E' quanto emerge dalla sentenza numero 38952/2007, depositata ieri dalla Terza sezione penale della Suprema Corte.
Il collegio di legittimità ha respinto il ricorso di un dentista che aveva abusato, in diverse occasioni, di una giovanissima paziente, appena 14enne, palpeggiandola e facendosi, nell'ultimo di questi episodi, toccare.
Per questo era scattata la denuncia e il sanitario era stato condannato prima dal Tribunale di Monza e poi dalla Corte d'appello di Milano.
La corte territoriale meneghina aveva sì riconosciuto il risarcimento alla famiglia della ragazza ma lo aveva ridotto a 500euro per ciascun genitore e 5mila per la figlia.
Lui ha impugnato questa decisione di fronte alla Suprema corte ma ha perso su tutti i fronti: deve anche il risarcimento del danno.
Infatti, si legge nelle motivazioni, "l'abuso sessuale patito da un minore crea indubbiamente un danno anche ai suoi genitori, il quale danno può essere di natura patrimoniale, allorché ad esempio i genitori devono sostenere spese per terapie psicologiche in favore della vittima, o di natura non patrimoniale per le apprensioni o dolori causati dall'illecito".
Non basta. "Ai prossimi congiunti della vittima di un reato - ha sostenuto più volte la Suprema corte di cassazione - spetta iure proprio il diritto al risarcimento del danno, avuto riguardo al rapporto affettivo che lega il prossimo congiunto alla vittima, non essendo ostativi ai fini del riconoscimento di tale diritto né il disposto dell'articolo 1223 del Codice civile né quello di cui all'articolo 185 del Codice penale, in quanto anche tale danno trova causa diretta e immediata nel fatto illecito".
Insomma, va tutelato "il diritto della famiglia previsto dall'articolo 29 della Costituzione".