet; corsi per praticanti; rapporti con l’università);
8) Rendiconto (magari trimestrale) di tutto il lavoro svolto dai Consiglieri delegati, con particolare riguardo all’esecuzione dei precedenti deliberati consiliari, con fissazione all’uopo di specifica sessione consiliare.
E’ questo un solo spunto di iniziale discussione, una pietra nello stagno, per far capire a tutti, soprattutto ai nostri colleghi che, talvolta in silenzio, ci osservano, che ci siamo, che siamo presenti.
Un contributo, dicevamo, cui speriamo non vorrete sottrarvi.

S., li 21 marzo 2006.

I consiglieri
seguono firme di n. 6 Consiglieri

giovedì, marzo 09, 2006

Improvvidi aumenti contributi previdenziali



IMMINENTI AUMENTI DEI CONTRIBUTI PREVIDENZIALI A CARICO DEGLI AVVOCATI: DOCUMENTO DI PROTESTA DEI GIOVANI AVVOCATI-
NO all'aumento dei contributi previdenziali, in discussione alla riunione del Comitato dei Delegati della Cassa Forense del 17 marzo 2006
Il Protocollo d'Intesa sottoscritto dal Presidente della Cassa Forense e dal Presidente dell'AIGA a Gardone Riviera il 15 maggio 2004, in occasione della 1a Conferenza Nazionale AIGA sulla Tutela dei Giovani Avvocati, premesso e condiviso il principio di ripristinare una ampia e reale solidarietà inter ed intra generazionale, prevedeva due punti essenziali: • costituire un tavolo permanente di confronto per mantenere una costante consultazione collegiale sulla materia previdenziale ed assistenziale; • intervenire sul sistema previdenziale in termini strutturali. L'Aiga e la Cassa Forense, nelle occasioni di incontro e confronto sui temi della riforma previdenziale, hanno convenuto sulla necessità di ricercare una soluzione condivisa, fondata su due principi irrinunciabili: abbandono del proposito di intervenire prevalentemente sulla leva delle entrate previdenziali attraverso l'adozione di misure parametri che; adozione di misure strutturali (quali una graduale conversione verso il sistema misto a ripartizione / capitalizzazione) compatibili con una dovuta flessibilità dei diritti acquisiti ed idonee ad incidere sul debito pensionistico. Le indicazioni offerte da autorevoli esponenti della Cassa Forense sono apparse subito in linea con le istanze dei Giovani Avvocati al punto che, a fronte di un sostanziale abbandono delle misure parametriche, era stata annunciata l'adozione di correttivi tipici del sistema contributivo, quale l'estensione della base di calcolo della pensione a tutte le annualità anziché alle migliori 20 degli ultimi 25 anni, nonché l'integrale applicazione del sistema contributivo alle pensioni di vecchiaia. La direzione, cui sembrava ormai orientata la Cassa, è stata una prima volta contraddetta dalla inopinata decisione di porre all' o.d.g. della seduta del Comitato dei Delegati del 17 dicembre 2004 una delle più avversate misure parametri che, ovvero l'aumento del contributo integrativo dal 2 al 4%. Il Consiglio Direttivo Nazionale dell'AlGA, riunito si a Treviso 1'11.12.2004, esprimeva l'assoluta contrarietà alla proposta, ottenendone l'immediato abbandono. Ma il Comitato dei Delegati, a distanza di poco più di un anno, e senza aver licenziato alcuna compiuta ipotesi di riforma strutturale, ha nuovamente posto all'o.d.g. della prossima riunione, prevista per il prossimo 17 marzo 2006, l'aumento del contributo integrativo accompagnato, anche, dall'aumento del contributo soggettivo. La Cassa Forense sceglie così la linea dell'aumento delle misure parametri che quale primo passo verso una riforma di sistema della quale non sono noti, perché non dichiarati, tempi e modalità d'attuazione: in tal modo si elude l'impegno assunto con i Giovani Avvocati nel Protocollo d'Intesa del maggio 2004. I Giovani Avvocati ribadiscono che: l'aumento del contributo soggettivo, che costituisce una misura penalizzante per tutti, servirà ad incrementare le risorse attuali per pagare le pensioni di oggi ma non assicurerà le pensioni di domani; l'aumento del contributo integrativo, misura che incide fortemente sui costi dell'utente del sistema giustizia, comporterà una indubbia contrazione dei compensi per la parte professionale competitivamente più debole. Il paventato innalzamento parametrico si traduce, pertanto, in un'ulteriore penalizzazione delle fasce professionali a più basso reddito ed in particolare dei più giovani. Non convince l'argomento contrario, sostenuto dal Presidente della Cassa Forense, secondo cui la fascia giovanile della categoria non verrebbe penalizzata, nella sostanza, perché risulta quella a più basso reddito. Va invece evidenziato che la fascia giovanile, proprio perché a più basso reddito, subirebbe una più gravosa incidenza marginale sul reddito rispetto a quella sui redditi più elevati, naturalmente più lieve. Senza trascurare, peraltro, che i Giovani Avvocati rappresentano la maggioranza dei contribuenti attivi della classe forense. Non è concepibile un intervento che, facendo leva solo sulle entrate, prescinda dal debito pensionistico maturato: al contrario, occorre incidere sulle uscite, superando le difficoltà derivanti dalla pretesa intangibilità dei cosiddetti diritti quesiti attraverso un sistema di opportuni incentivi e disincentivi. Se le modalità di calcolo della pensione secondo i criteri vigenti al tempo in cui essa è maturata possono configurare un diritto quesito, non altrettanto può dirsi della possibilità, oggi disinvoltamente concessa all'Avvocato Anziano, di andare in pensione rimanendo iscritto all'Albo. In tal caso, per evitare la cancellazione e continuare a non liberare una quota di mercato, il pensionato deve sottoporre una quota delle annualità, computate per il calcolo della pensione, al sistema contributivo. L'indefettibile riforma strutturale del sistema previdenziale della Cassa Forense, da realizzare preliminarmente ad ogni ipotesi di compartecipazione o di unione delle casse private, deve prevedere l'innesto, all'interno del canale principale della contribuzione obbligatoria, di una derivazione di carattere complementare cui destinare risorse già esistenti e da implementare. Il contributo integrativo del 2%, oggi destinato all'assistenza, è la prima risorsa da utilizzare: la solidarietà assistenziale, (considerato anche la percentuale del contributo soggettivo del 3% sui redditi oltre il tetto dei 78.000 euro) non presenta aspetti di crisi finanziaria né attuale né futura, essendo le entrate largamente superiori alle uscite. La quota residua, magari incrementata dall'aumento del contributo soggettivo di solidarietà, potrà essere destinata a creare la sacca complementare, proporzionalmente al gettito contributivo obbligatorio di ciascuno, e quindi costituire la base della riforma per una nuova previdenza. In conclusione, l'aumento delle misure parametriche, svincolato da una riforma strutturale dell'intero sistema, costituisce un modo semplicistico di allontanare - soltanto di pochi anni - il momento di entrata in crisi del sistema ed il paventato gap di bilancio della Cassa, senza risolvere il problema e, anzi, grava i giovani professionisti di ulteriori esborsi, con il risultato di rompere definitivamente il patto infragenerazionale. I Giovani Avvocati chiedono che le linee della riforma siano improntate al reale ripristino ed alla salvaguardia del patto di solidarietà generazionale secondo i seguenti punti programmatici: 1) riforma dell' attuale sistema a ripartizione in un sistema misto mediante l'inserimento di parametri tipici del metodo contributivo; 2) rinuncia alle ipotesi di riforma congegnate esclusivamente su misure parametri che incidenti sulla leva delle entrate; 3) estensione della proiezione di calcolo attuariale dagli attuali 15 anni a 40 anni; 4) esenzione/riduzione dell'obbligo contributivo per i primi dieci anni dall'iscrizione all'albo professionale (anche al fine di recuperare parte dei circa 50.000 avvocati iscritti agli albi e non alla Cassa); 5) computo della pensione effettuato sull'intera vita lavorativa, rimodulato nel caso in cui si maÌ1tenga l'iscrizione all'albo; 6) introduzione di una forma di previdenza complementare cui destinare risorse già esistenti (quali la quota del contributo integrativo residuale rispetto a quella destinata all'assistenza e l'aumento del contributo di solidarietà extra tetto pensionistico); 7) riduzione, nell'ottica di rifinanziamento del sistema sul lungo periodo, del contributo soggettivo per consentire di liberare risorse ed implementare la previdenza complementare. Milano, 25 febbraio 2006 Il Consiglio Direttivo Nazionale AIGA

domenica, marzo 05, 2006

LA CRISI MORALE DELLA MAGISTRATURA


"Il Palazzo poi è la miniera, è il pozzo, è il nido del malcontento, dei sussurri. Comincia uno a spargere calunnie, l’altro seguita, il giorno dopo sono dieci, venti e poi….E’ come una cancrena che si allarga".
Ugo Betti, commediografo e magistrato lui stesso, scrisse "Corruzione al Palazzo di Giustizia" mentre ancora fumavano le rovine del dopoguerra, quindi il dramma fu rappresentato al romano Teatro delle Arti esattamente cinquantasette anni fa, nel gennaio del 1949. Quella che avete letto è una battuta del giudice Bata, all’inizio. Rileggerla oggi, a N., sconvolge. Sembra scritta per noi, qui ed ora.
La grande letteratura ha frequentato molto gli edifici dove gli uomini provano ad amministrare la giustizia, dove se ne amministrano gli imperscrutabili riti, tra proclamazione di sommi principi e miserie quotidiane dei sacerdoti che li officiano. Nella "Morte di Ivan Illich", di Leone Tolstoj, al capezzale dell’agonizzante giudice che ha questo nome, si avvicendano i colleghi, compunti e dolenti. Dietro le forme della convenienze sociali, uno di loro calcola che cosa gli renderà quella morte, in termini di scatto di carriera; un altro scruta la prossima vedova, pronto a consolarne il dolore quando sarà finito il lutto.
E nell’altrettanto splendide pagine finali de "Il passato è una terra straniera", Gianrico Carofiglio (altro magistrato/scrittore, ma dei nostri giorni) immagina un pubblico ministero, che sta invecchiando e che, ritornando con la memoria alle dissipazioni della giovinezza, ha un incubo ricorrente: che qualcuno venga ad arrestarlo, che finalmente gliene chieda il conto.
Nessuno che abbia intelligenza del cuore umano ed uso del mondo, può credere che i giudici siano individui migliori degli altri e loro per primi, quando si applicano a pensare a se stessi in esercizi filosofici e letterari, lo sanno. Resta il fatto che la persona comune ne rimane sgomenta.
Nella Procura della Repubblica di Palermo, anni fa, volteggiava il corvo.
A S., è storia di ieri, un procuratore aggiunto deve difendersi dall’accusa di propalare calunnie e si difende.
A N., infine, qualche spirito semplice aveva probabilmente ritenuto che - espulso A. C., il Corpo Estraneo, l’Incontrollabile – tutto andasse a posto. Che stupida ed irresponsabile illusione. Le cronache dell’altro ieri ci hanno restituito la fotografia di un magistrato che la parola di un pentito ha provato a sporcare, quelle delle ore più recenti parlano di fazioni, pronte ad accusarsi reciprocamente di collusioni con i camorristi, riportano dichiarazioni bellicose di un parlamentare già pubblico ministero, contro uno dei vertici locali dell’ordine, che a sua volta l’aveva accusato di non avere indagato su un omicidio.
Mentre gli avvocati, intenti e distratti nel rinnovo periodico del loro consiglio, al momento tacciono, ma in passato avevano aggiunto la loro voce alla confusione generale.
Il volgare e rissoso bipolarismo della politica ha ormai tracimato dai suoi argini, la fallosità dei giocatori ha contagiato l’universo degli arbitri, che non si vorrebbero necessariamente olimpici, ma almeno ragionevolmente pensosi del prestigio della corporazione.
Che non è qualcosa che appartenga solo a loro, ma ai cittadini tutti, perché la credibilità di un magistrato è una delle condizioni di base della tenuta minima del sistema sociale.
Per carità, smettetela.
Chi scrive pensa con nostalgia ad un modello: quello consegnategli dalle pagine dello "Elogio dei giudici scritto da un avvocato ", scritto da Piero Calamandrei.
Un libro aureo, che molti dovrebbero meditare. Uno stile limpido, che forse edulcora la realtà, brutta la sua parte anche a quei tempi. Ma che grande lezione e quanta dignità.
Allora.

sabato, marzo 04, 2006

ELEZIONI: ISTRUZIONI PER L'USO


Le imminenti elezioni per il rinnovo del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di S., ci suggeriscono alcune riflessioni.
Anzitutto l’auspicio che si esca dalla situazione anomala di “maggioranza bulgara” (15 consiglieri su 15 alla lista dell’attuale Presidente): l’unanimismo assopisce gli animi, mentre il confronto ed il dibattito – laddove animati dal sincero intento di giovare all’Avvocatura di S. – non possono che far crescere, sia la maggioranza sia l’opposizione.

Poi i programmi: basta con le liste “ad personam”, compilate con il classico “manuale cencelli” e per conservare mere rendite di posizione, senza dire con chiarezza cosa si vuole fare per tentar di risolvere i problemi che assillano – a livello locale – la nostra professione.
L’edilizia giudiziaria, il delicato rapporto con la magistratura locale, la formazione, la deontologia, la gestione delle sezioni distaccate, sono tutti temi scottanti che attendono una chiara presa di posizione da parte di chi aspira a rappresentarci nel prossimo biennio.
Ancora, ci sia consentito, occorre tener conto dell’innegabile verità della profonda trasformazione che, da circa 10 anni a questa parte, ha vissuto tutto il ceto forense italiano e – ovviamente – anche quello distrettuale.
Gli Avvocati non sono più una classe di notabili, magari beneficiari di canali privilegiati con il potere politico.
Non vogliamo affermare che abbiano ragione quelli che parlano di “proletarizzazione” dei professionisti della toga, però è inutile nascondere la testa sotto la sabbia: abbiamo molto terreno da recuperare, per tornare agli antichi fasti.
Perciò - nella scelta dei candidati da presentare e poi da votare – sarebbe davvero auspicabile che tutti, maggioranza ed opposizione, più che guardare ai rapporti d’appartenenza e/o amicalità (..se non alla preferenza a chi per ultimo ti tira per la giacca, proteso dalle transenne!), dessero il via libera ai colleghi che si sono distinti per presenza ed impegno sui problemi, nonché per disinteresse personale e sensibilità alle sorti future dell’Avvocatura salernitana.
L’andamento e gli esiti del recente XXVIII Congresso Nazionale Forense, con la riconferma di fiducia all’Organismo Unitario dell’Avvocatura, ci riconfermano nel convincimento dell’irrinunciabilità di un “ruolo politico” degli Avvocati nella società italiana.
Perciò anche gli aspiranti Consiglieri dell’Ordine di S. dovranno aver ben chiaro che i tempi delle “segrete stanze” sono ormai finiti: bisogna far sapere alla gente quali sono i problemi, proporre le soluzioni operative e sostenerle con tenacia.
Ecco le parole chiave: disinteresse, deontologia, impegno per i Colleghi!
Concludiamo con l’augurio di un sereno dibattito preelettorale e con l’auspicio di una massiccia presenza dei Colleghi alle urne …e poi vinca il migliore.
S. 06 dicembre 2005.
Avv. G. C.

venerdì, marzo 03, 2006

RELAZIONE CONSIGLIERE L.M. 31.01.2006


Sig, PRESIDENTE
Sigg.ri CONSIGLIERI



La occasione della prima seduta del rinnovato Consiglio mi ha indotto ad alcune riflessioni, che ritengo doveroso partecipare a tutti i componenti con l'intento di contribuire al servizio che siano stati chiamati a prestare nell'interesse della classe.
Per questo esprimo innanzitutto il mio più fervido auspicio di buon lavoro ai Consiglieri che, per l'onore ricevuto, ne hanno assunto l'onere.
Il Consiglio dell'Ordine è stato regolamentato nel lontano 1933 in tempi e in condizioni assolutamente lontane e diverse da quelle nelle quali oggi è connotata la professione dell’Avvocato.
Da quell’epoca, a tutt'oggi, la legge professionale è stata adeguata alla realtà sopravvenuta in limiti di assoluta irrilevanza.
La mia stessa esperienza, ormai purtroppo lunga, mi ha portato a rilevare che ai compiti rigidamente istituzionali del Consiglio (tenuta albo, espressione pareri, procedimenti disciplinari) si sono aggiunte infinite e straordinarie "Funzioni" che in un passato, neanche tanto risalente, erano sdegnosamente respinte perché considerate non aderenti al rango di rappresentanza del Consiglio e quindi irricevibili.
La prima "Associazione Giovanile Forense" fu fondata a S. circa quaranta anni fa, anche su iniziativa del sottoscritto, cui parteciparono giovani procuratori dell'epoca che avvertivano la necessità e l'urgenza di prestare attenzione a tutte le nascenti problematiche che esulavano dai compiti squisitamente istituzionali del Consiglio e che però si imponevano fortemente.
Da prima l'Associazione non ricevette riconoscimento né accettazione da parte degli Avvocati più legati alla figura tradizionale dell' istituzione.
Più tardi, l'idea proposta sempre dal sottoscritto dì partecipazione alla FESAPI fondata con finalità di tutela della rappresentanza degli interessi dell'avvocatura, fu fortemente osteggiata dai rappresentanti di antico stampo che non sopportavano neanche l’idea che l’Avvocato potesse rivendicare tutele equiparate a quelle di qualsiasi altro lavoratore.
L' Avvocato doveva essere solamente e totalmente "Avvocato” estraneo a qualsiasi forma di associazione partecipativa.
Con il passare degli anni però queste iniziative si sono dimostrate inevitabili ed hanno sempre più consolidato la propria esistenza e conquistato potere di rappresentanza in corrispondenza dell'aumento del numero di avvocati esercenti e dell'accrescimento degli interessi della Classe, ormai sempre più spesso viene indicato quale "Categoria", con senso non perfettamente corrispondente al concetto originario di "Classe".
Tutti i Consigli degli Ordini d'Italia, e tra questi, quello di Salerno spesso si é ritrovato in prima linea, hanno dovuto prendere coscienza e farsi carico delle nuove incombenze imposte dalla realtà che preme da tutti i settori, non ultima la CEE.
Il fenomeno ha comportato un enorme aggravio di impegno, non facilmente classificabile e, quasi sempre, male inteso dagli iscritti.
Il Consiglio dell'Ordine di S. ha colto, da subito, questo stato di necessità ed ha adeguato le rispondenze imposte dalla realtà.
Gli oneri dell'unica carica istituzionale di rappresentanza non sono stati distribuiti tra i Consiglieri, tenuto conto delle singole attitudini e disponibilità.
Ciò ha comportato una diversa attività di partecipazione e quindi una diversa distribuzione e assunzione di responsabilità nell’ambito dello stesso Consiglio.
Tutto perfettamente legittimo ma con ridotta risonanza e senza conoscibilità esterna tanto che anche i Colleghi più partecipi della attività professionale di Palazzo, spesso sono privi di informazione o ricevono informazioni parziali e, quasi sempre, elaborano convincimenti e giudizi errati.
Credo dunque opportuno - oggi - invitare il Consiglio a predisporre un programma di lavoro, con la partecipazione di tutti i componenti.
In base alle esperienze personali ed alla luce delle osservazioni ultime mi permetto di offrire all'attenzione di tutti i Colleghi, per riceverne critiche e suggerimenti, la seguente proposta:
1. Individuazione di tutti i settori di interesse e di riferimento, comunque riconducibili al Consiglio dell’Ordine oltre i compiti di istituto.
2. Determinazione di un criterio di valutazione collegiale di massima per ciascuna problematica corrispondente.
3. Affidamento di specifica delega a singoli Consiglieri (uno o più a seconda delle previsioni di impegno) con attribuzione di autonomia di valutazione e anche di giudizio, ove consentito, e di rimessione alla ratifica consiliare per i casi e le materie riservate al Consiglio.
4. La delega potrebbe contenere la facoltà di costituzione di una commissione aperta alla collaborazione di avvocati esterni per le attività e le materie consentite, nel rispetto rigoroso della privacy.
5. Rendere pubblicità sia delle singole deleghe che delle attività svolte attraverso tutti gli organi di informazione potenziando la comunicazione a mezzo stampa, che è stata alquanto trascurata negli ultimi tempi ma che attira ancora attenzione.
Gli effetti conseguenti ad una organizzazione di questo tipo potrebbero essere:
1. Alleggerimento del carico di impegno del Presidente risultato eccessivamente gravoso specialmente negli ultimi tempi e in occasione di eventi eccezionali e comunque, non sempre sopportabile.
2. Distribuzione più equa degli incarichi e delle responsabilità con corrispondente maggiore gratificazione interna al Consiglio e alla Classe da parte dei singoli Consiglieri.
3. Maggiore coerenza e uniformità delle decisioni e maggiore trasparenza tra componenti e nei confronti della Classe.
4. Migliore informazione, con conseguente produzione di più corretti giudizi.
5. Evidenziazione di eventuale riduzione di attiva partecipazione da parte dei Consiglieri.
In merito al compito istituzionale della tenuta e della revisione dell'Albo che costituisce un momento di grave e continuata accusa mi permetto di suggerire una ipotesi di risoluzione che, da tempo, sostengo - senza successo - e che a me pare di agevole e radicale attuazione.
Giacché gli Avvocati che versano nelle condizioni prescritte sono obbligali alla iscrizione alla Cassa di Previdenza e, poiché la mancata osservanza dei dettami legislativi importa la esposizione del responsabile a procedimento disciplinare il Consiglio potrebbe (anzi dovrebbe) accertare, attraverso un semplice riscontro con l'elenco degli avvocati regolarmente iscritti quali avvocati, pur essendovi tenuti, non abbiano provveduto alla iscrizione alla Cassa.
Tutti costoro dovrebbero essere invitati a comunicare il motivo della mancata iscrizione e, in caso d’inesistenza di legittimo esonero, dovrebbero essere invitati il regolarizzare in un tempo assegnato la posizione o a rinunciare alla iscrizione.
In mancanza dovrebbero essere incolpati di violazione disciplinare con le prevedibili conseguenze.
Questa iniziativa produrrebbe:
· La revisione obbligatoria dell’Albo.
· La riduzione degli impegni di lavoro della segreteria e del Consiglio dell’Ordine di S.
· Una conquista di efficienza e di dignità per il Consiglio e di decoro per gli iscritti.
· Un aumento delle iscrizioni alla Cassa con conseguente beneficio a favore della Classe italiana per il principio di mutualità.
In fiduciosa attesa di conoscere il parere di tutti porgo deferenti ossequi.
S., lì 31.01.2006

Avv. L. M.