ROMA - Entrano, timbrano e riescono. Con noncuranza, come se fosse la cosa più normale del mondo. Come se lo facessero tutti i giorni.
E infatti molti confessano: si assentano spesso dal lavoro dopo aver passato il badge nelle macchinette dell'ingresso. Per andare a parcheggiare, per portare il figlio a scuola o per un caffè. Tutto pagato, perché compreso nell'orario di lavoro.
E tutto documentato da tre telecamere nascoste di Repubblica Tv: due esterne e una fatta entrare tranquillamente dall'ingresso degli avvocati, senza metal detector, sotto gli occhi dei carabinieri.
La scena è quella dell'imponente ingresso della Corte di Cassazione, il Palazzaccio di Piazza Cavour, a Roma.
Tra le 7.30 e le 9.30 del mattino di un giorno feriale. I dipendenti salgono la scalinata. Alcuni scompaiono dietro la vetrata: hanno iniziato la loro giornata di lavoro. Altri accostano, lasciano l'auto con le doppie frecce lampeggianti, riescono dopo tre minuti e risalgono in auto.
Cosa è successo? La telecamera non lascia dubbi: hanno passato il badge nell'apparecchio.
Li blocchiamo in fondo alla scalinata, per chiedere spiegazioni. La scusa più usata? Il parcheggio che non si trova.
Ecco la prima impiegata, sulla cinquantina: "Si è vero, ho timbrato. E ora vado a parcheggiare. Ma lo sa lei che problemi ci sono a Roma con i parcheggi?". Le domandiamo se sa che sta commettendo un illecito: "Certo che lo so, potrei beccarmi un provvedimento disciplinare".
Ecco un'altra donna, una mamma, 40 anni circa, il bambino è rimasto in macchina, mentre lei timbrava.
Le chiediamo dove va, lei si difende: "Ho un altro figlio malato a casa, mio marito è con lui. Vado a portare il bambino alla scuola qui vicino. Guardi che non possiamo fare più niente, siamo controllati a vista, come carcerati".
Non sembrerebbe, almeno a vedere i gruppetti di impiegati andare a prendere il caffè al bar all'angolo della piazza e rientrare a passo lento dopo quasi mezz'ora.
Filmati da Repubblica Tv, come la bella bionda che timbra, esce, riparte in auto con un accompagnatore e viene riportata in sede dopo 25 minuti.
Gli uffici sono ai piani alti e nessun capoufficio, ci svela serenamente un'impiegata, può accorgersene.
Un'altra madre ammette: "Il vero problema non sono i 10-20 minuti per parcheggiare, potrei passare sei ore senza lavorare e nessuno mi direbbe niente". Solo un signore, ripreso anche lui dalla telecamera mentre timbra, tenta di negare. Poi ci svela: al Tribunale di Milano è anche peggio, in un ufficio si sono accorti che un impiegato mancava solo dopo tre giorni di assenza.
La macchina della Cassazione non brilla per efficienza: per una sentenza bisogna aspettare 38 mesi, secondo i dati della Relazione sulla Giustizia del 2007.
E il lavoro si accumula: alla fine del 2007 le pendenze erano 102mila e 500, 1.700 in più che all'inizio dell'anno.
E la lentezza della giustizia la paghiamo tutti: 41 milioni e mezzo di euro di risarcimenti in 7 anni per "i tempi non ragionevoli" dei processi.
Alla domanda su quanti sono i dipendenti della Cassazione e quanto guadagnano né il direttore del personale della Corte né il ministero della Giustizia hanno dato risposta.
Tratto dal sito: www.repubblica.it
12/05/2008 - 07:45