sabato, febbraio 24, 2018

Ancora le Sezioni Unite Penali sulla legge “Gelli-Bianco”.

Le Sezioni Unite Penali del Supremo Collegio, pronunciandosi sul quesito “quale sia, in tema di responsabilità colposa dell’esercente la professione sanitaria per morte o lesioni personali, l’ambito di esclusione della punibilità previsto dall’art. 590-sexies cod. pen., introdotto dall’art. 6 della legge 8 marzo 2017, n. 24”, hanno formulato il seguente principio di diritto:
“L’esercente la professione sanitaria risponde, a titolo di colpa, per morte o lesioni personali derivanti dall’esercizio di attività medico-chirurgica: a) se l’evento si è verificato per colpa (anche “lieve”) da negligenza o imprudenza; b) se l’evento si è verificato per colpa (anche “lieve”) da imperizia quando il caso concreto non è regolato dalle raccomandazioni delle linee-guida o dalle buone pratiche clinico-assistenziali; c) se l’evento si è verificato per colpa (anche “lieve”) da imperizia nella individuazione e nella scelta di linee-guida o di buone pratiche che non risultino adeguate alla specificità del caso concreto; d) se l’evento si è verificato per colpa “grave” da imperizia nell’esecuzione di raccomandazioni, di linee-guida o buone pratiche clinico-assistenziali adeguate, tenendo conto del grado di rischio da gestire e delle specifiche difficoltà tecniche dell’atto medico”.

Cassazione Penale, Sezioni Unite, sent. 22 febbraio 2018 (ud. 21 dicembre 2017), n. 8770 - Pres. Canzio, Rel.Vessicchelli, P.G. Baldi - Ric. Mariotti

venerdì, febbraio 23, 2018

La motivazione "insanabilmente contraddittoria" della sentenza civile.

Cassazione Civile Sez. VI - Ord. Num. 4367/2018 - Presidente: AMENDOLA Relatore: DE STEFANO - Data pubblicazione: 22/02/2018 - FILIPPI + 3 c/COMUNE DI MONTECCHIO - 

“Integra motivazione insanabilmente contraddittoria, ovvero apparente per impossibilità di ricavare la logicità del ragionamento inferenziale del giudice, quella che, affermata la sussistenza di un presupposto per l'applicazione di una norma (nella specie, la custodia di un bene, per di più, benché tanto non rilevi ai fini dell'art. 2051 cod. civ., riconosciuto inidoneo ad assolvere adeguatamente le sue funzioni), ne neghi immotivatamente la conseguente applicazione (nella specie, escludendo la responsabilità del custode proprietario del manufatto ed adducendo la presenza di altre cause, senza indagare sul loro ruolo esclusivo)”.

giovedì, febbraio 22, 2018

Deontologia: necessaria corrispondenza tra addebito contestato e pronuncia disciplinare.

"La difformità tra contestato e pronunziato (nella specie, esclusa) si verifica nelle ipotesi di c.d. “decisione a sorpresa”, ovvero allorchè la sussistenza della violazione deontologica venga riconosciuta per fatto diverso da quello di cui alla contestazione e, dunque, la modificazione vada al di là della semplice diversa qualificazione giuridica di un medesimo fatto, ditalché la condotta oggetto della pronuncia non possa in alcun modo considerarsi rientrante nell’originaria contestazione. Tale principio di corrispondenza tra addebito contestato e decisione disciplinare è inderogabile, in quanto volto a garantire la pienezza e l’effettività del contraddittorio sul contenuto dell’accusa ed è finalizzato a consentire, a chi debba rispondere dei fatti contestatigli, il compiuto esercizio del diritto di difesa, costituzionalmente garantito".

Consiglio Nazionale Forense (pres. Mascherin, rel. Siotto), sentenza del 1° dicembre 2017, n. 197

I limiti di proponibilità dell’appello civile di mero rito.

Corte di Cassazione Civile Sez. 6 - Ord. Num. 4260/2018 - Presidente: PICARONI; Relatore: SCARPA - Data pubblicazione: 21/02/2018. 

“L'impugnazione con cui l'appellante si limiti a dedurre soltanto vizi di rito avverso una pronuncia a lui sfavorevole (nella specie, quanto alla regolamentazione delle spese processuali operata previa valutazione della soccombenza virtuale in presenza di cessazione della materia del contendere) è ammissibile nei soli limiti in cui i vizi denunciati, se fondati, imporrebbero una rimessione del procedimento al primo giudice ex artt. 353 e 354 c.p.c., e non anche nel caso in cui i vizi medesimi non rientrino nelle ipotesi tassativamente elencati dalla norme predette, essendo, per converso, in questa evenienza necessario che l'appellante deduca ritualmente anche le questioni di merito, affinché il giudice d'appello - trattenuta presso di sé la causa ed ammesso l'appellante ad esercitare tutte le attività che avrebbe potuto svolgere in primo grado se il processo si fosse ritualmente instaurato - decida su di esse. Ne consegue che, qualora, come nella specie, sia dedotta, con l'atto di impugnazione, una pretesa nullità della citazione per assegnazione di un termine a comparire inferiore a quello stabilito dalla legge, e tale doglianza costituisca l'unico motivo di censura avverso la sentenza di primo grado, l'appello va dichiarato inammissibile, atteso che il vizio dedotto in rito integra la denuncia di una violazione del contraddittorio non dipendente da difetto di notificazione di atti diretti a provocare la costituzione delle parti, bensì da un modo di svolgimento del processo, e cioè da situazione non assimilabile a quelle tassativamente previste dai richiamati artt. 353 e 354 c.p.c. (Cass. Sez. 3, 07/03/2003, n. 3424; Cass. Sez. 3, 29/01/2010, n. 2053; Cass. Sez. 3, 29/09/2005, n. 19159; Cass. Sez. Unite, 14/12/1998, n. 12541).

domenica, febbraio 18, 2018

Inidoneità dell’azione e reato impossibile.

"Correttamente la sentenza, per escludere la fattispecie del reato impossibile, ha ipotizzato che il controllo del passaporto potesse essere eseguito da un addetto non particolarmente diligente: in effetti, la valutazione dell'inidoneità assoluta dell'azione che dà luogo al reato impossibile dev'essere fatta ex ante, vale a dire sulla base delle circostanze di fatto conosciute al momento in cui l'azione viene posta in essere, indipendentemente dai risultati, e non ex post (Sez. 2, n. 36631 del 15/05/2013 - dep. 06/09/2013, Procopio, Rv. 257063), mentre è esclusa la configurabilità del reato impossibile qualora la difformità dell'atto dal vero non sia riconoscibile ictu oculi, in base alla sola disamina dell'atto stesso (Sez. 5, n. 36647 del 04/06/2008 - dep. 24/09/2008, Vena, Rv. 241302).
In definitiva, la motivazione della sentenza impugnata dimostra che un controllo superficiale del documento ben avrebbe potuto non permettere all’operante di accorgersi che la donna che esibiva il documento non era quella raffigurata nella fotografia".

Cass. Penale Sez. I - sent. num. 7214/2018 Presidente e Relatore: ROCCHI ; Data Udienza: 02/02/2018 – ric. BORRI.

giovedì, febbraio 15, 2018

L’accertamento della reità "al di là di ogni ragionevole dubbio".

“Il giudice, per dichiarare colpevole "al di là di ogni ragionevole dubbio" l'imputato che si sia avvalso del diritto al silenzio, rinunciando così a prospettare una sua versione dei fatti, non ha l’obbligo di verificare le ipotesi alternative alla ricostruzione dei fatti quale emergente dalle risultanze probatorie, in quanto l'imputato, con tale condotta processuale, non ha offerto al contraddittorio dibattimentale, dichiarandola, la sua verità dei fatti stessi (Sez. 3, n. 30251 del 15/07/2011 - dep. 29/07/2011, Allegra, Rv. 251313).
In effetti, la regola dell’"al di là di ogni ragionevole dubbio" impone al giudice un metodo dialettico di verifica dell'ipotesi accusatoria secondo il criterio del "dubbio", con la conseguenza che il giudicante deve effettuare detta verifica in maniera da scongiurare la sussistenza di dubbi interni - ovvero la autocontraddittorietà o la sua incapacità esplicativa - o esterni alla stessa - ovvero l'esistenza di una ipotesi alternativa dotata di razionalità e plausibilità pratica (Sez. 1, n. 41110 del 24/10/2011 - dep. 11/11/2011, Pg in proc. Javad, Rv. 251507).
Se, però, l'ipotesi alternativa è meramente congetturale, in quanto nemmeno prospettata dall'imputato o da elementi di prova differenti, il Giudice non può e non deve andare alla ricerca di ricostruzioni astratte che, in quanto tali, non legittimano alcun dubbio "ragionevole" ".

Cassazione Penale Sez. I - Sent. Num. 7216/2018 Presidente e Relatore: ROCCHI - Data Udienza: 02/02/2018.

Deontologia forense: indebito trattenimento di somme spettanti al cliente.

“L’apprensione indebita di somme di denaro di spettanza del cliente integra gravissima violazione (art. 31 ncdf, già art. 44 codice previgente), che pregiudica l’affidamento generale che il professionista deve coltivare in ragione del suo ministero, compromettendo, conseguentemente, la credibilità dell’intero ceto forense” (Nel caso di specie, il professionista che aveva indebitamente trattenuto la somma di euro 26mila circa liquidata dall’assicurazione al cliente. In applicazione del principio di cui in massima, il CNF ha ritenuto congrua la sanzione disciplinare aggravata della sospensione dall’esercizio professionale per mesi sei). 

Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Picchioni, rel. Salazar), sentenza del 24 novembre 2017, n. 188.

mercoledì, febbraio 14, 2018

OCF: indetta giornata d'astensione dell'Avvocatura per il 23.02.2018.

Organismo Congressuale Forense 
L’UFFICIO DI COORDINAMENTO DELL’O.C.F. 
RIUNITO NELLA SEDUTA DEL 13.01.2018 

1) Considerato che con delibera del 12.01.2018 (allegata al presente verbale), l’Assemblea dell’Organismo Congressuale Forense, a parziale rettifica della propria deliberazione del 17.11.2017, ha indetto una manifestazione dal titolo: “GIORNATA DELLA DIGNITÀ E DELL'ORGOGLIO DELL’AVVOCATURA E DELLA SALVAGUARDIA DELLE TUTELE: PARLIAMONE PRIMA”, da svolgersi in due distinti momenti di cui uno a carattere nazionale, fissato per il giorno 16.02.2018, ed uno a carattere territoriale su base distrettuale per la mattina del giorno 23.02.2018, al fine di informare la comunità nazionale delle implicazioni dello stato di cose sopra denunciato e rivendicare i seguenti irrinunciabili valori:
a- la salvaguardia della professione forense quale strumento di composizione delle distorsioni sociali e del mercato;
b- l’irrinunciabilità della tutela giudiziaria dei diritti, anche con la conservazione della giustizia di prossimità;
c- l’autonomia e l'indipendenza dell’Avvocatura;
d- il diritto ad una "giusta” remunerazione della prestazione professionale;
2) Considerato che con la medesima deliberazione l’Assemblea dell’Organismo ha proclamato lo stato di agitazione dell’Avvocatura, dando mandato all’Ufficio di Coordinamento di indire l’astensione dalle udienze per il giorno 23.02.2018, da tenersi in conformità al codice di autoregolamentazione, al fine di permettere la più ampia partecipazione dei Colleghi alle assemblee territoriali;
DELIBERA 
D’indire l'astensione degli Avvocati dalle udienze cd ogni altra attività giudiziaria, in tutte le materie ed innanzi ad ogni organo della Giurisdizione, per il giorno 23.02.2018, al fine di permettere la più ampia partecipazione dei Colleghi alle assemblee territoriali che saranno organizzate sul territorio nazionale su base distrettuale nell’ambito della manifestazione: “GIORNATA DELLA DIGNITÀ E DELL'ORGOGLIO DELL’AVVOCATURA E DELLA SALVAGUARDIA DELLE TUTELE: PARLIAMONE PRIMA”;
Che l'astensione si svolga nel rispetto del codice di autoregolamentazione (C.A.) approvato dall’assemblea dell’OCF il 14.01.2017 (in conformità al codice di autoregolamentazione a suo tempo adottato il 4 aprile 2007 da O.U.A., UCPI, ANF, AIGA, UNCC e valutato idoneo dalla Commissione di Garanzia con delibera n. 7/749 del 13 dicembre 2007, poi pubblicato in G.U. n. 3 del 4 gennaio 2008) e trasmesso alla Commissione di garanzia per l'attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali;
Che in particolare gli Avvocati, che intendano aderire, dovranno attenersi al rispetto della disciplina di autoregolamentazione sia in merito alle modalità di adesione (art. 3 C.A.) sia in relazione alle prestazioni indispensabili di cui occorrerà garantire lo svolgimento, ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 2, 3° co., legge 12.06.1990 n. 146 (artt. 4, 5 e 6 C.A.);
Che della presente delibera e delle deliberazioni dell'Assemblea del 17.11.2017 e del 12.01.2018 sia data comunicazione alla Commissione di garanzia per l'attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali ed a tutte le altre autorità di cui all’art. 2 CA, nel termine di dieci giorni anteriori alla data del 23.02.2018.

Il Coordinatore
Avv. Antonio Rosa
Il Segretario 
Avv. Giovanni Malinconico

lunedì, febbraio 12, 2018

L’usucapione del bene in comproprietà.

“La giurisprudenza di questa Corte è costante nell'affermare che (cfr. da ultimo Cass. n. 17512/2016) in tema di comunione, il comproprietario che sia nel possesso del bene comune può, prima della divisione, usucapire la quota degli altri comunisti, senza necessità di interversione del titolo del possesso e, se già possiede "animo proprio" ed a titolo di comproprietà, è tenuto ad estendere tale possesso in temi di esclusività, a tal fine occorrendo che goda del bene in modo inconciliabile con la possibilità di godimento altrui e tale da evidenziare in modo univoco la volontà di possedere "uti dominus" e non più "uti condominus", senza che possa considerarsi sufficiente che gli altri partecipanti s’astengano dall’uso della cosa comune ( conf. Cass. n. 23539/2011; Cass. n. 7221/2009)”. 

Cassazione Civile Sez. VI - Ord. Num. 3238/2018; Presidente: PICARONI Relatore: CRISCUOLO - Data pubblicazione: 09/02/2018; FABBRI c./ FABBRI.

venerdì, febbraio 09, 2018

Il regime delle impugnazioni delle sentenze “secondo equità” del GDP (ex art. 113 co. 2 cpc).

“Dall'assetto scaturito dalla riforma di cui al d.lgs. n. 40 del 2006 e - particolarmente - dalla nuova disciplina delle sentenze appellabili e delle sentenze ricorribili per cassazione, emerge che, riguardo alle sentenze pronunciate dal giudice di pace nell'ambito del limite della sua giurisdizione equitativa necessaria (art. 113, sec. comma, cpc), l'appello a motivi limitati, previsto dal terzo comma dell'art. 339 cpc, sia l'unico rimedio impugnatorio ordinario ammesso, anche in relazione a motivi attinenti alla giurisdizione, alla violazione di norme sulla competenza ed al difetto di radicale assenza della motivazione (Cass. Sez. Un., 18/11/2008, n. 27339; Cass. 13/03/2013, n. 6410). Nel caso di specie, l'oggetto delle censura verte sulla violazione delle norme sul procedimento, rientrante nella previsione dell'art. 113, sec. comma, cpc e, pertanto, il proposto ricorso deve essere dichiarato inammissibile”.

Cassazione Civile Sez. VI - Ord. Num. 3162/2018 - Presidente: CRISTIANO Relatore: VALITUTTI - Data pubblicazione: 08/02/2018 - ASL SALERNO c. DE CESARE.

mercoledì, febbraio 07, 2018

Il concetto d’indispensabilità delle nuove produzioni documentali ex art. 345 cpc.

“La Corte distrettuale, nel ritenere inammissibile la produzione documentale prodotta in sede d’appello dal Ministero della Giustizia, ha omesso di considerare l'indispensabilità della documentazione sulla decisione finale ed, in particolare, di chiarire le ragioni della eventuale non indispensabilità. 
Secondo le Sezioni unite, con riferimento alla prova documentale, "l’art. 345 cod.proc.civ., comma 3, come modificato dalla L. 26 novembre 1990, n. 353, (nel testo applicabile ratione temporis), va interpretato nel senso che esso fissa sul piano generale il principio della inammissibilità di mezzi di prova nuovi - la cui ammissione, cioè, non sia stata richiesta in precedenza - e, quindi, anche delle produzioni documentali, indicando nello stesso tempo i limiti di tale regola, con il porre in via alternativa i requisiti che tali documenti, al pari degli altri mezzi di prova, devono presentare per poter trovare ingresso in sede di gravame (sempre che essi siano prodotti, a pena di decadenza, mediante specifica indicazione degli stessi nell'atto introduttivo del giudizio di secondo grado, a meno che la loro formazione non sia successiva e la loro produzione non sia stata resa necessaria in ragione dello sviluppo assunto dal processo): requisiti consistenti nella dimostrazione che le parti non abbiano potuto proporli prima per causa ad esse non imputabile, ovvero nel convincimento del giudice della indispensabilità degli stessi per la decisione" (Sez. U, Sentenza n. 8203 del 20/04/2005).
E, come è stato precisato dalle Sezioni Unite di questa Corte con la recente sentenza n. 10790 del 2017 "(….) costituisce prova nuova indispensabile, ai sensi dell'art. 345, comma 3, c.p.c., nel testo previgente rispetto alla novella di cui al d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla I. n. 134 del 2012, quella di per sé idonea ad eliminare ogni possibile incertezza circa la ricostruzione fattuale accolta dalla pronuncia gravata, smentendola o confermandola, senza lasciare margini di dubbio, oppure, provando quel che era rimasto indimostrato o non sufficientemente provato, a prescindere dal rilievo che la parte interessata sia incorsa, per propria negligenza o per altra causa, nelle preclusioni istruttorie del primo grado."
Questa Corte ha avuto modo di puntualizzare che la valutazione di non indispensabilità della nuova produzione documentale, che ne provoca la mancata ammissione, deve essere espressamente motivata dal giudice del gravame, quanto alla ritenuta mancanza di attitudine dei nuovi documenti a dissipare lo stato di incertezza sui fatti controversi, così da consentire, in sede di legittimità, il necessario controllo sulla congruità e sulla logicità del percorso motivazionale seguito e sull'esattezza del ragionamento adottato nella decisione impugnata (Sez. 3, Sentenza n. 19608 del 27/08/2013)”.

Cassazione Civile Sez. VI - Ord. num. 2854/2018 - Presidente: PETITTI Relatore: SCALISI - Data pubblicazione: 06/02/2018 - MINISTERO DELLA GIUSTIZIA c/ SOCCORSO MEDORI S.R.L.-

martedì, febbraio 06, 2018

Deontologia: la rilevanza della provocazione nell’illecito disciplinare.

“La rilevanza deontologica dell’illecito disciplinare non è esclusa dalla provocazione altrui, né dallo stato d’ira o d’agitazione che da questa dovesse derivare, che -al più- rileva ai soli fini della determinazione della sanzione (Nel caso di specie, durante l’udienza il professionista aveva definito la collega di controparte -con dichiarazione poi riportata a verbale- una persona “bugiarda”, “povera matta”, con “seri problemi mentali”, un “sacco di debiti in giro” e “piena di procedimenti disciplinari in tutta Italia”. In applicazione del principio di cui in massima, il CNF ha ritenuto irrilevante l’asserita provocazione altrui, peraltro non provata)”.

Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Picchioni, rel. De Michele), sentenza del 21 novembre 2017, n. 178