sabato, gennaio 31, 2015

Difesa d’ufficio rivista e corretta.

Difesa d’ufficio rivista e corretta. E si parte dalla riforma della soglia temporale. Saranno, infatti, necessari cinque anni, e non più due, di professione legale in campo penale per poter essere ammessi all’elenco dei difensori d’ufficio.
Diventa, inoltre, obbligatoria la frequenza di corsi di aggiornamento ad hoc con il superamento della relativa prova finale. In alternativa, i legali potranno accedere agli elenchi dopo aver conseguito il titolo di avvocato specialista.
Questa la versione definitiva del decreto legislativo per il riordino della difesa d’ufficio, approvata dal Consiglio dei ministri di ieri, che va ad aggiungere un altro tassello (dopo la pubblicazione dei decreti sui parametri per la liquidazione dei compensi e sulle modalità di elezione dei componenti dei consigli degli ordini circondariali forensi) per il completamento della riforma forense (legge 247/2012).
Il testo passa per la seconda volta da palazzo Chigi dopo il parere espresso dalle Commissioni giustizia di camera e senato alla metà di dicembre.
E se, da un lato non è passata la linea prospettata da Montecitorio volta ad abbassare la soglia temporale al di sotto dei cinque anni, dall’altro lato, invece, ha trovato conferma la necessità di frequentare corsi ad hoc per completare l’iscrizione agli elenchi.
I corsi di aggiornamento dovranno, infatti, essere di congrua durata e con un esame finale. Non solo. Il dlgs stabilisce, inoltre, che l’elenco dei difensori d’ufficio (avvocati nominati dallo stato per difendere l’imputato non ancora provvisto di difensore di fiducia) fino a oggi tenuto presso ciascun consiglio dell’ordine circondariale, dovrà essere unificato su base nazionale, attribuendo al Consiglio nazionale forense la competenza in ordine alle iscrizioni (previo parere del locale Consiglio dell’ordine a cui andrà presentata la domanda insieme alla documentazione necessaria) e al periodico aggiornamento.
Compito del Cnf, poi, anche quello di stabilire i criteri per la designazione del difensore d’ufficio sulla base della prossimità alla sede del procedimento e della reperibilità. Mansione oggi in mano ai Consigli dell’ordine.

Di Beatrice Migliorini
(Italia Oggi)

mercoledì, gennaio 28, 2015

Maltrattamenti in famiglia e "ne bis in idem".

RICEVIAMO DALL'AUTRICE E VOLENTIERI PUBBLICHIAMO
Nota a Cassazione Penale, Sez. VI, 10 dicembre 2014 n. 51212 di Fabiana Belardi
La Cassazione affrontando il caso di maltrattamenti in famiglia, si trova a dover prendere una posizione profonda sul tema dai risvolti civilistici e penalistici. Nel caso specifico, una donna e il figlio sono vittime di maltrattamenti abituali da parte del convivente.
All’uomo vengono contestate in appello le condotte lesive punite nei delitti contro la famiglia e la persona, condannandolo per reato continuato ex art. 572 (Maltrattamenti contro familiari e conviventi),582 (Lesione personale), 585,576, 612 (Minaccia) c.p.
Alla condanna, il convivente ricorre anche per il ne bis in idem, essendo già stato assolto per gli stessi fatti in precedenza; contesta, inoltre, la continuazione, affermando l’esistenza di soli due atti violenti senza una volontà unitaria abituale di prostrazione delle vittime.
Il codice penale disciplina il reato di maltrattamenti familiari all’art. 572 e partendo da esso, il decisum si muove seguendo un iter particolare.
Per la natura abituale del reato di maltrattamenti in famiglia, il comportamento criminoso viene valutato nei suoi effetti e nel modus operandi del reo, essendo a condotta plurima, caratterizzato dalla reiterazione nel tempo di più condotte identiche e omogenee lesive.
Fondamentale è, allora, l’acquisizione nella valutazione di atti precedenti che siano dimostrativi della condotta lesiva retroattiva, per la configurabilità della fattispecie, anche se già oggetto di sentenza irrevocabile di assoluzione.
Crollando il ne bis in idem, il percorso degli ermellini evidenzia l’importanza data alle azioni anche precedenti, nella valutazione dell’aspetto storico degli eventi e della gravità delle condotte illecite con elementi simili, identici e connotati da continuità.
Infatti, come già disposto più volte in materia, la Corte rimarca che ex art. 649 c.p.p. sussiste il divieto di un secondo giudizio qualora vi sia una corrispondente uguaglianza storico-naturalistica del fatto di reato nei suoi elementi costitutivi di condotta, evento e nesso causale, nonché in merito alle circostanze di tempo, luogo e persona.
Considerando l’assoluzione nel caso di reato abituale come assoluzione con riserva, come da autorevole dottrina, la Corte elabora un principio importante, per cui la condizione che ha portato alla dichiarazione giudiziale di non punibilità viene meno qualora vi siano azioni che valutate insieme alle precedenti siano retroattivamente rilevanti giuridicamente per la configurazione della fattispecie in esame.
Pertanto, il ricorrente vede rigettato il ricorso, essendo le sue condotte reiterate, in continuità esecutive, di sopraffazione, costanti e sorrette dalla volizione di soggezione psicologica e sofferenza della persona di famiglia.
Fabiana Belardi

lunedì, gennaio 26, 2015

TAR LAZIO, PER AVVIO MEDIAZIONE NON SONO DOVUTE SPESE: ANNULLATE PARTI DECRETO MINISTERIALE DEL 2010.

(ANSA) - ROMA, 26 GEN - SONO ANNULLATE LE PARTI DEL DECRETO LEGISLATIVO DEL MARZO 2010 IN MATERIA DI MEDIAZIONE E DI CONCILIAZIONE IN AMBITO CIVILE E COMMERCIALE NELLA PARTE IN CUI VENGONO PREVISTE DELLE SPESE DI AVVIO DEI PROCEDIMENTO E SI STABILISCE IL POSSESSO DI UNA SPECIFICA FORMAZIONE E AGGIORNAMENTO BIENNALE PER I MEDIATORI.
LO HA DECISO IL TAR DEL LAZIO ACCOGLIENDO PARZIALMENTE UN RICORSO PROPOSTO DALL'UNIONE NAZIONALE DELLE CAMERE CIVILI DI PARMA. L'ASSOCIAZIONE, COSTITUITA DA AVVOCATI CIVILISTI, AVEVA IMPUGNATO IL DECRETO CON IL QUALE IL MINISTRO DELLA GIUSTIZIA, DI CONCERTO CON IL MINISTRO DELLO SVILUPPO ECONOMICO, HA REGOLAMENTATO LA DETERMINAZIONE DEI CRITERI E DELLE MODALITÀ DI ISCRIZIONE E TENUTA DEL REGISTRO DEGLI ORGANISMI DI MEDIAZIONE E DELL'ELENCO DEI FORMATORI PER LA MEDIAZIONE, NONCHÉ APPROVATO LE INDENNITÀ SPETTANTI AGLI ORGANISMI. IL TAR HA ANNULLATO LA PARTE DEL DECRETO CHE HA STABILITO CHE PER LE SPESE DI AVVIO DELL'AZIONE È DOVUTO DA CIASCUNA PARTE, PER LO SVOLGIMENTO DEL PRIMO INCONTRO E PRIMA DEL SUO INIZIO, UN IMPORTO DI 40 EURO PER LE LITI DI VALORE FINO A 250MILA EURO E DI 80 EURO PER QUELLE DI VALORE SUPERIORE (IMPORTO DOVUTO ANCHE IN CASO DI MANCATO ACCORDO). PER I GIUDICI, "È EVIDENTE" CHE QUESTE DISPOSIZIONI REGOLAMENTARI "SI PONGONO IN CONTRASTO CON LA GRATUITÀ DEL PRIMO INCONTRO DEL PROCEDIMENTO DI CONCILIAZIONE, PREVISTO DALLA LEGGE LADDOVE LE PARTI NON DICHIARINO LA LORO DISPONIBILITÀ AD ADERIRE AL TENTATIVO".
CON RIFERIMENTO POI ALLA NORMA CHE PREVEDE IL POSSESSO, DA PARTE DEI MEDIATORI, DI UNA SPECIFICA FORMAZIONE E DI UNO SPECIFICO AGGIORNAMENTO ALMENO BIENNALE, NONCHÉ LA PARTECIPAZIONE NEL BIENNIO DI AGGIORNAMENTO AD ALMENO VENTI CASI DI MEDIAZIONE SVOLTI PRESSO ORGANISMI ISCRITTI, I GIUDICI HANNO RITENUTO CHE QUESTA "SI PROFILA PALESEMENTE IN CONTRASTO CON LE NUOVE DISPOSIZIONI, NELLA MISURA IN CUI È SUSCETTIBILE DI ESSERE APPLICATA IN VIA GENERALE, OVVERO ANCHE NEI CONFRONTI DEGLI AVVOCATI ISCRITTI ALL'ALBO, CHE LA LEGGE DICHIARA MEDIATORI DI DIRITTO, E LA CUI FORMAZIONE IN MATERIA DI MEDIAZIONE VIENE REGOLATA CON PRECIPUE DISPOSIZIONI". (ANSA).

Presidente Corte d'Appello di Salerno: «Tagli e soppressioni, Distretto traumatizzato dalla riforma».

Criticità e disservizi dell'amministrazione giudiziaria al centro della cerimonia di inaugurazione dell'anno giudiziario. «Il nostro Distretto viene fuori dalla riforma della "geografia giudiziaria «in maniera traumatica».
A dirlo Matteo Casale, presidente della Corte di Appello di Salerno nel corso dell'inaugurazione dell'anno giudiziario.
«Il nostro distretto ha subìto - spiega - la decurtazione del territorio dell'ex tribunale di Sala Consilina in favore di quello di Lagonegro e, quindi, del distretto di Potenza e quindi ancora da una regione a un'altra. Sono state soppresse tutte le sezioni distaccate che sussistevano nel territorio distrettuale, e, mente Sapri seguiva le sorti del tribunale di Sala Consilina, quelle del tribunale di Salerno subivano una scissione: tre (Eboli, Montecorvino Rovella e Amalfi) venivano accorpate al tribunale di Salerno, due (Cava de' Tirreni e Mercato San Severino) accorpate a quello di Nocera Inferiore. Entrambi gli effetti della riforma - rimarca Casale - hanno comportato problematiche infinite dal momento che non erano stati predisposti rimedi che li potessero evitare».
Uno dei problemi più sentiti, secondo Casale, riguarda «il problema dell'organico dei magistrati e quello del personale amministrativo-giudiziario. Quanto all'organico dei magistrati, devo dire, con riferimento alla Corte di Appello di Salerno, che la coperta è ormai corta e che l'Ufficio ha bisogno almeno di altri tre consiglieri, uno per ciascun settore. Inoltre, è davvero grave che ad un anno di distanza, non si sia ancora provveduto alla copertura del posto vacante di Presidente della Corte di Assise di Appello, nonostante la relativa vacanza sia stata pubblicata nel marzo 2014».
In sintesi, «il dato complessivo e' comunque quello di un apparato in perenne affanno, con tempi di definizione dei procedimenti quasi sempre in aumento, per effetto di una serie di concause intimamente collegate tra loro, con risultati sempre più perversi. Mi auguro - conclude Casale - che ci sia una sempre maggiore attenzione ai problemi riguardanti il personale, in quanto le carenze attuali intaccano l'efficiente esercizio della giurisdizione».

sabato, gennaio 24, 2015

Scelta dell’Avvocato: gli errori da evitare.

1) Mi serve un avvocato bastardo, così distruggo l’avversario. 
Sfatiamo un mito, amici miei. Gli avvocati “bastardi” di solito lo sono sempre, non solo quando fa piacere a voi. In altre parole sono innanzi tutto “bastardi dentro”. Se non hanno scrupoli con l’avversario state tranquilli che non ne avranno nemmeno con voi, ed anzi, è molto probabile che proprio voi sarete le loro prime, spesso uniche, vittime.
Dovete sapere infatti che di solito tali colleghi “ringhianti” sono ben conosciuti nell’ambiente, sia dagli altri avvocati che dai giudici, e per questo ampiamente disistimati ed ostacolati. Raramente riescono a sortire risultati positivi. Tranne che a loro favore, naturalmente, facendosi pagare fior di parcelle.
2) Mi occorre un avvocato bravo, quindi vado dal migliore. 
Ahimé, dovete sapere che “l’avvocato migliore” è una proiezione del nostro desiderio di assistenza. Come tale, però, è solo una illusione. Esistono i grandi studi “di moda", è vero, ma di solito sono tali perché si fanno pagare moltissimo, soprattutto per l’immagine e la struttura. Se vi rivolgete ad uno di questi, è molto probabile che l’incarico sia preso dal suo notissimo titolare (che poi vi presenterà una parcella adeguata al suo nome), ma che il lavoro venga effettivamente svolto da uno dei più giovani di studio.
Perciò, meglio è informarsi fra parenti ed amici per individuare un professionista onesto e diligente, di cui si abbia già avuta esperienza e di cui si siano già verificate queste due doti essenziali e decisive. Poi, nel colloquio che avrete con lui, sentirete “a pelle” se potrete fidarvi o meno. Di regola, ciò basterà ampiamente a farvi ottenere ragione, se l’avete.
3) In fondo se ho ragione vincerò comunque, quindi non mi serve un avvocato di fiducia, mi basta quello che si fa pagare di meno. 
Magari fosse così semplice! Partiamo da un dato di fatto: nessuno lavora gratis. Nè voi, nè l’avvocato. Quindi, se lo pagate poco è perché… lavora poco. La strada opportuna è invece quella che vi fa pagare il giusto in relazione alla qualità dell’impegno che ottenete. E qui affrontiamo il secondo punto: non è detto che “aver ragione” vi consenta di ottenere per ciò solo un giudice che ve la riconosca.
La verità processuale molto spesso è diversa da quella reale, ed è necessaria una grande collaborazione fra voi ed il vostro legale di fiducia affinché le due verità possano combaciare. Quello che conta davvero in un legale, e che fa la differenza, è l’esperienza, la capacità strategica di saper utilizzare gli strumenti normativi più adatti e tanto, tanto buon senso.
Se riuscirete a trovare un avvocato così (ce ne sono, credetemi) sarete sulla buona strada per ottenere risultati accettabili. Ricordate però che pretendere onestà va bene se sarete voi i primi a garantirla, sia nelle informazioni che fornirete che nella ricompensa che riconoscerete.

venerdì, gennaio 23, 2015

Le Sezioni Unite Civili indicano i limiti attuali del ricorso di legittimità.

Cassazione Civile, Sezioni Unite, Sentenza n. 471 del 14/01/2015 
“La riformulazione dell’art. 360, n. 5), cod. proc. civ., disposta con l’art. 54, d.i. 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modificazioni, dalla L. 7 agosto 2012, n. 134, secondo cui è deducibile esclusivamente l’«omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti», deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 disp. prel. cod. civ., come riduzione al minimo costituzionale del sindacato sulla motivazione in sede di giudizio di legittimità, per cui l’anomalia motivazionale denunciabile in sede di legittimità è solo quella che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante e attiene all’esistenza della motivazione in sé, come risulta dal testo della sentenza e prescindendo dal confronto con le risultanze processuali, e si esaurisce, con esclusione di alcuna rilevanza del difetto di “sufficienza”, nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili”, nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”.
 “Il nuovo testo del n. 5) dell’art. 360 cod. proc. civ. introduce nell’ordinamento un vizio specifico che concerne l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che se esaminato avrebbe determinato un esito diverso della controversia)”.
 “L’omesso esame di elementi istruttori non integra di per sé vizio di omesso esame di un fatto decisivo, se il fatto storico rilevante in causa sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, benché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie”.
“La parte ricorrente dovrà indicare – nel rigoroso rispetto delle previsioni di cui agli artt. 366, primo comma, n. 6), cod. proc. civ. e 369, secondo comma, n. 4), cod. proc. civ. – il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui ne risulti l’esistenza, il “come” e il “quando” (nel quadro processuale) tale fatto sia stato oggetto di discussione tra le parti, e la “decisività” del fatto stesso”.

Giustizia: Santacroce, durata processi non più tollerabile e ingiustificabile.

L'eccessiva durata dei processi "è ingiustificabile" e "non più tollerabile". Lo denuncia ancora una volta Giorgio Santacroce, primo presidente della Cassazione, nella relazione con cui apre l'Anno giudiziario presso piazza Cavour. Santacroce fotografa un pianeta giustizia fatto di "luci" e "ombre" e ricorda che per migliorare le cose "non sono sufficienti riforme a costo zero, essendo invece necessari investimenti in risorse umane e strumentali".
Dice Santacroce che "non si possono ottenere risultati migliori senza investimenti". Solo "a titolo di esempio" il primo presidente di piazza Cavour ricorda che "la scopertura dei magistrati di Cassazione è di quasi il 22% ed è del 25% quella del personale amministrativo".
Sono "quattro milioni i processi definiti in un anno e il numero è tendenzialmente superiore alle sopravvenienze".
Una giustizia 'lumaca', dunque. Santacroce, nella relazione, ricorda che "non si tratta di garantire la ragionevole durata dei processi tagliando sul terreno delle impugnazioni. L'appello è un istituto che risponde a una esigenza imprescindibile, che è quella di correggere, ove necessario, l'errore del primo giudice. Eliminare l'appello vorrebbe dire perdere una fetta importante di garanzia. Ciò non toglie che il giudizio si appello di possa strutturare in modo diverso, superando la mera interpolazione della legislazione vigente".
Santacroce dice poi che per quel che riguarda la Cassazione, "l'aspirazione resta quella di assicurare l'uniformità della giurisprudenza, e con essa la certezza del diritto e la prevedibilità delle decisioni future. E' necessaria un'energica cura dimagrante".

INAUGURAZIONE ANNO GIUDIZIARIO, L’OUA LANCIA UN ALLARME: NELLA GIUSTIZIA SEMPRE MENO TUTELE PER LE FASCE PIÙ DEBOLI DEL PAESE.

A margine della cerimonia di inaugurazione dell’Anno Giudiziario, presso la Suprema Corte di Cassazione, Mirella Casiello, presidente dell’Organismo Unitario dell’Avvocatura – O.U.A. –, sentito l’intervento del Ministro Orlando, ha lanciato un grido di allarme a difesa dell’accesso alla giustizia delle fasce più deboli del Paese: «Il patrocinio a spese dello stato – denuncia – è sempre più depotenziato: un errore e un’ingiustizia! Questo strumento in questi anni è stato fondamentale nella difesa dei cittadini meno abbienti. Chiediamo al Ministro Orlando che si inverta la rotta, servono nuove politiche che rilancino questo sistema di tutele e che valorizzino gli avvocati che prestano la loro attività in questo ambito, riconoscendogli compensi equi e dignitosi in tempi rapidi e certi. È una scelta di buonsenso e di civiltà».
Infine il presidente dell’Oua, alla fine della cerimonia, ha sottolineato anche «l’importanza dei continui e ripetuti riconoscimenti al ruolo costituzionale degli avvocati, protagonisti insieme ai magistrati della giurisdizione, come testimoniano tutti gli interventi di oggi, compreso quello del Guardasigilli e delle massime autorità della magistratura. Un passo in avanti dopo anni di ostracismo nei confronti dell’avvocatura».
Roma, 23 gennaio 2015

martedì, gennaio 20, 2015

Armi spuntate sui mini-reati.

Vittime dei mini-reati con armi spuntate. Non possono bloccare l’assoluzione se il fatto è tenue ed è stato commesso con una azione non abituale. Al massimo il danneggiato può essere ascoltato, ma non ha il diritto di veto.
Questo, tra l’altro, equivale a rendere inefficace il diritto di querela. È l’effetto del decreto legislativo di depenalizzazione dei reati giudicati di scarsa portata offensiva, licenziato in prima lettura dal governo, in attuazione della legge delega 67/2014, e attualmente al vaglio delle commissioni parlamentari.
Il provvedimento rischia, dunque, di lasciare delusa, sulla porta del tribunale penale, la persona offesa dai reati puniti con pena pecuniaria sola o congiunta con pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni. Sulla carta la vittima potrà chiedere il risarcimento del danno con un separato processo civile, ma solo sulla carta.
Anche per le controversie civili di piccolo importo (come prevedibilmente è un risarcimento del danno da mini-reato) le ultime riforme vanno nella direzione di disincentivare il ricorso alla giustizia civile.
Il risultato è che la vittima di un mini-reato non può pretendere dallo stato che il processo penale arrivi a sentenza ed è scoraggiato dal proporre una causa civile. Si rischia, dunque, che chi commette un reato tenue non venga condannato e non risarcisca la persona offesa. Illustriamo la questione, prendendo l’esempio della vittima di una piccola truffa e vedendo che cosa capiterà con il decreto legislativo in commento, una volta che sarà definitivo e vigente. La vittima propone una querela e chiede la punizione del colpevole.
Il pubblico ministero fa le indagini e si convince che l’offesa è di particolare tenuità e che il comportamento del responsabile non è abituale.
Attenzione, perché le maglie sono molto larghe. Il fatto ha una portata offensiva bassa, ma non nulla: offende, ma poco: entro la soglia del massimo della pena, pm e giudici hanno grosso spazio di manovra.
Inoltre, spiega la relazione al dlgs, può fruire del beneficio anche chi ha precedenti, perché si parla di «condotta» non abituale e non di «reato» abituale: quindi, la condotta potrebbe essere non abituale anche se il reato è abituale; e si noti che il reato è abituale è quello commesso dal delinquente «dedito al delitto»; ne deriva che il soggetto dedito al delitto potrebbe tenere una condotta non abituale: è evidente che la discrezionalità del giudice sarà molto ampia nel districarsi tra concetti che sembrano molto simili, se non identici.
 In ogni caso, il pm, che ha valutato la tenuità del fatto, chiede l’archiviazione al gip.
La persona offesa, per venire a sapere della richiesta di archiviazione, deve averlo chiesto espressamente nella querela. Quindi se non lo ha chiesto, può essere che il gip archivi all’insaputa della vittima.
Se, invece, la persona offesa ha chiesto di essere avvisata della richiesta di archiviazione, allora, ha la possibilità di presentare opposizione. Ma deve farlo di corsa entro 10 giorni, altrimenti decade. Mettiamo che ci sia stata l’opposizione, viene da chiedersi quanto conta la resistenza della persona offesa.
Conta poco, perché, come spiega la relazione di accompagnamento allo schema di dlgs, la persona offesa non ha «potere di veto». Sul punto il governo si difende dicendo che la legge delega non lo ha previsto e che doveva attenersi a quanto indicato nella legge delega stessa.
Sta di fatto che il gip può archiviare, anche se la persona offesa non è d’accordo. E se non lo fa il gip, il responsabile potrà essere dichiarato non punibile anche dopo, con sentenza in ogni stato e grado del processo.
Questo, tra l’altro, significa che la querela presentata non ha, in concreto, più effetto. Non conta la percezione dell’offesa da parte della vittima, conta la valutazione del grado di offesa da parte del magistrato.
Dell’arretramento della tutela si accorge anche la relazione al dlgs che ammette la possibilità «del sacrificio delle ragioni della persona offesa che ben potrebbe essere una piccola e media impresa». Ma, aggiunge, niente di compromesso, perché è sempre possibile chiedere il risarcimento del danno in sede civile.
Ma, attenzione, qui subentrano valutazioni di convenienza: il costo delle liti di importo piccolo, per cui si è verificata una lievitazione del costo del contributo unificato e delle spese (da ultimo la legge di stabilità per il 2015 ha disposto che si pagano le spese di notifica anche per le cause fino a 1.033,00 euro).
 In ogni caso davanti al giudice civile, il responsabile utilizzerà la valutazione penale di particolare tenuità del fatto per abbassare il più possibile l’ammontare del danno.
Questo a maggior ragione se la non punibilità sarà dichiarata con sentenza: quella definitiva sarà vincolante anche nel processo civile eventualmente attivato separatamente.
E lo sarà nel senso che sarà incontestabile che il fatto è di particolare tenuità.
Con l’eventualità, quindi, che la valutazione penale finirà per rendere anti economica anche la causa civile per danni.

Antonio Ciccia (Italia Oggi)

venerdì, gennaio 16, 2015

AIGA: ELEZIONI NEI CONSIGLI DEGLI ORDINI, NO ALLA SOSPENSIVA, «IL TAR CONDANNA LA DEMOCRAZIA E IL RICAMBIO GENERAZIONALE».

(Roma, 16/01/2015) Il Tribunale amministrativo del Lazio ha respinto ieri la richiesta di sospensione degli effetti del nuovo regolamento per le elezioni dei Consigli degli Ordini degli Avvocati di tutta Italia.
Di seguito il duro commento della presidente dell'Associazione Italiana Giovani Avvocati Nicoletta Giorgi.
«Il Tar del Lazio ha deciso che non vi sono i presupposti per sospendere l'efficacia del regolamento per l'elezione dei COA, anche in contrasto con quanto deciso solo qualche giorno fa in vista dell'udienza del 14. Infatti dopo aver provveduto alla sospensione cautelare, determinando anche i COA più restii a rinviare le elezioni già indette, il tribunale amministrativo lascia la valutazione della mancata tutela delle minoranze a un giudizio ex post, come se per capire se una sostanza è velenosa debba prima essere ingerita: se sopravvivi, bene, altrimenti sarai morto per la scienza.
Il Tar infatti suggerisce di vedere quante liste verranno presentate e quanti voti di lista verranno espressi. Facile oggi non poter replicare visto che la sospensione dell'efficacia del regolamento ha bloccato o rinviato le elezioni e quindi anche la data di presentazione delle candidature individuali e e di lista.
Un caso? Insomma, sappiamo che non vi sarà circondario senza lista, come già è stato constatato prima del provvedimento sospensivo, ma il Tar si è voltato dall'altra parte nell'ipocrisia della forma dato che la sostanza avrebbe richiesto ben altre decisioni.
Il Tar quindi condanna la democrazia, il ricambio generazionale, il confronto tra diversi portatori di interessi a non essere garantiti all'interno di quello che dovrebbe costituire l'organo rappresentativo delle istanze dell'Avvocatura locale.
Si, perché che questo regolamento con la previsione del voto di lista sia un amaro veleno è evidente a tutti. Dispiace che ci si nasconda dietro la tutela dell'equilibrio di genere per garantire che pochi soggetti forti continuino a governare i consigli degli ordini, annullando il dibattito.
Un bel cavallo di Troia per portare avanti gli interessi di chi, contando su un certo elettorato, vuole predeterminare la composizione della propria squadra: chi non è d'accordo è fuori.
Questo è forse il passaggio peggiore: farsi scudo della presenza del genere meno rappresentato, delle donne quindi, non è di certo il miglior modo per applicare la Costituzione e il suo articolo 51.
Si deve assistere così impotenti alla manipolazione di un risultato ottenuto dopo anni in cui migliaia di donne si sono spese per l'equiparazione dei generi nel mondo del lavoro, nelle professioni, nella politica e in tutti quegli ambiti decisionali che contribuiscono alla sviluppo della società.
Infatti, come AIGA ha già più volte ribadito, la lista completa con la tutela del genere (2/3,1/3) è la condanna del genere femminile a costituire la minoranza del COA e di rischiare di essere scelto solo a completamento di una lista.
E che ciò accada all'interno dell'avvocatura , e che una parte di essa lo voglia, è il segnale che si devono rivedere le priorità della nostra categoria professionale».

PERIFANO (ANF): TAR SALVA IL REGOLAMENTO ELETTORALE MA RISCHIO ILLEGITTIMITA’ RIMANE.

“Approfondiremo con attenzione l'ordinanza del Tar, ma non possiamo escludere di appellare al Consiglio di Stato. Stiamo conducendo una battaglia di democrazia e di civilta', per l'affermazione di un principio sacrosanto contenuto nella legge che, in quanto tale, non puo' essere sacrificato ad altri, ma con gli altri deve essere contemperato”.
Lo dichiara il segretario generale dell’Associazione Nazionale Forense, commentando la decisione del Tribunale amministrativo del Lazio, che nella udienza di ieri ha respinto la richiesta di sospensiva del regolamento per la elezione dei Consigli degli Ordini degli Avvocati di tutta Italia.
“L'ordinanza con la quale il TAR rigetta la sospensiva, seppure diligentemente motivata, sembra, a prima vista, non centrare esattamente le questioni, ragion per cui - continua Perifano - pur auspicando una rapida soluzione della questione, non possiamo accantonare a cuor leggero l'idea di elezioni libere e consapevoli. Lo stesso TAR, d’altronde, ritiene necessario che la valutazione del vulnus relativo alle minoranze debba formare oggetto di esame solo a risultato acquisito”.
“Il rischio di altro contenzioso, dunque, rimane alto” conclude Perifano.

domenica, gennaio 11, 2015

Divorzio: storia di un padre separato………

L’intervista e racconto “Storia di una madre separata” di Eretica di qualche giorno fa è una realtà. Ma esiste pure un’altra verità.
Perché spesso la verità è assai più ampia e crudele di quanto si possa immaginare.
Intervistiamo allora un padre separato, rientrante nella media tra le migliaia e migliaia di casi che coinvolgono anche l’universo maschile e l’altrettanto fondamentale (inteso come diritto inviolabile) diritto genitoriale, quello paterno.
Infatti maternità e paternità hanno funzioni complementari diverse ma altrettanto fondamentali nella crescita di un individuo dallo stato larvale a quello di farfalla.
Come ti chiami? 
Paolo.
Quanti anni hai? 
43.
Sei sposato? 
Sì e separato da circa un anno.
Hai figli? 
Sì, 2, una splendida bimba di 9 anni e un bel maschietto vivace di 7.
Dove vivi e dove vivono i tuoi figli? 
A Milano io, a Milano loro ma con la mamma, ma ora distanti.
Come mai ti sei separato? 
Per incompatibilità caratteriale, emersa negli ultimi anni ma esplosa dopo un episodio (lei ha letto alcuni messaggi equivoci che ho ricevuto da una donna). Litigi, incomunicabilità e Incompatibilità certo accentuate dalla grave crisi economica (sono stato in cassa integrazione per un lungo periodo).
Vivete dunque in case diverse? 
Sì, necessariamente perché quando lei ha scoperto il messaggio equivoco, dopo avermi fatto una immensa scenata mi ha poi lanciato gli oggetti personali fuori dalla finestra ed ha immediatamente cambiato la serratura di casa. Pensi che non ho più recuperato un mio oggetto personale, tra cui qualche oggetto di valore, il computer e oggetti affettivi!
Mi sono dovuto quindi trovare subito una casa alternativa. Dapprima ho alloggiato dai miei genitori ed ho dormito per qualche mese sul divano, poi dopo che lei si è rivolta al tribunale ed ha ottenuto l’omologa, ha avuto la collocazione dei figli (nonostante io avessi un bel rapporto con loro e li abbia seguito sin dalla nascita dedicandomi alla loro cura, insieme alla mamma) e l’assegnazione della casa per la quale paghiamo un mutuo ancora decennale (dieci anni li abbiamo già pagati) di € 800 al mese. Dopo l’omologa, non potendo più stare dai miei genitori (la casa non è sufficientemente confortevole e ampia per tutti) ho dovuto necessariamente affittare un piccolo alloggio in condivisione con un amico, per il quale pago ogni mese € 300, oltre alle utenze a metà.
E’ stata una separazione giudiziale o consensuale? 
Mia moglie ha iniziato con un ricorso giudiziale e mi sono dovuto adeguare alle sue pretese perché mi ha giurato che diversamente non mi avrebbe fatto vedere più i figli! Purtroppo ho un amico separato che non vede il figlio da oltre un anno perché lei si è trasferita da Milano in Sicilia e fa di tutto per non farglielo incontrare.
Ed ho letto di tantissimi altri casi uguali. Ero dunque terrorizzato di perdere il rapporto con i figli o di dover subire l’intromissione dei Servizi Sociali in tale bel rapporto.
Quanto guadagni ora? 
Ho uno stipendio di circa € 1.500 netti al mese. Quanto versi per i figli? Il tribunale, come richiesto da lei, ha stabilito € 700 complessivi al mese oltre alle spese straordinarie al 50% ed ha confermato a mio carico la metà della rata di mutuo. Come già detto pago € 400 circa per il mutuo per la casa in cui vive lei con i figli.
Dovendo pagare (da 6 mesi) anche € 300 al mese per l’affitto del mio alloggio condiviso, necessario per me per condurre una vita decente e soprattutto per incontrare i miei figli e poter dormire ogni tanto con loro, come può capire mi rimangono circa € 100 al mese per mantenermi in vita (cibo, trasporti etc.) e soddisfare le esigenze dei figli quando stanno con me.
Come fai a vivere con € 100 al mese? 
E’ ovviamente impossibile! dunque arrotondo facendo lavori in nero (imbiancatura, piccole riparazioni, dog sitter, lavapiatti la sera ed altro) perché mi sono indispensabili per mantenermi dignitosamente e garantire il minimo rapporto con i bimbi. Avevo qualche migliaia di euro di risparmi da parte ma li ho praticamente già esauriti.
Le condizioni della separazione per i figli quali sono? 
Ho dovuto accettare di vederli a week end alternati, nonostante viva io a 2 km da loro, di averli 3 settimane piene nelle vacanze estive, e alternativamente per le vacanze natalizie e pasquali!
Mi chiedo dove sia l’affidamento condiviso in tutto ciò quando posso passare con loro solo 70 giorni all’anno su 365!
Com’è il rapporto con loro? 
Potrebbe essere migliore: quando li prendo (perché varie volte lei mi ha avvisato che erano ammalati o indisposti) son sempre rigidi, vestiti da straccioni e parlando con loro con calma ho la sensazione che – qualcuno in famiglia (la madre sta frequentando un altro uomo che spesso dorme nella “nostra” casa!), penso alla suocera in particolare ma alla stessa madre – parli sempre male di me!
E’ felice? 
Dopo un periodo devastante sto solo cercando di recuperare me stesso e di non finire alla Caritas.

di Marcello Adriano Mazzola | 11 gennaio 2015

Nuove regole per l’assistenza, varate dalla Cassa Forense.

Con uno stanziamento annuo di 60 milioni di euro, la Cassa nazionale di previdenza forense, ha avviato il Nuovo Regolamento per l'assistenza: si tratta di un ventaglio di interventi per gli avvocati che riguarderà tanto prestazioni «in stato di bisogno», quanto misure per sostenere famiglia, salute e professione.
Ad approvarlo il Comitato dei delegati dell'Ente pensionistico presieduto da Nunzio Luciano, che considera il provvedimento «il più importante passo verso un nuovo paradigma di welfare forense». Quanto varato, forte di un incremento di risorse da 20 a 60 milioni, costituisce, afferma Luciano, «lo strumento operativo attraverso il quale si verrà incontro alle esigenze» dei legali italiani la cui più recente stima, a quanto verificato dall'agenzia Ansa, è di circa 210mila, in considerazione del consistente afflusso di iscrizioni dei mesi scorsi, diretta conseguenza dell'obbligo di figurare negli elenchi degli Albi e della Cassa indipendentemente dal reddito conseguito, imposto dalla riforma dell'ordinamento professionale forense (legge 247 del 2012).