giovedì, febbraio 22, 2018

I limiti di proponibilità dell’appello civile di mero rito.

Corte di Cassazione Civile Sez. 6 - Ord. Num. 4260/2018 - Presidente: PICARONI; Relatore: SCARPA - Data pubblicazione: 21/02/2018. 

“L'impugnazione con cui l'appellante si limiti a dedurre soltanto vizi di rito avverso una pronuncia a lui sfavorevole (nella specie, quanto alla regolamentazione delle spese processuali operata previa valutazione della soccombenza virtuale in presenza di cessazione della materia del contendere) è ammissibile nei soli limiti in cui i vizi denunciati, se fondati, imporrebbero una rimessione del procedimento al primo giudice ex artt. 353 e 354 c.p.c., e non anche nel caso in cui i vizi medesimi non rientrino nelle ipotesi tassativamente elencati dalla norme predette, essendo, per converso, in questa evenienza necessario che l'appellante deduca ritualmente anche le questioni di merito, affinché il giudice d'appello - trattenuta presso di sé la causa ed ammesso l'appellante ad esercitare tutte le attività che avrebbe potuto svolgere in primo grado se il processo si fosse ritualmente instaurato - decida su di esse. Ne consegue che, qualora, come nella specie, sia dedotta, con l'atto di impugnazione, una pretesa nullità della citazione per assegnazione di un termine a comparire inferiore a quello stabilito dalla legge, e tale doglianza costituisca l'unico motivo di censura avverso la sentenza di primo grado, l'appello va dichiarato inammissibile, atteso che il vizio dedotto in rito integra la denuncia di una violazione del contraddittorio non dipendente da difetto di notificazione di atti diretti a provocare la costituzione delle parti, bensì da un modo di svolgimento del processo, e cioè da situazione non assimilabile a quelle tassativamente previste dai richiamati artt. 353 e 354 c.p.c. (Cass. Sez. 3, 07/03/2003, n. 3424; Cass. Sez. 3, 29/01/2010, n. 2053; Cass. Sez. 3, 29/09/2005, n. 19159; Cass. Sez. Unite, 14/12/1998, n. 12541).

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