lunedì, settembre 30, 2019

Il vizio di “motivazione meramente apparente” della sentenza.



Cassazione Civile Sez. 2 - Ord. Num. 24183/2019 Presidente: GORJAN -Relatore: SAN GIORGIO - Data pubblicazione: 27/09/2019.

Va premesso che l'art. 118 disp.att.c.p.c. - nel testo risultante dalla modifica di cui all'art. 52, comma 5, della legge 18 giugno 2009, n. 69 -   dispone che la  motivazione della sentenza di cui all'art. 132, secondo comma, n. 4, c.p.c. consiste nella succinta esposizione dei fatti rilevanti della causa e delle ragioni giuridiche della decisione, anche con riferimento a precedenti conformi.
Il vizio di motivazione meramente apparente della sentenza ricorre allorquando il giudice, in violazione di un preciso obbligo di legge, costituzionalmente imposto (Cost., art. Ili, sesto comma), e cioè dell’art. 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., omette di esporre concisamente i motivi in fatto e diritto della decisione, di specificare o illustrare le ragioni e l’iter logico seguito per pervenire alla decisione assunta, e cioè di chiarire su quali prove abbia fondato il proprio convincimento e sulla base di quali argomentazioni sia pervenuto alla propria determinazione, in tal modo consentendo anche di verificare se abbia effettivamente giudicato iuxta alligata et probata.
L’obbligo del giudice «di specificare le ragioni del suo convincimento», quale «elemento essenziale di ogni decisione di carattere giurisdizionale» e affermazione che ha origini lontane nella giurisprudenza di questa Corte e precisamente nella sentenza delle Sezioni Unite n. 1093 del 1947, in cui la Corte precisò che
l'omissione di qualsiasi motivazione in fatto e in diritto costituisce una violazione di legge di particolare gravità e che «le decisioni di carattere giurisdizionale senza motivazione alcuna sono da considerarsi come non esistenti» (in termini, Cass. n. 2876 del 2017; v. anche Cass., Sez. U., n. 16599 e n. 22232 del 2016 e n. 7667 del 2017, nonché la giurisprudenza ivi richiamata).
Alla stregua di tali principi la sanzione di nullità colpisce non solo le sentenze che siano del tutto prive di motivazione dal punto di vista grafico (che sembra potersi ritenere mera ipotesi di scuola) o quelle che presentano un «contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili» e che presentano una «motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile» (cfr. Cass. S.U. n. 8053 del 2014; conf. Cass. n. 21257 del 2014), ma anche quelle che contengono una motivazione meramente apparente, del tutto equiparabile alla prima più grave forma di vizio, perché, dietro la parvenza di una giustificazione della decisione assunta, la motivazione addotta dal giudice è tale da non consentire «di comprendere le ragioni e, quindi, le basi della sua genesi e l'iter logico seguito  per pervenire da essi al risultato enunciato» (cfr. Cass. n. 4448 del 2014), venendo quindi meno alla finalità sua propria, che è quella di esternare un «ragionamento che, partendo da determinate premesse, pervenga, con un certo procedimento enunciativo», logico e consequenziale, «a spiegare il risultato cui si perviene sulla res decidendi» (Cass. cit.; v. anche Cass., Sez. un., n. 22232 del 2016 e la giurisprudenza ivi richiamata).
Deve quindi ribadirsi il principio più volte affermato da questa Corte secondo cui la motivazione è solo apparente — e la sentenza è nulla perché affetta da error in procedendo — quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all'interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (cfr., ex plurimis, Cass.,n. 20414 del 2018, e la giurisprudenza ivi richiamata).