venerdì, marzo 03, 2006

RELAZIONE CONSIGLIERE L.M. 31.01.2006


Sig, PRESIDENTE
Sigg.ri CONSIGLIERI



La occasione della prima seduta del rinnovato Consiglio mi ha indotto ad alcune riflessioni, che ritengo doveroso partecipare a tutti i componenti con l'intento di contribuire al servizio che siano stati chiamati a prestare nell'interesse della classe.
Per questo esprimo innanzitutto il mio più fervido auspicio di buon lavoro ai Consiglieri che, per l'onore ricevuto, ne hanno assunto l'onere.
Il Consiglio dell'Ordine è stato regolamentato nel lontano 1933 in tempi e in condizioni assolutamente lontane e diverse da quelle nelle quali oggi è connotata la professione dell’Avvocato.
Da quell’epoca, a tutt'oggi, la legge professionale è stata adeguata alla realtà sopravvenuta in limiti di assoluta irrilevanza.
La mia stessa esperienza, ormai purtroppo lunga, mi ha portato a rilevare che ai compiti rigidamente istituzionali del Consiglio (tenuta albo, espressione pareri, procedimenti disciplinari) si sono aggiunte infinite e straordinarie "Funzioni" che in un passato, neanche tanto risalente, erano sdegnosamente respinte perché considerate non aderenti al rango di rappresentanza del Consiglio e quindi irricevibili.
La prima "Associazione Giovanile Forense" fu fondata a S. circa quaranta anni fa, anche su iniziativa del sottoscritto, cui parteciparono giovani procuratori dell'epoca che avvertivano la necessità e l'urgenza di prestare attenzione a tutte le nascenti problematiche che esulavano dai compiti squisitamente istituzionali del Consiglio e che però si imponevano fortemente.
Da prima l'Associazione non ricevette riconoscimento né accettazione da parte degli Avvocati più legati alla figura tradizionale dell' istituzione.
Più tardi, l'idea proposta sempre dal sottoscritto dì partecipazione alla FESAPI fondata con finalità di tutela della rappresentanza degli interessi dell'avvocatura, fu fortemente osteggiata dai rappresentanti di antico stampo che non sopportavano neanche l’idea che l’Avvocato potesse rivendicare tutele equiparate a quelle di qualsiasi altro lavoratore.
L' Avvocato doveva essere solamente e totalmente "Avvocato” estraneo a qualsiasi forma di associazione partecipativa.
Con il passare degli anni però queste iniziative si sono dimostrate inevitabili ed hanno sempre più consolidato la propria esistenza e conquistato potere di rappresentanza in corrispondenza dell'aumento del numero di avvocati esercenti e dell'accrescimento degli interessi della Classe, ormai sempre più spesso viene indicato quale "Categoria", con senso non perfettamente corrispondente al concetto originario di "Classe".
Tutti i Consigli degli Ordini d'Italia, e tra questi, quello di Salerno spesso si é ritrovato in prima linea, hanno dovuto prendere coscienza e farsi carico delle nuove incombenze imposte dalla realtà che preme da tutti i settori, non ultima la CEE.
Il fenomeno ha comportato un enorme aggravio di impegno, non facilmente classificabile e, quasi sempre, male inteso dagli iscritti.
Il Consiglio dell'Ordine di S. ha colto, da subito, questo stato di necessità ed ha adeguato le rispondenze imposte dalla realtà.
Gli oneri dell'unica carica istituzionale di rappresentanza non sono stati distribuiti tra i Consiglieri, tenuto conto delle singole attitudini e disponibilità.
Ciò ha comportato una diversa attività di partecipazione e quindi una diversa distribuzione e assunzione di responsabilità nell’ambito dello stesso Consiglio.
Tutto perfettamente legittimo ma con ridotta risonanza e senza conoscibilità esterna tanto che anche i Colleghi più partecipi della attività professionale di Palazzo, spesso sono privi di informazione o ricevono informazioni parziali e, quasi sempre, elaborano convincimenti e giudizi errati.
Credo dunque opportuno - oggi - invitare il Consiglio a predisporre un programma di lavoro, con la partecipazione di tutti i componenti.
In base alle esperienze personali ed alla luce delle osservazioni ultime mi permetto di offrire all'attenzione di tutti i Colleghi, per riceverne critiche e suggerimenti, la seguente proposta:
1. Individuazione di tutti i settori di interesse e di riferimento, comunque riconducibili al Consiglio dell’Ordine oltre i compiti di istituto.
2. Determinazione di un criterio di valutazione collegiale di massima per ciascuna problematica corrispondente.
3. Affidamento di specifica delega a singoli Consiglieri (uno o più a seconda delle previsioni di impegno) con attribuzione di autonomia di valutazione e anche di giudizio, ove consentito, e di rimessione alla ratifica consiliare per i casi e le materie riservate al Consiglio.
4. La delega potrebbe contenere la facoltà di costituzione di una commissione aperta alla collaborazione di avvocati esterni per le attività e le materie consentite, nel rispetto rigoroso della privacy.
5. Rendere pubblicità sia delle singole deleghe che delle attività svolte attraverso tutti gli organi di informazione potenziando la comunicazione a mezzo stampa, che è stata alquanto trascurata negli ultimi tempi ma che attira ancora attenzione.
Gli effetti conseguenti ad una organizzazione di questo tipo potrebbero essere:
1. Alleggerimento del carico di impegno del Presidente risultato eccessivamente gravoso specialmente negli ultimi tempi e in occasione di eventi eccezionali e comunque, non sempre sopportabile.
2. Distribuzione più equa degli incarichi e delle responsabilità con corrispondente maggiore gratificazione interna al Consiglio e alla Classe da parte dei singoli Consiglieri.
3. Maggiore coerenza e uniformità delle decisioni e maggiore trasparenza tra componenti e nei confronti della Classe.
4. Migliore informazione, con conseguente produzione di più corretti giudizi.
5. Evidenziazione di eventuale riduzione di attiva partecipazione da parte dei Consiglieri.
In merito al compito istituzionale della tenuta e della revisione dell'Albo che costituisce un momento di grave e continuata accusa mi permetto di suggerire una ipotesi di risoluzione che, da tempo, sostengo - senza successo - e che a me pare di agevole e radicale attuazione.
Giacché gli Avvocati che versano nelle condizioni prescritte sono obbligali alla iscrizione alla Cassa di Previdenza e, poiché la mancata osservanza dei dettami legislativi importa la esposizione del responsabile a procedimento disciplinare il Consiglio potrebbe (anzi dovrebbe) accertare, attraverso un semplice riscontro con l'elenco degli avvocati regolarmente iscritti quali avvocati, pur essendovi tenuti, non abbiano provveduto alla iscrizione alla Cassa.
Tutti costoro dovrebbero essere invitati a comunicare il motivo della mancata iscrizione e, in caso d’inesistenza di legittimo esonero, dovrebbero essere invitati il regolarizzare in un tempo assegnato la posizione o a rinunciare alla iscrizione.
In mancanza dovrebbero essere incolpati di violazione disciplinare con le prevedibili conseguenze.
Questa iniziativa produrrebbe:
· La revisione obbligatoria dell’Albo.
· La riduzione degli impegni di lavoro della segreteria e del Consiglio dell’Ordine di S.
· Una conquista di efficienza e di dignità per il Consiglio e di decoro per gli iscritti.
· Un aumento delle iscrizioni alla Cassa con conseguente beneficio a favore della Classe italiana per il principio di mutualità.
In fiduciosa attesa di conoscere il parere di tutti porgo deferenti ossequi.
S., lì 31.01.2006

Avv. L. M.

Nessun commento: