domenica, novembre 10, 2019

Ipotesi d’esclusione della responsabilità per esercizio d’attività pericolosa (ex art. 2050 cc).

Cassazione Civile Sez. 3 - Sent. Num. 28626/2019 Presidente: VIVALDI -Relatore: DE STEFANO - Data pubblicazione: 07/11/2019. 

«La responsabilità per esercizio di attività pericolosa ex art. 2050 cod. civ., che ben può prescindere dall'attività in sé e per sé considerata e sussistere quando il pericolo si sia materializzato e trasfuso negli oggetti dell'attività medesima (ad es., esplodenti, prima dell'applicabilità del d.lgs. 19 maggio 2016, n. 81), non si configura anche in danno del produttore e del distributore di quelli ed a favore di chi professionalmente interviene in una fase autonoma di un ciclo produttivo che li impieghi quali materie prime ed assume così in proprio oneri di precauzione adeguati allo sviluppo di quello, quando non provi, impregiudicati diversi titoli di responsabilità da prodotto difettoso o di vizi della cosa venduta, il nesso causale tra l'esercizio della fase specifica dell'attività pericolosa gestita dalle controparti ed il danno da lui patito».

mercoledì, novembre 06, 2019

Protezione internazionale: la mancata video-registrazione del primo colloquio del richiedente asilo.




Cassazione Civile Sez. 6 - Ord. Num. 28457/2019 Presidente: GENOVESE -Relatore: NAZZICONE - Data pubblicazione: 05/11/2019.


“Nel giudizio di impugnazione della decisione della Commissione territoriale innanzi all’autorità giudiziaria, in caso di mancanza della videoregistratore del colloquio, il giudice deve necessariamente fissare l’udienza per la comparizione delle parti, configurandosi, in difetto, la nullità del decreto con il quale viene deciso il ricorso, per violazione del principio del contraddittorio. Tale interpretazione è resa evidente non solo dalla lettura, in combinato disposto, dei commi 10 ed 11 dell’art. 35-bis del d.lgs. n. 25 del 2008, che distinguono, rispettivamente, i casi in cui il giudice può fissare discrezionalmente l’udienza, da quelli in cui egli deve necessariamente fissarla, ma anche dalla valutazione delle intenzioni del legislatore che ha previsto la videoregistrazione quale elemento centrale del procedimento, per consentire al giudice di valutare il colloquio con il richiedente in tutti i suoi risvolti, inclusi quelli non verbali, anche in ragione della natura camerale non partecipata della fase giurisdizionale (Cass. 17717/2018)”.

lunedì, ottobre 28, 2019

La valutazione della prova indiziaria nel processo civile.



Corte di Cassazione Civile Sez. 2 - Ord. Num. 27410/2019 Presidente: LOMBARDO - Relatore: FORTUNATO - Data pubblicazione: 25/10/2019.

“Come già affermato da questa Corte, è censurabile in sede di legittimità la decisione in cui il giudice si sia limitato a negare valore indiziario agli elementi acquisiti in giudizio senza accertare se essi, quand'anche singolarmente sforniti di valenza indiziaria, non fossero in grado di acquisirla ove valutati nella loro sintesi, nel senso che ognuno avrebbe potuto rafforzare e trarre vigore dall'altro in un rapporto di vicendevole completamento (Cass. 9108/2012; Cass. 19894/2005; Cass. 13819/2003).
In definitiva, i requisiti della gravità, della precisione e della concordanza richiesti dalla legge (art. 2729 cod. civ.) andavano ricercati, per ciascuna circostanza di fatto, in relazione al complesso degli indizi ed in base ad una valutazione complessiva già al fine di selezionare quelli utilizzabili ai fini della prova presuntiva della eventuale colpa grave dell'acquirente.
Solo all'esito sarebbe stato necessario procedere ad una valutazione complessiva di tutti gli elementi presuntivi selezionati per accertare  se essi fossero concordanti e se la loro combinazione fossero in grado di dimostrare la colpa dell'acquirente.
Sussiste quindi il vizio denunciato in ricorso, dovendo escludersi che la violazione investa il merito della lite, riguardando - per contro - il non corretto utilizzo del metodo di valutazione della prova, che è profilo indubbiamente scrutinabile in sede di legittimità (Cass. 9760/2015; Cass. s.u. 8053/2014)”.

mercoledì, ottobre 23, 2019

Difformità edilizie e nullità del contratto di appalto.




Cassazione Civile Sez. 2 - Sent. Num. 26952/2019 - Presidente: CAMPANILE -Relatore: OLIVA -  Data pubblicazione: 22/10/2019.

"In tema di contratto di appalto, avente ad oggetto la costruzione di immobili eseguiti senza rispettare la concessione edilizia, occorre distinguere le ipotesi di difformità totale e parziale. Nel primo caso, che si verifica ove l'edificio realizzato sia radicalmente diverso per caratteristiche tipologiche e volumetrie, l'opera è da equiparare a quella posta in essere in assenza di concessione, con conseguente nullità del detto contratto per illiceità dell'oggetto e violazione di norme imperative; nel secondo, invece, che ricorre quando la modifica concerne parti non essenziali del progetto, tale nullità non sussiste" (Cass. Sez. 2, Ordinanza n.30703 del 27/11/2018).

lunedì, settembre 30, 2019

Il vizio di “motivazione meramente apparente” della sentenza.



Cassazione Civile Sez. 2 - Ord. Num. 24183/2019 Presidente: GORJAN -Relatore: SAN GIORGIO - Data pubblicazione: 27/09/2019.

Va premesso che l'art. 118 disp.att.c.p.c. - nel testo risultante dalla modifica di cui all'art. 52, comma 5, della legge 18 giugno 2009, n. 69 -   dispone che la  motivazione della sentenza di cui all'art. 132, secondo comma, n. 4, c.p.c. consiste nella succinta esposizione dei fatti rilevanti della causa e delle ragioni giuridiche della decisione, anche con riferimento a precedenti conformi.
Il vizio di motivazione meramente apparente della sentenza ricorre allorquando il giudice, in violazione di un preciso obbligo di legge, costituzionalmente imposto (Cost., art. Ili, sesto comma), e cioè dell’art. 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., omette di esporre concisamente i motivi in fatto e diritto della decisione, di specificare o illustrare le ragioni e l’iter logico seguito per pervenire alla decisione assunta, e cioè di chiarire su quali prove abbia fondato il proprio convincimento e sulla base di quali argomentazioni sia pervenuto alla propria determinazione, in tal modo consentendo anche di verificare se abbia effettivamente giudicato iuxta alligata et probata.
L’obbligo del giudice «di specificare le ragioni del suo convincimento», quale «elemento essenziale di ogni decisione di carattere giurisdizionale» e affermazione che ha origini lontane nella giurisprudenza di questa Corte e precisamente nella sentenza delle Sezioni Unite n. 1093 del 1947, in cui la Corte precisò che
l'omissione di qualsiasi motivazione in fatto e in diritto costituisce una violazione di legge di particolare gravità e che «le decisioni di carattere giurisdizionale senza motivazione alcuna sono da considerarsi come non esistenti» (in termini, Cass. n. 2876 del 2017; v. anche Cass., Sez. U., n. 16599 e n. 22232 del 2016 e n. 7667 del 2017, nonché la giurisprudenza ivi richiamata).
Alla stregua di tali principi la sanzione di nullità colpisce non solo le sentenze che siano del tutto prive di motivazione dal punto di vista grafico (che sembra potersi ritenere mera ipotesi di scuola) o quelle che presentano un «contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili» e che presentano una «motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile» (cfr. Cass. S.U. n. 8053 del 2014; conf. Cass. n. 21257 del 2014), ma anche quelle che contengono una motivazione meramente apparente, del tutto equiparabile alla prima più grave forma di vizio, perché, dietro la parvenza di una giustificazione della decisione assunta, la motivazione addotta dal giudice è tale da non consentire «di comprendere le ragioni e, quindi, le basi della sua genesi e l'iter logico seguito  per pervenire da essi al risultato enunciato» (cfr. Cass. n. 4448 del 2014), venendo quindi meno alla finalità sua propria, che è quella di esternare un «ragionamento che, partendo da determinate premesse, pervenga, con un certo procedimento enunciativo», logico e consequenziale, «a spiegare il risultato cui si perviene sulla res decidendi» (Cass. cit.; v. anche Cass., Sez. un., n. 22232 del 2016 e la giurisprudenza ivi richiamata).
Deve quindi ribadirsi il principio più volte affermato da questa Corte secondo cui la motivazione è solo apparente — e la sentenza è nulla perché affetta da error in procedendo — quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all'interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (cfr., ex plurimis, Cass.,n. 20414 del 2018, e la giurisprudenza ivi richiamata).