lunedì, dicembre 30, 2013

COMUNICATO DELLA CASSA FORENSE.

“Si comunica che il Consiglio di Amministrazione, nella riunione del 19 dicembre u.s., esaminate le istanze di rateazione e/o di rinvio del termine per il versamento in autoliquidazione in scadenza per il prossimo 31 dicembre, presentate da alcuni Ordini, ha unanimemente deliberato l’impossibilità di venire incontro a tali istanze nell’ambito del quadro normativo e regolamentare vigente.
Il problema sarà oggetto di attento esame da parte del nuovo Comitato dei Delegati, che si insedierà il prossimo 11 gennaio, nell’ambito di un più ampio programma di interventi a favore dell’Avvocatura."

PER CHI LO AVESSE DIMENTICATO.........

CONSIDERAZIONI SUL DDL DELEGA EFFICIENZA PROCESSO CIVILE.

Non voglio addentrarmi in disquisizioni processualcivilistiche o costituzionali, ma porre in evidenza alcuni effetti pratici assolutamente devastanti del DDL delega per la pseudoefficenza del processo civile.
1) Trasformazione da rito ordinario a sommario: quanti giudici conoscono la causa alla prima udienza? Questo è già di per sé sufficiente a valutare l’inutilità della norma.
2) Motivazione a richiesta: il ddl non indica il termine entro cui effettuare la richiesta della motivazione. In passato, nelle varie elucubrazioni di via Arenula, si era indicato il termine di 15 giorni. Come è noto, dopo il deposito delle conclusionali e delle repliche il fascicolo va al giudice per la decisione, che viene depositata in un termine indefinito, anche a distanza di mesi o di anni dalla scadenza dei suddetti termini. Il dispositivo viene comunicato via pec. Quindi ricevuta la pec, l’avvocato dovrà immediatamente contattare il suo cliente, comunicargli l’esito del giudizio, richiedergli se vuole sapere perché ha perso, chiedergli di portargli i quattrini per il pagamento del contributo unificato, pagarlo in tabaccheria e depositare l’istanza in cancelleria. E che succede se un dispositivo viene comunicato il 23 dicembre dopo mesi di attesa? Oppure se il mio cliente è a letto con la febbre (ovviamente per noi avvocati non è prevista l’eventualità di ammalarci)? O se il cliente non ha i soldi o non si è riusciti a contattarlo? L’avvocato che non ha chiesto il dispositivo, determinando il passaggio in giudicato della sentenza, incorrerà in responsabilità disciplinare?
3) Monocratico in appello: l’obiettivo è chiaro ed evidente. Affidare il primo grado alla magistratura onorario e l’appello di togati, in barba alla collegialità della decisione che evita difformità di orientamenti nello stesso ufficio giudiziario. E poi basterebbe guardare le statistiche del giudice monocratico in tribunale, per notare che non ha comportato alcun aumento di produttività rispetto al collegiale ante 1995.
4) 696 bic c.p.c. per i sinistri stradali: è ovvio che aumenta il costo di accesso alla giustizia dovendo pagare due contributi unificati. E se poi non si raggiunge la prova dell’an? Intanto il cliente ha pagato una CTU. Non si dica che è una riforma per accelerare i processi: è un ulteriore regalo alle compagnie d’assicurazione.
5) Autentica degli atti da parte dei difensori: effettivamente il fatto che nel terzo millennio siano un timbro ed un tampone del cancelliere ad attribuire veridicità e fede di autenticità ad un atto fa un po’ sorridere. Ma se l’avvocato può sostituirsi al cancellerie per autenticare una sentenza di milioni di euro, perché non può sostituirsi al notaio per autenticare le firme in una compravendita di un box di poche migliaia di euro? Rispondo con altre due domande: vi ricordate i nuovi 1.500 notai del Decreto Cresci Italia di Monti? Li avete visti in giro?
6) Riduzione del periodo feriale: se potessi chiudere lo studio dal 1° agosto al 15 settembre, significherebbe che nel resto dell’anno ho guadagnato abbastanza per godere di lunghe ferie. Ma siccome ancora non mi è capitato, ad agosto e settembre ho sempre lavorato. Ma se riduci la sospensione feriale, ma non intervieni sulle ferie dei magistrati, cosa ottieni? Nulla. E soprattutto, se il CSM trasferisce un magistrato ma non ne assegna contestualmente uno nuovo al suo ufficio, il ruolo viene congelato, con buona pace di tutti.
7) Condanna del difensore: come ho detto all’inizio, tralascio gli aspetti di tenuta costituzionale. E tralascio anche gli aspetti sociologici dell’idea dei tecnici di via Arenula (dico solo che ancora una volta i mali della giustizia sono attribuiti agli avvocati). Mi chiedo soltanto: e se dopo avere notificato una citazione, mi accorgo dalle difese del convenuto che il mio cliente mi ha raccontato fesserie? Se rinuncio al mandato sono salvo? E se il nuovo collega mi chiama e mi chiede perché ho rinunciato, che gli dico? E se il mio cliente non trova un altro difensore e devo continuare ad assisterlo che faccio? Dico al giudice che il mio cliente mi ha preso in giro e gli chiedo di condannare soltanto lui e non anche me?
Darei pochi suggerimenti ai tecnici di via Arenula per correggere il DDL:
- Andate a fare un po’ di fila all’ufficio notifiche;
- Attendete qualche ora dietro la porta di un giudice per un’udienza fissata alle 9.00, ma il togato è arrivato alle 9.45 e si sono fatte le 12.30 e ancora non è il tuo turno;
- Beccatevi un 309 perché siete arrivati alle 9.30 (abbandonando il turno all’ufficio notifiche), perché giusto quella mattina il giudice è arrivato puntuale;
- Provate a dire ai testimoni che sono venuti da lontano che l’udienza è stata rinviata perché il giudice è impegnato in un corso del CSM;
- Provate a scrivere un atto d’appello o un ricorso in cassazione e vi dico io quando il gravame è ammissibile, procedibile, probabilmente fondato o infondato, e se non è autosufficiente vi do pure la 104.
Andate a lavorare, per favore…

Avv. Dario Greco

sabato, dicembre 28, 2013

Diritto del lavoro: Sospensione della sanzione disciplinare - Il periculum in mora è dato dall'esigenza della continuità assistenziale.

Tribunale di Salerno, Sezione Lavoro, ordinanza del 21.12.2013 del Giudice Dott. Attilio Franco Orio. 

«La sanzione disciplinare in corso, in parte ritenuta infondata nel fatto ed in parte non proporzionata sul piano soggettivo e dosimetrico, misura che a distanza di un mese e mezzo dalla sua adozione ed esecuzione, appare ben più che soddisfacente per la tutela delle ragioni dell'ente (che, si ripete, non ha rappresentato il danno derivato). Nella prospettiva del giudizio di merito, ed in attesa della sua instaurazione, è verificabile come altamente probabile la illegittimità parziale della misura disciplinare adottata, nel criterio di scelta adoperato per la sua tipologia e durata, sicché ricorre il pericolo che l'attesa della definizione del giudizio di merito possa consolidare il citato pregiudizio che non è solo professionale per le funzioni espletate dal ricorrente ma anche di garanzia della continuità assistenziale. L'eventuale prosieguo nel merito potrà approfondire il grado di negligenza nelle ipotesi comportamentali residue, in ragione della incidenza delle scelte organizzative aziendali sulle condotte tenute e disposizioni adottate nella gestione del paziente, e la proporzionalità nella scelta dell'eventuale misura a reputarsi più idonea e sua durata. Allo stato, la misura disciplinare applicata va ritenuta parzialmente illegittima e sospesa con effetto ex nunc».

sabato, dicembre 21, 2013

AUGURI DI UN SERENO NATALE A TUTTI GLI AMICI E COLLEGHI.


Gli auguri dell'AIGA.

Gli auguri del CNF.

L'aforisma del sabato.

Sacrifici per tutti tranne che per il Csm.

La cosa bella di Michele Vietti, vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura, è che a intortarti non ci prova nemmeno.
I vertici degli altri organi costituzionali e degli enti pubblici si riempiono la bocca con la spending review, poi è un miracolo se gli aumenti delle loro spese restano contenuti nei limiti del tasso d’inflazione.
Nell’organo di autogoverno dei magistrati simili ipocrisie non attecchiscono.
Il Csm ha affrontato l’argomento una volta sola, nel luglio 2012, per dire che i tagli preventivati dal ministero per l’intero comparto della Giustizia avrebbero messo a rischio le indagini su materie come terrorismo, traffico di droga e criminalità organizzata.
Filosofia che il Csm difende con indubbia coerenza, tanto da estenderla al proprio bilancio interno, che pure nulla ha a che vedere con la qualità delle inchieste giudiziarie. Il bilancio di previsione 2014 del Csm, del quale Libero ha preso visione, sembra giungere da quel tempo lontano e felice nel quale alle pubbliche amministrazioni bastava elencare le proprie esigenze, senza porsi il problema di contenere il budget; anzi, arrotondando ogni voce per eccesso.
Il ministro del Tesoro provvedeva poi a staccare l’assegno, senza battere ciglio. Del resto, se qualcuno ha inventato le tasse e i contribuenti, un motivo ci sarà. Così, per il prossimo anno, il Csm ha già messo in conto spese per la bellezza di 43.877.547 euro.
E siccome il 2013 sta per chiudersi con uscite complessive pari a 32.717.028 euro, significa che nel 2014 l’organismo guidato da Vietti prevede di spendere il 34% in più di quanto ha fatto negli ultimi dodici mesi. In un momento in cui tutti stringono la cinghia, conforta sapere che c’è chi non deve fare i conti con simili preoccupazioni.
Raffrontato con il budget stanziato inizialmente per il 2013, che ammontava a 41.650.216 euro, l’incremento è del 5,3%: oltre il triplo del tasso d’inflazione stimato dal governo, pari all’1,5%.
 Nella relazione illustrativa alla previsione di spesa, firmata dal segretario generale Carlo Visconti, si leggono cose controcorrente in una fase come quella attuale. Già alla prima voce, quella dell’«Assegno Componenti», si prevede un esborso di 1.600.000 euro, superiore del 20% a quello del 2013. «Considerato che nel 2014 si insedieranno i consiglieri del quadriennio 2014-2018», spiega la relazione, l’incremento «garantisce l’incertezza di questo tipo di spesa, tenuto conto della differenza di trattamento secondo la “qualifica” con cui i medesimi vengono nominati (avvocato o professore)». Csm tour operator - Più difficile spiegare i viaggi. Perché viaggiano parecchio, i componenti del Csm.
E prevedono di farlo sempre di più. Soprattutto Vietti, che è già stato in missione in mezzo mondo, inclusi Stati Uniti, Argentina, Russia, Francia, Iraq e Afghanistan. E viaggiare costa. All’inizio del 2013 la voce «Rimborso spese attività estero componenti» era stata finanziata con 45.000 euro. Rivelatisi insufficienti, tanto che a fine anno la spesa è stata di 95.000 euro. Per evitare simili sgradevoli correzioni, la dotazione del 2014 è stata portata a 130.000 euro (+37%), con la speranza che stavolta bastino.
Aumento che la relazione giustifica con «un prevedibile incremento delle attività internazionali». Questione che interessa anche i magistrati segretari: il loro rimborso spese, legato soprattutto all’attività fuori confine, è previsto che salga da 34.000 a 110.000 euro, con un balzo del 224%. Lo stesso standard generoso è usato nei riguardi del personale. Il prossimo anno le spese per la previdenza integrativa, l’assicurazione sanitaria e la formazione dei dipendenti sono destinate a crescere del 48%, passando da 885.000 a 1,31 milioni.
È in arrivo, infatti, «un ambizioso programma formativo in favore del personale dipendente», che andrà in parallelo con «un importante programma di formazione linguistica in favore di componenti e magistrati addetti alla segreteria».
E siccome il Csm è un’isola felice, nel 2014 «sono prevedibili» anche «concorsi per il reinquadramento di tutto il personale», che hanno già fatto salire la voce «Compensi per incarichi speciali» da 474.000 a 700.000 euro (+48%). Al confronto, il budget per i buoni pasto dei magistrati e del personale è un modello di oculatezza: i 330.000 euro messi a bilancio (e interamente spesi) nel 2013 diventano 370.000 nel 2014.
«È previsto uno stanziamento incrementato di circa il 10%», si legge nella relazione. In realtà è il 12%, ma viste le altre voci non è il caso di lamentarsi. L’energia elettrica, ad esempio: per il 2013 era stata messa in conto una bolletta di 495.000 euro, rivelatasi fortunatamente assai inferiore: 365.000 euro.
Bella notizia. Ma allora perché per il 2014, alla stessa voce, è prevista una spesa di 550.000 euro, superiore del 51% a quella di quest’anno? Bisogna tenere conto «dei probabili aumenti delle tariffe e dell’incremento dei consumi a causa dell’uso intensivo dei condizionatori di palazzo dei Marescialli in estate rilevato dall’economato», sostiene la relazione.
Dalla quale si apprendono quindi due cose: nel mese di agosto la sede del Csm è piena di dipendenti intenti a lavorare (l’impressione era diversa, ma buono a sapersi) e l’ipotesi di moderare l’uso dei condizionatori, come avviene nelle normali famiglie e negli uffici privati, non è presa in considerazione. Per la manutenzione e messa in sicurezza dei lussuosi locali nel 2013 sono stati spesi 816.000 euro.
Cifra che, secondo le previsioni, arriverà a 1,3 milioni nel 2014, crescendo del 59%. Peggio andrà con gli arredamenti e i mobili: nel 2013 lo stanziamento di 70.000 euro si è rivelato insufficiente, tanto che la spesa finale è stata di 106.900 euro.
Nonostante questo, l’economato del Csm ha rilevato che abbondano «arredi di ufficio oramai obsoleti», che i prossimi componenti avranno necessità di sostituire. Spesa prevista per il 2014: 295.000 euro (+176%).
Being (no) digital - Ci sarebbe poi tutto il capitolo della digitalizzazione che non esiste. «Trasportare i bit, non gli atomi», scriveva Nicholas Negroponte nel suo libro Being Digital. Era il 1995, ma a palazzo dei Marescialli ancora non l’ha letto nessuno. Né si sono accorti che persino in Italia è stato avviato un processo di digitalizzazione delle pubbliche amministrazioni. Così si continuano a stampare su carta i Quaderni del Csm, con un costo per il 2014 stimato in 60.000 euro (+29% sul 2013).
Ad acquistare quintali di carta e cancelleria (previsto un esborso di 130.000 euro, in aumento del 30%). A spendere 345.000 euro (+6%) per aquistare, noleggiare e mantenere fotocopiatrici e altre macchine per il centro stampa e gli uffici del Csm. A pagare 35.000 euro (+17%) di spese postali e telegrafiche. A comprare e rilegare libri per 95.000 euro (+8%).
La voce più curiosa è comunque quella per le spese legali «per liti, arbitraggi, risarcimenti ed accessori derivanti da sentenze passate in giudicato»: dai 150.000 euro spesi (25.000 in più del previsto) nel 2013, si passa ai 200.000 stimati per il 2014 (+33%). Una cifra che «tiene conto del trend in ascesa di questo tipo di spesa», avverte la relazione. E visto che i massimi esperti in materia sono loro, al povero contribuente non resta che prenderli in parola.
Post scriptum.
L’articolo 87 della Costituzione affida la presidenza del Consiglio superiore della magistratura al capo dello Stato. Giorgio Napolitano ha iniziato da anni un processo di riduzione delle spese del Quirinale. Secondo il bilancio previsionale del 2013, il budget della Presidenza della Repubblica è sostanzialmente fermo al 2008.
Ieri lo stesso Napolitano ha detto che «la riduzione della spesa pubblica, affidata a un’accurata revisione e selezione, è una necessità oggi non contestabile né differibile». Ragionamento ineccepibile.
Proprio per questo ci permettiamo di chiedere: il Capo dello Stato è al corrente dei bilanci del Csm? Conosce gli aumenti di spesa previsti per il 2014? Li condivide? Répondez, s’il vous plaît.

di Fausto Carioti

tratto dal quotidiano “Libero”

venerdì, dicembre 20, 2013

Deontologia: Le espressioni offensive o sconvenienti valicano i limiti imposti dai doveri di correttezza e decoro.

La libertà che viene riconosciuta alla difesa della parte non può mai tradursi in una licenza ad utilizzare forme espressive sconvenienti e offensive nella dialettica processuale, con le altre parti, il giudice o i terzi, ma deve invece rispettare i vincoli imposti dai doveri di correttezza e decoro.

Consiglio Nazionale Forense (pres. Alpa, rel. Allorio), sentenza del 2 settembre 2013, n. 150.

giovedì, dicembre 19, 2013

Evento formativo del 16 gennaio 2014.

Processo civile, CNF: “Il più radicale dissenso sul disegno di legge delega”.

Il presidente Guido Alpa ha inviato oggi una lettera al Ministro della Giustizia per segnalare la posizione di assoluta contrarietà dell’Avvocatura al metodo e ai contenuti del disegno di legge delega riguardante il processo civile, approvato in Consiglio dei Ministri lo scorso 17 dicembre.
Con la stessa, Alpa ha inoltrato al Guardasigilli il Comunicato stampa diramato ieri, il cui testo è di seguito riportato.
Roma 18/12/2013. Il Consiglio Nazionale Forense in relazione allo schema di disegno di legge che delega il Governo all'emanazione di disposizioni riguardanti il processo civile approvato nel corso del Consiglio dei Ministri di ieri, esprime il proprio radicale dissenso sul provvedimento in generale e la ferma riprovazione per taluni dei suoi contenuti.
Il disegno di legge, il cui studio il CNF si riserva di approfondire, si pone in contrasto con l'iniziativa assunta dal Ministro della Giustizia, non più tardi del giugno di quest'anno, con la costituzione di una Commissione mista di avvocati, magistrati e professori universitari presieduta dal professor avvocato Romano Vaccarella, per formulare proposte di interventi su processo civile e mediazione nell'ambito di un progetto organico volto ad eliminare le criticità prodotte dagli interventi estemporanei succedutisi negli anni; nonostante la commissione stesse per sottoporre il suo progetto, il Ministro ha contraddetto se stesso facendosi promotore di modifiche nuovamente estemporanee, scollegate da una visione di insieme, causa di ulteriori criticità.
Lo schema di ddl delega, deliberatamente elaborato ancora una volta senza tener conto dell'avvocatura in contrasto con l'articolo 35, comma 1, lett. q) della legge n. 247/2012 (legge di riforma dell’ordinamento forense), esprime un pregiudizio infondato e sgradevole nei confronti della categoria degli avvocati visti come causa prima delle lungaggini del processo, aggiungendo alle norme che hanno sin qui punito la professione con previsioni di decadenze, inammissibilità, riduzione di compensi, quella sulla solidarietà del difensore con l'assistito per i casi di condanna ex articolo 96 del codice di procedura civile (lite temeraria) così ignorando, tra l'altro, un principio elementare di diritto e di etica che vuole distinto il ruolo del difensore da quello dell'assistito.
Desta sconcerto la previsione per cui il giudice motiva la sentenza solo se chi lo richiede paga prima un nuovo balzello pari alla metà del contributo unificato previsto per l'appello.
Pur in presenza di altre norme che, prese isolatamente, possono contribuire a snellire il processo e l'attuazione della sentenza, è riprovevole il metodo seguito ed il pregiudizio alimentato nei confronti della categoria la quale si è sempre - ma inutilmente - dichiarata disponibile all'interlocuzione col Ministero offrendo la sua collaborazione all'elaborazione di progetti organici di riforma rifiutando la casualità e l'estemporaneità che invece caratterizzano l'azione governativa in materia.

martedì, dicembre 17, 2013

Governo: ennesimo intervento disorganico sulla giustizia civile.

Con il ddl di delega al Governo, collegato alla legge di Stabilità, varato oggi insieme al pacchetto carceri dal Consiglio dei ministri, ennesimo intervento disorganico sul processo civile.
Anzitutto, con le nuove norme si attribuisce al giudice "il potere di disporre, quando si tratta di causa semplice, il passaggio dal rito ordinario di cognizione al più snello rito sommario di cognizione", e quello di decidere la lite di primo grado mediante un dispositivo accompagnato dalla sola "indicazione dei fatti e delle norme sulle quali si fonda la decisione", rimettendo alle parti la scelta se richiedere la motivazione estesa ai fini dell'impugnazione della sentenza, previo l'"anticipato versamento di una quota del contributo unificato dovuto per il grado successivo".
Il ddl delega consente poi al giudice di appello che conferma il provvedimento di primo grado di rifarsi alla motivazione già esposta dal giudice del provvedimento impugnato.
Si prevede poi che in alcune materie - non particolarmente complesse e delicate (sono escluse, ad esempio, quelle che coinvolgono i diritti della persona) - la controversia venga trattata e decisa dal giudice in composizione monocratica e non collegiale.
 Inoltre, si prevede che il giudice, quando emette una sentenza di condanna all'adempimento di obblighi di "fare fungibili" (e non soltanto di obblighi di fare infungibile) possa imporre al debitore che non adempia il pagamento di una somma di denaro fino al momento dell'adempimento e che, in particolari materie ad elevato tasso tecnico, il processo venga preceduto dall'espletamento di una consulenza tecnica volta soprattutto alla quantificazione del danno lamentato.
In caso di condanna per lite temeraria, i difensori potranno essere chiamati in solido a rispondere del pagamento delle spese processuali.
Si consente agli ufficiali giudiziari di ricercare i beni da pignorare con modalità telematiche interrogando banche dati, compresa l'anagrafe tributaria.
La delega prevede anche la riforma del sistema delle garanzie mobiliari, introducendo forme di garanzie senza spossessamento, al fine di agevolare l'accesso al credito delle Pmi.
Si incide infine sul processo di esecuzione forzata con l'obiettivo di contenerne i tempi, eliminando "inutili passaggi procedimentali".

domenica, dicembre 15, 2013

NELL'ACCERTAMENTO DEL NESSO CAUSALE IN MATERIA CIVILE VIGE LA REGOLA DEL "PIU' PROBABILE CHE NON".

(Cassazione Sezione Terza Civile n. 23933 del 22 ottobre 2013, Pres. Massera, rel. De Stefano)

Secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità in tema di responsabilità civile, il nesso causale è regolato dal principio di cui agli artt. 40 e 41 cod. pen., per il quale un evento è da considerare causato da un altro se il primo non si sarebbe verificato in assenza del secondo, nonché dal criterio della cosiddetta causalità adeguata, sulla base del quale, all'interno della serie causale, occorre dar rilievo solo a quegli eventi che non appaiano - ad una valutazione ex ante - del tutto inverosimili, ferma restando, peraltro, la diversità del regime probatorio applicabile, in ragione dei differenti valori sottesi ai due processi: nel senso che, nell'accertamento del nesso causale in materia civile, vige la regola della preponderanza dell'evidenza o del "più probabile che non", mentre nel processo penale vige la regola della prova "oltre il ragionevole dubbio".
Nello stesso ordine di idee, si è affermato che l'esistenza del nesso di causalità tra una condotta illecita ad un evento di danno può essere affermata dal giudice civile anche soltanto sulla base di una prova che lo renda probabile, a nulla rilevando che tale prova non sia idonea a garantire una assoluta certezza al di là di ogni ragionevole dubbio: infatti, la disomogenea morfologia e la disarmonica funzione del torto civile rispetto al reato impone, nell'analisi della causalità materiale, l'adozione del criterio della probabilità relativa (anche detto criterio del "più probabile che non"), che si delinea in una analisi specifica e puntuale di tutte le risultanze probatorie del singolo processo, nella loro irripetibile unicità, con la conseguenza che la concorrenza di cause di diversa incidenza probabilistica deve essere attentamente valutata e valorizzata in ragione della specificità del caso concreto, senza potersi fare meccanico e semplicistico ricorso alla regola del "50% plus unum".

sabato, dicembre 14, 2013

Deontologia: Il principio di presunzione di non colpevolezza vale anche in sede disciplinare.

Il procedimento disciplinare ha natura accusatoria, sicché grava sul Consiglio dell’Ordine l’onere della prova dell’illecito comportamento addebitato all’incolpato, il quale è pertanto esonerato dal fornire la prova diretta in merito alla rispondenza a verità dei fatti contestatigli.

Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Grimaldi, rel. Sica), sentenza del 2 settembre 2013, n. 145.

NOTA: In senso conforme, tra le altre, Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Salazar, rel. Picchioni), sentenza del 27 maggio 2013, n. 80.

giovedì, dicembre 12, 2013

Esame avvocato: le tracce per l’atto giudiziario.

Atto giudiziario di diritto civile.
Tizio e Caio con scrittura privata, in data 20.06.1991, avevano stipulato un contratto preliminare di compravendita in virtù del quale Tizio si era obbligato a trasferire a Caio la proprietà di un appartamento sito in Roma per il prezzo di 750 milioni di lire.
Il contratto prevedeva che il pagamento del prezzo sarebbe avvenuto per una parte, pari alla somma di 150 milioni di lire al momento della stipula del preliminare, per una parte in tre rate di 100 milioni ciascuna, senza determinazione del tempo del pagamento delle stesse, per il residuo al momento della stipula del contratto definitivo; la conclusione del contratto definitivo sarebbe avvenuta nel termine di 30 giorni dalla formalizzazione della richiesta di stipula da parte di Tizio.
Nel contratto preliminare si prevedeva, inoltre, che al momento della sottoscrizione dello stesso Tizio avrebbe consegnato a Caio le chiavi dell'appartamento così garantendogli la piena disponibilità del bene. In esecuzione dell'accordo concluso e contestualmente alla stipulazione del preliminare, Caio versava un assegno circolare di 150 milioni di lire e riceveva da Tizio le chiavi dell'appartamento.
Successivamente Caio effettuava il pagamento di due sole rate da 100 milioni di lire e Tizio non richiedeva il pagamento di quanto ulteriormente pattuito nè formulava la richiesta di stipula del contratto definitivo. Caio nel novembre del 2012 ha convenuto in giudizio dinanzi al Tribunale di Roma Tizio chiedendo accertarsi che egli era divenuto proprietario del bene per usucapione.
A sostegno delle proprie ragioni Caio ha dedotto di essere stato l'unico possessore dell'appartamento di cui al preliminare di vendita, fin dal giugno del 1991 e di aver agito sostenendo tanto le spese di condominio che quelle necessarie all'ordinaria manutenzione. Assunte le vesti del legale di Tizio, il candidato rediga l'atto giudiziario ritenuto più utile alla difesa del suo cliente.
Atto giudiziario di diritto penale.
All'esito di perquisizione domiciliare effettuata presso l'abitazione ove convivono i fratelli Tizio e Caio, la Polizia giudiziaria - presente in casa solamente Tizio - procede al sequestro di un quantitativo di sostanza stupefacente del tipo cocaina del peso di grammi 600 circa, oltre a sostanza da taglio e confezioni di bustine di plastica trasparente, il tutto rinvenuto a vista su un pensile della cucina, vicino ad un bilancino elettronico funzionante.
Nella stanza di Tizio viene altresì rinvenuta e sequestrata la somma in contanti di 1.200 euro suddivisa in banconote da 10, 20, e 50 euro, custodite in un cassetto dell'armadio; e un'agenda con annotazioni di nomi di persone, numeri di telefono e cifre in denaro poste all'interno del cassetto del comodino. Poco dopo, quando la polizia era ancora presente in casa, giunge anche Caio incensurato a cui viene sequestrata, a seguito di perquisizione personale la somma in contanti di 120 euro che lo stesso aveva nel portafoglio. Tizio e Caio vengono tratti in arresto e nell'interrogatorio all'udienza di convalida innanzi al giudice per le Indagini Preliminari, Tizio si assume la responsabilità esclusiva della disponibilità della sostanza stupefacente; Caio conferma che la sostanza era di proprietà esclusiva del fratello.
Con ordinanza emessa all'esito della convalida viene applicata nei confronti di entrambi la misura della custodia cautelare in carcere per il reato di concorso nella detenzione della sostanza stupefacente su indicata. Il candidato, assunte le vesti del legale di Caio, rediga l'atto più opportuno evidenziandone le problematiche sottese alla fattispecie in esame.
Atto giudiziario di diritto amministrativo.
Con bando di gara pubblicato in data 10 dicembre 2011 l’Ente Pubblico Alfa indiceva una procedura selettiva con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa per l’affidamento dei servizi di pulizia dell’aeroporto Beta.
Con istanza tempestivamente presentata le imprese Delta e Kappa chiedevano di partecipare alla gara dichiarando che si sarebbero costituite in Ati (associazione temporanea imprese) nella quale la società Kappa avrebbe assunto la qualità di capogruppo, senza tuttavia specificare la quota di partecipazione alle parti del contratto da svolgersi di ciascuna di esse.
Ai fini della prestazione della garanzia provvisoria ai sensi dell’articolo 75 del d.l. 12 aprile 2006 n. 163, la costituenda ati, presentava cauzione a nome della capogruppo Kappa. La commissione di gara iniziava i lavori di valutazione delle offerte presentate in data 20 gennaio 2012.
La società Omega, che aveva presentato un’offerta che le avrebbe permesso di collocarsi al secondo posto in graduatoria, rimaneva esclusa con provvedimento della commissione di gara datato 15 febbraio 2012, non avendo prodotto documentazione che comprovasse il possesso dei dichiarati requisiti di capacità tecnica risultante da precedenti rapporti intrattenuti con altra pa.
Con atto del 22 febbraio 2012 la stazione appaltante aggiudicava l’appalto all’ati, costituita tra Delta e Kappa. Il candidato assunte le vesti del legale della società Omega rediga l’atto ritenuto più idoneo alla tutela degli interessi della propria assistita.

Esame Avvocato: a Lecce candidata di 79 anni!

mercoledì, dicembre 11, 2013

Esame avvocato 2013: le tracce del parere di penale.

TRACCIA N. 1
Tizio,dopo aver trascorso la notte in discoteca e bevuto numerose bevande alcoliche,nonchè assunto dosi di sostanza stupefacente, si poneva alla guida della sua vettura di grossa cilindrata e transitando a velocità elevata in un centro abitato, perdeva il controllo dell'autovettura e finiva fuori strada investendo Mevio, che si trovava a transitare sul marciapiede, terminando poi la sua corsa contro un'edicola che veniva distrutta. Mevio decedeva sul colpo.
Sottoposto ad alcool test dalla polizia, Tizio risultava in stato d'ebbrezza (2,00 g/l alla prima prova; 2,07 g/l alla seconda prova) e, trasportato in ospedale, veniva altresì accertato nei suoi confronti l'uso di sostanza stupefacente.
La consulenza tecnica espletata in corso d'indagini, consentiva di accertare che l'autoveicolo, al momento dell'impatto, procedeva ad una velocità di 108 km/h , in un tratto di strada rettilineo dove il limite era quello di 50km/h. Nessuna traccia di frenata era stata rinvenuta.
Si accertava infine che la perdita di controllo dell'auto non era stata causata da qualche guasto meccanico. Nel corso delle indagini preliminare, Tizio si reca da un legale per conoscere le possibili conseguenze penali della propria condotta.
Assunte le vesti di difensore di Tizio, il candidato illustri la fattispecie o le fattispecie configurabili nel caso in esame, con particolare riguardo all'elemento soggettivo del reato.
TRACCIA N. 2
Durante la spedizione postale di alcuni assegni circolari inviati in pagamento già compilati anche nell'indicazione del beneficiario, vengono rubati. Nella consapevolezza della loro provenienza illecita, Tizio entra in possesso di 3 di tali assegni intestati a Caio e, aperto un conto corrente a nome di quest'ultimo attraverso la presentazione di un documento falso recante la propria fotografia ma con le generalità di Caio, versa in Banca gli assegni senza alcuna manomissione e , nello stesso giorno, incassa i corrispondenti importi in contanti.
A seguito della denuncia dell'istituto di credito emittente gli assegni (a cui Caio ha reclamato il pagamento) si scopre che gli assegni sono stati incassati attraverso la fotografia sul documento e le registrazioni del sistema di sorveglianza della Banca effettuate il giorno in cui era avvenuta l'apertura del conto di Tizio (pregiudicato già segnalato presso gli archivi della polizia), viene identificato e sottoposto a procedimento penale.
Tizio si reca da un legale per conoscere le possibili conseguenze penali della propria condotta. Il candidato, assunte le vesti del difensore di Tizio, analizzi le fattispecie di reato configurabili

martedì, dicembre 10, 2013

Evento formativo del 21/12/2013 (n. 4 crediti).

Esame avvocato: le tracce di civile.

PRIMA TRACCIA PARERE CIVILE 2013 
La società Alfa nel gennaio 2009 esegue una fornitura di merce a favore della società Beta s.r.l. per l’importo complessivo di 120.000 euro che, pur fatturato, non viene corrisposto. Alfa invia a Beta, nel frattempo posta in liquidazione volontaria, diverse lettere di sollecito per ottenere il pagamento della fornitura, tutte regolarmente ricevute dal liquidatore. Alfa decide, perciò, di agire giudizialmente nei confronti della debitrice sulla scorta degli ordini e delle fatture in suo possesso. Prima di rivolgersi al suo legale per la consegna della documentazione, Alfa esegue una visura presso la Camera di commercio e scopre che la società Beta nel gennaio 2013 è stata cancellata dal registro delle imprese su richiesta del liquidatore ed, all’esito della approvazione del bilancio finale di liquidazione che ha consentito una ripartizione modesta di attivo a favore dei quattro soci (20.000 euro ciascuno).
Alfa accerta, inoltre, che i soci di Beta sono tutti proprietari di beni e che, invece, il liquidatore è impossidente. Alfa si sincera, quindi, dal proprio legale di fiducia se esistono possibilità di recuperare quanto dovuto.
Ciò premesso, il candidato, assunta la posizione di legale della società Alfa, illustri le questioni sottese alla fattispecie ed, in particolare, quali effetti produce la cancellazione dal registro delle imprese di una società di capitali, e quali azioni possono essere esercitate dalla creditrice.
SECONDA TRACCIA PARERE CIVILE 2013 
Tizio e Caia, coniugi in regime di separazione dei beni, con atto pubblico del 12/12/2010, hanno costituito un fondo patrimoniale per i bisogni della famiglia conferendo allo stesso, tra gli altri beni, un immobile, di proprietà di entrambi, gravato da ipoteca volontaria iscritta il 10/10/2006 a garanzia di un contratto di mutuo in virtù del quale la Banca Alfa aveva erogato a Tizio e Caia l’importo di euro 250.000, per l’acquisto di quello stesso bene, importo che i due mutuatari avrebbero dovuto restituire onorando il pagamento di rate semestrali per la durata di 15 anni.
L’atto pubblico di costituzione del fondo patrimoniale è stato trascritto il 15.12.2010 ed annotato nei registri dello stato civile il 15.01.2011. A far data dal gennaio 2012 Tizio e Caia si sono resi morosi nel pagamento delle rate di mutuo.
Il candidato, assunte le vesti del legale dell’istituto di credito, illustri le questioni sottese al caso in esame evidenziando in particolare che natura abbia il fondo patrimoniale, quale incidenza assume la costituzione dello stesso fondo patrimoniale in relazione alle possibili azioni della banca mutuante.

lunedì, dicembre 09, 2013

Deontologia: La mancata risposta alla richiesta di chiarimenti da parte del COA.

“Non costituisce (più) illecito disciplinare sanzionato dal secondo capoverso dell’art. 24 del codice deontologico forense la mancata risposta dell’avvocato alla richiesta del Consiglio dell’Ordine di chiarimenti, notizie, o adempimenti in relazione ad un esposto presentato, per fatti disciplinarmente rilevanti, nei confronti dello stesso iscritto”.

Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Grimaldi, rel. Sica), sentenza del 2 settembre 2013, n. 144

NOTA: In senso conforme, oltre a Cass. S.U. 28 .2.2011 n.4773 e Cass. S.U.30.12.2011 n.30173: Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Salazar, rel. Picchioni), sentenza del 27 maggio 2013, n. 80 Consiglio Nazionale Forense (Pres. Alpa, Rel. Borsacchi), sentenza del 29 novembre 2012, n. 181 Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Mariani Marini, rel. Berruti), sentenza del 15 ottobre 2012, n. 141
Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Perfetti, rel. Tacchini), sentenza del 20 aprile 2012, n. 71 Consiglio Nazionale Forense (Pres. f.f. Perfetti, Rel. Morlino), sentenza del 20 aprile 2012, n. 63 Consiglio Nazionale Forense (pres. ALPA, rel. MERLI), sentenza del 18 ottobre 2011, n. 166.

Liquidazione onorari avvocati: solo il Presidente del Tribunale, e non il Presidente di Sezione, è competente ad emettere il decreto di comparizione parti e a trattare l’istanza di liquidazione degli onorari.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 27 settembre - 6 dicembre 2013, n. 27402.

 “Come hanno avuto modo di chiarire le Sezioni Unite di questa Corte Suprema (Cass. n. 182 del 1999) "La competenza del capo dell'ufficio giudiziario adito per il processo" sancita dagli artt. 28 e 29 della legge 13 giugno 1942 n. 794 per la liquidazione delle spese e dei compensi dell'avvocato o procuratore nei confronti del proprio cliente ha natura funzionale e inderogabile con riferimento non solo all'ufficio, ma anche alla persona del titolare di questo (presidente del collegio, se l'organo è collegiale, magistrato a capo dell'ufficio, se questo è costituito come tale), senza che assuma rilievo, in contrario, la eventuale divisione dell'ufficio (nella specie, di pretura) in sezioni, in quanto siffatta suddivisione, anche per le sezioni del lavoro istituite presso le preture dopo la riforma introdotta con la legge 11 agosto 1973 n. 533, risponde ad esigenze meramente organizzative, con la conseguenza che, ove la suindicata liquidazione inerisca ad una causa di lavoro, la competenza ex artt. 28 e 29 citati spetta, non al singolo pretore (ovvero al dirigente della sezione lavoro), ma al pretore dirigente”.

sabato, dicembre 07, 2013

Deontologia: La corrispondenza tra colleghi dichiarata “riservata” non può essere prodotta (né riferita) in giudizio a prescindere dal suo contenuto.

L’art. 28 del Codice Deontologico vieta non solo di produrre la corrispondenza riservata ma anche di riferirne in giudizio il contenuto, sussistendo riservatezza sia nell’ipotesi in cui la missiva contenga proposte transattive sia in quella in cui venga espressamente definita come riservata dal mittente (quale che ne sia il contenuto).

Consiglio Nazionale Forense (pres. Alpa, rel. Picchioni), sentenza del 23 luglio 2013, n. 135.

venerdì, dicembre 06, 2013

OUA: CONTRARIETÀ AL DDL DEL GOVERNO SUL PROCESSO CIVILE (NO AL GIUDICE UNICO IN APPELLO ED ALLA MOTIVAZIONE A PAGAMENTO).

Molte ombre e qualche spiraglio di luce dall’attività di Governo e Senato. Da un lato leggiamo (sulla stampa) dell’ennesimo ddl che dovrebbe essere approvato domani da Palazzo Chigi e che introduce una delega allo stesso Esecutivo per alzare il livello di efficienza del processo civile, dall’altro la Commissione Giustizia del Senato licenzia un parere a uno schema di decreto legislativo governativo sulla geografia giudiziaria, condizionato da alcune osservazioni che potrebbero riaprire la partita di diversi tribunali e sedi distaccate ora chiuse.
Per Nicola Marino, presidente dell’Organismo Unitario dell’Avvocatura-Oua: «La prima notizia dimostra l’incapacità di ripensare la Giustizia, attraverso una riforma complessiva e organica. È sempre la stessa “minestra riscaldata” che ci viene riproposta da diversi anni: ci risiamo con il giudice unico in appello e con la motivazione a pagamento, l’obiettivo è trasformare il processo civile in una corsa ad ostacoli per i cittadini. Ancora una volta le proposte del ddl del Governo, che abbiamo letto sui giornali, si riducono a una compressione del diritto di difesa, come se non bastasse già l’aumento sproporzionato del contributo unificato o le modalità di introduzione della mediazione obbligatoria. È evidente che manca la volontà politica di intervenire sulla macchina giudiziaria in generale e, quindi, sui veri problemi del civile. Il tempo del cambiamento, purtroppo è ancora lontano».
«Un plauso – conclude Marino - va invece, alla Commissione Giustizia del Senato che ha licenziato (il 3 dicembre) un parere che apporta importanti correzioni allo schema di decreto legislativo correttivo presentato dal Governo sulla geografia giudiziaria e che potrebbe salvare diversi uffici ingiustamente chiusi. Si tratterebbe dei Tribunali di Rossano, Lucera, Vigevano, Nicosia (con accorpamento di Mistretta), Alba, Bassano del Grappa, Pinerolo, Chiavari, Sanremo e Sala Consilina. Positivo anche l’impegno affinché ci sia un intervento rispetto al nodo delle sezioni distaccate, con riferimento sia a quelle impropriamente cessate, nonostante avessero indici elevati di sopravvenienza, sia a quelle soggette a particolari situazioni geografiche, come quelle delle isole di Ischia, Lipari e Portoferraio».

(OUA, comunicato stampa 5 dicembre 2013)

giovedì, dicembre 05, 2013

Deontologia: Vietato assistere, anche solo di fatto, un coniuge contro l’altro dopo averli assistiti entrambi.

L’avvocato che, quand’anche sprovvisto di formale procura alle liti, abbia assistito congiuntamente i coniugi in controversie familiari deve astenersi dal prestare, in favore di uno di essi, la propria assistenza in controversie successive tra i medesimi (Nel caso di specie, il professionista agiva nei confronti di una parte al fine di ottenere la revisione delle misure economiche stabilite nel precedente giudizio di separazione personale, nel quale aveva di fatto assistito entrambi i coniugi, ancorché sprovvisto di formale procura alle liti. In applicazione del principio di cui in massima, il CNF ha ritenuto congrua la sanzione disciplinare della censura).

Consiglio Nazionale Forense (pres. Alpa, rel. Damascelli), sentenza del 23 luglio 2013, n. 137

lunedì, dicembre 02, 2013

Erronea dichiarazione alla Cassa forense: il termine di prescrizione decorre dalla data di presentazione.

Corte di Cassazione, Sezione Lavoro Sentenza 26/11/2013, n. 26411 

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 26411 del 26 novembre 2013, rigettando un ricorso della Cassa Nazionale Forense, chiarisce il regime prescrizionale in caso di errore commesso dall’avvocato in sede di dichiarazione.
Per la Suprema Corte di Cassazione, l’art. 19 dell legge n. 576/1980, che contiene la disciplina della prescrizione dei contributi dovuti in favore della Cassa, individua un distinto regime della prescrizione a seconda che la comunicazione dovuta da parte dell’obbligato sia stata omessa o sia stata resa in modo non conforme al vero, “riferendosi solo al primo caso l’ipotesi di esclusione del decorso del termine prescrizionale decennale, mentre, in ordine alla seconda fattispecie, il decorso di siffatto termine è da intendersi riconducibile al momento della data di trasmissione all’anzidetta cassa previdenziale della menzionata dichiarazione”.
E “nella specie non trattandosi, come accertato dalla Corte del merito, di omessa dichiarazione la prescrizione non può che decorrere dalla data di trasmissione della dichiarazione”.

giovedì, novembre 28, 2013

CASSAZIONE: CARATTERE “ESCLUSIVAMENTE ASSISTENZIALE” DELL’ASSEGNO PERIODICO DI DIVORZIO.

"L'assegno periodico di divorzio, nella disciplina introdotta dalla Legge 6 marzo 1987, n. 74, articolo 10, modificativo della Legge 1 dicembre 1970, n. 898, articolo 5, ha carattere esclusivamente assistenziale, atteso che la sua attribuzione trova presupposto nell'inadeguatezza dei mezzi del coniuge istante, da intendersi come insufficienza dei medesimi, comprensivi di redditi, cespiti patrimoniali ed altre utilita' di cui possa disporre, a conservargli un tenore di vita analogo a quello avuto in costanza di matrimonio, senza cioe' che sia necessario uno stato di bisogno, e rilevando invece l'apprezzabile deterioramento, in dipendenza del divorzio, delle precedenti condizioni economiche, le quali devono essere tendenzialmente ripristinate. Ove sussista tale presupposto, la liquidazione in concreto dell'assegno deve essere effettuata in base alla valutazione ponderata e bilaterale dei criteri enunciati dalla legge".

Corte di Cassazione, Civile, Sezione 1, Sentenza del 27-11-2013, n. 26491

mercoledì, novembre 27, 2013

Esame Avvocato: la Commissione di Salerno.

Cittadella Giudiziaria: in arrivo 30 milioni di euro per il completamento.

Approvato l'emendamento, nella votazione sulla Legge di Stabilità, con il quale si prevede la destinazione di 30 milioni di euro per l’edilizia giudiziaria con particolare riguardo per il completamento delle opere già cantierate.
Con questo finanziamento ci si dovrebbe avviare al definitivo completamento di un’opera fondamentale per garantire ai magistrati, all’avvocatura, al personale ed ai cittadini le migliori condizioni per lo svolgimento del servizio giustizia.
Nelle prossime settimane avranno inizio le operazioni di trasferimento degli archivi nei locali già consegnati all’amministrazione giudiziaria.

Evento formativo del 04/12/2013 (n. 2 crediti).

Deontologia: Il termine per il deposito della decisione disciplinare del COA è ordinatorio.

“Il termine di quindici giorni fissato dall’art. 50 L.P. per il deposito o la notifica della decisione disciplinare del C.d.O., non ha natura perentoria e la sua violazione non determina la nullità del provvedimento adottato”.

Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Perfetti, rel. Baffa), sentenza del 20 luglio 2013, n. 128. 

NOTA: In senso conforme, tra le altre, Consiglio Nazionale Forense (Pres. f.f. Perfetti, Rel. Borsacchi), sentenza del 13 marzo 2013, n. 27, Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Vermiglio, rel. Merli), sentenza del 30 aprile 2012, n. 87, Consiglio Nazionale Forense (Pres. Alpa, Rel. Piacci), sentenza del 20 febbraio 2012, n. 15.

martedì, novembre 26, 2013

Evento formativo del 04/12/2013 (n. 5 crediti formativi).

OUA: VIII CONFERENZA NAZIONALE DELL'AVVOCATURA.

Magistrati: sì della Cassazione alla responsabilità disciplinare, in caso di ritardo nel deposito delle sentenze.

Corte di cassazione – Sezioni Unite civili – Sentenza 8 ottobre-25 novembre 2013 N. 26284 

Riconosciuta la responsabilità del magistrato per gravi ritardi nel deposito di numerose sentenze con punte di 100-200 giorni: è questo il caso deciso dalle sezioni Unite civili con la sentenza del 25 novembre 2013 n. 26284.
La Sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura, con decisione del 2013, aveva inflitto a un magistrato la sanzione della perdita di anzianità di due mesi per avere depositato “nel periodo giugno 2003-marzo 2010 numerose sentenze con gravi ritardi, molte superiori ai 100-200 giorni, in un caso ai 300 giorni, mentre nel caso più grave il ritardo aveva raggiunto i 2.246 giorni”. Il Csm aveva rilevato che il ritardo nel deposito “appariva grave, ingiustificato e reiterato”, soprattutto nel periodo in cui magistrato aveva svolto la funzione di giudice. In relazione, alle funzioni esercitate “ben 10 sentenze erano state depositate con un ritardo di circa tre anni”.
Ma non è finita. Sempre secondo il Csm “il ritardo era altresì reiterato, riguardando almeno 40 sentenze, nonché grave, perché almeno per la metà dei depositi, superiore all’anno, con una punta di 1400 giorni”.
In conclusione, i carichi e l’organizzazione del lavoro non potevano giustificare tali ritardi. Il magistrato nel ricorso in Cassazione ha sostenuto un difetto di motivazione del provvedimento del Consiglio, che ha determinato la perdita dell’anzianità.
Secondo le sezioni Unite la motivazione della sezioni disciplinare del Csm è immune da vizi logici e giuridici.
“Dalla lettura – fanno presente le sezioni Unite - della sentenza impugnata emerge infatti che la Sezione disciplinare, dopo avere evidenziato sia il considerevole numero di provvedimenti depositati in ritardo nonché la durata dl detti ritardi ‘per periodi di oltre tre anni, con punte superiori al 4 anni” ha dimostrato da un lato che tali comportamenti avevano caratterizzato tutta la carriera del magistrato, iniziando nel triennio 1982-1985 e procurandogli due procedimenti disciplinari tuttavia conclusi con esito a lui favorevole: menzionati non certamente per ricavarne elementi di addebito nei suoi confronti, ovvero per essere rivalutati in senso sfavorevole, ma per dimostrare come egli abbia sempre sofferto di carenze strutturali nell’organizzazione del suo lavoro divenute una costante nel suo percorso professionale sia in occasione dl eventi (e di processi) particolari, sia nella normale gestione dei processi penali allo stesso affidati: e ciò tanto allorché aveva svolto funzioni istruttorie, quanto allorché era passato a comporre (ovvero a presiedere) una sezione penale del Tribunale.
Ha rilevato dall’altro che tale costante negativa non era cessata neppure in occasione del presente procedimento disciplinare, in conseguenza del quale il magistrato era stato obbligato a presentare un piano di rientro del depositi tuttavia rimasto inadempiuto perché buona parte del provvedimenti erano stati depositati assai dopo la scadenza dei termini indicati nel piano.
Sulla base di tali elementi di fatto la Sezione ha quindi concluso nel senso che i fatti oggetto di contestazione erano oggettivamente molto gravi e le omissioni costanti sì da non permettere il contenimento della sanzione nei limiti dei minimo edittale, e di rendere necessaria l’applicazione di quella immediatamente successiva”.

Storie italiane.......

Aiga: eletta la nuova Giunta Nazionale.

giovedì, novembre 21, 2013

Deontologia: La notifica all'irreperibile in sede disciplinare.

Il Consiglio territoriale può notificare gli atti del procedimento ai sensi dell’art. 143 cpc solo allorché senza colpa ignori residenza, dimora o domicilio del destinatario dell’atto, e ciò nonostante diligenti indagini, che non possono intendersi limitate alla sola visura anagrafica da cui risultasse che il destinatario si è trasferito per ignota destinazione (Nel caso di specie, il COA notificava gli atti del procedimento ai sensi dell’art. 143 cpc, sebbene conoscesse, o avesse potuto diligentemente conoscere, l’indirizzo di residenza dell’incolpato. In applicazione del principio di cui in massima, il CNF ha annullato la decisione conclusiva del procedimento stesso).

Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Perfetti, rel. Piacci), sentenza del 19 luglio 2013, n. 119

domenica, novembre 17, 2013

Deontologia: L’iniziativa giudiziale non corrispondente ad effettive ragioni di tutela del cliente.

“Le iniziative giudiziali (ivi compresa, estensivamente, la notificazione di un precetto) da proporre nei confronti della controparte devono corrispondere a effettive ragioni di tutela del proprio cliente e non devono essere inutilmente vessatorie, sicché integra illecito disciplinare la condotta del professionista che, ottenuto il pagamento della somma in forza di un titolo esecutivo, abbia nuovamente azionato un diverso titolo avente ad oggetto il medesimo credito (Nel caso di specie, il professionista aveva agito in forza di un’ordinanza ex art. 186 bis cpc nonché della successiva sentenza definitiva, ottenendo così due volte il pagamento per via coattiva dello stesso importo, e ciò, a suo dire, per una sorta di “giustizia sostanziale”, ossia ritenendo di far ottenere in tal modo al proprio cliente sì una somma maggiore di quella statuita in sentenza ma comunque ancora non sufficiente rispetto alle originarie domande giudiziali. In applicazione del principio di cui in massima, il CNF ha ritenuto congrua la sanzione disciplinare della censura)”.

Consiglio Nazionale Forense (pres. Alpa, rel. Pisano), sentenza del 19 luglio 2013, n. 117.

giovedì, novembre 14, 2013

CNF: Parcelle e decreti ingiuntivi, opinamento degli Ordini necessario.

Il decreto legge Cresci-Italia (n. 1/2012), in particolare l’articolo 9 che ha abrogato le tariffe forensi, non ha invece abrogato il potere degli Ordini in materia di opinamento delle parcelle ai fini dell’ottenimento del decreto ingiuntivo.
Lo precisa un parere della commissione consultiva del CNF (relatore Perfetti), reso in risposta ad un quesito inviato dall’Unione Triveneta dei Consigli dell’Ordine degli avvocati.
Il quesito è stato sollecitato da due pronunce del Tribunale di Verona, secondo le quali l’entrata in vigore dell’art. 9 del D.L. n. 1/2012 avrebbe determinato il venir meno, in capo agli Ordini forensi, del potere di opinamento parcelle.
Secondo tale orientamento, peraltro contrario a precedente circolare dello stesso Presidente del Tribunale, si sarebbe determinata l’abrogazione tacita degli articoli 636 c.p.c. (domanda e documenti corredati per il procedimento di ingiunzione) e 633, comma 1, nn. 2 e 3 c.p.c. (crediti oggetto di procedimento di ingiunzione).
Il parere ribadisce quanto già indicato nel dossier dell’Ufficio studi n. 6 del 2012, e che cioè “deve escludersi che l’abrogazione delle tariffe disposta dall’art. 9 del DL n. 1/2012 (cd. Cresci Italia) avesse determinato il venir meno del potere del COA di esprimersi sulla congruità della parcella” in ragione del fatto che la portata abrogativa dell’articolo 9 riguarda le tariffe e le disposizioni che si richiamano alle tariffe. In particolare, viene specificato che la portata abrogativa dell’art. 9 riguarda le tariffe come criterio di determinazione del compenso, e dunque incide sui criteri attraverso cui è esercitato il potere di opinamento, e non investe la sua persistenza in capo al Consiglio dell’Ordine forense.

mercoledì, novembre 13, 2013

Riforma della Giustizia: l’impotente lobby degli avvocati.

Ieri Lorenzo Salvia su Il Corriere della Sera ha scritto sul lobbismo in Italia verso il legislatore, riferito all’uso delle e-cigarette, nel quale ha infilato di sbieco il lobbismo degli avvocati, certificato a suo dire dalla presenza di 72 avvocati nelle Camere.
Spiegherò perché ciò è stato un pessimo esempio di giornalismo, superficiale, non documentato e soprattutto non rispondente al vero. Finalizzato a perpetrare la bufala della “casta” degli avvocati e la menzogna di una forza lobbistica che l’avvocatura non ha. Imputandole implicitamente lo sfacelo della giustizia italiana. Salvia usa il prezzemolo della lobby degli avvocati.
Se fosse vero ciò che scrive (pur se allusivo) l’avvocatura non sarebbe oggi in questo stato comatoso e poco dignitoso, nel quale versa per colpe certo sue (della governance inamovibile e poco lungimirante) e per colpe di altri (del vero lobbismo, quello di Confindustria, ben rappresentato per altro dal Corriere della Sera, teso ad appropriarsi di una parte del mercato dell’avvocatura).
Si finge di non sapere quale sia la vera condizione dell’avvocatura e della giustizia in Italia, legate a stretto filo. L’avvocatura ha rilievo costituzionale e partecipa, insieme alla magistratura, alla realizzazione della giustizia. Entrambe in pessimo stato.
L’avvocatura annovera circa 220.000 professionisti (tanti ma solo una parte difensori nelle aule di giustizia), di cui la metà ha meno di 43 anni e quasi il 40% è composto da donne.
Meno del 10% del totale produce oltre il 50% del Pil dell’avvocatura. Negli ultimi 3 anni la redditività media è in forte calo, penalizzando i più giovani e creando la c.d. “proletarizzazione” del ceto forense.
La Cassa di Previdenza Forense (con un patrimonio di 6 miliardi di euro e che ha appena garantito 50 anni di sostenibilità) è stata negli ultimi 2 anni depredata dal legislatore che ha usato come legislatore illegittimo l’Istat – poi entrambi spalleggiati dal Consiglio di Stato – fingendo di considerarla “pubblica” (senza però finanziarla, anzi è vietato) così aggredendo il patrimonio accumulato, e soprattutto l’assistenza (c.d. welfare, soprattutto per i giovani e i più deboli), per fare “cassa”.
Un comportamento indecente. L’avvocatura da anni chiede una seria riforma della giustizia, nell’interesse di tutti, per garantire un sistema efficiente e celere di tutela. Per ciò ha contrastato il progetto della mediazione obbligatoria ritenendo contraddittorio obbligare i contendenti ad uno strumento di adr (nel quale pure crede) senza responsabilizzarli verso una tale scelta.
Eppure la mediazione obbligatoria è vigente. L’avvocatura si è opposta al taglio a raso dei tribunali perché tale scelta non ha distinto tra tribunali efficienti (e necessari come presidi di legalità) da quelli inefficienti.
Nel calderone sono però stati salvati tribunali minori, sedi politiche di alcuni papaveri. I tribunali sono stati comunque tagliati, anche se sarà forse rimessa l’ultima parola al referendum.
L’avvocatura si è opposta all’aumento indiscriminato delle spese di giustizia (contributo unificato e “marche”) perché ciò impedisce l’accesso alla giustizia ai meno abbienti. Gli aumenti ci sono stati e continuano ad esserci.
L’avvocatura chiede che il processo telematico venga finalmente compiuto e semplificato, perché ciò comporterebbe una notevole riduzione delle spese ed una giustizia più efficiente. Il processo telematico è però ancora incompleto.
L’avvocatura ha chiesto di salvare il tariffario semplificandolo nell’interesse dei cittadini (trasparenza e certezza) ma ha dovuto subire l’ipocrita campagna di Monti sulle liberalizzazioni dell’avvocatura, così subendo la definitiva abrogazione delle tariffe, per poi farle rientrare dimezzate con lo strumento dei “parametri” che consentono ai magistrati di divenire gli artefici del rapporto economico tra avvocati e clienti.
Dov’è la liberalizzazione in tutto ciò?
L’avvocatura chiede da tempo di risolvere il problema del sovraffollamento delle carceri, al fine di garantire il pieno rispetto della dignità e dei diritti fondamentali delle persone detenute.
Il problema è ben lontano dall’essere risolto. Dunque dove sarebbe il lobbismo dell’avvocatura in tutto ciò? Gli esempi potrebbero continuare a decine.
Vero è che tra i 72 avvocati nelle Camere ci sono stati (e ci sono) vili mercenari al soldo del padrone. In palese conflitto di interesse. Ma è lobbismo questo verso l’avvocatura o svilimento della sua immagine? E’ invece opportuno affrontare uno dei più gravi problemi del nostro Paese: la malagiustizia.
Si scoprirà che la classe politica ha interesse a mantenere l’Italia in uno stato di perenne corruzione, incertezza del diritto, illegalità sostanziale non perché così vuole la lobby degli avvocati (inesistente) ma perché così vuole la criminalità e la massoneria degli affaristi.
Si scoprirebbe la verità. Forse il vero scopo del giornalismo.

di Marcello Adriano Mazzola | 13 novembre 2013