sabato, maggio 31, 2008

Rifiuti: il Governo alla ricerca dei "siti".

I giudici rimestano nella spazzatura.


“Guido basta, così non va… centinaia di sindaci cafoni che rivendicano diritti, tutti che pretendono e se la prendono con noi… ammucchiamo balle e facciamo mucchi di merdaccia… chi ci ha portato in questa storia merita la morte… dobbiamo trovare il coraggio di andarcene… stasera che sono scoglionata vedo le cose come sono, senza eroismi”.

Marta Di Gennaro, la vice di Guido Bertolaso, commissario ai rifiuti di Napoli, parlò così al suo capo in un giorno qualunque del 2007.

Invece di capire la logica di questa disperazione civile del funzionario dello Stato alle prese con la società più pazza e primitiva del mondo, e con un contesto di corruttele sociali che ha creato la più grottesca crisi di decisione amministrativa della politica mondiale, la magistratura nel suo sospetto formalismo ha messo la funzionaria agli arresti domiciliari.

Lo ha fatto nel corso di una vasta retata che non si è negata nemmeno un avviso di garanzia al prefetto della città, e che è scattata nel momento preciso in cui lo Stato stava per smantellare le barricate e i piagnistei che lo sfidavano da almeno 2 anni con successo.

Smantellare lo Stato in nome della legalità, puntellando invece le barricate del sociale e dell’antipolitica, e usando le intercettazioni e altri metodi farlocchi come clave, è d’altra parte una delle attività preferite della falange militante della magistratura inquirente da circa 15 anni.

Il meccanismo usato dai pm che rimproverano all’apparato pubblico impegnato contro i rifiuti di non avere funzionato come un orologio svizzero è come un copione di teatro popolare di strada.

Per anni a Napoli e in Campania lo Stato fallisce senza speranza.

Falliscono la Regione, il Comune, i commissari ai rifiuti; falliscono i carismi e le leadership locali, i governi nazionali, i loro prefetti, le forze che gestiscono l’ordine pubblico; trionfano invece le proteste e chi le cavalca, gli interessi di società che si organizzano e si barricano fino al più minuto e chiassoso dei particolarismi, che inventano nuove retoriche e letterature di falso autogoverno, per finire immancabilmente nella “merdaccia”.

La questione dei rifiuti diventa il dossier privilegiato dell’informazione mondiale, il buco della serratura attraverso cui si giudica l’Italia al tavolo della politica estera e della politica economica.

Il dossier diventa il primo capitolo di una dura campagna elettorale e uno dei grandi fattori della sconfitta del governo uscente.

La “merdaccia” è quel che resta dell’autorità pubblica a Napoli, per usare l’espressione detta al telefono dalla funzionaria Di Gennaro, una che come i magistrati che la perseguono ha vinto il suo bravo concorso, ha cercato di servire la Repubblica, ha affinato le sue competenze in Italia e nel mondo, e poi è finita nel cuore drammaturgico di questa sceneggiata in cui rifulge “la devastante vigliaccheria dello Stato” (Guido Bertolaso, altra intercettazione).

E adesso che si profilava non dico un lieto fine ma un’uscita di sicurezza, adesso che il popolo ha votato, il governo ha deciso, e la barricata della vergogna sta per essere rimossa con l’accordo di tutti i partiti e l’incoraggiamento del presidente della Repubblica, adesso arrivano i magistrati inquirenti a rilanciare, in nome della legalità, la retorica antistato della cultura di strada, il grido camorristico che s’ode da Napoli a Casal di Principe, la parola d’ordine del populismo primitivo secondo cui “i delinquenti non siamo noi, i delinquenti sono loro”.

Che la magistratura sappia talvolta fare un uso perverso della legalità è in questo Paese da tempo un vecchio sospetto di minoranze liberali.

Ora le gesta dei pm napoletani dimostrano che il pensar male è ben radicato nella realtà dei fatti.

Giuliano Ferrara

Tratto dal sito: www.panorama.it

venerdì, maggio 30, 2008

TRADISCE IL MARITO NELLA CASA CONIUGALE: PERDE I BENI COINTESTATI.

ROMA (ANSA) - Merita di perdere tutti i beni e le proprietà che il marito le ha cointestato la moglie che tradisce il coniuge portando l'amante nella casa coniugale, consumando carnalmente il suo 'flirt'.

L' avvertimento viene dalla Cassazione che ha confermato la "revocazione per ingratitudine" della cointestazione di tutti i beni che il marito Aldo I. aveva donato, in comproprietà alla moglie Silvana I., che lo tradiva in casa con un giovanissimo amante.

La Cassazione - con la sentenza 14093/2008 della II Sezione Civile - ha respinto il ricorso con il quale la moglie infedele chiedeva la nullità del verdetto della Corte d'appello di Messina che nel marzo 2005 (a conclusione in una causa iniziata nel lontano 1975) le aveva revocato la comproprietà dei beni che Aldo le aveva intestato.

Per i giudici d'appello Silvana aveva commesso una "ingiuria grave che ledeva gravemente il patrimonio morale di Aldo" e pertanto, legittimamente il marito doveva tornare nel pieno possesso dei beni che aveva voluto condividere con la moglie.

L'infedeltà di Silvana venne scoperta da Aldo nel 1975: allora la donna aveva 36 anni e aveva 3 figli. Tradiva Aldo con un focoso ventitreenne e "si univa a lui" nella casa coniugale. Situazione durata diversi anni prima che Silvana si decidesse ad abbandonare la famiglia e a convivere con il nuovo compagno.

Ad avviso della Cassazione correttamente i giudici dell'appello hanno ritenuto che "costituiva ingiuria grave non tanto l'infedeltà coniugale quanto l'atteggiamento complessivamente adottato, menzognero e irriguardoso verso il marito, all'insaputa del quale Silvana si univa con l'amante nell'abitazione coniugale".

Il primo grado il tribunale di Messina, invece, nell'ottobre 1990, aveva ritenuto non gravi le modalità di questo tradimento.

PROROGATI AL 31/12/2009 INCARICHI A MAGISTRATURA ONORARIA.

(AGI) - Roma, 30 mag. - Giudici e vice procuratori onorari anche per tutto il 2009 negli uffici giudiziari italiani.

Il Consiglio dei Ministri, si legge in una nota del ministero, ha infatti deciso oggi, approvando un decreto legge, la proroga della loro applicazione fino al 31 dicembre. Si eviteranno cosi’ battute d’arresto ai processi in corso che proprio i magistrati onorari si trovano ancora a trattare e si elimina cosi’ il conflitto esistente fra le legge del 1998 che prevedeva l’impossibilita’ di adibire i magistrati onorari all’esercizio della giurisdizione oltre il 2 giugno 2008 e la norma del decreto legge collegato all’ultima finanziaria che ne disponeva la proroga fino alla riforma organica della magistratura onoraria.

“La decisione del Consiglio dei ministri e’ necessaria e opportuna. Consente la continuita’ di quel servizio Giustizia che e’ piu’ vicino al cittadino - ha detto il Guardasigilli Angelino Alfano - In uno spirito di collaborazione con tutti gli operatori del settore che sicuramente sara’ di grande aiuto per snellire i tempi dei processi, obiettivo che ritengo vada perseguito con determinazione”. (AGI)

Progetto di riforma dell'Opera "Clemente Mauro".




Pubblichiamo qui di seguito la relazione ed il progetto di riforma dell'Opera "Clemente Mauro", stilati dal Consigliere del COA di Salerno Avv. Beniamino Spirito.

Relazione “Opera Clemente Mauro”

1. Con verbale d’assemblea degli Avvocati di Salerno del 01.07.1955 è stata istituita l’ “Opera Clemente Mauro”.

Lo scopo era il miglioramento dell’assistenza e, in un secondo momento, della previdenza a favore degli iscritti e delle loro famiglie.

Alla realizzazione dello scopo si perveniva con il versamento di un contributo volontario da parte degli iscritti.

I fondi sono amministrati dal Consiglio dell’Ordine fino a quando non saranno tali da consentire la costituzione di un Consiglio di Amministrazione autonomo.

  1. Il 23.01.1973 vi è stata una modifica allo Statuto prevedendo, su ogni parere liquidato dal Consiglio, un versamento dell’ 1,0% a favore dell’ “Opera”.

L’ “Opera Clemente Mauro” è, giuridicamente, un fondo con vincolo di destinazione, la cui disponibilità finanziaria, ad oggi, è di € 190.000,00.

  1. La costituzione di una Fondazione non risulta conveniente per i tanti adempimenti e vincoli pubblicistici che essa prevede; per il carico burocratico presunto e, da ultimo (ma non di minore importanza), per i costi. Si avrebbe, infatti, una struttura organizzativa in cui il personale dipendente dovrebbe necessariamente essere diverso da quello del Consiglio dell’Ordine in quanto la Fondazione, giuridicamente, è un soggetto di diritto autonomo.

  1. Una soluzione sarebbe la trasformazione o, meglio, l’integrazione dello scopo dell’ “Opera Clemente Mauro”. Si potrebbe proporre di deliberare l’ampliamento dell’oggetto e degli obiettivi, inserendo la “formazione” e quant’altro inerente alla qualificazione della professione forense.



OPERA “CLEMENTE MAURO”

NORME DI ATTUAZIONE

1. E’ istituita presso il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati e dei procuratori di Salerno l’Opera “Clemente Mauro”.

  1. L’ “Opera Clemente Mauro” ha come scopo l’assistenza e la previdenza a favore degli iscritti all’Albo e delle loro famiglie, senza distinzione di valore e senza gradazione di fortuna.

Si propone, altresì, di valorizzare e qualificare la professione dell’Avvocato, il suo costante aggiornamento tecnico e culturale.

L’ “Opera” promuove ed attua ogni iniziativa diretta alla formazione, perfezionamento, ed orientamento professionale dell’Avvocatura Salernitana.

A tal fine, l’ “Opera” potrà:

    1. Istituire corsi di formazione e di aggiornamento professionale giuridico e forense anche in collaborazione con altri enti o associazioni ed avvalendosi di consulenti esterni;
    2. Promuovere attività di ricerca tecnico giuridica;
    3. Realizzare iniziative per la valorizzazione della professione di avvocato;
    4. Istituire, promuovere, sovvenzionare borse di studio nelle materie di competenza della professione forense.
    5. Assumere ogni altra iniziativa, anche editoriale, idonea a perseguire gli scopi istituzionali.

3. Il patrimonio indisponibile dell’ “Opera” è costituito:

§ Dai contributi pari all’ 1% su ogni parere liquidato dal Consiglio dell’Ordine;

§ Dai contributi volontari degli iscritti;

§ Dai beni mobili ed immobili che perverranno all’ “Opera” a qualsiasi titolo;

§ Da elargizioni o contributi versati da Enti Pubblici e Privati nonché da persone fisiche;

§ Dalle rendite del patrimonio.

  1. L’ “Opera” è gestita dal Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Salerno.

giovedì, maggio 29, 2008

Cassazione: Avvocati cancellati dall'Albo? Non si applica la norma dei tre anni per la reiscrizione.


Tra le sanzioni disciplinari, la cancellazione è una misura meno rigida rispetto alla radiazione e, pertanto, in caso di cancellazione, non sussiste il requisito del cd. 'tempo minimo' al fine di ottenere la riammissione all'Ordine.

Lo hanno stabilito le Sezioni Unite della Corte di Cassazione (Sent. 11653/2008) precisando che "la norma relativa la decorso di un termine minimo per la reiscrizione all'albo dopo il provvedimento di radiazione non può trovare applicazione, in via di estensione analogica, al caso della cancellazione: la diversità della sanzione considerata dalla legge come meno grave non consente di far riferimento alla stessa disciplina fissata per quella più grave, non esistendo alcuna ragione logica per ritenere che entrambe le fattispecie debbano essere regolate allo stesso modo; né è certamente possibile ritenere in contrasto con la ratio della norma la mancata estensione della disciplina espressamente prevista al caso diverso non contemplato".

La cancellazione dall'albo degli avvocati è una misura disciplinare di fatto meno grave rispetto alla radiazione.

Infatti non c'è un tempo minimo per essere riammessi. L'importante è che il professionista abbia tenuto per un lungo periodo una condotta 'specchiatissima e illibata'".

La Corte ha poi precisato che "il disposto dell'art. 47 del r.d.l. n. 1578/1933 relativo al termine che deve decorrere dalla sanzione prima della reiscrizione, non trova applicazione per l'ipotesi di cancellazione dall'albo di cui all'art. 40 dello stesso provvedimento normativo, nel testo attualmente vigente. Indipendentemente dalla previsione di un termine minimo, la durata del tempo decorso dalla cancellazione può essere peraltro valutata ai fini dell'apprezzamento della sussistenza del requisito della condotta 'specchiatissima ed illibata' di cui all'art. 17 del medesimo r.d.l.".

CNF AL MINISTRO ALFANO: AVVOCATI IN CAMPO PER AFFRONTARE CRISI.


Roma, 29 mag. (Apcom) - "In questa legislatura sia portata a compimento la riforma della professione forense, nel cui ambito rivedere le regole dell'accesso, della pratica, del procedimento disciplinare".

E' l'auspicio espresso dal presidente del Consiglio nazionale forense, Guido Alpa, accogliendo il Guardasigilli, Angelino Alfano, per un primo e informale incontro al ministero della Giustizia.

"Abbiamo voluto anche assicurargli - ha spiegato il leader degli avvocati - il contributo dell'avvocatura alla soluzione delle questioni urgenti che rendono drammatica la situazione dell'amministrazione della giustizia nel nostro Paese".

"Ci compiacciamo che il ministro della Giustizia sia un avvocato che conosce le questioni relative alla professione forense", ha detto ancora il leader del Cnf, spiegando che al ministro gli avvocati sottoporranno le loro richieste in un prossimo incontro.

L'augurio di Alpa rivolto al Guardasigilli è stato quello di una "collaborazione proficua affinché in questa consiliatura il Cnf possa dare luogo finalmente all'attività di consulenza al ministro che la legge gli riconosce ma che fino ad ora è stata attuata casualmente".

Alpa ha apprezzato le parole del ministro, che ha giudicato prezioso il contributo che il Cnf potrà dare, a partire da un prossimo incontro che sarà fissato a breve, indicando i tre criteri ai quali le future proposte di modifica legislativa dovranno ispirarsi: la procedibilità politica e parlamentare e la compatibilità europea.

L’italiano Avv. Guido De Rossi alla vicepresidenza della Federazione degli Ordini forensi europei.


È italiano il nuovo Vicepresidente della Federazione degli Ordini europei, l’organizzazione che riunisce i Consigli locali degli Avvocati dei Paesi Ue.

Guido De Rossi, ex presidente degli Ordini degli Avvocati di Foggia, ora alla guida dell’unione degli Ordini forensi pugliesi, è stato nominato la settimana scorsa a Istanbul.

Nel 2010 diventerà automaticamente presidente dell’organismo europeo che ha sede a Strasburgo.

mercoledì, maggio 28, 2008

Alfano vede opposizione, Anm e avvocati:via al dialogo.


Roma, 28 mag. (Apcom) - "Da oggi inizierà un confronto con i magistrati". Il ministro della GIustizia Angelino Alfano sa che qualunque riforma o innovazione nel settore giustizia deve per forza passare dal confronto con i magistrati e per questo ha iniziato oggi, con l'incontro di questa mattina con il 'ministro-ombra della giustizia' Lanfranco Tenaglia e ricevendo alle 16,30 i vertici dell'Anm, un 'ciclo di consultazioni' sui principali temi.

"Ieri al Csm - ha detto il Guardasigilli ospite di Maurizio Belpietro a Panorama del Giorno su Canale 5 - sono stato molto chiaro, dicendo che crediamo tutti noi del governo berlusconi nel confronto e nel dialogo come metodo per far venire fuori le parti condivise di ogni singola materia, ma poi alla fine la sintesi compete al governo. Quindi dialogo e anche scelta, confronto, ma poi alla fine decisioni".

Secondo il ministro, infatti, "serve sicuramente diminuire la lunghezza dei processi e far sì che lentezza smetta di essere la piaga del nostro sistema giudiziario".

Non solo: "anche nell'ambito della giustizia penale bisogna riformare alcune questioni importanti, a cominciare dal codice. Non intendo costituire altre commissioni che facciano ciò che altri hanno già fato impiegando anni e anni, ma occorre portare a rapida sintesi il lavoro che è stato svolto da alcune commissioni di studio precedenti. portarlo in parlamento e varare alcune importanti riforme". Ovviamente, il riferimento è "alle commissioni di riforma del codice penale, tra cui quella Pisapia, e del codice civile che hanno lavorato in questi anni. In cento, centoventi giorni bisogna portare a sintesi un lavoro che già è stato fatto e mandarlo in Parlamento".

Questi dunque i principali temi sul tavolo degli incontri che il ministro terrà con tutti gli operatori della Giustizia.

Secondo Alfano infatti serve "una più efficiente organizzazione degli uffici, una politica sul personale di assistenza ai magistrati che sia una politica di reale sostegno e serve finalmente accorciare i riti civili. Di questo - ha assicurato - io parlerò oggi sia con gli avvocati che con i magistrati che con i rappresentanti del governo-ombra". Secondo il Guardasigilli, infatti, "ci sono tematiche che possono essere largamente condivise, ci sono tematiche su cui inevitabilmente si arriverà allo scontro. Secondo me - ha concluso - la materia dell'accelerazione dei processi è tra le materie che può essere condivisa sia dalla maggioranza che dall'opposizione".

lunedì, maggio 26, 2008

R.C. auto e natanti, nuove regole.


Il 19 maggio 2008 è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il regolamento 1 aprile 2008 n. 86 contenente disposizioni in materia di assicurazione della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti. Queste, in sintesi, le principali novità.

L’art. 3, in primo luogo, differenzia ai fini delle assicurazioni, le aree di proprietà pubblica o privata (ad esempio, strade di un parco) dalle aree aperte alla circolazione del pubblico e alle strade di uso pubblico.

La norma stabilisce, ancora, che devono essere considerati in circolazione anche i veicoli in sosta su strade di uso pubblico o su aree a queste equiparate. Identiche regole sono previste per i natanti soggetti all’obbligo di assicurazione anche se ormeggiati in acque ad uso pubblico ancorché di uso privato sempre che siano aperte alla navigazione del pubblico.

Per individuare i natanti registrati in Italia, soggetti all’obbligo di assicurazione, il regolamento precisa che deve farsi riferimento alla stazza lorda e alla potenza del motore come risultanti dai documenti di identificazione prescritti dalle vigenti disposizioni.

In relazione al trasferimento di proprietà del veicolo o del natante, l’art. 10 stabilisce che l’alienante deve richiedere all’impresa di assicurazione la sostituzione del contratto per altro veicolo o natante di sua proprietà fornendo gli elementi identificativi.

L’impresa, ricevuta la richiesta, procede al ricalcolo del premio e all’eventuale conguaglio e, nel termine di cinque giorni dal pagamento, rilascia il certificato di assicurazione e il contrassegno relativi al nuovo veicolo o natante.

In caso di trasferimento di proprietà del veicolo del natante, che comporti la risoluzione del contratto - è questa una delle novità più rilevanti del regolamento - l’impresa restituisce al contraente la parte di premio pagata e non goduta al netto dell’imposta dovuta e del contributo obbligatorio.

La disposizione si applica anche nella ipotesi di demolizione o cessazione dalla circolazione del veicolo che comporti la risoluzione del contratto.

Per i veicoli a motore immatricolati in Stati esteri, che circolano temporaneamente in Italia, l’obbligo della copertura assicurativa per la durata della permanenza in Italia si considera assolto se la targa di immatricolazione è rilasciata da uno Stato facente parte della Comunità Europea.

Per i veicoli a motore immatricolati in Stati diversi, in mancanza del certificato internazionale di assicurazione, l’obbligo della copertura assicurativa per la durata della permanenza in Italia si considera assolto mediante un contratto di assicurazione «frontiera», di durata non inferiore a quindici giorni e non superiore a sei mesi, stipulato con le imprese con sede nel territorio italiano.

domenica, maggio 25, 2008

Si va verso la soppressione dei c.d. “tribunalini”?


«Tre tribunali in Irpinia sono troppi, sì alla soppressione». Lo ha detto Antonio Laudati, direttore Affari Penali del Ministero della Giustizia, durante durante il convegno che si è svolto ieri pomeriggio presso l’auditorium della Banca della Campania di Avellino, dove si è discusso “dell’eccessiva durata del processo penale: ragioni, costi e rimedi”.

Laudati nel suo intervento ha parlato di dati allarmanti relativi alla giustizia italiana.

«Ci sono gravi inefficienze nella giustizia dovute ad una serie di elementi. Partendo dai costi, basti pensare che in Italia si spendono sette miliardi di euro per la giustizia. Bisogna ridurre il numero dei tribunali. In Irpinia ne sono presenti tre, in Piemonte sette. La soppressione dei piccoli tribunali comporta ad un risparmio dei costi notevole. Per non parlare dei risarcimenti. Chi subisce un danno deve essere risarcito. E lo Stato paga 500milioni di euro all’anno per i risarcimenti in Italia. Perché questi soldi non si spendono prima di arrivare al risarcimento? Sono 90mila i casi di aventi diritto al rimborso, ma mai è stata accertata l’azione disciplinare dei magistrati».

Laudati ha proseguito poi sui problemi, che produce l’inefficienza della giustizia.

«Innanzitutto si crea insicurezza - ha detto - inoltre, viene a mancare la garanzia del processo stesso. E poi si pone il problema della competitività con gli altri paesi. L’Italia è ritenuta “meta preferita” dei malviventi stranieri, perché è l’unico paese che ha pene meno severe rispetto ad una Germania, Francia, Inghilterra. Quello che è sbagliato è il metodo di lavoro - ha sottolineato Laudati - Per la giustizia è arrivato il tempo di cambiare stagione. Questa situazione non è più sostenibile. E’ giunta l’ora, approfittando del momento storico che sta vivendo il nostro paese, di riuscire ad ottenere un giusto processo>>.

I nuovi......."Servizi Segreti".

Convegno di Magistratura Indipendente: "Lo spettacolo della Giustizia".

sabato, maggio 24, 2008

CASSAZIONE: SE MINORE FILMA STUPRO, COMPIE VIOLENZA GRUPPO.


Riprendere uno stupro con un telefonino rientra nel reato di violenza sessuale di gruppo.

Lo sottolinea la Cassazione, confermando la misura cautelare della permanenza in casa disposta nei confronti di 5 minorenni dal tribunale del Riesame per i minorenni de L'Aquila.

I giovani risultavano indagati perche', nel febbraio 2006, avevano costretto una ragazza di 14 anni ad avere rapporti sessuali con uno di loro, minacciando di divulgare il video, realizzato con un telefono cellulare, in cui si mostravano gli amplessi che la giovane aveva avuto con loro in precedenza.

Il Riesame aveva disposto la misura cautelare, richiesta dalla Procura ma respinta dal gip, ritenendo che la ragazza aveva avuto tali rapporti "non liberamente ma solo per effetto della minaccia di diffusione del video".

La Suprema Corte (terza sezione penale, sentenza n.20551/2008) ha confermato la misura cautelare, ricordando che "nell'ordinanza impugnata si osserva che non solo tutti gli imputati parteciparono all'episodio della notte del 26 febbraio, ma tutti insieme usarono le immagini di quell'episodio filmate con il cellulare per ricattare la ragazza".

L'argomento decisivo per supportare l'affermazione di un'avvenuta violenza di gruppo, spiegano ancora i giudici "e' fornito dalla circostanza incontestata che nel momento in cui gli abusi sessuali si consumavano gli altri stazionavano nei pressi".

Esclusa "l'ipotesi, neppure adombrata dai diretti interessati, del voyeurismo - aggiunge la Cassazione - e' agevole concludere, in consonanza con il ragionamento del tribunale, che quella presenza non potesse che rafforzare la determinazione del compartecipe che materialmente compiva l'atto sessuale", nonche' "intensificare la coazione gia' esercitata sulla volonta' della vittima delle precedenti minacce".

Due cure per la giustizia: soldi e semplicità.


L’inizio della legislatura è un’occasione propizia per una sintetica ricognizione dei principali problemi che affliggono il «pianeta giustizia» nella speranza che il nuovo esecutivo possa avviarne la soluzione. L’amministrazione della giustizia soffre sia di patologiche disfunzioni — alcune dovute allo scarso impegno di qualche magistrato: emblematiche le recenti scarcerazioni per decorrenza dei termini di custodia cautelare e l’omessa redazione, per ben otto anni, di una sentenza — che di problemi strutturali.

Tra questi merita subito segnalare, per la sua attualità, la scopertura di ben 200 posti di pubblico ministero, metà dei quali in procure della Repubblcia che operano in zone «calde» del Sud.

La durata irragionevole, anziché «ragionevole» come vuole l’articolo 111 della Costituzione dei processi penali trae origine anche dal numero veramente eccessivo, dei fatti considerati come reati. Occorre un’attenta ricognizione della legislazione penale per procedere alla depenalizzazione di quelle fattispecie che non appaiono meritevoli di pena in ragione degli interessi protetti.

Per taluni reati minori (come prevede la bozza di delega redatta dalla Commissione presieduta dal professor Riccio) si potrebbe poi introdurre il ricorso alla mediazione con l’intervento di un soggetto terzo ed imparziale, attribuendo al giudice il potere di archiviare il procedimento nell’ipotesi di esito positivo della mediazione, oppure, in caso di esito negativo, di disporre la prosecuzione del procedimento penale.

Sempre con riferimento al codice di procedura penale, esso dovrà essere sfrondato da talune garanzie (meglio garantismi) che sembrano fondati più sulla difesa dal processo che non su quella dell’imputato.

Come pensare che i cittadini accettino la scarcerazione di un imputato di un grave delitto perché, come è avvenuto, l’avviso di conclusione delle indagini è stato notificato ad uno dei due difensori che avevano nominato e non all’altro? E’ infine necessario lo stanziamento di adeguate risorse per il «pianeta giustizia». Anche i pianeti per ruotare hanno bisogno di energia che poi si rifletterà sulla cittadinanza ed anche sull’economia.

di PIERO LUIGI VIGNA

Assemblea Nazionale Osservatori Giustizia (Salerno 1 e 2 giugno 2008).

venerdì, maggio 23, 2008

Alpa (Cnf): sì alle Adr ma occorre dare sistematicità alla legislazione nazionale.

COMUNICATO STAMPA

“Sui sistemi alternativi di risoluzione delle controversie il legislatore italiano ha preferito seguire la strada di interventi settore per settore, dalla subfornitura alle controversie societarie e da ultimo nella legge sulla class action, definendo per ciascuno regole difformi e organismi deputati diversi. Questo non ha fatto che moltiplicare i riti processuali, creando confusione e ponendo problemi nella stessa interpretazione delle norme”.

L’analisi critica del sistema italiano di Adr è del presidente del Consiglio nazionale forense, Guido Alpa, che ieri ha parlato nel corso del convegno “Risolvere le controversie senza ricorrere ai tribunali”, organizzato dallo stesso Cnf in partnership con la British Italian Law Association (Bila), proprio per indagare pregi e difetti delle due esperienze, italiana e inglese, a confronto.

Le questioni aperte sulle Adr sono ancora tante e l’avvocatura, in questo inizio di legislatura, vuole suggerire un metodo per affrontarle.

D’altra parte, l’adesione del Cnf al sistema delle misure alternative di risoluzione delle controversie è convinta, ha spiegato Alpa, come dimostrano le numerose iniziative concrete avviate: da ultimo la costituzione, insieme al conciliatore bancario Abi, al notariato e ai commercialisti, di una associazione per la promozione della cultura conciliativa; la richiesta agli ordini forensi locali di istituire camere di conciliazione; i corsi avviati dalla Scuola dell’avvocatura per formare i conciliatori. “Più che i notai o i commercialisti, sono gli avvocati i professionisti più adatti per proporsi come conciliatori”, ha sottolineato Alpa.

La confusione in cui spesso è incorso il legislatore italiano è stata sottolineata più volte nel corso degli interventi.

Lo ha ribadito Stefano Azzali, della Camera arbitrale nazionale e internazionale di Milano, collegata alla Camera di Commercio, che ha denunciato “il vizio di fondo di considerare le Adr come un salvagente per la giustizia che non funziona”.

Azzali ha però evidenziato, partendo dai dati sempre più significativi del sistema camerale (a Milano si è passati da 169 casi del 2003 ai 654 casi nel 2007, di valore anche significativo che è arrivato ai 162mila euro nelle conciliazioni business to business), che anche in Italia il sistema è sempre più apprezzato e che il trend è in costante crescita.

Gli avvocati stanno superando il timore di vedersi quote di mercato sottratte e i giudici, a loro volta, guardano alle Adr con meno diffidenza: prova ne è che nella corte di appello di Milano sarà aperto un ufficio ad hoc frutto del progetto Conciliamo che coinvolge Corte di appello e camera di commercio.

Che le Adr comportino però un cambio di mentalità anche per gli stessi avvocati è un dato acquisito. Lo ha spiegato bene Michele Marchesiello, ex giudice, che ha focalizzato l’attenzione sulla necessitata interazione, nel sistema italiano basato sulla tutela dei diritti e non degli interessi, tra le Adr e la giurisdizione: “Parte dell’avvocatura è ancora ostile. Invece credo che rispetto alla cultura giuridica in Italia sia utile prevedere una mediazione che, attraverso il giudice, sia affidata a conciliatori”.

L’esperienza inglese ha dimostrato che un sistema di Adr efficace ha conseguenze positive in generale sull’economia di un paese.

Ma in Italia, il passaggio dalla teoria alla pratica è ancora difficoltoso. “Nonostante l’apprezzamento generale riguardo la conciliazione societaria introdotta con la riforma Vietti, in pratica non mi risulta che in questi quattro anni ci sia stato un ricorso massiccio”, ha commentato Daniele Santosuosso, ordinario a La Sapienza di Roma. “La ragione sta probabilmente nella propensione del management a difendere comunque le proprie scelte. Più chance può avere la conciliazione commerciale”.

Peter Wood, presidente di Bila, ha spiegato che il successo inglese della mediazione sta nei costi del sistema giudiziario e nel consenso dei clienti. Per questo è importante che in Italia gli avvocati comprendano bene il sistema e se ne facciano promotori presso i loro assistiti.

“La mediazione è un efficace strumento per trovare un accordo prima di qualsiasi processo”.

giovedì, maggio 22, 2008

Cogne: il paradigma della "giustizia-spettacolo".


Con la conferma della condanna di Anna Maria Franzoni a 16 anni di detenzione per l'omicidio del figlio Samuele, si è concluso ieri sera uno dei processi che più hanno coinvolto opinione pubblica e media.

Un processo che, via via, è diventato paradigma di alcuni dei mali che affliggono la giustizia italiana. Ma non solo la giustizia. Tanto che, a verdetto finale pronunciato, considerazioni unicamente giuridiche sarebbero ancora insufficienti.

Perché il «processo Cogne», ha, per esempio, portato ancora più alla luce del sole gli effetti che produce sulle strategie di accusa e difesa la sovraesposizione mediatica.

Con un'imputata che, in un primo momento, ha puntato sulla linea di basso profilo, meno aggressiva e più rispettosa, non solo nella forma, dell'autorità giudiziaria e delle regole processuali di Carlo Federico Grosso, ex vicepresidente del Csm e avvocato di scuola torinese.

Salvo ricredersi e affiancargli un "battitore libero" come Carlo Taormina.

Con il risultato dell'abbandono di Grosso e l'affermarsi di una linea difensiva che, da una parte, ha condotto alla carica a testa bassa sugli investigatori e sui magistrati e dall'altra ha scommesso sempre più sulla partecipazione mediatica e su un processo che non si svolgeva più solo nelle aule giudiziarie, ma in televisione e sui giornali.

Progetto che non ha pagato, viste le condanne, ricevute sia in primo grado sia in appello e che è stato poi rinnegato con una nuova svolta che, alla vigilia del giudizio in Cassazione, ha riportato in sella Carlo Federico Grosso.

E l'incertezza sulla linea difensiva da tenere in un processo di stampo tipicamente indiziario ha avuto un peso significativo.

«Anche perché – spiega Luca Palamara, Pm romano e neopresidente dell'Anm – quello che conta, alla fina, è la verità processuale, che non ha i tempi e modi di quella mediatica».

Di fronte all'assenza della "prova regina" o di una confessione, ha assunto così rilevanza, sottolinea il presidente delle Camere penali, Oreste Dominioni, il ricorso alla prova scientifica, «che poi non si è rivelata così decisiva come si pensava, in questo come in altri casi.

Senza dimenticare che lo sbilanciamento verso consulenze, perizie, rilievi tecnici è di per sé uno squilibrio portato a favorire l'accusa, che dispone di maggiori mezzi e possibilità, alterando la normale dialettica processuale».

L'impadronirsi mediatico della vicenda, con toni ma non modalità che hanno richiamato la cronaca nera degli anni '50 e con la classica divisione tra colpevolisti e innocentisti, ha poi condotto a un'esasperazione e a un innalzamento dei toni, che dall'opinione pubblica sono poi confluiti nella dialettica processuale e, a cascata, su altri procedimenti.

Ora più complessi e ancora irrisolti (Garlasco) ora apparentemente più semplici, ma non meno invadenti (i quattro morti di Erba e l'avvio di un processo per il quale la coincidenza con lo spettacolo è arrivata all'evidenza nella distribuzione di biglietti al pubblico per la partecipazione alle udienze).

Cogne, dunque, come cartina di tornasole della degenerazione del «sistema giustizia», con imputati che oltre alla sbarra del processo devono subire la gogna dell'appiattimento delle garanzie minime e dell'allargarsi a macchia d'olio di un'attenzione ai confini (e talvolta oltre) dell'oscenità.

Qualcuno ricorda le pagine spese a scandagliare vizi e virtù della famiglia Franzoni, sino a far sospettare l'imputata di godere di protezioni politiche.

Cogne come esempio delle carenze di un sistema giudiziario che prima permette di additare il mostro (a proposito, ieri, è arrivata anche l'assoluzione del Gup di Firenze per Francesco Calamandrei, ex farmacista di San Casciano, accusato di essere il mandante di quattro duplici omicidi del «mostro di Firenze»), infliggendo prima una custodia cautelare e poi permettendo una partecipazione mediatica indiscriminata allo stesso imputato.

Con media naturalmente compiacenti, che hanno avuto e avranno una convenienza evidente nell'involgarire il livello dell'informazione, per esempio con la diffusione di fotografie del luogo del delitto.

Insomma una storia brutta, sulla quale la Cassazione ha scritto (forse) la parola fine. Che fine poi non è per chi rimane convinto di una tesi e non dalla verità, imperfetta, che può raggiungere il processo penale.

di Giovanni Negri

Giovedí 22 Maggio 2008

BERSELLI: BASTA SCONTRI, ORA SI PUO' LAVORARE INSIEME.


Roma, 22 mag. (Apcom) - "Sono orgoglioso di essere stato eletto presidente . Dopo anni di contrasti e battaglie, mi auguro che ci sia un confronto pacifico e costruttivo. Non appartengo né al partito dei magistrati né a quello degli avvocati ma degli italiani che vogliono una giustizia più giusta, veloce, europea e imparziale. Si può lavorare tutti insieme".

Lo ha detto il neo eletto presidente della commissione Giustizia del Senato Filippo Berselli.

"La mancanza di alcuni gruppi parlamentari - ha aggiunto - potrà facilitare il lavoro".

L'esponente del Pdl ha poi annunciato che "visto che la lotta alla criminalità organizzata sarà centrale, al prossimo ufficio di presidenza proporrò che la prima missione della commissione sia nelle due stazioni dei carabinieri di Platì e San Luca, due luoghi simbolo".

Il COA di Salerno convocato per il 28 maggio 2008.



CONSIGLIO ORDINE AVVOCATI SALERNO


ORDINE DEL GIORNO

Tornata del 28 maggio 2008 (ore 11.30)

1. Lettura ed approvazione verbale precedente;

2. Comunicazioni del Presidente;

3. Iscrizioni e cancellazioni;

4. Pareri;

5. Ammissioni gratuito patrocinio - Rel. Cons. Avv. Visconti;

6. Magistratura Onoraria- pareri - Rel. Cons. Avv. Altieri;

7. Recupero morosità - Rel. Cons. Avv. Nocilla;

8. Formazione permanente- Richiesta accrediti ed esoneri;

9. Richiesta acquisto 2 PC - Valutazione offerte - Rel. Cons. Avv. Nocilla;

10. Sussidi e contributi;

11. Varie ed eventuali.

Il Presidente

Avv. Americo Montera

Il Consigliere Segretario

Avv. Gaetano Paolino

mercoledì, maggio 21, 2008

MINISTERO GIUSTIZIA : INGIUSTIFICATO SOSPENSIONE SERVIZIO FONOREGISTRAZIONE.


Roma, 19 mag. (Apcom) - E' "del tutto ingiustificata" la sospensione del servizio di verbalizzazione e trascrizione degli atti dei processi, attuata in alcune sedi e minacciata a partire da mercoledì dal Consorzio Astrea nelle altre sedi: "Non trova origine in un mancato adempimento da parte del Ministero".

Lo afferma una nota del ministero di via Arenula, che fa sapere di aver dato "agli uffici giudiziari le indicazioni da seguire in caso di sospensione del servizio e, qualora la situazione si estenda, prenderà tutte le iniziative del caso per consentire la verbalizzazione con fonoregistrazione, stenotipia o altri strumenti meccanici degli atti dei processi penali".

"Va ribadito - si aggiunge dal ministero della Giustizia - che i soldi destinati alla trascrizione degli atti dei dibattimenti penali sono previsti dalla legge finanziaria e che i relativi pagamenti, in conformità a quanto previsto nel contratto e nel capitolato, sono già stati tutti effettuati fino al 31 dicembre 2007".

Per i pagamenti dell'anno in corso, via Arenula precisa che, "innanzitutto, è già stato assunto in data 3 aprile l'impegno di spesa per la prima tranche 2008 ed è stato chiesto al R.T.I contraente di far pervenire l'attestazione del regolare pagamento degli stipendi e dei contributi ai dipendenti, onere al quale alcune delle società del Consorzio non hanno ancora ottemperato. Tale richiesta deriva da normativa di legge e dalla comunicazione che almeno in una città la locale Procura della Repubblica sta procedendo penalmente contro i responsabili di una delle società del consorzio tra l'altro per irregolarità dei rapporti lavorativi".

martedì, maggio 20, 2008

Monnezza e politica.

Immigrazione clandestina: sarà reato nella bozza del disegno di legge.


ROMA - Il reato di immigrazione clandestina sarà introdotto per disegno di legge (Ddl) e prevederà una pena da sei mesi a quattro anni di carcere.

È quanto prevede l'ultima bozza di ddl del pacchetto sicurezza (composto da un decreto, un ddl e tre decreti legislativi) all'esame del pre-Consiglio dei ministri martedì sera.

Nella bozza di decreto (che presuppone i requisiti di necessità e urgenza), resta invece l'aggravamento di un terzo della pena nel caso di reati commessi da stranieri irregolari.

Sia la Chiesa cattolica che quelle protestanti si sono espresse contro l'introduzione del reato di immigrazione clandestina.

«Non servono regole speciali, bastano quelle che ci sono», aveva detto lunedì il cardinale Renato Raffaele Martino, presidente del Pontificio consiglio giustizia e pace.

Il nostro blog è stato inserito nel portale www.altalex.com.

sabato, maggio 17, 2008

ANM: Palamara nuovo Presidente.


ROMA - Luca Palamara è stato oggi eletto presidente dell'Associazione Nazionale Magistrati.

Il Pm di Roma dell'inchiesta su calciopoli prende il posto del dimissionario Simone Luerti. Palamara è stato eletto con 24 voti su 24 votanti.

Non hanno partecipato alle votazioni i rappresentanti di Magistratura Indipendente.

"Dobbiamo essere parte attiva nel dialogo con il mondo della politica per tutto quanto riguarda le riforme che possono servire a migliorare il funzionamento del processo e della macchina della giustizia".

Lo ha detto il neo eletto presidente dell'Anm, Luca Palamara, parlando al parlamentino delle toghe, nella sede di Piazza Cavour, durante il suo primo discorso dopo aver ricevuto il 'testimone' passatogli dal dimissionario Simone Luerti.

Palamara ha voluto ringraziare il suo predecessore ed ha sottolineato che "questa nuova giunta dell'Anm si pone in segno di continuità con la precedente e ribadisce i punti fermi dell'unità delle problematiche giudiziarie e la necessità di tenere fermo l'attuale assetto del Csm soprattutto per quanto riguarda la funzione disciplinare".

Palamara ha poi aggiunto di "fare riferimento, sempre, al metodo d'azione collegiale. Non ci possono essere fughe in avanti: la politica dell'Associazione si fa qui".

Tra i primi obiettivi Palamara ha indicato quello di "recuperare il momento di disaffezione dei magistrati italiani verso l'Anm con un'azione trasparente".

Infine Palamara ha voluto ricordare tutti i magistrati caduti nella lotta alla mafia e al terrorismo e ha dedicato un pensiero particolare a suo padre.

29° Congresso Nazionale ANM: Roma 6/8 giugno 2008.

venerdì, maggio 16, 2008

OUA : NO AI FANNULLONI NELLA MACCHINA GIUDIZIARIA, SI PREMI IL MERITO.


Michelina Grillo, presidente Oua: «Bene, si comincia bene. Per ridare slancio al Paese, bisogna cambiare prospettiva e premiare il merito in tutto il pubblico impiego e soprattutto nella macchina giudiziaria. Occorrono dirigenti sempre più preparati e determinati, che non vedano nell’incarico di alto livello il coronamento di una carriera, ma una nuova sfida da vincere con impegno. Occorre personale qualificato, rimotivato da progetti concreti e realizzabili e da incentivi legati al risultato.

Ogni piccola o grande sacca di inefficienza e di lassismo va vinta, con l’esempio del sempre maggior numero di coloro che – spesso senza nessun fine se non quello di svolgere al meglio il loro compito – hanno dimostrato che una inversione di tendenza è possibile. Convinte sinergie rappresentano il moltiplicatore di ogni sforzo dei singoli.

La burocrazia e le croniche lentezze dell’amministrazione, le lacune dell’assetto normativo, la cronica carenza di fondi, problemi pure esistenti e da risolvere, non debbono più rappresentare comodi alibi e il fango di una palude nella quale affonda ogni giorno e miseramente la speranza dei cittadini in una ripresa di effettività della giurisdizione, funzione cardine e servizio essenziale in ogni stato democratico.

Nei giorni scorsi il Guardasigilli ha dimostrato di voler andare in questa direzione non azzerando quanto di positivo avviato nella precedente legislatura con le best practices. L’idea di far conoscere e diffondere le esperienze di quelle realtà virtuose, più o meno note, che con una politica di incentivi al merito, con una più puntuale organizzazione dei servizi e con la collaborazione degli avvocati, hanno costruito una risposta più efficiente alla domanda di giustizia dei cittadini e delle imprese, è in linea con quanto sostenuto e proposto dall’avvocatura nella II Conferenza Nazionale di Roma.

L’Oua ha già incontrato i dirigenti del ministero per valutare come collaborare alla definizione di patti territoriali che coinvolgano tutti i soggetti che operano nel settore, per riorganizzare il servizio, ottimizzare le risorse e individuare un sistema di relazioni più efficiente con i cittadini, le imprese e gli enti locali. Il ruolo dell’Avvocatura e degli Ordini forensi in questi percorsi virtuosi è ineliminabile e può essere determinante. Un primo passo sarà il rinnovato e maggiore impegno nell’ambito dei Consigli Giudiziari. Di necessità si fa virtù, dunque, ma non bisogna in ogni caso dimenticare che per restituire dignità al sistema servono anche maggiori risorse e interventi normativi mirati».

«L’approccio del ministro di Giustizia, Angelino Alfano - ha concluso - fa ben sperare, è un primo passo nella direzione di un cambiamento significativo nel modo di fare politica della Giustizia, senza la pretesa di rifare tutto da capo ad ogni cambio di legislatura, ma di dare continuità a ciò che lo merita».

Roma, 16 maggio 2008

Giustizia: Nebbioso torna a Via Arenula, ok dal Csm.


Roma, 15 mag. - Torna a Via Arenula il pm di Roma Settembrino Nebbioso, per rivestire il ruolo di capo di Gabinetto, incarico che ricopri’ negli anni passati quando era guardasigilli Roberto Castelli.

Il plenum del Csm ha deliberato oggi pomeriggio il collocamento fuori ruolo del magistrato, richiesto dal ministro della Giustizia, all’unanimita’. (AGI)

Giustizia non carità.


Tra rom e romeni vi è una differenza ben nota allo Stato romeno, che ha saputo gestirla conoscendo bene le differenti storie dei romeni e dei rom.

Vi è poca memoria in Italia della Romania, una nazione che si sente latina per la sua lingua e che ricorda come suo atto di fondazione l'occupazione della Dacia da parte dell'imperatore Traiano.

La Romania fa parte della storia della Cristianità: e il nome «romeno» indica Costantinopoli, la «nuova Roma». La Romania è alleata nell'Italia nella prima guerra mondiale. Diviene fascista al tempo del fascismo e comunista nel tempo del comunismo. Il partito romeno interpreta la sua partecipazione all'Impero sovietico in chiave nazionalistica, cerca un comunismo romeno che finirà in tragedia.

I rom arrivano in quelle terre, venendo forse dall'India, intorno all'anno mille, parlano un'altra lingua, hanno un'altra storia, un'altra identità. Sono presenti in tutti i Paesi dell'Unione europea, ma solo in Italia hanno fatto dei campi una residenza all'interno delle città e hanno espresso la loro differenza in nome non del loro diritto ma del bisogno.

Hanno capito che l'essere compassionevoli è proprio del cattocomunismo italiano: per cui è meglio assistere che riconoscere, dare privilegi di fatto e non inquadrare il caso nella legge. E così si è diffusa, nell'area rom e in tutto il Mediterraneo, l'idea che, in Italia, tra la connivenza del governo e il formalismo dei giudici, l'immigrato che giunge qui è sicuro di non essere colpito da sanzioni.

Qui tutto è lecito se si ha il titolo a presentarsi come povero e a costituire una eccezione agli occhi della cittadinanza, creando un senso di colpa per la modesta ricchezza, veramente ben modesta, degli italiani di nascita. L'assistenza come criterio politico, il bisogno come diritto, l'illegalità come privilegio, sono lo status dell'immigrato clandestino in Italia: e i rom sono adeguati ad esso.

Oggi sono le autorità romene a dire che, dopo l'apertura delle frontiere europee, lo Stato romeno ha visto diminuire il tasso di delinquenza: ed è convinto che essa è stata esportata in Europa. Ed esportata anche in Italia, dove però si è inserita nel cattocomunismo che abbiamo descritto: e quindi si è soprattutto concentrata a Roma.

Il governo romeno vuole riacchiappare i suoi cittadini, soprattutto rom, facendo notare che in Romania vi sono ora condizioni di lavoro migliori che non in Italia.

L'immigrato clandestino è divenuto agli occhi della cultura cattocomunista il titolare dell'attenzione pubblica. E vedo con interesse un giornalista intelligente come Piero Sansonetti applicare agli immigrati clandestini il vangelo di Matteo che riguarda le opere di misericordia: «Ero un lavavetri e non mi avete accolto»... Questo è Matteo, aggiornato da Sansonetti.

E pensare che all'origine di Rifondazione vi è la lotta di classe, la protesta no global, il subcomandante Marcos del Chiapas... Quella di Sansonetti è un evoluzione profonda, non di piccoli passi ma un salto nella speciazione.

E qui veniamo all'altro grande agente del cattocomunismo, cioè la Caritas. La carità è diventata in Italia la fondazione dell'assistenza come forma del diritto. In questo vi è un'esorbitanza della Chiesa sullo Stato. Temi classici della dottrina sociale tradizionale come la connessione della persona alla libertà e alla proprietà sono venuti meno nel linguaggio cattolico.

La Chiesa non può protestare se il governo italiano intende attuare, particolarmente nella città di Roma, una politica della libertà e della piccola proprietà che tuteli l'italiano comune dall'invasione dei rom: e soprattutto l'imposizione della compassione ai cittadini italiani.

Il diritto di cittadinanza è, esso, a finire emarginato. Il diritto del cittadino è sottoposto al diritto dell'immigrato clandestino, in nome dei diritti dell'uomo letti dalla Caritas.

I diritti del cittadino e i diritti dell'uomo fanno parte della medesima storia, sono stati per la prima volta proclamati negli Stati Uniti da proprietari europei di terreni che usavano il lavoro schiavo dei neri importati per questo fine.

Bilanciare il diritto dell'uomo con il diritto del cittadino non è cosa ovvia: lo si vede nella storia americana. C'è voluta una sanguinosa guerra civile tra nord e sud per avvicinare i due diritti.

Ora il governo Berlusconi vuole finire con il privilegio dell'immigrato clandestino e ristabilire la nazione stato Italia nel possesso del suo territorio. Le Nazioni Unite e l'Unione europea nulla tolgono al diritto dello Stato sul suo territorio e al diritto del cittadino in quanto appartenente a una nazione.

Speriamo che il Partito democratico e il suo segretario accettino di abbandonare il buonismo e lo lascino agli antagonisti e ai «caritatevoli». La forma dello Stato è la giustizia, non la carità.

Gianni Baget Bozzo

bagetbozzo@ragionpolitica.it

tratto da: www.ilgiornale.it

"Si puo fare"!

giovedì, maggio 15, 2008

SI E’ DIMESSO IL PRESIDENTE DELL’A.N.M. LUERTI.


Roma - Cambio della guardia al vertice dell’Anm. Il presidente del ’sindacato delle toghe, Simone Luerti, ha deciso di "rassegnare le dimissioni al comitato direttivo centrale" per "evitare strumentalizzazioni e condizionamenti esterni all’indipendenza delle scelte dell’Anm".

Alla base della sua decisione, spiega, ci sono "recenti articoli di stampa che hanno riportato informazioni incomplete e non approfondite e un sostanziale travisamento dei fatti in danno dell’immagine del presidente dell’Anm e, di conseguenza, dell’associazione stessa".

Luerti ha annunciato le dimissioni dopo il caso scoppiato in seguito alla notizia di un suo incontro con l’imprenditore calabrese Antonio Saladino, coinvolto nell’inchiesta "Why not" e l’allora Guardasigilli Clemente Mastella.

"Il senso di responsabilità verso l’intera magistratura, che mi ha determinato ad accettare, a suo tempo, il gravoso incarico e il desiderio di trasparenza - si legge quindi nella secca nota con cui Luerti ha formalizzato le dimissioni, al termine della riunione della giunta - mi suggeriscono di rassegnare le dimissioni al Cdc al fine di evitare strumentalizzazioni e condizionamenti esterni all’indipendenza delle scelte dell’Anm".

A questo punto, la parola toccherà al "parlamentino" delle toghe, che si riunirà sabato per decidere il da farsi.

Il Governo ha la fiducia.

martedì, maggio 13, 2008

"Entro, timbro e me ne vado": trucchi da travet in Cassazione.


ROMA - Entrano, timbrano e riescono. Con noncuranza, come se fosse la cosa più normale del mondo. Come se lo facessero tutti i giorni.

E infatti molti confessano: si assentano spesso dal lavoro dopo aver passato il badge nelle macchinette dell'ingresso. Per andare a parcheggiare, per portare il figlio a scuola o per un caffè. Tutto pagato, perché compreso nell'orario di lavoro.

E tutto documentato da tre telecamere nascoste di Repubblica Tv: due esterne e una fatta entrare tranquillamente dall'ingresso degli avvocati, senza metal detector, sotto gli occhi dei carabinieri.

La scena è quella dell'imponente ingresso della Corte di Cassazione, il Palazzaccio di Piazza Cavour, a Roma.

Tra le 7.30 e le 9.30 del mattino di un giorno feriale. I dipendenti salgono la scalinata. Alcuni scompaiono dietro la vetrata: hanno iniziato la loro giornata di lavoro. Altri accostano, lasciano l'auto con le doppie frecce lampeggianti, riescono dopo tre minuti e risalgono in auto.

Cosa è successo? La telecamera non lascia dubbi: hanno passato il badge nell'apparecchio.

Li blocchiamo in fondo alla scalinata, per chiedere spiegazioni. La scusa più usata? Il parcheggio che non si trova.

Ecco la prima impiegata, sulla cinquantina: "Si è vero, ho timbrato. E ora vado a parcheggiare. Ma lo sa lei che problemi ci sono a Roma con i parcheggi?". Le domandiamo se sa che sta commettendo un illecito: "Certo che lo so, potrei beccarmi un provvedimento disciplinare".

Ecco un'altra donna, una mamma, 40 anni circa, il bambino è rimasto in macchina, mentre lei timbrava.

Le chiediamo dove va, lei si difende: "Ho un altro figlio malato a casa, mio marito è con lui. Vado a portare il bambino alla scuola qui vicino. Guardi che non possiamo fare più niente, siamo controllati a vista, come carcerati".

Non sembrerebbe, almeno a vedere i gruppetti di impiegati andare a prendere il caffè al bar all'angolo della piazza e rientrare a passo lento dopo quasi mezz'ora.

Filmati da Repubblica Tv, come la bella bionda che timbra, esce, riparte in auto con un accompagnatore e viene riportata in sede dopo 25 minuti.

Gli uffici sono ai piani alti e nessun capoufficio, ci svela serenamente un'impiegata, può accorgersene.

Un'altra madre ammette: "Il vero problema non sono i 10-20 minuti per parcheggiare, potrei passare sei ore senza lavorare e nessuno mi direbbe niente". Solo un signore, ripreso anche lui dalla telecamera mentre timbra, tenta di negare. Poi ci svela: al Tribunale di Milano è anche peggio, in un ufficio si sono accorti che un impiegato mancava solo dopo tre giorni di assenza.

La macchina della Cassazione non brilla per efficienza: per una sentenza bisogna aspettare 38 mesi, secondo i dati della Relazione sulla Giustizia del 2007.

E il lavoro si accumula: alla fine del 2007 le pendenze erano 102mila e 500, 1.700 in più che all'inizio dell'anno.

E la lentezza della giustizia la paghiamo tutti: 41 milioni e mezzo di euro di risarcimenti in 7 anni per "i tempi non ragionevoli" dei processi.

Alla domanda su quanti sono i dipendenti della Cassazione e quanto guadagnano né il direttore del personale della Corte né il ministero della Giustizia hanno dato risposta.

Tratto dal sito: www.repubblica.it

12/05/2008 - 07:45

MANCINO AI GIOVANI MAGISTRATI: BASTA PROTAGONISMI, SERVE SENSO DEL LIMITE.



Roma, 12 mag. (Apcom) - Basta con gli "inutili protagonismi": equilibrio, senso della misura, rispetto delle norme sono le "qualità imprescindibili" per essere buoni giudici e buoni pubblici ministeri.

E' il monito di cui si è fatto interprete il il vicepresidente del Csm, Nicola Mancino, salutando i giovani magistrati che nel pomeriggio saranno ricevuti al Quirinale dal capo dello Stato Giorgio Napolitano.

All'incontro, che si è svolto in un albergo romano e organizzato dalla Nona Commissione di Palazzo dei Marescialli, erano presenti anche i vertici della Cassazione, il primo presidente Vincenzo Carbone e il procuratore generale Mario Delli Priscoli.

"I magistrati - ha sottolineato Mancino - non devono sentirsi investiti di missioni improprie ma devono occuparsi di applicare e fare rispettare le leggi, coniugando il rigore con la scrupolosa osservanza dei principi del giusto processo e delle garanzie, cui hanno diritto tutti i cittadini".

"Inutili protagonismi" e "certezze immodificabili", ha ammonito ancora il vicepresidente del Csm, devono essere estranei alla professionalità e alla carriera dei magistrati.

"Non deve mai sfuggire a tutti voi - ha ricordato Mancino - che dietro ogni vicenda processuale vi è la storia di una persona per la quale uno dei tanti processi che vi sono affidati è, forse, il processo della sua vita".

lunedì, maggio 12, 2008

AIGA:TAVOLO CONFRONTO PERMANENTE MINISTRO-OPERATORI.



(AGI) - Roma, 12 mag. - ‘Accogliamo con favore la nomina di un giovane deputato quale Ministro di uno tra i dicasteri piu’ importanti ed auspichiamo l’istituzione di un tavolo di confronto permanente con gli operatori del diritto’.
Secondo Valter Militi, Presidente dell’Aiga, ‘per risolvere i numerosi problemi del settore giustizia sono necessari interventi di sistema, da pianificare in maniera rigorosa: occorre uscire dalle logiche emergenziali ed offrire al Paese una decisa inversione di tendenza rispetto alle ultime legislature. Ecco perche’ non ci attendiamo, nei primi ‘cento giorni’ un’attivita’ legislativa importante ma, al contrario, uno sforzo progettuale complessivo rispetto al quale siamo pronti ad offrire contributi e proposte concrete’.

domenica, maggio 11, 2008

Le priorità che il CNF indicherà al ministro Alfano.


Già pronto l’elenco delle urgenze che il CNF sottoporrà al nuovo inquilino di via Arenula: dalla riforma degli esami di abilitazione alla professione forense a quella del sistema tariffario per sganciare gli onorari dalla durata dei processi.

Ma non solo l’Avvocatura chiede anche una legge professionale autonoma rispetto a quella delle altre professioni e l’incremento delle tecniche di risoluzione alternativa delle controversie attraverso l’istituzione di camere arbitrali e di conciliazione presso gli ordini Forensi locali.

Quanto al discusso tema della separazione delle carriere, Alpa vuole attendere una proposta concreta: la vera emergenza è rappresentata dalle situazioni di incompatibilità negli uffici giudiziari, dove spesso magistrati e avvocati con vincoli di parentela svolgono le loro funzioni contestualmente, «situazioni che il Csm, per scontri interni o per ritardi o per difficoltà di accertamento non riesce a risolvere».

Per la riforma della professione forense, purtroppo, nessuna proposta unitaria. Il Consiglio nazionale forense, ha chiarito Alpa, aveva elaborato un testo di riforma della professione forense molto simile a quello presentato dal senatore Guido Calvi nella scorsa legislatura.

Malgrado tutto, però, ha continuato il presidente «non abbiamo raggiunto un accordo con l’Oua su due punti: l’ammissibilità di forme societarie equiparate alle Spa e la previsione in ambito legislativo del Congresso nazionale forense».

In arrivo il "pacchetto sicurezza" del Governo.


Sei anni di galera la pena minima per le rapine. Carcere subito per chi guida sotto effetto di alcol e droga. Processo per direttissima, sempre e comunque, per chi viene preso con le mani nel sacco, cioè «in flagranza».

Benefici penitenziari sospesi per i recidivi e completamente bloccati per i reati che procurano allarme sociale. Aggravanti per le violenze commesse contro minori, anziani e handicappati.

Giro di vite sull’immigrazione clandestina. Poliziotti di quartiere in tutte le città più grandi.

E soprattutto, un sistema per frenare le ondate di romeni senza urtare il principio europeo della libera circolazione delle persone. E intanto Angelino Alfano ha firmato quattro nuovi 41-bis, cioè carcere duro per i mafiosi. Questo e altro nel pacchetto-sicurezza che il governo sta per varare.

Sarà introdotto il nuovo reato di immigrazione clandestina che prevede l’arresto, allungamento fino a 18 mesi del periodo di trattenimento nei Cpt in attesa dell’espulsione, pattugliamento preventivo in mare per evitare gli sbarchi, inasprimento delle norme sulla richiesta di asilo e sui ricongiungimenti familiari, permessi di soggiorno solo a chi potrà dimostrare di produrre un reddito sufficiente per mantenersi in Italia.

Per i cd “reati di strada”, l’idea è quella di alzare le pene minime per questi reati che provocano allarme sociale (scippi, minacce, violazione di domicilio, furti e rapine in appartamento, maltrattamenti familiari, violenza sessuale), riducendo per i casi più gravi i benefici come la sospensione condizionale o l’affidamento in prova a strutture alternative al carcere.

Compare anche il reato di rapina in appartamento, che sarà punito da 4 a 20 anni di carcere. L'introduzione fraudolenta in una casa che passa da una pena minima di 1 a 2 anni e la rapina andrà da 4 anni e mezzo a 6.

L'aumento delle pene minime sarà esteso anche ai reati di grave allarme sociale che prevederanno una circostanza aggravante, come le violenze sugli over 70 e sui disabili e che impediranno di poter fruire di agevolazionicomel'affidamento in prova ai servizi sociali. Inoltre, per chi compirà più volte lo stesso crimine saranno aboliti permessi premio, abbuoni parziali e semilibertà.

Con il nuovo provvedimento il rito per direttissima non sarà più facoltativo, ma obbligatorio e il magistrato dovrà farvi ricorso davanti a una piena confessione della persona arrestata.

Dinanzi a una prova evidente di colpevolezza il Pm dovrà saltare l'udienza preliminare e andare al giudizioimmediato.

Un taglio infineanche alle procedure. In caso di flagranza, il giudice sarà obbligato a celebrare il processo in direttissima e quando ci sarà una confessione l’udienza preliminare dovrà essere saltata.