martedì, luglio 22, 2014

PCT: inammissibile il deposito con modalità telematica del ricorso ex articolo 702 bis c.p.c. (Trib. Torino, 15 luglio 2014. Est. Rizzi).

TRIBUNALE ORDINARIO DI TORINO 
SEZIONE I CIVILE 
Il giudice,
visto il ricorso ex art.702 bis c.p.c. depositato telematicamente in cancelleria dalla s.r.l. Fallimento Oxxx Cyyyy in data 8.7.14 ed assegnato al giudice in data 15.7.14;
rilevato che, ex art.16 bis L. 17.12.12 n.221, a decorrere dal 30.6.14 nei procedimenti civili dinanzi al tribunale il deposito degli atti processuali con modalità telematiche riguarda solo le parti precedentemente costituite, non essendo contemplato il deposito telematico degli atti introduttivi del giudizio;
considerato che il Decreto Dirigenziale del Ministero della Giustizia in data 30.4.2013 riguardante il Tribunale di Torino, emesso ai sensi dell’art.35 D.M. 21.2.2011 n.44, prevede l’attivazione del processo civile telematico (trasmissione dei documenti informatici) solo relativamente agli atti del giudizio che presuppongono la già avvenuta costituzione delle parti, con esclusione degli atti introduttivi del giudizio civile; 
rilevato, quindi, che alcuna norma dell’ordinamento processuale consente il deposito in forma telematica dell’atto introduttivo del giudizio, con la conseguenza che il relativo ricorso dev’essere dichiarato inammissibile, posizione che trova già precedente riscontro nella giurisprudenza di merito (Trib. Foggia, 10.4.2014, in Altalex, 2014);
P.Q.M. 
Il giudice, dichiara il ricorso inammissibile.
Torino, 15.7.14.
Il Giudice 
f.to Rizzi 
Provvedimento depositato in data 15.7.14.

domenica, luglio 20, 2014

L'assoluzione di Silvio: il commento di un magistrato.

L’assoluzione in secondo grado di Silvio Berlusconi può essere commentata, come sta accadendo, in mille modi. Quello meno utile mi parrebbe l’assestarsi sul luogo comune che rammenta il rispetto delle sentenze. Di tutte le sentenze e non solo di quelle che piacciono. Perché il problema non è formale. È assolutamente di sostanza.
Lo sintetizzo nella seguente affermazione: il sistema giudiziario è a pezzi. Non solo non funziona, ma non può funzionare, strutturato com’è su barocchismi superati e su di una cultura dello Stato di diritto oramai evanescente. L’azione penale è obbligatoria, dice la Costituzione. Dunque il pubblico ministero, di fronte a ciò che ritiene sia, o che possa rivelarsi, un reato, deve procedere.
Usando la violenza della legge anche nei confronti di chi, sempre secondo la legge, è presunto non colpevole. Giuridicamente non fa una piega. Ma non è più accettato.
La giustizia che deve infliggere sofferenze prima di capire se queste sono giustificate da un’innegabile violazione della legge non funziona in una società che non accetta il comando come espressione di autorità.
La percezione del comando oggi è politica. E la politica subisce troppe ricadute da una decisione giudiziaria per non delegittimarla. Sempre e comunque. La magistratura costituisce un ordine autonomo indipendente da ogni altro potere.
Certo, ma l’indipendenza percepita come libertà dalla regola, come potere di fare tutto, quale che sia l’esattezza storica di una scelta, non può funzionare quando si pretende che tutto risponda a un principio di responsabilità e, soprattutto, di non irreparabilità del danno. Non è accettato il danno, inflitto pur legittimamente ma prima che tutto il controllo processuale sia stato effettuato.
Il Consiglio superiore governa i giudici. Quando è capace di farlo. Quando la sua forza morale e professionale gli consente di essere «altro» rispetto agli interessi particolari che incontra.
Quando la sua funzione costituzionale si fonda su una effettiva autorevolezza politica. Non governa quando si paralizza sulla incapacità di decidere. Il presidente della Repubblica è il presidente, vero ed effettivo, del Consiglio. La sua funzione dovrebbe essere messa, anzitutto dai magistrati, al riparo dallo scontro politico sulla giustizia. Diversamente essa è sprecata. E indebolita.
I magistrati italiani hanno sbagliato molto. Hanno adoperato la vicenda che riguardava la persona di Silvio Berlusconi per difendere il sistema come è. Senza preoccuparsi del suo evidente invecchiamento.
Hanno continuato a correre dietro a parole d’ordine come «unicità delle carriere», senza domandarsi quanto oggi è, nei fatti, già separato il pm dal giudice; e «libertà nell’interpretazione della legge e nell’accertamento dei fatti del processo» senza domandarsi come introdurre, pretendere e applicare, essi per primi, effettivi controlli sulla loro quotidiana professionalità.
Perché solo una professionalità assoluta, impeccabile, verificabile dentro e fuori il processo giustifica un potere così grande presso un’opinione pubblica confusa, sconcertata da troppi pretesti.
L’autoriforma dei magistrati è fallita. Rifiutata da corporazioni fortissime, per le quali la dirigenza di un ufficio è un beneficio canonico, e l’indagine è un orticello concluso che deve dare frutto al suo unico coltivatore; e per le quali la difficilissima questione morale della magistratura deve essere messa da parte, perché è la politica a essere corrotta.
A me pare sia questo un punto di non ritorno. La giustizia deve essere affrontata come grande problema di democrazia del diritto. Dunque dalla politica. Quella che il Paese si sceglie. E alla quale nessuno può fare l’esame del sangue.
La politica deve assumere la riforma delle giustizia come inizio del rinnovamento dello Stato, come capo della matassa istituzionale da sbrogliare.
E deve porre come obiettivo del cambiamento la credibilità delle decisioni in genere. Non la loro esattezza. La credibilità. Che implica un esercizio mite e controllato della forza. E processi, civili e penali, comprensibili.
Semplici quanto è possibile. Processi che dicano subito come il magistrato si è regolato. Rendano univoca la ragione delle sue scelte.
 E consentano una verifica trasparente della professionalità che ha impiegato, o di quella che ha dimenticato.

Giuseppe Maria Berruti
Presidente sezione di Cassazione

Deontologia: Il principio di autosufficienza del ricorso non si applica all’impugnazione avanti al CNF.

Sulla base di un recente orientamento espresso dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, il cd principio di autosufficienza del ricorso non si applica all’impugnazione proposta dinanzi al Consiglio Nazionale Forense, il quale può pertanto prendere in esame, nella sua interezza, la documentazione prodotta nel corso del procedimento, giacché se è vero che i motivi di impugnazione debbono, anche in questo caso, essere specifici, ciò non vuol dire che sia essenziale, a tal fine, l’esposizione dettagliata dei fatti che hanno formato oggetto del precedente procedimento disciplinare di natura amministrativa, essendo sufficiente che quei fatti, nella misura in cui occorra prenderne conoscenza per valutare della legittimità del provvedimento impugnato, risultino acquisiti al giudizio per consentire al Consiglio Nazionale Forense di valutarli (Nel caso di specie, il ricorso risultava mancante della ricostruzione dei fatti da cui scaturiva la vicenda fonte della responsabilità disciplinare).

Consiglio Nazionale Forense (pres. Alpa, rel. Florio), sentenza del 18 marzo 2014, n. 28.

sabato, luglio 19, 2014

Abogados, Oua: una decisione sbagliata!

Una sentenza sbagliata, un danno per l’Italia, ma anche per tutti i giovani che rispettano le regole. Questo il primo commento dell’Organismo Unitario dell’Avvocatura dopo la decisione della Corte Ue di convalidare il titolo di avvocato conseguito in altri paesi dell’Unione Europea.
Ironico e amareggiato, Nicola Marino, presidente Oua: «Se 230 mila vi sembrano pochi! Una malintesa concezione delle liberalizzazioni ha portato la Corte Ue ad una sentenza contraddittoria che invece di impedire che si aggiri l’esame di stato emigrando all’estero, consente a questi professionisti di fregiarsi del titolo conseguito in un’altra nazione. Quindi, nei nostri tribunali continueranno a lavorare oltre che gli avvocati anche gli “abogados”».
«Una scelta sbagliata – conclude Marino - perché danneggia i giovani laureati che con merito rispettano le regole ed è in controtendenza con le proposte sempre più diffuse che mirano all’introduzione del numero programmato all’università per ridurre l’eccessivo numero di legali (avanzate trasversalmente da tutti gli schieramenti politici e sostenute da diversi studiosi anche di matrice liberista). Da oggi il nostro Paese ha un problema in più e la nostra Giustizia pure. Purtroppo, ancora una volta, l’Europa si mostra in controtendenza rispetto alle esigenze e alle peculiarità delle singole nazioni che ne fanno parte».

Cassazione: dopo tre anni di convivenza, la nullità canonica del matrimonio non è piu’ delibabile.

La novità è di quelle significative: laddove ci sia stata una convivenza dei coniugi per tre anni non può essere fatta più valere la nullità dell’atto matrimoniale.
Una linea, quella scelta dalle sezioni unite della Corte di Cassazione, che desta qualche perplessità nel presidente emerito della Corte costituzionale Cesare Mirabelli:
«Le sentenze ecclesiastiche vengono sottoposte a vincoli ben più restrittivi di quelli che l’ordinamento italiano ha per qualsiasi altra sentenza straniera. E, ciò che è più grave, non si tiene conto della specificità dell’ordinamento canonico».
Come va interpretata questa restrizione?
La pronuncia, intanto, nasce da un contrasto di orientamenti giurisprudenziali della prima sezione della Corte di Cassazione. Le sezioni unite, cioè, sono state chiamate a stabilire un principio di diritto che superasse un conflitto interno. Ora, le sentenze di altri ordinamenti non possono essere eseguite se sono in contrasto con un principio di ordine pubblico. E proprio qui è intervenuta la Cassazione, stabilendo appunto che principio imprescindibile è la convivenza tra coniugi.
Che cosa significa dal punto di vista culturale?
Che il matrimonio inteso come rapporto ha più valore di quello inteso come atto. Mi spiego. Lo spirito del diritto canonico è l’effettivo accertamento della capacità e della volontà genuina delle parti di sposarsi. Il matrimonio nasce e ha alla sua base il consenso: nel profilo canonistico prevale la verità delle cose. In quello statualistico, invece, trionfa la socialità, quello che accade, il fatto che si determina. Ora la Cassazione ci sta dicendo che anche se esiste quel vizio di volontà, ciò che rende valido un matrimonio è l’essere vissuti come coniugi per un certo arco di tempo (e per la precisione 3 anni). La convivenza tra coniugi diventa un valore irrinunciabile legittimando quello che potremmo chiamare un “matrimonio di fatto” e ha tale grado di rilievo e tutela da impedire addirittura che si accerti e dichiari la mancanza di capacità e volontà al momento delle nozze, cioè l’atto consensuale. Si è detto che questa sentenza potrebbe tuttavia tutelare il coniuge più debole, che in seguito all’annullamento potrebbe, per esempio, non recepire gli alimenti. Diciamo che la Cassazione va incontro all’esigenza che non ci siano nullità richieste e pronunciate a molta distanza di tempo (e quando ci sono figli di mezzo), magari portate avanti pretestuosamente per ottenere effetti di tipo patrimoniale. Però rimette anche alla scelta di una parte se eccepire l’esistenza o meno di un contrasto con l’ordine pubblico (il vincolo è che la parte in questione lo faccia dal primo atto di giudizio). E qui si apre, sostanzialmente, a una negoziazione di tipo privato. La verità è che questi problemi nascono storicamente da una mancanza dello Stato.
Quale?
La via che si sarebbe dovuta percorrere da molto tempo è una legge matrimoniale attuativa dell’accordo di revisione del Concordato del 1929, che lo Stato unilateralmente avrebbe potuto porre in essere disciplinando puntualmente la procedura e gli effetti patrimoniali della nullità del matrimonio.

Tratto dal sito: www.avvenire.it

PER NON DIMENTICARE.......

martedì, luglio 15, 2014

"CONGRESSO FORENSE DI VENEZIA: QUALCUNO HA FATTO I CONTI SENZA L'OSTE".

CONGRESSO FORENSE DI VENEZIA: ...che qualcuno abbia fatto i conti senza l'Oste????Ormai giunti a metà luglio, e quindi approssimandosi a grandi passi le ferie estive, che come si sa ci vedono tutti quanti intenti - fortunatamente - ad altre faccende, non posso che pormi, e porvi, qualche interrogativo, che si desume dalle considerazioni che seguono.
I fatti, sull'art. 39 e in generale:1) sull'art. 39, la Commissione Statuto OUA non ha chiuso con un deliberato univoco e unanime, ma ha rappresentato quantomeno due possibili vie alternative, partendo dal proprio documento iniziale, a tutti noto e pluripubblicato;
2) le posizioni emerse nell'ambito della Commissione, rese note dal coordinatore e anch'esse pluripubblicate, sono assai differenziate;
3) all'interno delle singole associazioni si muovono anime diverse - ove più ove meno - e dai dibattiti che si leggono anche qui su FB non pare che vi sia chiarezza sulle posizioni definitive che verranno assunte;
4) in generale, possiamo dire che sino ad oggi non è noto ai più e pubblicato ufficialmente, neppure sul sito del congresso, il programma del congresso stesso, che però taluni conoscono, perchè ho sentito alcuni farvi cenno. Non sappiamo come saranno articolate le 3 giornate congressuali (ad eccezione degli aspetti ludici e conviviali); non sappiamo quali saranno i temi a cui verranno dedicate le sessioni (se sessioni vi saranno); non conosciamo quali tempi saranno dedicati agli interventi dei delegati e congressisti; non sappiamo se e come sia stato riservato spazio adeguato per le elezioni di rinnovo dell'OUA (lo Statuto attuale è a buon diritto vigente, e quindi comunque vanno previste); non sappiamo se vi saranno relazioni e, in caso positivo, di chi; etc.etc. potremmo a lungo continuare;
5) in altre situazioni, e in passato più volte, a questo punto si sarebbero levate alte le voci di molti, tra i rappresentanti associativi, prevalentemente, e anche ordinistici, alcuni, per denunciare quanto sopra e chiedere urgentemente ciò che sarebbe dovuto a tutti noi, ma sorprendentemente tutto tace;
6) vi sono in corso "grandi manovre", in quanto - a tacer d'altro - alcune tra le principali associazioni forensi vedono importanti loro appuntamenti fissati a settembre, proprio prima del Congresso: 6a) UCPI al congresso di Venezia dei giorni 19/21 settembre sarà eletto il nuovo presidente dell'associazione, i programmi dei due candidati sono abbastanza diversi, ma in entrambi non si rinviene alcun particolare favore per un organismo unitario (OUA o qualsivoglia) se non su base federativa. Ucpi è rimasta, quindi, sostanzialmente fedele alle proprie posizioni di sempre, con l'unica variante, non da poco, di ammettere, parrebbe, che nella rappresentanza politica dell'avvocatura siedano anche rappresentanti istituzionali degli Ordini (in passato assolutamente e correttamente ritenuti privi di qualsiasi possibilità di svolgere funzioni politiche). Sul sito dell'UCPI viene censurata proprio in questi giorni, la posizione assunta dall'Ordine di Parma, che ha revocato la propria delibera dell'anno passato e intende versare i contributi Oua e riprendere una attiva partecipazione all'organismo. La attuazione dell'art. 39 LP è anche all'ordine del giorno del Consiglio dei Presidenti, fissato a Roma per il 19 luglio p.v.;6b) AIGA ha fissato il proprio congresso a Foggia nei giorni 26/27 settembre, e si discuterà ovviamente di questo tema (art. 39), dopo le recenti prese di posizione, tra l'altro delle sezioni siciliane, contro le quote riservate. I post di questi ultimi giorni sono abbastanza accesi..... Una decisione finale è rinviata appunto al Congresso. Una bella prova per la nuova dirigenza, quando lo stesso Dario Greco, past president, si sta esprimendo comunque e dovunque contro quote riservate;6c) ANF, che ha già adottato nel proprio Consiglio Nazionale, un deliberato che avalla la soluzione "quotista", ha fissato altro Consiglio Nazionale, proprio in previsione del Congresso, per i giorni 13 e 14 settembre. Io sono contraria, com'è noto, alla soluzione "quotista" o "tripartita" che dir si voglia, anche se portatrice di una posizione minoritaria;6d) AIAF, per quanto ne so, non ha affrontato ex professo il tema dell'art. 39 e di come dovrebbero venire, eventualmente, scelte le Associazioni che avrebbero di sicuro un posto tra le 7 (pardon ora 9) associazioni che avrebbero posto riservato nel costituendo organismo.
7) Le assemblee tra i delegati congressuali eletti, nei vari fori o distretti, per discutere preventivamente i temi congressuali, non si sono tenute, nè sono state già convocate.....se ne parlerà magari a settembre, in tutta fretta, tra un appuntamento associativo e l'altro, quando e se - finalmente - si conosceranno i temi del congresso. E così i delegati saranno "delegati allo sbaraglio" su temi e questioni di cui a livello locale, con i rappresentanti, non si è discusso minimamente, replicando volenti o nolenti il meraviglioso fenomeno del "mandato in bianco" in tutti i sensi;
8) Il CNF è del tutto silente sul punto: sembra totalmente disinteressato alla questione Congresso, quasi come se nella nuova legge professionale che ha tanto propugnato, non ci fosse l'art. 39 e non fosse previsto il Congresso quale massima assise dell'avvocatura italiana;
9) Gli Ordini e le Unioni tacciono anch'essi. Non si interrogano neppure sui temi congressuali e questo è davvero strano. Non sarà che li conoscono già? Il silenzio, ho detto più volte, è foriero di nulla di buono in questi casi.Diceva Andreotti che a pensar male si fa peccato, ma ci si prende.....
10) Tutto tace anche sui regolamenti elettorali per il rinnovo del CNF e degli Ordini....e quindi, malgrado la lettera di sollecito che tanto puntualmente mi è stata sottolineata oramai da tempo dall'amico Antonio Rosa, che affettuosamente sembrava rimproverarmi per aver dato quella notiziola, sembrerebbe che le voci sulla proroga non fossero poi così tanto peregrine.....con tutto ciò che ne consegue.....
11) manca totalmente, in qualunque dirigenza, anche soltanto un barlume lontano di cenno autocritico su di un passato non certo brillante, che ci ha condotti sin qui......(io di certo, in quanto "casta" come qualcuno gentilmente, ma non direttamente, mi ha fatto notare, ho le mie responsabilità - molte, ma non tutte quelle che ora mi vengono strumentalmente attribuite da qualcuno - ma non sono più dirigente dal 2008, e quindi sono passati ben 6 anni nel corso dei quali, mi pare, non ho visto idee brillanti e successi, mentre vedo ora, invece, risorgere miracolosamente dalle ceneri ove siamo stati costretti a buttarle, tante idee e proposte che dal 2003 al 2008 avevamo lanciato....e vedo anche tanti cambiamenti bruschi di posizione a riguardo....a volte fatti con naturalezza e del tutto privi di motivazione...quasi come se chi li fa l'avesse sempre pensata così....è straordinario!)
12) l'avvocatura nel frattempo è stretta da una morsa sempre più forte, tra la crisi generale e la crisi propria....e non vede via d'uscita.... Taluni stanno cercando di affrontare questo periodo nero cambiando moduli organizzativi e tentando di percorrere nuove strade, reinventando e reinventandosi, altri, meno fortunati forse, non hanno intravisto vie da percorrere e, quel che è peggio, nessuno si è dato pena di indicargliele.
Insomma, questo breve bilancio per punti, estremamente sommario, mi fa capire che nessun gioco è fatto, che forse ci si vende la pelle dell'orso prima di averlo cacciato quanto all'art. 39 LP, ovvero si fanno i conti senza l'Oste (l'avvocatura che si vorrebbe rappresentare).
Mi fa capire poi che il ricambio della classe dirigente, ancorchè indispensabile e necessario, non viene affrontato come tema da chi oggi governa....che forse sarà ulteriormente prorogato.....Ciascuno di coloro che mi leggono potrà formarsi la propria opinione sui fatti che ho elencato....così non mi si dirà che voglio condizionare giovani e meno giovani menti......Al pessimismo della ragione ho sempre contrapposto l'ottimismo della volontà, miei cari, ma oggi è proprio dura!

Avv. Michelina Grillo

lunedì, luglio 14, 2014

Professionisti: se il credito è illiquido va scelto il foro del debitore.

Corte di cassazione – Sezione VI civile – Sentenza 10 luglio 2014 n. 15787.

Se non prefissato in una somma di denaro, il credito per prestazioni professionali è da considerarsi sempre «illiquido», con la conseguenza che in caso di inadempimento l'azione deve essere proposta nel foro del domicilio del debitore. 
Lo ha stabilito la Corte di cassazione, con la sentenza 15787/2014, respingendo il ricorso di un commercialista per una parcella relativa all'assistenza per due pratiche di finanziamento europeo fornita ad una srl abruzzese

domenica, luglio 13, 2014

Deontologia: Le sole (e mere) dichiarazioni dell’esponente non bastano a ritenere provato l’addebito.

“L’attività istruttoria espletata dal Consiglio territoriale deve ritenersi correttamente motivata allorquando la valutazione disciplinare sia avvenuta non già solo ed esclusivamente sulla base delle dichiarazioni dell’esponente o di altro soggetto portatore di un interesse personale nella vicenda, ma altresì dall’analisi delle risultanze documentali acquisite agli atti del procedimento, che rappresentano certamente criterio logico-giuridico inequivocabile a favore della completezza e definitività dell’istruttoria”.

Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Salazar, rel. Sica), sentenza del 18 marzo 2014, n. 25.

 NOTA: In senso conforme, tra le altre, Consiglio Nazionale Forense (Pres. f.f. Perfetti, Rel. Salazar), sentenza del 20 febbraio 2013, n. 3.

giovedì, luglio 10, 2014

PCT: Relata di notificazione e attestazione di conformità.

A seguito delle modifiche introdotte dal D.L. 90/2014, molti Colleghi mi hanno chiesto come procedere all'attestazione di conformità delle copie digitali di provvedimenti scaricati dai registri di cancelleria digitali.
Come ben sappiamo, infatti, per il rilascio di tali copie l'Avvocato non dovrà pagare alcunché alla Cancelleria e potrà provvedere alla notifica digitale in proprio del provvedimento.
Di seguito, quindi, riporto una bozza di relazione di notifica che include l'attestazione di conformità di cui sopra.
Preciso che tale formula è frutto di una elaborazione personale e quindi, in assenza di precise indicazioni normative sul testo dell'attestazione di conformità, deve essere intesa come mera indicazione di massima senza pretese di giustezza e/o completezza di alcun genere.
Ciascun Collega che deciderà di utilizzarla, quindi, lo farà - come è logico - a proprio rischio e pericolo e sotto propria responsabilità professionale.
RELAZIONE DI NOTIFICA TELEMATICA AI SENSI DELLA L. n. 53/1994
Io sottoscritto Avv. ................. (.............................), nell'interesse e quale difensore di ……………………….., in forza di procura alle liti posta in calce al ricorso per decreto ingiuntivo iscritto al n°… R.G. del Tribunale di ................ ho notificato, mediante posta elettronica certificata avente indirizzo mittente ..........................................., iscritta nel Registro Generale INDirizzi Elettronici – REGINDE, l'allegato ricorso per decreto ingiuntivo iscritto al n°… R.G. del Tribunale di ..........................ed il decreto ingiuntivo n°…………. del Tribunale di ..............................., nonché la citata procura alle liti (posta in calce al suddetto ricorso), il tutto alla ……………………… (P.I. ……………..), corrente in …………….., via ……………. n….., in persona del legale rappresentante pro tempore, mediante invio degli atti stessi al seguente indirizzo di posta elettronica certificata della predetta destinataria ……………………… reperito dal seguente pubblico elenco “INI-PEC: http://www.inipec.gov.it/cerca-pec”.
Si attesta, ad ogni effetto di Legge (art. 16bis comma 9bis del D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito in legge con modificazioni dalla L. 17 dicembre 2012, n. 221 e modificato dall’articolo 52 del decreto-legge n. 90 del 24 giugno 2014), che il ricorso per decreto ingiuntivo iscritto al n°… R.G. del Tribunale di ...................., la procura allegata allo stesso – ex art. 83 c.p.c. da considerarsi apposta in calce – nonché il decreto ingiuntivo n°…………. del Tribunale di ............... sono copie conformi ai rispettivi originale digitali provenienti ed estratti dai sistemi informatici di cancelleria.
La presente relazione di notifica è sottoscritta digitalmente dall’Avv. ................ del foro di ...............

Luca Sileni 
http://processociviletele.blogspot.it/

AIGA Salerno: festa d'estate 2014.

sabato, luglio 05, 2014

PCT: ISTANZA D’ESECUTORIETÀ DECRETO INGIUNTIVO.

Le Cancellerie dei Tribunali Civili stanno ricevendo richieste di esecutorietà in cui non vi è un atto principale contenente l’istanza di esecutorietà prevista dall’art. 647 c.p.c., ma solo la scansione del ricorso e del decreto notificato.
Si avverte che l’istanza di esecutorietà dei decreti ingiuntivi deve essere sí proposta in modalità telematica – rientrando tra gli atti ricompresi nel Libro IV, Titolo I, Capo I, come richiamato dall’art. 16 bis comma IV del DL 179/2012 – ma utilizzando la forma della “istanza generica”e il sottotipo “richiesta esecutorietà”. 
In questa istanza l’Avvocato dichiarerà, sotto la propria responsabilità, che non gli è stato notificato alcun atto di opposizione.
Considerato che il D.L. 90/2014 non ha modificato il comma 4 dell’art. 16 bis DL 179/2012, dal 30/6/2014, le istanze di esecutorietà vanno depositate telematicamente anche per i fascicoli monitori iscritti prima di tale data.

giovedì, luglio 03, 2014

OUA: la riforma della giustizia di fatto rinviata.

L'Organismo unitario dell'avvocatura (Oua) «critica l'interruzione del confronto con gli avvocati sulla complessiva riforma della giustizia e chiede un incontro urgente con il ministro Orlando, contestando allo stesso tempo la politica degli annunci culminata con la conferenza stampa di lunedì del premier Renzi».
Per Nicola Marino, presidente dell'Oua, «abbiamo assistito a un vero e proprio rinvio: Renzi è stato rimandato a settembre, ma è riuscito ugualmente a prendere le prime pagine dei giornali con la presentazione di 12 enunciazioni di principio, complessivamente condivisibili (alcune fortemente criticabili), in alcuni casi anche frutto del dialogo con l'avvocatura».
Sbagliato interrompere il dialogo
«Comprendiamo l'ingorgo legislativo e non pensiamo sia grave questo slittamento dei tempi ma - prosegue Marino - critichiamo l'interruzione del dialogo in corso, meno che sul tavolo del Pct, e la mancata, fino ad ora, comunicazione dei contenuti dei testi che verrannno approvati a settembre, ma che, a detta dello stesso Renzi, sono già pronti. Soprattutto sul civile. Non vorremmo che questi decreti venissero approvati senza l'ulteriore consultazione dell'avvocatura, come avvenuto con il recente provvedimento sulla riforma della pubblica amministrazione».
La «rivoluzione» è un processo complesso
«La rivoluzione non si fa con un indirizzo e-mail e neppure con un power point: è un processo complesso, che deve portare a cambiare radicalmente la nostra giustizia, garantendo efficienza senza penalizzare ulteriormente i cittadini, come avvenuto ancora una volta con l'ennesimo (in pochi anni oltre il 150% in più) aumento del contributo unificato sul processo civile telematico (che pagano i cittadini, vogliamo sottolineare). Allo stesso tempo, pur apprezzando ogni forma di coinvolgimento degli italiani nella soluzione dei problemi del Paese, facciamo fatica a comprendere come argomenti molto tecnici, come la riforma del processo penale e civile, possano passare per una consultazione online. Se poi emergesse che la proposta con più consenso è la controversa questione della responsabilità civile dei magistrati, che succede? Forse, sarebbe opportuno che il ministro Orlando riprendesse in mano le redini del dialogo, convocando le parti sociali», conclude Marino.

Processo telematico già in tilt, appena dopo il taglio del nastro!

Il sogno del processo telematico, dell’efficienza digitale, del grande balzo in avanti della giustizia è durato il tempo di uno sternuto.
Stamattina, a poche ore dallo strombazzato cambio di marcia, il sistema informatico del Tribunale Civile di Roma è andato in tilt.
Il più grande ufficio giudiziario d’Europa si è tramutato nell’epicentro di un terremoto tecnologico: un blocco del sistema informatico ha impedito completamente il deposito degli atti da parte di giudici ed avvocati, ha paralizzato l’intera attività di Cancelleria, non ha fatto salva la tanto decantata accettazione telematica che sostituiva la consegna manuale delle vecchie ed obsolete scartoffie.
La figura barbina, dopo i roboanti annunci di modernizzazione e dopo le marinare promesse delle liti chiuse entro un anno, non rasserena gli addetti ai lavori, visto e considerato che dal 30 giugno scorso è sancita l’obbligatorietà del processo civile telematico per le cause instaurate a partire da tale data. E tale condizione non è saltata fuori da uno dei tanti proclami pre o post elettorali, ma dall’articolo 16 bis del decreto legge 179 del 2012 convertito in legge n. 221 dello stesso anno.
Tutti quelli che si aspettavano fuochi d’artificio, e non di paglia, avevano letto con attenzione anche la recentissima circolare 91995 del 27 giugno 2014 del Dipartimento Affari di Giustizia del Ministero di via Arenula.
Sembrava tutto pronto, quasi chiacchiere e dichiarazioni per una volta tuonassero imperiose per una attendibilità cui il cittadino non è più abituato. Cosa è successo? Chi ha progettato il sistema probabilmente non ha preso bene le misure.
E non saranno certo mancati gli esperti, i consulenti, quelli che sanno ogni cosa, quelli che sono portati in palmo di mano per le loro inconfutabili competenze. Eppure, nonostante lavoro e soldi spesi, il sistema ha fatto cilecca.
I server e le reti di comunicazione, presumibilmente sottodimensionati o forse non sottoposti a test adeguati, sono crollati sotto il peso di un incremento esponenziale di depositi e comunicazioni telematiche marchiando a fuoco il destino del processo civile hi-tech.
Il dicastero, su cui già pesano le recenti vicende del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria portate alla luce da un magistrato coraggioso come Alfonso Sabella, adesso deve occuparsi di un’altra gatta da pelare.
La stabilità e l’affidabilità di una soluzione informatica così importante non possono non essere assicurate.
Se è vero come avrebbe detto il ministero (e hanno riportato i mezzi di informazione) che sono state investite “imponenti risorse umane e finanziarie”, lo schianto digitale non è secondo a quello di navi da crociera che nel mondo sono divenute sinonimo di incapacità e adesso è bene che si facciano i nomi dei “capitani” autori di questo “inchino” del bit.
E non si venga a raccontare qualche storia di hacker o banditi.
I pirati informatici hanno cose molto più serie da fare.

di Umberto Rapetto | 2 luglio 2014

tratto da: Il Fatto Quotidiano; Blog di Umberto Rapetto

martedì, luglio 01, 2014

IL P.O.S. IDEALE PER LO STUDIO LEGALE...........

Riforma della giustizia: i 12 punti di Orlando in Cdm.

Roma, 30 giu. (TMNews) - Riduzione dei tempi e dimezzamento dell'arretrato nella giustizia civile, riforma del Csm, falso in bilancio e autoriciclaggio contro la criminalità economica, accelerazione del processo penale e riforma della prescrizione, revisione delle intercettazioni bilanciando diritto all'informazione e tutela della privacy.
Sono alcuni dei dodici punti presentati dal ministro della Giustizia Andrea Orlando nel Consiglio dei ministri di oggi e che nei prossimi mesi saranno sottoposti a una consultazione.
Questo l'elenco dei 12 punti presentati e illustrati in conferenza stampa dal premier Matteo Renzi: 1) giustizia civile: riduzione dei tempi. Un anno in primo grado; 2) giustizia civile: dimezzamento dell'arretrato; 3) corsia preferenziale per le imprese e le famiglie; 4) Csm: più carriera per merito e non grazie alla 'appartenenza'; 5) Csm: chi giudica non nomina, chi nomina non giudica; 6) responsabilità civile dei magistrati sul modello europeo; 7) riforma del disciplinare della magistrature amministrative speciali (amministrativa e contabile); 8) norme contro la criminalità economica (falso in bilancio, autoriciclaggio); 9) accelerazione del processo penale e riforma della prescrizione; 10) intercettazioni (diritto all'informazione e tutela della privacy); 11) informatizzazione integrale del sistema giudiziario; 12) riqualificazione del personale amministrativo.