Riprendere uno stupro con un telefonino rientra nel reato di violenza sessuale di gruppo.
Lo sottolinea la Cassazione, confermando la misura cautelare della permanenza in casa disposta nei confronti di 5 minorenni dal tribunale del Riesame per i minorenni de L'Aquila.
I giovani risultavano indagati perche', nel febbraio 2006, avevano costretto una ragazza di 14 anni ad avere rapporti sessuali con uno di loro, minacciando di divulgare il video, realizzato con un telefono cellulare, in cui si mostravano gli amplessi che la giovane aveva avuto con loro in precedenza.
Il Riesame aveva disposto la misura cautelare, richiesta dalla Procura ma respinta dal gip, ritenendo che la ragazza aveva avuto tali rapporti "non liberamente ma solo per effetto della minaccia di diffusione del video".
La Suprema Corte (terza sezione penale, sentenza n.20551/2008) ha confermato la misura cautelare, ricordando che "nell'ordinanza impugnata si osserva che non solo tutti gli imputati parteciparono all'episodio della notte del 26 febbraio, ma tutti insieme usarono le immagini di quell'episodio filmate con il cellulare per ricattare la ragazza".
L'argomento decisivo per supportare l'affermazione di un'avvenuta violenza di gruppo, spiegano ancora i giudici "e' fornito dalla circostanza incontestata che nel momento in cui gli abusi sessuali si consumavano gli altri stazionavano nei pressi".
Esclusa "l'ipotesi, neppure adombrata dai diretti interessati, del voyeurismo - aggiunge la Cassazione - e' agevole concludere, in consonanza con il ragionamento del tribunale, che quella presenza non potesse che rafforzare la determinazione del compartecipe che materialmente compiva l'atto sessuale", nonche' "intensificare la coazione gia' esercitata sulla volonta' della vittima delle precedenti minacce".
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