martedì, luglio 23, 2013

Elezioni Cassa. Ubertini (ex Presidente Cassa): l'iniziativa giudiziaria avrà effetti gravi soprattutto per i 56.000.

L'iniziativa giudiziaria dell'AIGA avrà effetti gravi per Cassa Forense, ma anche per i 56.000 che invece si dice di voler difendere.
I rapporti con i Ministeri Vigilanti, negli ultimi mesi, sono stati scanditi da lettere che hanno prima imposto l'anticipazione delle elezioni e poi definito "congelati" i poteri del C.d.A. e del Comitato dei Delegati, per la già intervenuta scadenza del loro mandato.
L'ammissione al voto anche solo della collega palermitana, per via giudiziale, ed il conseguente rinvio a nuova data delle elezioni, potrebbe indurre i Ministeri ad affidare ad un Commissario la gestione dell'Ente.
E non solo. Il ritardo dello svolgimento delle elezioni e poi dell'insediamento del nuovo Comitato allontanerà l'approvazione, oltre che degli ormai indispensabili interventi a sostegno di una Avvocatura provata dalla crisi economica, del Regolamento ex art. 21 e cioè di quelle regole certe attese proprio dai 56.000, che hanno diritto di conoscere quali saranno i loro obblighi contributivi ed ancor più quale futuro avranno nella professione.
Una doppia sconfitta per chi ha fatto dell'autonomia di Cassa Forense e della tutela dei giovani il vessillo della propria gestione.

Marco Ubertini - ex Presidente Cassa Forense

Presentazione del 22° Congresso nazionale AIGA 2013 .


CNF: ORDINI FORENSI PRESSO TRIBUNALI SOPPRIMENDI RIMANGONO IN VITA.

(AGENPARL) - Roma, 22 lug -" La soppressione del Tribunale non può comportare in via necessaria e automatica anche la soppressione dell’Ordine forense istituito presso quel circondario".
Lo afferma in una nota il Consiglio Nazionale Forense. "Perché ciò accada è necessaria una norma di legge che non solo preveda la soppressione ma disciplini la sorte dell’albo forense tenuto da quell’Ordine, e quella del personale dipendente, del patrimonio, delle funzioni amministrative in corso di svolgimento, con particolare riferimento a quella disciplinare, dei rapporti giuridici in corso. Norma di legge che allo stato attuale non è dato rinvenire mentre la tesi ministeriale di una soppressione implicita non è perseguibile.
In questo senso, il presidente del Consiglio Nazionale Forense, Guido Alpa, ha inviato oggi al Ministero della Giustizia e ai presidenti degli Ordini ( e per conoscenza anche ai presidenti di Senato e Camera) un articolato parere dell’Ufficio studi per segnalare la delicata questione all’approssimarsi del 13 settembre data alla quale entrerà in vigore la revisione delle circoscrizioni giudiziari-; e per proporre una soluzione compatibile con i principi costituzionali e con il quadro normativo esistente ed evitare così che la incertezza normativa dovuta al silenzio della legge sul punto specifico possa generare gravi disservizi nella tenuta degli albi professionali.
“Il Consiglio in molteplici occasioni ha segnalato la incostituzionalità del dlgs n. 155/2012; ed ha più volte sollecitato il Ministero della Giustizia a farsi carico della grave lacuna normativa in merito agli Ordini. Il Consiglio è ovviamente disponibile a illustrare ulteriormente i profili”, scrive Alpa nella lettera.
Il parere del CNF ritiene assolutamente insufficiente, oltre che illegittimo, l’aver previsto la soppressione degli Ordini forensi istituiti presso i tribunali in corso di soppressione a causa della riforma della geografia giudiziaria (decreto delegato n. 155/ 2012), nella sola circolare ministeriale di accompagnamento del decreto delegato, deducendola implicitamente dal legame territoriale (circondariale) esistente tra Ordine forense e Tribunale.
Il CNF chiarisce infatti che la istituzione/soppressione di un Ordine professionale è soggetta alla riserva di legge in virtù della natura degli Ordini: enti pubblici non economici a carattere associativo, come tali inquadrabili tra le formazioni sociali tutelate dall’articolo 2 della Costituzione.
La riserva di legge è confermata da altre due disposizioni costituzionali, l’articolo 97 e l’articolo 117, comma 2. Con riferimento alla relazione di accompagnamento al decreto delegato di revisione della geografia giudiziaria che, nonostante il silenzio della legge sul punto, desume la soppressione dalla consolidata correlazione normativa tra Ordine e Tribunale (regio decreto del 1933) , il CNF giudica incompleto ed erroneo il richiamo alla norma presupposto.
La tesi ministeriale, riferisce ancora il parere, produrrebbe poi effetti abnormi in ordine alla sorte dell’Albo professionale tenuto presso gli Ordini (quale sorte per gli avvocati iscritti-per i procedimenti disciplinari- per il personale dipendente-per il patrimonio o i contratti in corso?) laddove in altri casi di riforme di ordinamenti professionali (come la unificazione degli albi di dottori commercialisti e ragionieri del 2005) la legge si è fatta, giustamente, carico di disciplinare dettagliatamente tutti questi rapporti.
Alla luce di tale ricostruzione delle norme, e senza pretesa di esaustività su tutte le problematiche e i dubbi dei casi concreti che si potrebbero verificare, il CNF conclude ritenendo che, in assenza di una norma primaria che si faccia carico di disciplinare anche la tenuta dell’albo e gli altri rapporti in essere, gli ordini forensi costituiti presso i Tribunali di prossima soppressione continueranno a svolgere regolarmente le loro funzioni nella circoscrizione territoriale coincidente con il territorio dell’ex circondario di Tribunale; e allorché l’ordine perdesse la disponibilità dei locali eventualmente utilizzati come sede nell’ambito della sede già destinata al Tribunale soppresso, l’ente dovrà dotarsi di una nuova sede operativa".

lunedì, luglio 22, 2013

Elezioni Cassa Forense: le precisazioni del Presidente dell'AIGA.

Dario Greco Presidente Aiga Nazionale: "In relazione a quanto dichiarato dal Segretario Nazionale di ANF Ester Perifano sul ricorso ex art. 700 c.p.c., proposto dall'AIGA contro la delibera del Consiglio d’Amministrazione di Cassa Forense, che ha escluso dal voto oltre 56.000 avvocati che non erano iscritti alla Cassa, intendo chiarire:
1) Non risponde al vero che l’AIGA ha proposto il ricorso senza prima interloquire con gli organi di Cassa Forense. Già alla riunione presso la Cassa del 22 febbraio 2013 con Ordini ed Associazioni avevamo posto il problema dell’esclusione dal voto dei 56.000 avvocati, che non erano iscritti alla Cassa fino all’entrata in vigore della Riforma. Tale posizione è stata ribadita con la delibera della Giunta nazionale AIGA del 10 maggio 2013, trasmessa al Presidente di Cassa Forense Bagnoli e al Presidente del CNF Alpa con lettera del 13 maggio 2013, nonché con la lettera al Consiglio d’Amministrazione della Cassa del 4 giugno 2013. In ultimo, all’incontro presso la Cassa di previdenza del 15 giugno 2013 è stato chiesto ancora una volta un ripensamento sul mancato riconoscimento del diritto di voto.
2) Affermare poi che se fosse accolto il ricorso i 56.000 avvocati dovranno pagare l’attuale contribuzione minima di circa €. 3.500 annui è un nonsenso giuridico, oltre che politico. Non si comprende perché la Cassa abbia potuto sospendere la riscossione dei contributi per i 56.000 per il 2013, in attesa di approvare il regolamento ex art. 21, comma 9, e non possa farlo anche per il 2014. Anche perché, pur votando nel prossimo settembre il futuro Comitato dei Delegati si insedierà non prima di fine novembre 2013 e dovrà dapprima procedere all’elezione degli organi statutari e poi procedere all’approvazione del regolamento ex art. 21, che con ogni probabilità non potrà avvenire entro il 31 dicembre 2013.
3) Ringrazio sentitamente tutti i componenti del Comitato dei Delegati, che si riconoscono nell’appartenenza all’AIGA, per avere lottato a favore del riconoscimento del diritto di voto a tutti gli avvocati italiani a prescindere dal loro reddito.
4) Mi auguro che l’eventuale accoglimento del ricorso non porti al commissariamento della Cassa. Ma se così sarà, non sarà stata certo responsabilità di chi ha chiesto il rispetto della legge, ma semmai di chi l’ha violata. Per noi il principio ‘un avvocato un voto’ non va a corrente alternata"

Ricorso ex art. 700 cpc promosso dall’Aiga contro Cassa Forense.

 
Comunicato stampa A.N.F. – “E’ un ricorso che mette seriamente a rischio l’autonomia della Cassa Forense, che porta fuori tempo la legittima battaglia per il riconoscimento dell’elettorato attivo ai 56.000 avvocati non iscritti. Il rischio reale ora è il commissariamento dell’Ente”.
Lo dichiara Ester Perifano, segretario generale dell’Associazione Nazionale Forense, commentando il ricorso ex art.700 presentato dall’Aiga per ottenere l’inserimento ex officio nelle liste elettorali dei 56.000 non iscritti alla Cassa e la rideterminazione dei collegi elettorali. 
“E’ inaccettabile e potenzialmente dannoso – spiega – che si crei incertezza sulla governabilità dell’Ente, soprattutto perché da mesi Cassa Forense è sotto la lente del Ministero del Lavoro, che ne ha censurato più volte comportamenti al limite, invitandola a ripristinare la legalità. Non si sentiva il bisogno di altra confusione, considerato che , per effetto di colpevoli ritardi, la cui responsabilità è del tutto evidente, il regolamento che stabilirà a quali condizioni gli avvocati dovranno essere iscritti a Cassa Forense è ancora in alto mare”.
“L’iniziativa dell’AIGA – aggiunge Perifano – desta preoccupazione e sconcerto: l’Associazione dei Giovani Avvocati, tramite suoi delegati di riferimento, ha partecipato attivamente alla gestione dell’Ente negli ultimi anni, contribuendo così allo stallo nel quale l’Ente si ritrova oggi. Viene dunque da chiedersi perché non si è scelta la via amministrativa per far valere una soluzione che oggi si pretende, invece, per via giudiziaria”.
“Ci auguriamo – conclude Perifano – che il caos nelle operazioni di voto che potrebbe derivare dall’accoglimento del ricorso non conduca a soluzioni traumatiche. Per la Cassa il rischio concreto è un’accelerazione degli eventi, ovvero un possibile commissariamento, che sarebbe l’anticamera di un riversamento della Cassa nel “calderone” pubblico”.

mercoledì, luglio 17, 2013

Sciopero avvocati concluso, Oua: grande prova di forza e maturità.

OUA: NELLA GIUSTA DIREZIONE ALCUNE MODIFICHE AL DECRETO DEL FARE DELLE NORME SULLA GIUSTIZIA, ALMENO PER QUANTO RIGUARDA L'ONEROSITÀ DELLA MEDIAZIONE IN CASO DI MANCATO ACCORDO, MA ANCHE SULLA PRESENZA DELL’AVVOCATO NICOLA MARINO, OUA: "L'AVVOCATURA UNITA HA DATO UNA GRANDE PROVA DI FORZA E MATURITA'. L'ADESIONE È STATA TOTALE. ORA IL PARLAMENTO CONTINUI CON LA CORREZIONE DELLE MOLTE STORTURE CONTENUTE NEL DECRETO DEL FARE.
 «Si sono concluse le otto giornate di astensione dalle udienze proclamate dall'Organismo Unitario dell'Avvocatura (Oua) con un'adesione massiccia in tutto il Paese, sia nel penale che nel civile. Per Nicola Marino, presidente dell'Oua, «le otto giornate di astensione, sono state una dimostrazione di forza e unità dell'avvocatura per la tutela dei diritti dei cittadini, una protesta dolorosa che danneggia gli stessi avvocati, ma necessaria. E i primi risultati non si sono fatti attendere: a partire dalle prime modifiche apportate al decreto del fare in sede di conversione in Commissione alla Camera: positivo che siano stati respinti gli emendamenti tesi a reintrodurre la RC auto nel novero delle materie "obbligatorie". Significativo l'emendamento che prevede la gratuità della mediazione in caso di mancata conciliazione dopo il primo incontro. Bene sull'obbligatorietà della presenza del legale, sull'esecutività dell'accordo delle parti, sull'estensione dell'autentica delle firme agli avvocati. Ma anche sulle necessità di una revisione del sistema tra due anni e del limite a quattro anni della sperimentazione. Respinto, infine, il tentativo di ingerenza del ministero dell'economia sul processo civile e i decreti ingiuntivi. Certo non basta, ma è un punto di partenza, la strada da seguire, lo ribadiamo, è quello di puntare sulle camere arbitrali, la negoziazione assistita e la facoltatività della mediazione».
 «Non è stato - aggiunge il presidente Oua - come si è insinuato, un atto di una corporazione che difende i propri privilegi, chi lo sostiene dice il falso o non sa di cosa parla: abbiamo in Italia 230 mila avvocati, in Francia sono solo 50mila, per intenderci è una categoria che per vedere rinnovata la propria legge forense ha dovuto attendere più di 70 anni e, oltretutto, in modo non del tutto soddisfacente. La verità è che da anni assistiamo a continui provvedimenti che limitano l'accesso alla giustizia, invece di intervenire per rendere il sistema più efficace; si propongono interventi inadeguati che renderanno ancor più oneroso l’esercizio di difesa per i cittadini più deboli senza per altro produrre alcun vantaggio per le imprese».
 «La mediazione obbligatoria così come concepita in Italia, bocciata dalla Consulta e sotto il giudizio critico dell’Unione europea - continua - ma anche il filtro in appello, l'aumento continuo del contributo unificato per i cittadini, il taglio di circa 1000 uffici giudiziari, il sotto-finanziamento del settore e le innumerevoli e irrisolte deficienze strutturali e di personale, nonché la mancata implementazione dell'innovazione tecnologica e del processo telematico, sono tutti tasselli di una controriforma costante che smantella la tenuta stessa del settore giustizia. Così i processi continueranno ad essere molto lunghi e l'arretrato, dopo la fase emergenziale e straordinaria di smaltimento, ritornerà ad essere enorme. In conclusione, il nostro Paese continuerà a ricevere le condanne della Corte di Giustizia Europea e ad essere classificato agli ultimi posti nella classifiche che valutano lo stato della nostra macchina giudiziaria».
 «Per uscire da questo vicolo cieco - conclude Marino - bisogna ripartire dal dialogo con gli avvocati, dal confronto con le proposte di chi vive tutti i giorni i problemi dei tribunali, ma anche dalla centralità del Parlamento, che in queste ore sta cercando di riaffermare il proprio ruolo correggendo le storture del Decreto del Fare».

martedì, luglio 16, 2013

Decreto “del fare”: ecco gli emendamenti approvati ieri notte nelle commissioni affari costituzionali e bilancio della Camera.

Obbligatorietà della mediazione per quattro anni e assistenza tecnica degli avvocati per tutta la procedura; la condizione di procedibilità è soddisfatta anche se al primo incontro non è raggiunto l’accordo; e in questo caso nessuna indennità è dovuta all’organismo di mediazione.
Se tutte le parti sono assistite dagli avvocati, l’accordo di conciliazione sottoscritto diventa titolo esecutivo, anche per la iscrizione di ipoteca giudiziale; negli altri casi l’accordo è soggetto a omologa. Sono queste le principali novità introdotte al decreto legge “del fare”, in tema di mediazione, con gli emendamenti approvati ieri notte dalle commissioni di merito affari costituzionali e bilancio della Camera.
Il Governo invece ha dovuto ritirare un emendamento che prevedeva la eliminazione di un divieto a ricoprire incarichi extragiudiziari per chi riveste funzioni apicali nella magistratura. In tema di mediazione, nonostante la richiesta dell’esecutivo di accantonarne l’esame, la commissione ha deciso di andare avanti e chiudere. Sono comunque stati messi in votazione, e bocciati, gli emendamenti volti a sopprimere il capo.
Per quanto riguarda gli altri capitoli, la competenza a provvedere alla divisione a domanda congiunta è stata estesa, come richiesto dal CNF, anche agli avvocati; ed è stata soppressa la disposizione che individuava fori centralizzati per le aziende con sede all’estero, anch’essa richiesta dal CNF.
E’ stata prevista solo la possibilità, e non l’obbligo, del giudice di procedere al tentativo di conciliazione giudiziale e sono state eliminate le conseguenze processuali di un eventuali rifiuto ad aderire. E’ stata riscritta la norma sulla semplificazione della motivazione della sentenza civile, limitandone la concisione.
Ritocchi, in linea parziale con quanto suggerito dal CNF, alle norme per la nomina dei giudici ausiliari per lo smaltimento dell’arretrato, estendendo ai magistrati onorari la possibilità di impiego. Stessa cosa per il tirocinio di laureati presso gli uffici giudiziari, la cui formazione dovrà esser concordata in collaborazione con i Consigli dell’Ordine qualora i tirocinanti svolgano pratica forense.
Non è stato introdotto un rimborso, ma è stata prevista una spesa pro capite di 400 euro per dotazioni informatiche.

mercoledì, luglio 10, 2013

Papa Francesco: "Gesù è avvocato".

Avvocati nei vagoni piombati!

L’antropologo Renè Girard insegna che l’aggravamento di una crisi determina il disinteresse per le vere cause che l’hanno determinata.
Nella crisi gli individui attuano una traslazione della responsabilità, la allontanano da se stessi per riversarla sulla società nel suo complesso, allontanando il senso di colpa individuale.
Questo meccanismo agisce sul piano sociale anche in un’altra maniera: individua un gruppo da caricare di negatività. I “ tipi” sospetti vengono accusati di crimini a vario titolo, identificati in una minoranza visibile, additata quale demolitrice di consolidati tabù.
Alla fine si arriva alla convinzione che un gruppo relativamente piccolo di persone possa essere responsabile di un grande problema sociale, malgrado l’evidente sproporzione tra l’entità del problema e il numero degli accusati pretesi responsabili. La società, con un meccanismo semplificato, scarica la propria rabbia e frustrazione senza mettersi in discussione.
La prova che le persone accusate abbiano realmente commesso il crimine è irrilevante, importa la credenza nei loro confronti: sono colpevoli a prescindere dall’accertamento della responsabilità, che non viene nemmeno cercato.
Le vittime della persecuzione, naturamente, devono essere esposte a subirla. «Le minoranze etniche o religiose – scrive Girard – tendono a polarizzare contro di sé le maggioranze. (…) Non c’è quasi società che non sottometta le proprie minoranze, i propri gruppi mal integrati, o anche semplicemente distinti, a certe forme di discriminazione se non di persecuzione.» Oggi gli avvocati sono il capro espiatorio del fallimento della macchina della giustizia e la loro parabola sembra seguire perfettamente questo schema. Sono un gruppo sociale malvisto, hanno pessima stampa e non riescono a far passare le proprie ragioni attraverso i mass media neanche a livello di comunicazione istituzionale. Sono un organismo frantumato, ad onta di numerosi appelli e sproloqui all’unità.
Esiste al loro interno una rigida divisione di classe: i piccoli sparsi sul territorio in balìa delle onde, mentre i grandi sono organizzati in lobbies trasversali e grandi studi. I grandi sono attivi, dominanti, organizzati e garantiti anche dal monopolio della rappresentanza in seno ai vari organismi elettivi.
I piccoli subiscono, arretrano e non riescono a compattarsi, vittime del forte individualismo ne ottenebra la capacità reattiva.
 C’è una massa critica di giovani avvocati cottimisti retribuiti con salari da precari (quando va bene), al servizio dei colleghi che catalizzano incarichi e prebende, quantomeno non solo per merito.
I meschini non si ribellano: pensano sciaguratamente di poter sopravvivere senza organizzarsi con l’illusione di entrare prima o poi nel “giro buono” di una società totalmente impermeabile alla promozione sociale.
Non ho trovato altra spiegazione a questo atteggiamento che l’appagarsi dell’illusione di un ruolo di primazia sociale estinto da qualche decennio e/o la semplice disperazione.
Un esempio di questa passività lo si è visto in occasione della prima introduzione della mediazione obbligatoria con la massiccia iscrizione ai corsi di formazione per mediatori, gestiti in larga parte da lobbies partecipate da colleghi e da organismi costituiti ad hoc.
In nome di questo miraggio tanti giovani hanno speso le ultime risorse senza avere alcuna chance di guadagno. Chi sceglie un mediatore giovane che non faccia parte di uno studio, associazione o gruppo organizzato?
Speriamo che con la reintroduzione dell’istituto, palesemente incostituzionale e spinto da lobbies agguerrite, il fenomeno non si ripeta. Intanto, i mali della giustizia avanzano.
 Il primo è la corruzione. Un paese corrotto non può avere un sistema giudiziario efficiente (sarabanda della prescrizione, leggi ad hoc, ad personam, resistenze alla normativa europea anticorruzione etc).
Il secondo è l’incapacità dei legislatori di fare norme. Ormai quello che si chiamava il corpus legislativo per dare un’idea di macchina in armonioso funzionamento è martoriato, snaturato, sventrato da un continuo lavorìo episodico, settoriale, asistematico, concepito con la fretta dell’emergenza quando va bene, dell’affarismo e della propaganda quando va male.
Le leggi sono fatte male. Un esempio Art. 63 Disp. Att. Cod. Civ. (Testo post riforma come sostituito dall’art. 18, comma 1, L. 11 dicembre 2012, n. 220):…..I creditori non possono agire nei confronti degli obbligati in regola con i pagamenti, se non dopo l’escussione degli altri condomini. “Significa per caso reintroduzione della “responsabilità solidale” per i debiti condominiali, malgrado le Sezioni Unite della Cassazione ancora nel 2008 avessero sancito, per dovere di giustizia, la natura parziaria delle stesse? Cioè sia pure in seconda battuta, dei debiti del condomino risponde il condominio?
Il terzo è lo scarso controllo sugli apparati, primo tra tutti la magistratura. Un esempio: la giurisdizione che potrebbe definirsi “impropriamente domestica”.
Quanti magistrati esercitano le loro funzioni nel contesto sociale dove hanno casa famiglia amici interessi? Come tutto ciò si riverbera nell’esercizio dei tantissimi poteri discrezionali, nella nomina dei consulenti, nell’influenza spesa nelle nomine dei magistrati onorari?
Per non dire dei magistrati c.d. fuori ruolo (doppio stipendio e dentro/fuori tra tribunali e ministeri). Speriamo che il nuovo reclutamento di giudici aggregati ( idea vecchia e già male attuata) previsto dall’ennesima riforma della riforma non sia svolto con gli stessi sistemi.
Scendendo per li rami: sono veramente sconosciute certe prassi in uso presso taluni ufficiali giudiziari? Ad ogni riforma si dà un contentino ai notai, che entrano sempre più pesantemente negli ingranaggi giudiziari.
Ne risulta maggiore efficienza? In una decina d’anni è quadruplicato il costo della giustizia. Dove finiscono queste risorse? Si assume personale amministrativo? Chi se non gli avvocati si trasformano di commessi, cancellieri facchini…volenterosi carnefici di se stessi.
Chi ha dubbi esca integro da una cancelleria in prossimità dell’orario di chiusura. Gli avvocati, è vero, sono corresponsabili del loro proprio sfascio: alcuni perché compartecipi, altri perché imbelli e proni.
Essi sono anche il terminale ultimo del malessere sociale conseguente allo sfascio della giustizia: ne sopportano la pressione, lo regolano, a torto o a ragione ne assumono l’impopolarità, ne calmano la pulsione all’illegalità, suppliscono al fallimento del potere legislativo “ne cives ad arma ruant”. Per quanto, ancora? Le toghe pagano sull’ara sacrificale, come capro espiatorio.
Basterà a distrarre la gente dalle conseguenze materiali del naufragio del sistema giustizia? All’esito prevedibile dell’ennesima riforma qualche altro capo rotolerà nel cesto, finalmente.

di Mariano Casciano | 10 luglio 2013

martedì, luglio 09, 2013

FAC SIMILE DI VERBALE PER ASTENSIONE.

Signorina (se Giudice è femina, oppure Signore), veniamo noi con questo verbale addirvi una parola che, scusate se ci asteniamo, ma a noi quest’anno c’è stata una grande moria di diritti………come voi ben sapeta!
Questa astensione servono a che vi consoliate dai dispiaceri che avreta, perché dovete levare il decreto che gli avvocati che, siamo noi medesimi di persona, vi dicono questo.
Perché l’avvocatura è professione che professa e si deve prendere una parcella, che deve tenere il tribunale al solito posto cioè distaccato.;
Salutandovi indistintamente, l’Avv. …… (che sono io) chiede un rinvio.
In data odierna.
PS: NULLA A PRETENDERE……….

Intervista al Consigliere Segretario del CNF Andrea Mascherin.

Il consigliere segretario del CNF Andrea Mascherin fa il punto sugli importanti avvenimenti che hanno coinvolto l’Avvocatura nello scorsa settimana e al ministero della Giustizia dice: “Approviamo subito il decreto sui nuovi Parametri forensi”.
 Domanda. Nel corso della settimana trascorsa il CNF ha avuto diverse occasioni di contatto con il Parlamento e la Politica. Quali sono stati i temi principali?
Risposta. Nel corso dell’audizione in Commissione giustizia della Camera, il 3 luglio scorso, il presidente Alpa ha illustrato articolate proposte; fra queste mi limito a ricordare l’offerta di un contributo decisivo degli avvocati allo smaltimento dell’arretrato per una definitiva soluzione del problema, e la disciplina di forme di soluzioni alternative al processo che comportino veri risparmi di tempi e costi per cittadini e per lo Stato, quale la negoziazione assistita curata dagli avvocati, e l’arbitrato presso gli organismi degli Ordini. L’accoglienza dei parlamentari è stato molto positiva, tanto che l’intervento del presidente Alpa è stato accolto da un convinto applauso dei deputati presenti.
Domanda. Nei giorni successivi, il CNF ha avuto diversi incontri con i vari gruppi parlamentari. Ci sono state aperture sulle proposte di intervento suggerite dal CNF?
Risposta. Abbiamo incontrato il PD, il PDL e il Movimento 5 Stelle. I rappresentanti dei gruppi parlamentari hanno manifestato sostanziale condivisione per le proposte e le osservazioni del CNF, tra queste, la necessità di rivedere l’istituto della mediazione.
Domanda. Quali sono state le indicazioni più importanti provenenti dai rappresentanti della politica?
Risposta. In sintesi, sono tutti favorevoli allo sviluppo del progetto della negoziazione assistita e dell’arbitrato presso gli Organismi degli Ordini, quali misure alternative al processo. In secondo luogo, oltre al comune giudizio negativo sulla obbligatorietà dell’istituto, il PD è parso molto determinato nel chiedere che la mediazione sia comunque gratuita; il PDL nel ritenere necessaria l’obbligatorietà dell’assistenza dell’avvocato; il Movimento 5 Stelle nel chiedere lo stralcio del pacchetto giustizia dal “decreto legge del fare”.
Domanda. Cosa dovrebbe fare, ad avviso del CNF, il ministero della giustizia, per dare segno di riconoscere il ruolo dell’Avvocatura?
Risposta. Ci sono molte cose da fare e/o rimaste in sospeso. Innanzitutto, dovrebbe provvedere alla emanazione dei parametri, non più rinviabile. Importante, peraltro, che ciò avvenga nel pieno rispetto della proposta del CNF, che rimedia con equilibrio ed equità alla vergogna dei parametri in essere e conferisce nuovamente dignità alle nostre prestazioni professionali.
Domanda. Cosa altro?
Risposta. Dovrebbe promuovere lo stralcio delle norme sulla giustizia dal “decreto fare”, e collaborare alla individuazione di un binario parlamentare preferenziale per favorire il celere percorso di un disegno di legge che affronti in maniera organica i punti toccati dal decreto.
Domanda. Lo stralcio, tuttavia, potrebbe allungare i tempi…
Risposta. In accordo con il Parlamento, il Governo potrebbe condividere con i gruppi parlamentari di fissare al 15 ottobre il termine entro il quale approvare un disegno di legge organico. Se ciò non avvenisse, potrebbe procedere con decreto legge.
Domanda. Note testate quotidiane accusano gli avvocati di voler frenare le riforme in materia di mediazione e geografia giudiziaria. Cosa risponde?
Risposta. Voglio ancora una volta chiarire che l’Avvocatura è favorevole agli istituti che favoriscano la celere soluzione dei conflitti, ma deve rimanere ferma la tutela dei diritti dei cittadini in gioco, la garanzia di tecnicità; l’esclusione di costosi ed insidiosi ostacoli all’ accesso al giudice naturale, come garantito dalla Costituzione. D’altra parte, a volerli leggere correttamente, i dati ministeriali dimostrano come la mediazione obbligatoria si sia rivelata un costo in più per i cittadini ed uno strumento inidoneo alla deflazione. L’Avvocatura promuove strumenti alternativi al processo, già richiamati sopra, ed è favorevole anche a una mediazione che possa funzionare; lo ha ribadito il presidente Alpa che ha illustrato precise proposte migliorative alla commissione giustizia della Camera.
Domanda. Altro argomento caldo è quello della geografia giudiziaria. Qual è la posizione dell’Avvocatura?
Risposta. Siamo favorevoli, assolutamente e senza equivoci di sorta, ad una rivisitazione della stessa; ma così come tracciata dal precedente governo porterà, e sta già portando, al caos totale, e davvero non ve ne è bisogno. Ci chiediamo perché non sia possibile fare le cose bene, con tecnicità, sfruttando le competenze e le esperienze dei giuristi e degli operatori del diritto.
Domanda. Forse ci vorrebbe più efficienza anche all’interno dei ministeri?
Risposta. In effetti, e per esempio, sorprende che i due sottosegretari alla giustizia, a quanto ci risulta, siano ancora senza deleghe. Fra l’altro non sappiamo se e chi sia chiamato a seguire la disciplina delle professioni, né quale ne sia la competenza. Lo sottolineo perché l’ attuazione del nuovo Ordinamento professionale forense passa anche per alcuni importanti regolamenti ministeriali. Almeno sul punto bisognerebbe dare subito delega ad uno dei due sottosegretari, che provengono dall’ Avvocatura e dalla Magistratura, dunque entrambi operatori di giustizia, con la giusta esperienza e competenza. Ancora, credo che sarebbe necessario verificare chi, tra funzionari e responsabili interni, abbia nel tempo dato buona prova di sé e chi no, valorizzando i primi e rimuovendo i secondi.
Domanda. La giustizia si dimostra ancora una volta una questione molto sensibile, soprattutto in un momento di crisi economica come quella che stiamo vivendo. Cosa occorrerebbe fare, ad avviso del CNF, per ristabilire equilibrio nell’approccio al tema?
Risposta. E’ tempo che il Parlamento recuperi piena centralità e che le leggi vengano fatte in aula con senso di responsabilità, non attraverso “scorciatoie” come i decreti legge, spesso e volentieri di assai dubbia costituzionalità. Vi è poi un profilo di opportunità, perché i decreti legge sono culturalmente inaccettabili in una democrazia compiuta. Democrazia compiuta significa anche coinvolgimento delle parti sociali competenti per materia.
Domanda. E’ nota la polemica in corso tra Avvocatura e Ministro della Giustizia; quest’ultimo finora ha dato risposte che sono state ritenute tutt’altro che soddisfacenti dall’Avvocatura. Cosa attendersi? Risposta. La fase di frattura con gli avvocati è molto più grave di quello che il Ministro, temo mal consigliato, sembri pensare; e rischia d’essere senza ritorno. Del resto, non si sbaglia mai a riconoscere un errore per espressioni, colorite o meno ma comunque obiettivamente sconvenienti per un ministro della giustizia nei confronti dell'Avvocatura, parte giurisdizione come la Magistratura, e composta da lavoratori come tanti altri, colpiti dalla crisi come tutti gli altri.

giovedì, luglio 04, 2013

Sapete perché non funziona la giustizia?

Tutti si lamentano della malagiustizia ma pochi ne conoscono i motivi. Le stesse vittime della cattiva giustizia non comprendono perché sono divenute vittime.
Occorre poi forse chiarirsi sul concetto di “vittime”. Si pensa che siano solo coloro che abbiano subito un torto immediato (un errore, una sentenza di condanna sbagliata) quando invece spesso sono vittime gli stessi avvocati.
Perché gli avvocati (i quali hanno grandi responsabilità se svolgono senza diligenza il mandato, ovvero se incorrono in violazioni deontologiche tali da danneggiare il cliente, ed anche l’incompetenza lo è) sono il terminale (nervoso) ultimo verso il quale si proiettano gli strali delle parti danneggiate.
Sono l’interfaccia della malagiustizia ma spesso (quasi sempre) non dipende da essi se la causa è durata molti anni, se il giudice ha omesso di valutare fatti importanti, se vi sono stati errori procedurali (notifiche, comunicazioni, slittamenti etc.), se la sentenza sposa tesi insostenibili.
Eppure nell’immaginario (dopato da pessima disinformazione, vedi da ultimo la Vespa ronzante che ha sostenuto giorni fa come gli avvocati non vogliono la mediazione perché ci guadagnano dai processi lunghi, al quale ha ben replicato il Cnf sottolineando “il disprezzo per la funzione e il ruolo costituzionale dell’avvocatura, come garante dell’esercizio del diritto di difesa, disprezzo che si rivolge anche alla straordinaria storia degli avvocati che tanto hanno contribuito a costruire un sistema democratico nel nostro Paese”) gli avvocati sono responsabili di tutto. Ma essi non sono anche giudici e macchina amministrativa.
Allora spieghiamo cosa accade dentro ed intorno al Palazzo. Il legislatore da qualche anno sta aumentando in modo esponenziale i contributi unificatirendendo inaccessibile la giustizia ai cittadini poco abbienti. Solo una parte delle entrate rimane al Ministero della Giustizia. Perché si vuole rendere inaccessibile la giustizia?
I magistrati togati sono circa 8000 e quelli fuori ruolo (dediti a politica, assegnati ai ministeri etc.) circa 1000. Quelli non togati (onorari) sono in numero maggiore ma sono sottopagati. La giustizia nei numeri si regge soprattutto sulle spalle dei secondi.
Spesso non sono ben organizzati perché non esiste un manager della giustizia. Spesso i magistrati sono dediti ad arbitrati, insegnamenti all’università, a scrivere libri. Il processo telematico è ancora una chimera, tranne qualche città, dove però non è a pieno regime.
Abbiamo un divario abnorme nella qualità, tra tribunali che funzionano e tribunali dissestati. Da ultimo il legislatore ha tagliato a raso centinaia di tribunali, senza distinzioni sull’efficienza. Perché tutto ciò? Il processo mostra le sue falle sin dall’avvio.
Gli atti introduttivi (e non solo) del processo vanno notificati e ci si deve servire degli ufficiali giudiziari e/o a sua volta della Posta, tranne i casi in cui l’avvocato abbia ottenuto l’autorizzazione a notificare da sé. Le notifiche possono avere tempi lunghissimi (nell’attesa di richiederle e nella resa degli atti, a Milano dopo 30 giorni!
E nel mentre non si sa se la notifica sia andata a buon fine). A volte si può notificare anche per fax o email ma il procedimento è scoraggiante.
Spesso i processi saltano a causa degli errori o mancate notifiche, oppure anche perché non vengono restituiti gli atti. Basterebbe dotare ogni soggetto di Pec e consentire agli avvocati di procedere da se alle notifiche via Pec. Una riforma semplicissima a basso costo e con la certezza del diritto.
Perché non si fa?
Le cancellerie sono spesso disorganizzate, con i fascicoli accessibili da chiunque (infatti alle volte spariscono), e le funzioni dei cancellieri e degli ausiliari spesso vengono assolte dagli avvocati (perché? Abbiamo indennità al riguardo?).
La maleducazione e l’arroganza regnano spesso sovrane contando sull’impunità. Gli orari sono flessibili (per loro) e inflessibili (per noi).
Nel processo accade di tutto e di più. I giudici puntuali, educati e non arroganti non sono molti. Capita spesso che vi siano rinvii d’ufficio, non comunicati alle parti (sempre), a date incredibilmente lontane (6 mesi, 1 anno), senza giustificazione.
I giudici tengono in riserva le decisioni senza alcun termine (mesi, a volte anche un anno) e depositano le sentenze quando gli aggrada. Per i giudici i termini sono ordinatori (dunque fan quel che vogliono) mentre per gli avvocati sono perentori (se li violi, paghi), ed è come se in una partita le regole valessero solo per una parte.
Perché? I giudici hanno in mano le redini del processo, ne decidono la fase istruttoria e la durata. L’avvocato ha solo facoltà di chiederli. Finiamola dunque con l’addebitare all’avvocatura colpe che non ha.
E riformiamo seriamente la giustizia, invece di tentare di privatizzarla, espropriando i diritti dei cittadini. La giustizia efficiente è patrimonio di tutti.

di Marcello Adriano Mazzola

Geografia giudiziaria: la Corte Costituzionale boccia quasi tutti i ricorsi.

mercoledì, luglio 03, 2013

Grazie Ministro Cancellieri!

Vorrei ringraziare il Ministro Cancellieri per le belle parole rivolte alla lobby degli avvocati, composta da decine di migliaia di giovani che ogni giorno combattono con le difficoltà delle cancellerie e della burocrazia giudiziaria, con un legislatore sciatto e disattento, e mai ancorato alla realtà, con alcuni giudici che dimenticano frequentemente le responsabilità delle loro funzioni e che affrontano le questioni con una spaventosa superficialità se non ignoranza, e tutto ciò senza incorrere in alcuna responsabilità (ve ne sono altri bravissimi ed equilibrati, per i quali va tutta la mia ammirazione !!).
Vorrei chiedere al Ministro: sono stati gli avvocati a volere la fine delle Preture (ufficio giudiziario che spesso assicurava effettività di giustizia e conoscenza del territorio) ?
Sono stati gli avvocati ad introdurre decine di inutili modifiche al codice di procedura civile, con incredibile proliferare dei riti (introdotti, poi abrogati, reintrodotti e poi modificati) ?
Sono stati gli avvocati a volere la mediazione (con conseguenti elevati ed inutili costi per i clienti e vantaggi diretti per le consorteria di affaristi di ogni risma) ?
Sono stati gli avvocati a non confrontare quante controversie sono state risolte in mediazione e quante sono finite, invece, in un giudizio ordinario (scoprirebbe che sono ben poche quelle oggetto di mediazione!!) ?
Per comprendere la vera funzione dei molti specializzati giudici assegnati alle molto specializzate sezioni, è sufficiente fare un udienza presso il Tribunale di Napoli, sezione specializzate per le imprese (cui tanto avevamo creduto !!) o leggere qualche singolare o pazzesco provvedimento di rigetto dei ricorsi per decreti ingiuntivi resi dai molti specializzati giudici della molto specializzata sezione lavoro del Tribunale di Salerno.
Ma dove diavolo vivi signor Ministro, te lo dico io: nel mondo del privilegio, in un mondo in cui il conflitto di interessi è endemico e finanche valorizzato.
Aspetto le piazze dell'Egitto !!! Senza paura !!!

Avv. Giuseppe Fauceglia
(Professore Ordinario Diritto Commerciale UNISA)

L'Avvocatura annulla incontro con la Cancellieri e conferma l'astensione.

Breve resoconto della riunione odierna fra CNF, OUA e Presidenti dei COA Distrettuali.

La proposta di non andare all'incontro con la Cancellieri fissato per oggi pomeriggio e' stata condivisa a larga maggioranza.
Oggi pomeriggio sara' comunicata dal Presidente del CNF alla Commissione Giustizia della Camera, in occasione dell'audizione gia' programmata.
Verra' scritta una lettera al Ministro, ed a Letta, nella quale saranno spiegate le ragioni della nostra indignazione come avvocati, ma prima ancora come cittadini, per l'offesa arrecata alle regole della democrazia.
La lettera sara' resa pubblica acquistando pagine sui maggiori quotidiani nazionali.

Avv. Sergio Paparo
(Presidente COA Firenze)

LA CALUNNIA E' UN VENTICELLO............

martedì, luglio 02, 2013

Cancellieri, la Guardasigilli insofferente ai diritti.

«Vado a incontrarli, così ce li togliamo dai piedi» ha pronunciato il ministro della Giustizia Annamaria Cancellieri nell’ex palazzo di giustizia a Castel Capuano in occasione della protesta degli avvocati napoletani sabato scorso. Le parole sono udibili in un filmato di SkyTg24.
Parole particolarmente gravi non perché offendono una categoria ma perché emblematiche del perpetuo disprezzo che vige nel nostro Paese da parte della classe politica – chiamata a guidare e a decidere il futuro del Paese ma sempre più propensa a cristallizzare i propri privilegi – verso ogni forma di dissenso.
L’avvocatura protestava per lo stato comatoso della giustizia italiana, indi dello stato irreversibile del sistema di tutela dei diritti. Stato (nel duplice significato) comatoso che rende friabile e incerto il futuro della democrazia.
Perché i diritti rappresentano il cibo della democrazia e da anni, decenni vengono calpestati, violati, smembrati, umiliati, derisi. Basti pensare al: sistema elettorale blindato che eviscera il diritto dell’elettore; rapporto impari tra privato e pubblica amministrazione; rapporto di sudditanza tra contribuente e fisco; la lunghezza di un processo che annichilisce qualsiasi legittimo diritto; la corruzione e la grande evasione non perseguite e così di fatto incentivate; le ricorrenti amnistie e condoni vari.
Dopo le carinerie del ministro è poi intervenuta la lettera del presidente dell’Ordine degli avvocati di Napoli, Francesco Caia, che ne ha giustamente condannato le parole, scrivendo come «tali gravissime affermazioni, oltre che ledere profondamente la dignità dell’Avvocatura italiana e della cittadinanza rappresentata dai sindaci, dimostrano quale sia la considerazione del ministro in merito alle istanze dei cittadini, alla tutela dei diritti nel nostro paese e al ruolo dell’Avvocatura che è costituzionalmente chiamata ad assicurare la stessa».
Dobbiamo tutti riflettere sull’atteggiamento di disprezzo che sente la classe politica verso il dissenso. Ne abbiamo un esempio costante anche da parte del Presidente della Repubblica, il quale più volte è intervenuto irritualmente e gravemente ben oltre i poteri assegnatigli dalla Costituzione, per “normalizzare”, ottenebrare, ricondurre ogni respiro alla sua visione politica, che propina come il bene per il popolo.
Ed è questo disegno che mi inquieta: un Paese dove una classe dirigente gerontocratica, massonica, trasversale ed inciuciona opera nel proprio esclusivo interesse, raccontando tale percorso come espressione di democrazia, espellendo qualsiasi forma di pensiero contrario.
Un Paese nel quale l’opposizione viene isolata, attaccata, denigrata è un Paese privo di democrazia.
L’avvocatura ha grandi responsabilità perché troppo a lungo è stata autoreferenziale, egoista, fuori dalla realtà di una società che nel mentre cambiava, preda di una governance avida e gerontocratica (basti pensare che la metà degli avvocati italiani ha un’età media di 43 anni e il 45% è composto da donne, per poi riscontrare una assoluta non corrispondenza di ciò nelle istituzioni forensi), male e foltemente rappresentata in Parlamento da avvocati chiamati al capezzale per interessi personali e che hanno offerto una pessima immagine dell’avvocatura nel suo insieme, descritta paradossalmente come lobby.
Gli avvocati sono antipatici (d’altronde sono spesso litigator), boriosi, polemici, cavillosi, palesemente immodesti. Eppure fondamentali perché svolgono uno dei ruoli più alti nella democrazia: la difesa dei diritti, senza padroni.
L’avvocatura si perde ancora in battaglie discutibili (discutibile la difesa ad oltranza del taglio dei tribunali minori, ragionevole quella dei tribunali efficienti e produttivi) e lo fa con metodi sbagliati (scioperi).
Ma l’avvocatura è il secondo pilastro della giustizia italiana e la sua specialità, autonomia, dignità non possono essere attaccati oltraggiosamente in questo modo. La Guardasigilli dovrebbe invece preoccuparsi di “togliersi dai piedi” una Giustizia malata, che non funziona e che arreca danni irreparabili ai diritti di tutti e alla credibilità dell’intero Paese all’estero.
Chi osa venire ad investire in Italia? Se non riesce a: recuperare un credito; risolvere un contenzioso; avere certezza del diritto verso il fisco; se è in balia di: una giurisprudenza creativa; un legislatore creativo ed etilico. E se è vittima della soppressione di diritti fondamentali.
Si preoccupi la Guardasigilli di tutto ciò invece di spostare l’attenzione solo sul problema carceri e sull’amnistia. Problemi che stanno molto a cuore della classe politica, molto attenta al futuro. Il proprio.

Marcello Adriano Mazzola | 2 luglio 2013

Il "fuori onda" della Cancellieri...........


....Dove vanno a finire i soldi del "contributo unificato"?

Cancelliamo la Cancellieri!

Il divieto di produzione in giudizio di missiva riservata o contenente proposta transattiva prevale sul dovere di difesa.

L’art. 28 c.d.f. vieta di produrre in giudizio corrispondenza qualificata come riservata o comunque contenente proposte transattive scambiate tra colleghi, esclusa qualsiasi valutazione da parte del destinatario del divieto circa una prevalenza dei doveri di verità o di difesa sul principio di affidabilità e lealtà nei rapporti interprofessionali indipendentemente dagli effetti processuali della produzione vietata.
Consiglio Nazionale Forense (pres. Alpa, rel. Mariani Marini), sentenza del 10 aprile 2013, n. 58 NOTA: In senso conforme, Cons. Naz. Forense 20.7.2012 n. 100, id. 27.10.2010 n. 159.

lunedì, luglio 01, 2013

Procedimento speciale per la liquidazione degli onorari: non è ammesso nessun mutamento di rito.

"In tema di liquidazione di diritti ed onorari di avvocato, in caso di insussistenza dei presupposti per l'applicazione del procedimento speciale ex legge n. 794/1942, il giudice deve dichiarare esclusivamente l'inammissibilità del ricorso, senza disporre il mutamento del rito."
(Corte di Cassazione, sez. VI Civile - 2, ordinanza n. 16202/13; depositata il 27 giugno)