mercoledì, ottobre 31, 2007

SGARBI SU FORLEO: ATTEGGIAMENTO EVERSIVO ED ESIBIZIONISTICO.

Roma, 31 ott. - (Adnkronos) - "L'insulto al tenente dei carabinieri da parte del magistrato Forleo e' una forma di esaltazione del proprio ruolo. Da lei come da De Magistris sono venuti in piu' occasioni atteggiamenti eversivi, frutto di un esasperato culto della personalita'".

Lo afferma, in una nota, Vittorio Sgarbi, Assessore alla Cultura del Comune di Milano.

lunedì, ottobre 29, 2007

Mancino: basta con "giustizia show".


MILANO (Reuters) - Il richiamo del capo dello Stato Giorgio Napolitano alla riservatezza non è stato rispettato da tutti, mentre chi si occupa di giustizia sarebbe tenuto a farlo.

Lo ha detto il vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura Nicola Mancino, in un'intervista pubblicata oggi da Repubblica, nel giorno in cui il Csm si appresta ad ascoltare il pm di Catanzaro Luigi De Magistris, che giovedì scorso ha nuovamente affidato alla tv un suo sfogo sulla situazione vissuta alla procura di Catanzaro, dove gli è stata avocata una delle inchieste che vedono coinvolte figure di primo piano del mondo della politica.

"Chi dovrebbe essere tenuto ai riserbo non vi si attiene... L'intervento del Quirinale era rivolto a tutti : al governo, al Parlamento, alla magistratura ai giornalisti", ha ricordato Mancino, pronunciandosi implicitamente contro l'esposizione mediatica degli operatori di giustizia.

"Personalmente posso solo richiamare l'articolo sei del codice deontologico dei magistrati, che recita: 'Nei contatti con la stampa e gli altri mezzi di comunicazione il magistrato non sollecita la pubblicità di notizie attinenti alla propria attività di ufficio", ha detto ancora Mancino, precisando di non voler entrare i particolari.

venerdì, ottobre 26, 2007

Governo Prodi al capolinea: la riforma delle professioni non vedrà la luce.




Il governo è ormai sull'orlo del precipizio, perciò per l'approvazione del testo Mantini-Chicchi non ci sono più le condizioni politiche sufficienti.

Questa la reazione unanime di opposizione e ordini al nuovo progetto di riordino delle professioni scritto dai due relatori di maggioranza, Pierluigi Mantini e Giuseppe Chicchi, e illustrato l'altro ieri all'interno del comitato ristretto delle commissioni giustizia e attività produttive della camera.

E il pericoloso traballamento di questi giorni del governo Prodi sta preoccupando anche le libere associazioni, fresche però del riconoscimento contenuto nella direttiva qualifiche. Ma cominciamo dalle reazioni dell'opposizione.

Perché Maria Grazia Siliquini, responsabile delle professioni per Alleanza Nazionale, ha sferrato un duro attacco a Mantini e Chicchi, giudicando il loro testo «pura propaganda elettorale».

«Sanno infatti benissimo», ha commentato Siliquini, «che la riforma non vedrà mai la luce perché il governo è agli sgoccioli. La maggioranza quindi sta cercando, furbescamente, di mettere le mani avanti per la ormai prossima campagna elettorale, per sostenere con gli ordini di avere gettato le basi per una buona riforma. La proposta di lasciare agli ordini la regolamentazione, inoltre, è della Casa delle Libertà».

Ma anche per gli ordini, come detto, «non ci sono più le condizioni politiche per la riforma delle professioni». E poi», ha incalzato il vice coordinatore del Cup, Roberto Orlandi (agrotecnici), «prima di qualsiasi commento vogliamo vedere cosa è stato scritto sulla direttiva, visto che ancora il testo non si può leggere. In ogni caso, anche se quella di Mantini e Chicchi fosse la migliore riforma possibile il centrodestra non la farà mai passare, per non regalare voti all'attuale maggioranza in vista di eventuali elezioni. Politicamente, non vedo proprio le condizioni sufficienti perché il testo vada avanti».

È preoccupato anche Giuseppe Lupoi, coordinatore nazionale del Colap (che riunisce la maggior parte delle associazioni).

«Mi pare un buon testo», ha spiegato, «ma siamo molto preoccupati per i tempi perché il governo sembra ormai in via di estinzione».

Gabriele Ventura

Articolo tratto da: Italia Oggi

Congresso Straordinaro AIGA (Verona 23/24 novembre 2007).

Udeur contro Santoro: processo stalinista.

ROMA- Fa discutere il programma di Michele Santoro Annozero che ha visto giovedì sera la partecipazione del pm Luigi de Magistris ex titolare dell'inchiesta Why not, e protagonista dello scontro con il ministro Mastella.

A criticare duramente la trasmissione è una nota dell'ufficio politico dell'Udeur, il partito del Guardasigilli.

«Solo nel periodo fascista e nell'era dei processi sommari stalinisti ci sono stati giudici prigionieri delle loro ideologie. Lo spettacolo di ieri sera (giovedì, ndr), indegno, per il servizio pubblico radiotelevisivo - si legge nella nota -, ha dimostrato, oltre alla ben nota faziosità dei Santoro e dei Travaglio, una arrogante e sprezzante considerazione dei due magistrati ormai diventati vere star televisive nei confronti delle sagge parole del Capo dello Stato».

Secondo l'Udeur è «assai grave che magistrati, che conducono inchieste, si lascino andare a giudizi e sospetti, nel pieno della loro attività investigativa, senza un minimo di contraddittorio da parte dei soggetti che rientrano nelle attività investigative stesse».

Per l'Udeur «una giustizia così, dove i testimoni dei processi anziché parlare nei luoghi sacri dei palazzi di giustizia sono chiamati a parlare alle piazze, non è la nostra giustizia e la combatteremo con tutte le nostre forze perchè sappiamo che questa non è la giustizia della stragrande maggioranza dei giudici italiani che fanno il loro dovere con dignità serenità e assai spesso con difficoltà».

(tratto da “Il Corriere della Sera”).

giovedì, ottobre 25, 2007

Giustizia "lumaca": risarcita con 150mila euro Laura Antonelli.

Roma, 25 ott. (Adnkronos) - Laura Antonelli sarà risarcita dal ministero della Giustizia con 150 mila euro.

La somma, disposta dalla Corte d'appello civile di Perugia in virtù della c.d. legge Pinto, è stata ritenuta oggi legittima anche dalla Cassazione (Prima sezione civile, sentenza 22280/2007).

Il ministero di via Arenula, il cui ricorso è stato respinto, dovrà risarcire la protagonista di 'Malizia' per lo stress e la depressione in cui è caduta per le lungaggini della giustizia nel processo per droga durato nove anni dal quale infine è uscita assolta dall'accusa di spaccio.

Per la Suprema Corte, l'eccessiva durata del processo "ha senz'altro influito in maniera determinante sulla destabilizzazione psichica della Antonelli".

L'attrice, che già quando la Corte di merito le aveva riconosciuto il maxi risarcimento aveva sostenuto che una parte della somma l'avrebbe destinata in beneficenza, era stata processata in seguito al ritrovamento nella sua villa di 24 grammi di cocaina.

Condannata in primo grado nel 1991, aveva dovuto attendere nove anni per essere poi assolta dall'accusa di spaccio di droga.

E' Vincenzo Iannelli il nuovo P.G. di Catanzaro.

Enzo Iannelli è il nuovo procuratore generale di Catanzaro. Lo ha nominato all’unanimità il plenum del Csm, con procedura d’urgenza.


Ieri era arrivato l’ok del ministro della Giustizia, Clemente Mastella.

Una nomina, quella del nuovo pg di Catanzaro, a cui è stata impressa un’accelerazione vista la situazione delicata del distretto giudiziario di Catanzaro e le polemiche che hanno investito l’attuale vertice dell’ufficio, l’avvocato generale facente funzioni Dolcino Favi, dopo che la scorsa settimana ha firmato il provvedimento di avocazione dell’inchiesta ’Why Not’, sottraendola al pm Luigi De Magistris.

Ora, se il ministro della Giustizia concederà a Iannelli l’anticipato possesso, il nuovo pg potrebbe insediarsi a Catanzaro tra una decina di giorni, quindi entro fine mese.

In magistratura dal ’69, Iannelli è stato per vent’anni alla Procura generale della Cassazione, rappresentando l’accusa in processi importanti: come quelli per le stragi di Ustica e alla stazione di Bologna nell’agosto dell’80, per l’attentato a Giovanni Paolo II, il Moto-ter e il sequestro delle liste degli scritti alla P2.

Fino ad oggi ha guidato la Procura di Pisa.

La prossima riunione del C.O.A. di Salerno.


ORDINE del GIORNO

Tornata del 30 ottobre 2007

(ore 16,00)

1) Lettura ed approvazione verbale precedente

2) Comunicazioni del Presidente

3) Iscrizioni e cancellazioni

4) Compiuta pratica

5) Pareri

6) Ammissioni Gratuito Patrocinio- Rel.Cons. Avv.Visconti-

7) Pianta organica-determinazioni anche provvisorie- Rel.Cons.Avv.Paolino e Visconti

8) Incontro del 17.19/10/07 col Sindaco di Salerno per Cittadella Giudiziaria. Rel.Cons. Avv.Corona e D'Alessio

9) Numero speciale "La Giustizia"- Rel. Il Presidente.

10) Costituzione Ufficio Segreteria per corsi di formazione permanente. Rel. Il Presidente

11) Situazione sezioni distaccate. Relatori i Sigg.i Consiglieri Delegati

12) Sussidi e contributi.Rel. Cons. Avv. Corona-

13) Varie ed eventuali.


Il Presidente

Avv.Americo Montera


Il Consigliere Segretario
Avv.Gaetano Paolino

martedì, ottobre 23, 2007

SPERANZE DELUSE!

CASSAZIONE: GENITORI DI VITTIME DI ABUSI HANNO DIRITTO AI DANNI.


Roma, 23 ott. (Apcom) - I genitori di un minore, vittima di abusi sessuali, hanno diritto sia ai danni morali che a quelli patrimoniali: la Cassazione infatti sottolinea l'importanza di tutelare il diritto alla "serenità della famiglia" e la copertura di spese sostenute per eventuali cure psicologiche.

E' quanto emerge dalla sentenza numero 38952/2007, depositata ieri dalla Terza sezione penale della Suprema Corte.

Il collegio di legittimità ha respinto il ricorso di un dentista che aveva abusato, in diverse occasioni, di una giovanissima paziente, appena 14enne, palpeggiandola e facendosi, nell'ultimo di questi episodi, toccare.

Per questo era scattata la denuncia e il sanitario era stato condannato prima dal Tribunale di Monza e poi dalla Corte d'appello di Milano.

La corte territoriale meneghina aveva sì riconosciuto il risarcimento alla famiglia della ragazza ma lo aveva ridotto a 500euro per ciascun genitore e 5mila per la figlia.

Lui ha impugnato questa decisione di fronte alla Suprema corte ma ha perso su tutti i fronti: deve anche il risarcimento del danno.

Infatti, si legge nelle motivazioni, "l'abuso sessuale patito da un minore crea indubbiamente un danno anche ai suoi genitori, il quale danno può essere di natura patrimoniale, allorché ad esempio i genitori devono sostenere spese per terapie psicologiche in favore della vittima, o di natura non patrimoniale per le apprensioni o dolori causati dall'illecito".

Non basta. "Ai prossimi congiunti della vittima di un reato - ha sostenuto più volte la Suprema corte di cassazione - spetta iure proprio il diritto al risarcimento del danno, avuto riguardo al rapporto affettivo che lega il prossimo congiunto alla vittima, non essendo ostativi ai fini del riconoscimento di tale diritto né il disposto dell'articolo 1223 del Codice civile né quello di cui all'articolo 185 del Codice penale, in quanto anche tale danno trova causa diretta e immediata nel fatto illecito".

Insomma, va tutelato "il diritto della famiglia previsto dall'articolo 29 della Costituzione".

CHI DI SENTENZA FERISCE………

Di Pietro, faccia il favore: stia zitto.

Non dica, quando i Mastella rispolverano le faccende dei 100 milioni e delle Mercedes, che «la magistratura ha già condannato i miei diffamatori».

Non dica balle, cioè.

La magistratura non ha condannato nessun diffamatore: la magistratura, precisamente il giudice Francesco Maddalo con sentenza del 29 gennaio 1997, a Brescia, ha scritto che Di Pietro «vendette un’auto che non gli appartiene» e che fatti del genere «rivestono caratteri di dubbia correttezza se visti secondo la condotta che si richiede a un magistrato».

Questo si legge a pagina 156.

Tre pagine prima, invece, si apprendeva che tali comportamenti «l’indussero a dimettersi da magistrato» visto «il timore nutrito da Di Pietro per i possibili esiti di un’inchiesta disciplinare», e visto che «i sistematici favori di Giancarlo Gorrini» (che Le diede i 100 milioni) «oggettivamente potevano presentare connotati di indubbia rilevanza disciplinare».

Parliamo di una sentenza definitiva a cui Lei, Di Pietro, non presentò Appello: una sentenza che «fa stato quanto ai fatti accertati», come si dice, e che perciò annullò ogni altro pronunciamento sul tema. Non siamo proprio tutti senza memoria, dottor Di Pietro.

Quindi stia muto, grazie.

Filippo Facci (tratto da “Il Giornale”).

domenica, ottobre 21, 2007

Porte aperte.

GENTILONI: SUI BLOG UN ERRORE DA CORREGGERE.

ROMA - "L'allarme lanciato da Beppe Grillo e ripreso da molti commenti al mio blog è giustificato: il disegno di legge sull'editoria, proposto dalla Presidenza del consiglio e approvato una settimana fa in Consiglio dei Ministri, va corretto perché la norma sulla registrazione dei siti internet non è chiara e lascia spazio a interpretazioni assurde e restrittive".

Lo pensa il Ministro delle Comunicazioni Paolo Gentiloni, che dal suo blog, interviene nella polemica aperta da Grillo sul ddl che inizierà il suo iter mercoledì alla Camera, per dire che c'é un errore da correggere.

"Naturalmente, mi prendo la mia parte di responsabilità - continua Gentiloni - (come ha fatto anche il collega Di Pietro nel suo blog) per non aver controllato personalmente e parola per parola il testo che alla fine è stato sottoposto al Consiglio dei Ministri.

Pensavo che la nuova legge sull'editoria confermasse semplicemente le norme esistenti, che da sei anni prevedono si una registrazione ma soltanto per un ristretto numero di testate giornalistriche on line, caratterizzate da periodicità, per avere accesso ai contributi della legge sull'editoria. Va bene applicare anche ai giornali on line le norme in vigore per i giornali, ma sarebbe un grave errore estenderle a siti e blog".

Per il ministro invece "il testo è troppo vago sul punto e autorizza interpretazioni estensive che alla fine potrebbero limitare l'attività di molti siti e blog. Meglio, molto meglio lasciare le regole attuali che in fondo su questo punto hanno funzionato. Riconosciuto l'errore - conclude Gentiloni - si tratta di correggerlo. E sono convinto che sarà lo stesso sottosegretario alla presidenza Levi a volerlo fare". (ANSA)

Cassazione: nulla la notifica alla convivente.


"In tema di notificazioni, nel procedimento disciplinato dagli art. 138 e 139 c.p.c, che è imperniato sulla consegna diretta della copia dell'atto al destinatario, la consegna della copia a persona che, pur coabitando con il destinatario, non sia a lui legata da rapporto di parentela o non sia addetta alla casa, non è assistita dalla presunzione di consegna al destinatario stesso e non consente il perfezionamento della notifica, che deve ritenersi, quindi nulla, salvo poi a risultare una tale nullità sanabile con la costituzione in giudizio della parte o con la mancata deduzione di essa con l'atto d'impugnazione. Occorre poi considerare che fra le persone di famiglia (che, se rinvenute nella casa di abitazione del destinatario dell'atto da notificare, sono abilitate a riceverlo, ai sensi dell'art. 139 secondo comma c.p.c.) possono comprendersi soltanto i componenti del nucleo familiare in senso stretto e gli altri parenti od affini, non legati da un rapporto di stabile convivenza, purchè la loro presenza in detta casa sia non occasionale".

Questi sono i principi ricavabili dalla lettura di una recente pronuncia della Corte di Cassazione (Sent. n. 19218/2007) la quale sullo stesso tema precisa che "la notificazione effettuata a mani di persona che si assume essere il c.d. coniuge di fatto del destinatario (qualificatasi all'ufficiale giudiziario quale moglie del destinatario) e che sia avvenuta in luogo diverso da quello in cui lo stesso destinatario abbia il domicilio o la dimora deve ritenersi nulla".

sabato, ottobre 20, 2007

Ciucci e cavalli.

Un proverbio antico e sapiente dice che “quando non ci sono i cavalli, debbono correre anche i ciucci”.

La tragedia, però, è quando i ciucci - dopo 20 anni che recitano la parte del cavallo - si convincono di essere davvero puledri purosangue.

La loro presunzione è destinata a perderli, però - frattanto - la frustrazione di non essere cavalli di razza gli fa tirare calci alla cieca e calpestare tutto quanto hanno intorno.

Chi gli dovrebbe tenere la briglia ferma, come sempre è sornione e fa orecchie da mercante…almeno per ora.

DOMINIONI: LA POLITICA GIUDIZIARIA E’ IN MANO ESCLUSIVAMENTE AI MAGISTRATI.


(AGI) - Treviso, 20 ott. - Lo strapotere dei magistrati prestati alla politica fa si' che il ministro della Giustizia abbia scarsa voce in capitolo.

E' quanto sostiene Oreste Dominioni, presidente delle Camere penali che oggi ha aperto la seconda giornata del congresso straordinario dei penalisti a Treviso.

"Il prolema del ministro Mastella - ha detto Dominioni commentando i titoli dei giornali di oggi - come di numerosi altri ministri che l'hanno preceduto, e' che il ministro della Giustizia e' prigioniero di magistrati che occupano l'intero ministero, tanto che possiamo dire che la politica della giustizia e' fatta scarsamente dal ministro. E' fatta dai magistrati che massicciamente, posti fuori ruolo, svolgono la funzione impropria di fare politica".

Per Dominioni "le conseguenze si vedono da tempo e sono tutte negative, sono negative soprattutto per la stessa magistratura". Il presidente delle Camere penali aggiunge anche: "Faccio fatica a comprendere come la Magistratura accetti di essere presente nei luoghi della politica per fare politica e per operare scelte politiche al posto dei politici.

Questa e' una pericolosissima contaminazione tra giurisdizione e politica che va a discapito di tutto il sistema".

Il ministro Mastella sara' a Treviso nel primo pomeriggio per partecipare ad un dibattito nell'ambito del congresso.

Dominioni assicura che gli avvocati ascolteranno le sue discussioni e sulla base di queste ci sara' quindi uno scambio dialettico.

Quanto al congresso, Dominioni sottolinea che si evidenzia, nell'ambito del dibattito, il momento delicato che attraversa la giustizia: "La crisi della giustizia esiste da decenni - ha spiegato Dominioni - ma oggi c'e' sicuramente un'accelerazione del fenomeno". (AGI)

Veltroni fa diventare rossa Roma.

Inchiesta Why not: avocazione da parte della procura generale.


CATANZARO - La Procura generale di Catanzaro ha avocato l'inchiesta "Why Not" sul presunto uso illecito di finanziamenti pubblici, di cui era titolare il pm Luigi De Magistris.

Nell'inchiesta sono coinvolti tra gli altri il presidente del consiglio Romano Prodi e il ministro della Giustizia Clemente Mastella, che ha chiesto il trasferimento di De Magistris. Una notizia che ha preso in contropiede il magistrato che ha appreso la novità dalla stampa.

“Ancora una volta vengono rese pubbliche a mezzo stampa notizie riservate che riguardano il mio ufficio, le mie indagini, e la mia persona. Ci avviamo al crollo dello stato di diritto, registrandosi la fine dell'indipendenza e dell'autonomia dei magistrati quale potere diffuso".

L'avocazione è stata disposta dal procuratore generale facente funzioni, Dolcino Favi, e sarebbe stata motivata da una presunta incompatibilità di De Magistris legata alla richiesta di trasferimento cautelare d'ufficio che è stata fatta nei suoi confronti da Mastella.

Nel caso specifico sarebbe stata ravvisata una incompatibilità nel procedimento da parte di De Magistris proprio per il coinvolgimento del Guardasigilli. La situazione determinatasi dopo la richiesta di trasferimento, secondo quanto si è appreso, avrebbe dovuto imporre l'astensione da parte del pm. Siccome l'astensione non c'è stata e il capo dell'ufficio non ha provveduto alla sostituzione del magistrato titolare dell'inchiesta, il procuratore generale ha provveduto all'avocazione applicando l'articolo 372 lettera A del codice di procedura penale. La norma prevede l'obbligo per il procuratore generale di disporre l'avocazione nel momento in cui ravvisi una situazione di incompatibilità.

Il procuratore generale ha deciso di valutare la situazione dopo che si è appreso che il ministro della Giustizia è stato iscritto nel registro degli indagati.

Nell'inchiesta, oltre a Mastella e Prodi, sono indagati tra gli altri esponenti politici del centrodestra e del centrosinistra e imprenditori.

Tratto da “La Repubblica”.

Oggetti smarriti.


“Signore! Scusi, è suo questo borsello che è qui in terra? E’ caduto a lei? – Oh, sì, grazie, veramente gentile! E dire che non me ne ero accorto! Deve essere accaduto mentre mi sono fermato a guardare questa vetrina. Per fortuna lei ci ha fatto caso…sa, io sono un po’ distratto. Sono una persona molto importante, ho molti pensieri per la testa…”.

Immaginiamo questo discorso. Al posto di “borsello” mettiamo “alcune carceri di nuova fabbricazione, mai usate e già mezze distrutte”. Al posto di “Signore” mettiamo: Signor Ministro Mastella.

Questo è, in sostanza, il succo di un fatto incredibile. Incredibile che in questo Paese, in cui ladri, spacciatori ed omicidi si rilasciano in libertà perché le carceri scoppiano, ci siano carceri nuove di zecca mai utilizzate, occupate dai nomadi e dai barboni.

Con le suppellettili già fornite distrutte o depredate. Ma ancora più incredibile è che, appresa dal “Giornale” la notizia, Mastella “indaghi”. Indaghi se veramente ci sono queste carceri, dove siano, come mai siano andate smarrite.

In qualunque Paese del mondo un Ministro della Giustizia che si fosse reso ridicolo a tal punto sarebbe stato costretto a dare le dimissioni entro mezza giornata.

Mastella, invece resta al suo posto. E, naturalmente indaga. Alla fine, magari, ci scapperà pure un processo: per violazione del segreto d’ufficio, a carico dei giornalisti impertinenti, naturalmente.

L’esistenza di carceri finite di costruire ed abbandonate ai topi, ai vandali ed agli occupanti abusivi deve, infatti essere un segreto di Stato. Così segreto che neanche il Ministro lo conosce. E deve, quindi “indagare”.

Attenzione signori! Se per caso trovate un carcere smarrito fate finta di niente, non si sa mai cosa potrebbe capitarvi!

Scritto da Mauro Mellini e Alessio Di Carlo

da: www.giustiziagiusta.info

La sentenza sul “caso Eluana” stravolge il diritto.


La sentenza della Corte di Cassazione sulla vicenda della ragazza di Lecco che vive in stato vegetativo da oltre 15 anni ha riaperto in Italia il dibattito sull’eutanasia.

C’è chi ha, infatti, interpretato questa sentenza come l’introduzione di un “diritto a morire”.

Per gettare luce sulla vicenda è stato intervistato il prof. Alberto Gambino, Ordinario di Diritto civile all’Università di Napoli “Parthenope” e docente di Diritto privato all’Università Europea di Roma, il quale, durante il Congresso internazionale per i 50 anni del Trattato europeo, svoltosi lo scorso giugno a Roma, ha presentato una relazione dal titolo “Il paradosso giuridico del testamento biologico”.

Cosa dice esattamente la sentenza della Cassazione?

Prof. Alberto Gambino: La sentenza afferma che si può autorizzare la cessazione delle terapie di un paziente in stato vegetativo “irreversibile”, ove si ritenga, in base ad alcuni elementi di prova, che questa sia la sua volontà.

In base a quali principi dell’ordinamento italiano ciò sarebbe possibile?

Prof. Alberto Gambino: Si richiama il principio costituzionale della libertà di rifiutare le terapie medico-chirurgiche, che, tuttavia, nel caso di specie, è stata retrodatata a “precedenti dichiarazioni”; è stata desunta dallo “stile di vita”, da presunti “convincimenti”.

Si dà dunque rilievo alle “dichiarazioni anticipate di trattamento”, meglio note come testamento biologico?

Prof. Alberto Gambino: Sì, la sentenza vorrebbe indicare come vada bilanciato il valore del diritto alla vita con una presunta volontà contraria del paziente, accompagnata da una condizione di “irreversibilità vegetativa”.

Concorda con questa impostazione?

Prof. Alberto Gambino: No, è erronea in punto di fatto e in punto di diritto. E’ priva, inoltre, di logica giuridica.

In che senso?

Prof. Alberto Gambino: E’ erronea in punto di fatto per due motivi. Primo perché è pacifica tra gli anestesisti l’impossibilità di accertare quando uno stato vegetativo è irreversibile. Dunque il presupposto su cui si muove la sentenza viene meno: non è affatto provato che il paziente non possa tornare in uno stato di coscienza ed esprimere la sua volontà.

Il secondo motivo è che il rifiuto di alimentazione ed idratazione non è rifiuto di terapie. Dare da bere e da mangiare ad un paziente, per quanto artificialmente, non è una cura ad una patologia, ma l’assolvimento di un bisogno essenziale dell’individuo. Se si pensa di troncare un’esistenza non soddisfacendo le esigenze primarie di una persona, credo che si sia davanti ad un caso di vera e propria eutanasia.

Cosa c'è che non la convince da un punto di vista giuridico?

Prof. Alberto Gambino: Laddove fossero superabili le obiezioni che ho appena sollevato – ma davvero non vedo come – resta difficile spiegare come sia possibile richiamarsi alla libertà del rifiuto della cura dinanzi ad una volontà inespressa. Risalire a “comportamenti”, “stili di vita”, “dichiarazioni pregresse” per stabilire ciò che si deve decidere ora e in questa situazione, significa davvero non tenere conto della reale volontà del paziente, che, per essere libera, deve essere attuale, circostanziata e contestualizzata. E’ pericolosissimo retrodatarla perché si finisce per farsi interpreti, arbitrari, di una presunta volontà altrui, secondo i propri desideri, per quanto essi siano motivati e sofferti.

Lei, in un recente congresso all'Università “La Sapienza” di Roma ha parlato di “paradosso” del testamento biologico...

Prof. Alberto Gambino: Sì, lo confermo. Nella dinamica del cosiddetto testamento biologico si annida un vero e proprio paradosso giuridico che usa la logica alla rovescia: si vuole tutelare la libertà dell’individuo di rifiutare le cure e poi quella libertà viene esercitata da vari soggetti tranne che dal suo effettivo titolare.

Ho l’impressione che siamo davanti ad un’analisi fondata più sullo schema costi/benefici che non sulla reale salvaguardia della libertà di cura del paziente. Il malato in stato vegetativo così finisce per essere considerato un “peso” sociale, che, per quanto umanamente pesante, non potrà mai ridurre il valore della persona-soggetto di diritto ad un bene disponibile come se fosse una cosa.

mercoledì, ottobre 17, 2007

Definizioni del processo.

Il processo è un'inchiesta formale, intesa a provare e mettere agli atti la specchiata onestà di giudici, avvocati, giurati.

Per raggiungere questo obiettivo, è necessario un elemento di contrasto, variamente denominato: convenuto, accusato, carcerato.

Se tale elemento risulta abbastanza evidente, colui che lo impersona è costretto a subire un castigo atto a dare ai virtuosi signori di cui sopra la confortevole sensazione della loro immunità, che si somma a quella del loro valore.

Ai giorni nostri, l'imputato è in genere un essere umano, o un socialista, ma nel Medioevo finivano sotto processo anche animali (pesci, rettili, insetti eccetera).

Una bestia che avesse ucciso un uomo o praticato la stregoneria, veniva puntualmente arrestata, processata e, se riconosciuta colpevole, messa a morte dal boia di stato. Insetti che danneggiassero campi di grano, orti e vigneti erano citati a comparire davanti al tribunale civile provvisti di un patrocinatore.

Se dopo audizione delle testimonianze e delle arringhe erano condannati, e in spregio della sentenza recidivavano, il caso era deferito a un' alta corte ecclesiastica, che fulminava contro di loro una solenne scomunica e li anatemizzava.

A Toledo contro alcuni porcelli, che per strada si erano malignamente infilati tra le gambe del vicerè, facendolo cadere, fu spiccato mandato d'arresto: sottoposti a giudizio furono puniti.

A Napoli, un asino fu condannato al rogo, ma pare che la sentenza non sia stata eseguita.

D'Addosio ha tratto dagli archivi del tribunale e ci ha tramandato molti processi - che devono certamente avere avuto un benefico effetto sulla loro moralità e sul loro comportamento - a maiali, tori, cavalli, galli, cani, capre eccetera.

Nel 1451 una denuncia fu sporta contro le sanguisughe che infestavano alcuni stagni nei paraggi di Berna, e il vescovo di Losanna, su parere dell'Università di Heidelberg, dispose che una rappresentanza di questi vermi acquatici fosse portata davanti ai magistrati.

Così fu fatto e alle sanguisughe, presenti in aula o contumaci, fu intimato di abbandonare entro tre giorni i luoghi che avevano infestato, sotto minaccia di incorrere, se non avessero obbedito, nella maledizione divina.

Dai voluminosi incartamenti di questa celebre causa non si riesce a sapere se le colpevoli abbiano sfidato la sentenza o se si siano immediatamente allontanate da quella zona poco ospitale.

Tratto da “IL DIZIONARIO DEL DIAVOLO” di Ambrose Bierce (1841-1914)

Proposta dei radicali: meno magistrati al ministero della Giustizia.


Ieri, a Montecitorio, i Radicali hanno presentato una proposta di legge - sul trasferimento dei magistrati – che titola: «Collocamento fuori ruolo dei magistrati destinati ad esercitare funzioni amministrative nel ministero della Giustizia».

I promotori della proposta di legge hanno già annunciato che presto partirà la raccolta delle sottoscrizioni tra deputati e senatori.

La proposta è divisa in sei articoli e punta ad evitare un intreccio eccessivo tra competenze e ruoli, tra politica e magistratura, all’interno del ministero della Giustizia in ossequio al principio della separazione delle carriere e a quello della trasparenza nella Pubblica Amministrazione.

La riforma legislativa sul trasferimento dei magistrati fuori ruolo, consentirebbe alle toghe ordinarie e a quelle amministrative di poter ricoprire solo incarichi dirigenziali e amministrativi nei dipartimenti del ministero.

Mentre è totalmente esclusa per loro la possibilità diventare stretti collaboratori del ministro di turno.

Inoltre è stata limitata la quota totale dei magistrati ordinari che possono ricoprire tali incarichi, ripartiti tra le 18 direzioni generali in cui si dividono i 4 dipartimenti della Giustizia: Affari di giustizia, Organizzazione giudiziaria del personale e dei servizi, Amministrazione penitenziaria e Giustizia minorile.

Escluse totalmente ai magistrati la direzione generale del Contenzioso e dei Diritti umani, perché competente nel contenzioso in materia di responsabilità civile del personale e dei servizi, e la direzione generale dei Magistrati, perché il dipartimento dell’Organizzazione giudiziaria del personale e dei servizi ha competenze nel campo dell’azione disciplinare.

Inoltre la proposta di legge presentata oggi a Montecitorio prevede la pubblicità degli incarichi: sia attraverso la pubblicazione dell’elenco dei magistrati fuori ruolo sul sito internet del ministero della Giustizia sia inviando un’apposita relazione scritta alle commissioni Giustizia di Camera e Senato.

martedì, ottobre 16, 2007

Riscuote consensi la proposta dell’Oua di una costituente della Giustizia


Si è conclusa sabato, a Roma, la II Conferenza Nazionale sulla Giustizia (11-13 ottobre) promossa dall’Organismo unitario dell’Avvocatura (Oua).

Si apre un cantiere di idee, aperto a tutti, in vista dell’appuntamento dell’anno prossimo a Bologna con il Congresso Nazionale Forense.

L’avvocatura italiana lancia un messaggio: non abbiamo bisogno di qualunquismo, di demagogia o di manifestazioni di antipolitica, serve, più che mai, buona politica per la Giustizia, quella buona politica di cui oggi tutti i cittadini avvertono un impellente bisogno.

“Dopo aver fatto la ricognizione dei malanni, dei sintomi e dei danni temporanei e permanenti procurati alla società dalla crisi della giustizia – ha spiegato Michelina Grillo, presidente Oua - abbiamo delineato alcune ipotesi di lavoro per un sistema-giustizia che sia in grado di rispondere alle aspirazioni vere dei cittadini, assicurando la difesa dei diritti e costituendo un’arma protettiva che assicuri la legittima coltivazione degli interessi personali ed economici».

Fabio Roia, magistrato e componente CSM, ha dato la sua disponibilità a continuare un serio confronto con l’avvocatura : «I problemi sul tavolo sono chiari – ha affermato - le condizioni in cui versa la giustizia sono un indicatore importante dello stato della democrazia in un Paese, come la sanità, per intenderci. Vedo con interesse la proposta lanciata dal presidente dell’Oua, Michelina Grillo, di una Costituente per la giustizia».

«È importante – ha sottolineato la presidente delll’Oua- è quello di capire quale sia il punto di partenza e quello di arrivo per i protagonisti che operano sulla scena della giustizia e su quale profilo delle figure professionali si possa puntare per il riscatto della giustizia».

Sul piano dei contenuti è importante il contributo di Maurizio Cecconi, segretario OUA, che nel corso dei lavori ha delineato alcuni spunti: « L’avvocato del domani deve essere un avvocato che cura sia la formazione che l’aggiornamento lungo tutto il corso della sua attività. La sua formazione può rivolgersi con libertà alle materie prescelte in funzione del proprio settore di attività, ma deve essere coerente con la propria eventuale qualifica di specializzazione e regolamentata da disposizioni precise dell’ordinamento professionale. L’attribuzione del relativo riconoscimento deve conseguire ad un percorso sia formativo, che di esercizio effettivo della professione nella materia di specializzazione, articolato in modo da consentire la verifica della piena conoscenza teorica e pratica della materia. L’avvocatura ha spontaneamente accettato l’introduzione di società professionali ad autonomia patrimoniale perfetta, purché il capitale di tali corpi non possa finire nelle mani di soggetti che con i loro interessi compromettano l’indipendenza dell’avvocato socio. Dal pari, gli avvocati sono pronti a rimuovere le asimmetrie informative e quindi il gap di conoscenza che può separarli dai cittadini clienti, evitando però il pericolo di tecniche di mercificazione della prestazione professionale che possano oscurare la qualità effettiva della prestazione. Riteniamo, inoltre, che si deve evitare il rischio che l’introduzione del patto di quota lite possa costringere i piccoli studi, a fronte dello strapotere contrattuale di grossi clienti, a soggiacere a condizioni di compenso da vero e proprio dumping in un mercato che è cronicamente funestato dalla sempre crescente ipertrofia del numero degli iscritti all’ordine».

Importante è stata anche la partecipazione e l’intervento del ministro della Giustizia Clemente Mastella, che abbiamo accolto venerdì. È un segnale incoraggiante per la ripresa di un dialogo costruttivo fino ad ora frammentario tra la politica e gli avvocati.

«Nel corso dei tre giorni della II Conferenza - ha continuato – ci siamo posti in modo problematico di fronte alla crescente domanda di giustizia. Abbiamo lanciato alcune ipotesi di lavoro da sviluppare nei prossimi mesi per affrontare con diversi e più numerosi strumenti la risoluzione delle controversie giudiziarie. La nostra scommessa è quella di ripensare, ma soprattutto attuare la giustizia come servizio al cittadino. Contemporaneamente è necessario che si approfondisca il progressivo e consolidato ricorso alla magistratura onoraria e si blocchi la proliferazione dei riti processuali . Abbiamo affrontato il problema delle risorse umane ed economiche di cui dispone il sistema a volte insufficienti e, spesso, semplicemente mal gestite. Servono più investimenti , ma abbiamo anche approfondito la conoscenza delle esperienze degli uffici giudiziari di Bolzano e Torino, dove una moderna capacità organizzativa ha portato ad ottenere risultati molto positivi, sia per la lotta agli sprechi nelle spese sia per la durata dei processi».

A tal proposito l’Oua ha proposto che si adottino strumenti di massima trasparenza nella gestione degli uffici giudiziari e nella rendicontazione dei fondi loro affidati , e si stabiliscano criteri oggettivi di efficienza, puntando sulla managerialità dei dirigenti e sullo sviluppo delle innovazioni tecnologiche , a partire dall’informatizzazione degli uffici e dall’implementazione del processo telematico .

Si è insistito sulla necessità che si possa finalmente ottenere un sistema affidabile di rilevazione dei dati sul sistema-giustizia .

Uno dei fili conduttori del dibattito è stata la necessità di costruire un nuovo modo di essere avvocati, mettendo mano ad una efficace riforma della professione forense « Vogliamo costruire una nuova avvocatura – ha sottolineato la Grillo – questa è una sfida di rinnovamento e modernità che lanciamo anche alla magistratura.

Con questa conferenza – ha concluso Michelina Grillo - abbiamo lanciato l’idea della Costituente per la Giustizia e già abbiamo incassato il consenso di esponenti della magistratura e della politica, come Fabio Roia del Csm e Pino Pisicchio, presidente della Commissione Giustizia della Camera dei Deputati .

Articolo tratto da: “Mondo Professionisti”.

La prossima seduta del C.O.A. di Salerno.

ORDINE del GIORNO

Tornata del 18 ottobre 2007

(ore 16,00)

I. Lettura ed approvazione verbale precedente

II. Comunicazioni del Presidente

III. Iscrizioni e cancellazioni

IV. Pareri

V. Ammissioni Gratuito Patrocinio- Rel.Cons.Avv.Visconti

VI. Pianta organica-determinazioni anche provvisorie- Rel.Cons.Avv.Paolino e Visconti

VII. Pareri Magistratura Onoraria- Rel.Cons.Avv.Corona

VIII. Incontro del 17.10.07 col Sindaco di Salerno per Cittadella Giudiziaria - Rel.Cons.Avv.D'Alessio

IX. Ratifica benestare ruolo n.004161/2007- Rel.Cons.Avv.Corona-

X. Giornale"La Giustizia"- Rel.V.Direttore Cons.Avv.Corona-

XI. Criteri per spese di rappresentanza e consuetudinarie-determinazioni-Rel.Il Presidente-

XII. Nomina componente Commissione Esame-Scuole di specializzazione per le professioni legali-Università di Salerno-

XIII. Sussidi e contributi. Rel.Cons.Avv.Corona-

XIV. Varie ed eventuali


Il Presidente

Avv.Americo Montera


Il Consigliere Segretario

Avv.Gaetano Paolino

lunedì, ottobre 15, 2007

ALLARME DEI PENALISTI: RESISTERE A DERIVA AUTORITARIA.

Roma, 15 ott. (Apcom) - "L'Unione delle Camere Penali Italiane non può consentire che, per ragioni elettorali da un lato e per introdurre surrettiziamente istanze autoritarie dall'altro, si possano sacrificare valori costituzionali come quelli della rieducazione dei condannati, del diritto di difesa, dei principi del giusto processo e pertanto esprime la propria dura protesta nei confronti di una politica che abdica al proprio ruolo di governo della realtà trascurando i valori della Costituzione repubblicana preannunziando provvedimenti liberticidi".

E' l'allarme lanciato dai penalisti italiani nella delibera diffusa oggi, in cui si richiamano tutte le Camere penali alla partecipazione all'imminente congresso straordinario di Treviso (che si terrà dal 19 al 21 ottobre) e alla vigilanza su alcune questioni, prima fra tutte quella legata all'emergenza sicurezza e alle misure annunciate dal Governo.

"Una classe politica confusa - si legge nel documento della giunta dell'Ucpi - ha irresponsabilmente agitato un tema serio e certamente non secondario sotto la bandiera della necessità di adottare gli ennesimi, quanto inutili e pericolosi, provvedimenti emergenziali. Ancora una volta risuonano gli slogan della riduzione delle garanzie processuali, del doppio binario processuale, delle limitazioni al diritto di difesa nei processi di criminalità, della modifica o abolizione della 'legge Gozzini' (dimenticandone dolosamente la comprovata funzione di efficace strumento di recupero sociale), della esclusione del patrocinio dei non abbienti per taluni reati ed imputati".

Un atto d'accusa che non risparmia l'atteggiamento complice delle toghe: "Alcuni magistrati, se non una parte della magistratura, tornano a prospettare -come nel 1992/93- una concezione etica della giustizia cavalcando le proteste della piazza, non disdegnando di predicare dai 'salotti' televisivi e proponendo, come in anni passati, la figura del magistrato vendicatore, vittima del 'potere' e pronto a riscattare i mali della società. La miscela di questi fenomeni e dei proponimenti governativi - avvertono i penalisti - rischia di divenire esplosiva, determinando una deriva autoritaria degli assetti istituzionali e delle leggi con il risultato di far prevalere la concezione dello stato etico su quella dello stato di diritto, con quel che ne consegue in termini di aggressione ad elementari principi di civiltà giuridica".

"In questa situazione - conclude la giunta dell'Ucpi - il ruolo dell'Unione delle Camere Penali Italiane non può che essere quello, storico, di resistenza nei confronti di tale degrado politico-istituzionale in difesa dello stato di diritto, dei valori costituzionali, delle garanzie del processo, facendo appello alla classe politica, alla magistratura, ai cittadini perché si colga il potenziale devastante della presente situazione".

domenica, ottobre 14, 2007

Giustizia è sfatta.

Dodici anni dopo il licenziamento, il Tar di Sardegna sancisce solennemente che il licenziato non merita un simile trattamento.

Con decisione perentoria e insindacabile, il tribunale ordina che il suddetto sia immediatamente reintegrato nel suo posto di lavoro.

Il problema è comunicargli la lieta notizia: da undici anni riposa in pace, sotto la pietra tombale di una pietà negata.

All'epoca, nel 1995, questa storia viene catalogata sotto la voce assenteismo. Il titolare della pessima fama è Gianpietro Caredda, un docente di educazione artistica nella scuola media «Dante Alighieri» di Selargius, a pochi passi da Cagliari.

Effettivamente, il professore manca parecchio dalle aule: purtroppo per lui, è vittima di depressione. Molti sanno bene che cosa significhi svegliarsi la mattina con la prospettiva di andare al lavoro, magari in mezzo a classi di ragazzini scatenati, quando un tarlo devastante toglie persino la forza di uscire dal letto. E chi non lo sa deve solo augurarsi di non saperlo mai.

Il professore è in gravissima crisi per un problema molto serio: quattro anni prima, sua moglie è morta giovanissima, lasciandolo solo con due figlie ancora ragazzine, Marzia e Manuela, di dieci e di quindici anni. Una vita difficile. Di sacrificio, di solitudine, di dolore irrisolto.

Nella nazione degli assenteisti professionali che nessuno impallina mai, soprattutto quando si assentano per viaggi ai Caraibi e settimane bianche, il professor Caredda ha motivi quanto meno plausibili per assentarsi.

Semplicemente, è malato. Finisce pure in ospedale. Come previsto dalla legge, chiede un periodo d’aspettativa. Poi un altro. E si arriva in questo modo al giugno ’95, fine dell'anno scolastico.

Il preside, che ovviamente deve badare anche alla regolarità delle lezioni e garantire agli studenti una continuità di insegnamento, decide di risolvere definitivamente il problema. Chiede al Provveditorato di licenziare il professore. Una determinazione che ha del paranormale, in questa nostra comunità che tollera e comprende tutto, soprattutto le manfrine e le recite dei furbastri di talento.

Caredda no, non merita più d'essere sopportato: la scuola italiana, che non licenzia mai nessuno, tanto meno gli sfaticati e gli idioti, se ne libera per decisione ferma dello stesso Provveditore. Via, con la simpatica patente dell'assenteista.

«Decadenza per ingiustificata assenza»: a partire dal 2 giugno 1995, festa della Repubblica. Proprio una bella festa, proprio una bella Repubblica. Pochi mesi dopo, la vita del professor Caredda si presenta come un affresco dai toni idilliaci: vedovo, due orfane da allevare, malato di depressione, senza lavoro. Poco tempo dopo, nel '96, si ammazza. Arduo provare che si tratti solo di una disgraziata coincidenza.

Al povero professore di disegno sopravvive il dolore delle due figlie e un ricorso tentato contro il licenziamento. La figlia più grande, che nel frattempo si è fatta maggiorenne, decide di continuare la battaglia, perché al papà siano restituiti almeno la dignità e l'onore, brutalmente sfregiati con l'odioso epitaffio firmato dalla burocrazia: «Fu assenteista».

Una battaglia dai tempi biblici. Ma forse è meglio smetterla di tirare in ballo la Bibbia: è semplicemente una maledetta e avvilente battaglia dai tempi italiani.

Dodici anni dopo il licenziamento, undici anni dopo il suicidio, il professor Caredda accoglie la riabilitazione postuma. Per come sta messo ora, per dove sta messo ora, non sarà una notizia tale da sconvolgergli la vita. Le parole che si leggono sulla sentenza, annunciata dal quotidiano Sardegna tra lo stupore generale, sono pietre: con quel buonsenso troppo a lungo sparito da questa storia, semplicemente la giustizia sostiene le ragioni del professore, sottolineando come sarebbe bastato metterlo in aspettativa. Cioè aspettarlo.

Che poi il Tar stabilisca il reintegro del docente nel suo posto di lavoro, è solo un elemento di amarissima riflessione generale.

In primo luogo sulla paurosa schizofrenia del nostro apparato scolastico, e pubblico in generale, tanto umano e comprensivo nei confronti dei parassiti veri, tanto zelante e spietato nei confronti di uno sventurato. In secondo luogo la riflessione amara è ancora e sempre sui tempi della nostra giustizia, ma da questo punto di vista poco resta da dire, perché tutto abbiamo già detto.

Se non altro, un applauso al talento e alla creatività, che spostano ogni volta più in là i limiti ritenuti insuperabili: dodici anni per reintegrare un professore licenziato è qualcosa di sovrumano.

Un po', anche disumano.

Cristiano Gatti

(tratto dal quotidiano “Il Giornale”)

sabato, ottobre 13, 2007

Parole di libertà.


Non si può arrivare alla prosperita’

scoraggiando l’impresa.

Non si può rafforzare il debole

indebolendo il più forte.

Non si può aiutare chi è piccolo

abbattendo chi è grande.

Non si può aiutare il povero

distruggendo il ricco.

Non si possono aumentare le paghe

rovinando i datori di lavoro.

Non si può progredire serenamente

spendendo più del guadagno.

Non si può promuovere la fratellanza umana

predicando l’odio di classe.

Non si può instaurare la sicurezza sociale

adoperando denaro imprestato.

Non si può formare carattere e coraggio

togliendo iniziativa e sicurezza.

Non si può aiutare continuamente

la gente facendo in sua vece quello che potrebbe e dovrebbe fare da sola.

(Abramo Lincoln)

Mastella : finalmente un “Grillo” simpatico!


(ANSA) - ''La giustizia sta cambiando anche al di la' della nostra diretta consapevolezza, per questo il modello dell'Avvocatura del terzo millennio deve essere ridefinito''.

Il ministro della Giustizia Mastella, nel suo discorso alla seconda Conferenza Nazionale della Giustizia, fa appello all'esigenza di riformare il sistema superando il malfunzionamento della giustizia.

Quattro, secondo il ministro, i punti fondamentali che dovranno essere affrontati: semplificazione amministrativa e razionalizzazione delle regole processuali; innovazione tecnologica; acquisizione del sapere; rinnovamento dell'Ordine degli avvocati e delle forme di rappresentanza della categoria.

''Il Governo deve farsi promotore di tutte le misure idonee a favorire queste innovazioni - ha detto -. Non solo apprestando gli strumenti normativi e la dotazione finanziaria necessari per introdurre le nuove tecnologie nei tribunali, ma anche adottando ogni misura, anche di natura fiscale per promuovere l'innovazione negli studi professionali''.

Il Guardasigilli anche sottolineato la necessita' di riformare soprattutto le modalita' di selezione per i giovani avvocati, rendendo piu' rigidi e qualitativamente più alti gli standard anche per i tirocini.

Aprendo il suo intervento, Mastella ha ringraziato la presidente dell'OUA, Michelina Grillo, ironizzando sul suo cognome: ''Ringrazio per il linguaggio di verita' utilizzato ieri dalla presidente. In un periodo cosi' complesso per me, durante il quale non sono mancate amarezze, si vede che nonostante il cognome, non e' detto che un 'grillo' provi nei miei confronti antipatia''.

''Abbiamo seguito con attenzione le parole del Ministro - ha detto Michelina Grillo - e siamo rimasti soddisfatti della sua disponibilita' a lavorare insieme per una vera riforma dell'avvocatura italiana, improntata al rinnovamento tecnologico, all'aggiornamento professionale e all' adeguato posizionamento della professionalita' dell' avvocato nell'ambito del sistema giuridico del nostro Paese nonchè‚ in quello europeo''.

La presidente dell' Oua ha detto che ora gli avvocati attendono ''con speranza che le parole e le promesse del ministro si tramutino presto in fatti per tutte le questioni che abbiamo posto con forza nel corso dei nostri lavori. Innanzitutto sul problema delle risorse, poi sulla necessita' che ci siano dati attendibili sulla macchina giudiziaria e per finire sul tema centrale delle denunce dell’avvocatura da anni: la salvaguardia dei diritti dei cittadini''.

A Napoli la "giustizia che sorride".

La giustizia sorride, finalmente, e lo fa con un concerto di avvocati e magistrati.


Tanta musica ieri sera a CastelCapuano, che per una notte all’anno diventa palcoscenico all’aperto.

“La giustizia che sorride” arriva alla sua undicesima edizione e come sempre coinvolge tutto il mondo togato. Il titolo del concerto “Quo Vadis” ovvero dove vai, è stato scelto non casualmente ma volendo ricordare il difficile momento per chi lavora nel mondo della giustizia napoletana con il trasferimento della sezione civile del Tribunale di Napoli da Castelcapuano al Centro Direzionale.

Ad aprire la serata, presentata dalla giornalista Bruna Varriale, è la Tribunal mist Jazz Band, composta da venti professionisti guidati da Pasquale Panella. Subito dopo è stata la volta di Marco Zurzolo.

Ha chiuso la serata di musica Sal Da Vinci, che si è esibito cantando alcuni brani tratti dal musical scugnizzi.

Ma quanto incassa il sistema giustizia?

“Vogliamo conoscere quanto incassa la giustizia”. E’ questa la sfida lanciata dal presidente dell’Oua Michelina Grillo all’apertura della V conferenza nazionale dell’avvocatura, in corso a Roma.

La numero uno dell'Organismo Unitario dell'Avvocatura Italiana ritiene che sia giunto il momento di fare chiarezza sulle cifre relative agli introiti del sistema giustizia.

“Si conosce il buco della sanità,si conoscono gli introiti del fisco, ma nessuno – aggiunge la Grillo – rileva quanto la giustizia incassi. Noi chiediamo da sempre di sapere quanto incassa la giustizia, quanto viene effettivamente introitato complessivamente, ma questo dato è un dato che non viene reso pubblico”.

La trasparenza dei “conti pubblici della giustizia” è per il presidente dell’Oua una necessità dettata dall’esigenza di rendere più efficiente il sistema, ed evitare sprechi che danneggino l’apparato della giustizia italiana.

“Vogliamo sapere quanto incassa la giustizia, perché non è possibile che tutti gli aumenti alla spesa della giustizia vengano assorbiti dall’aumento degli stipendi dei magistrati, il cui numero rimane invariato a fronte di un sistema inefficiente”.

Per la Grillo essere a conoscenza delle cifre che ruotano attorno al sistema giustizia è indispensabile soprattutto per capire quale sia la realtà del sistema in questione, vale a dire per poter capire “se il servizio giustizia riesce ad autofinanziarsi o se come la sanità è invece un buco nero”.

Infine, il presidente dell’Oua sottolinea come conoscere gli incassi della giustizia sia un dovere da compiere nei confronti degli assistiti: “c’e’ questa nomea per cui l’avvocato guadagna parecchio. Ma va detto che le spese per il procedimento sono vive ed elevate. Solo per fare un esempio, tra contributo unificato, costi di registrazione e i diritti di cancelleria per le copie autentiche, mediamente si arriva a spendere 600 euro per un recupero di credito di 2.000-2.500 euro. Per questo – conclude la Grillo - io credo che lo Stato incassi molto dalla giustizia, ma ad oggi solo la procura di Bolzano rende accessibili i dati al cittadino”.

venerdì, ottobre 12, 2007

MASTELLA: MI CHIEDA SCUSA CHI DICE CHE VOGLIO AMMAZZARE I MAGISTRATI.

Roma, 12 ott. (Adnkronos) - "Dicono che voglio ammazzare i magistrati e mandare via chi lavora. Ora chi ha fatto trasmissioni su questo tema mi chieda scusa e si dica finalmente la verita'".

Lo ha dichiarato intervenendo alla seconda conferenza nazionale sulla giustizia organizzata dall'Organismo unitario dell'Avvocatura, il ministro della Giustizia Clemente Mastella e facendo riferimento al caso del momento che vede coinvolto il pm di Catanzaro Luigi De Magistris.

Il messaggio del Presidente Napolitano alla V Conferenza Nazionale dell’Avvocatura.


Roma, 11 ott. - “La Conferenza Nazionale dell’Avvocatura costituisce una significativa occasione per riflessioni e approfondimenti sull’attuale ’sistema giustizia’ e sulle prospettive aperte dai progetti di riforma all’esame del Parlamento”.
E’ quanto scrive il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, in un messaggio inviato in occasione della V Conferenza Nazionale dell’Avvocatura, al Presidente dell’Organismo Unitario, Michelina Grillo.
“Occorre garantire - prosegue Napolitano - la piena funzionalita’ ed efficienza dell’intero sistema, nel rispetto dei principi costituzionali del giusto processo, della sua ragionevole durata e della indipendenza della Magistratura”.
Per il Presidente della Repubblica perche’ cio’ avvenga “e’ indispensabile un confronto aperto e costruttivo tra tutti gli operatori del settore, in cui ciascuna componente si impegni a dare una risposta complessiva e coerente all’insieme dei problemi aperti”. (AGI)

Conferenza Nazionale Giustizia su Radio radicale.

(In)Giustizia tutta italiana!

Una media di 320 giorni per i procedimenti davanti ai giudici di pace, 887 giorni per il 1° grado, 1020 giorni per l'appello e circa 1102 per la Cassazione. Sono questi i tempi-lumaca della giustizia italiana nel civile. E nel penale le cifre praticamente raddoppiano.

È un vero e proprio dramma quello della nostra giustizia.

Tanto per dirne una, un pm italiano costa allo Stato esattamente il doppio di un collega spagnolo o francese.

Come se non bastasse, la carriera dei giudici da noi si basa su criteri alla giapponese, ossia solo su scatti di anzianità, mentre il termine "merito" sembra essere stato bandito dalle aule dei tribunali di tutta Italia.

In molti attendono, poi, l'entrata a regime dei processi telematici, ma in realtà la chimera della "giustizia telematica" finora ha partorito solo un topolino.

Insomma, la Giustizia italiana sembra sempre piú un carrozzone arrugginito, una sorta di buco nero costantemente in perdita.

Oltre al pacchetto sicurezza, il governo dovrebbe cominciare seriamente a pensare ad un pacchetto "giustizia", una volta per tutte.

Si è aperta ieri a Roma la Conferenza Nazionale dell'Avvocatura

Si è aperta ieri pomeriggio a Roma, all’auditorium dell’Istituto Massimo, la Conferenza Nazionale sulla Giustizia, promossa dall’Organismo unitario dell’Avvocatura italiana.

Ad aprire i lavori le relazioni del presidente dell’OUA, Michelina Grillo e del vice presidente, Antonio Giorgino.

Michelina Grillo ha tracciato un panorama drammatico del sistema-giustizia in Italia:

Lentezza dei processi, inefficacia dell’esecuzione, ineffettività della pena. In breve una situazione di illegalità diffusa, di mancanza di tutele, di incertezza dei rapporti, che non nuoce solamente al livello di democrazia e di civiltà della nostra società.

Chiunque si sia occupato di giustizia sa che il problema, purtroppo, è ben più antico: tutti i governi che si sono succeduti in questi anni non hanno considerato prioritario intervenire in modo consistente ed organico per sanare, correggere, riformare e investire in un settore di così grande rilevanza strategica.

Vogliamo comprendere chi ha ucciso la giustizia, e certamente - ha continuato la Grillo - ciò emergerà dall’analisi dei dati che abbiamo reso pubblico stamattina e che giustamente sono stati definiti imbarazzanti e vergognosi.

Ma vogliamo ancor di più avviare un’opera di bonifica dell’ambiente Giustizia, rivitalizzando la cultura della legalità, del diritto e dei diritti.

Se questa è la situazione della giustizia in Italia, l’Oua ha da sempre proposto soluzioni concrete per lo snellimento e il miglior funzionamento del sistema giudiziario.

Vorremmo parlare delle risorse materiali e umane di cui dispone il sistema, entrambe perennemente insufficienti per fronteggiare una domanda in costante crescita.

Vogliamo affrontare la piaga delle sacche di privilegio, ed è giusto ricordare che i maggiori stanziamenti degli ultimi anni in favore del settore sono stati pressoché interamente assorbiti dagli oneri relativi agli stipendi dei magistrati.

Chiediamo che finalmente ci sia un sistema di rilevazione dei dati che consenta non soltanto di valutare l’esistente, ma anche di preventivare il reale impatto delle future riforme.

Che si proceda nell’informatizzazione degli uffici, che potrebbe consentire non solo l’acquisizione di dati in tempo reale, possibilmente omogenei e qualitativamente significativi, ma anche l’avvio di una ben più consistente e diffusa sperimentazione del processo telematico, che potrà imprimere una effettiva svolta positiva al sistema.

Auspichiamo che si affronti il tema del progressivo e consolidato ricorso alla magistratura onoraria e si blocchi la proliferazione dei riti processuali.

E’ urgente che si parli senza tabù, della rivisitazione degli assetti della geografia giudiziaria. Le circoscrizioni devono tener conto, anche alla luce delle tante esperienze estere positive, della necessità di assicurare una giustizia di prossimità, un presidio di legalità sul territorio. Valutando con attenzione la struttura socio-ambientale delle singole zone.

E’ indispensabile - continua il presidente Grillo - che si intervenga sulla formazione dei soggetti della giurisdizione, e più in generale di tutte le figure che gravitano nel mondo della Giustizia.

Da troppo tempo la preparazione di chi opera nella giustizia è un fattore dimenticato, tanto da lasciare che la formazione, pur essendo di rilevante interesse pubblico, sia scaricata tutta sugli organi istituzionali o sui singoli.

Parliamo della concreta realizzazione del giusto processo, anche qui senza tabù, e quindi anche della terzietà del giudice e dei sistemi con i quali garantirla.

Prima di essere sommersi ancora una volta da sterili polemiche sul prossimo indulto, si dia la giusta attenzione all’allarmante situazione del sistema carcerario, affrontando anche il tema dell’effettività della pena, della sua natura rieducativa, della sicurezza e dei timori che - in una società avviata verso la multietnicità - ciclicamente inducono a chiedere legislazioni emergenziali.

Non è qualunquismo o antipolitica, né demagogia o populismo” ha concluso il presidente dell’Oua - ciò che vorremmo emergesse in queste tre giornate di dibattito, ma voglia di buona politica per la Giustizia, quella buona politica di cui oggi tutti i cittadini avvertono un impellente bisogno”.