martedì, giugno 18, 2019

La scriminante dello “stato di necessità” nelle violazioni al codice della strada.

Cassazione Civile Sez. 6 - Ord. Num. 16155/2019 - Presidente: D'ASCOLA Relatore: CARRATO - Data pubblicazione: 17/06/2019. 

“Con specifico riguardo alla scriminante dello “stato di necessità”, è indispensabile, ai fini della sua configurabilità (e, perciò, allo scopo del riconoscimento della fondatezza della sua prospettazione in sede giudiziale, che deve ovviamente essere supportata da un idoneo riscontro probatorio gravante sul ricorrente), che, in applicazione dei principi fissati dagli artt. 54 e 59 c.p., ricorra un’effettiva situazione di pericolo imminente di danno grave alla persona, non altrimenti evitabile, ovvero - quando si invochi detta esimente in senso putativo - l’erronea persuasione di trovarsi in tale situazione, provocata non da un mero stato d’animo, ma da circostanze concrete (oggettive) che la giustifichino (cfr., ad cs., Cass. n. 3961/1989, Cass. n. 4710/1999, Cass. n. 18099/2005 e Cass. n. 14286/2010).
In tal senso, in un caso assimilabile a quello in questione, questa Corte (v. Cass. n. 287/2005 cit.) ha confermato la decisione di merito, con la quale era stata esclusa la configurazione di una situazione di pericolo, rilevante ai fini dello “stato di necessità”, in un caso in cui, in sede di opposizione al verbale della polizia stradale con il quale era stata contestata all’opponente la violazione di cui all’art. 142, comma 9, c.d.s. per aver superato, alla guida della propria autovettura, il limite di velocità consentito, il ricorrente aveva invocato lo stato di necessità, adducendo che, nel momento dell’accertamento della violazione, si stava recando con urgenza in ospedale, ove il proprio genitore era stato ricoverato in gravi condizioni, poiché il pericolo di danno grave alla persona del genitore avrebbe potuto essere evitato altrimenti con il ricovero ospedaliero o anche mediante l’intervento sul posto del pronto soccorso, senza che l’opponente avesse potuto fornire un contributo determinante al fine di scongiurare il paventato danno (come nella vicenda oggetto della qui esaminata specifica controversia).
Più recentemente (cfr. Cass. n. 14286/2010, cit.) è stato asserito, sempre in tema di violazione al codice della strada prevista dall’art. 142, comma 9, che non vale ad escludere la responsabilità del conducente l'invocato stato di necessità dovuto all'esigenza di rispettare i tempi di una consultazione medica conseguente ad un malore lamentato da un passeggero, qualora non sia stato riscontrato l'imminente pericolo di vita del passeggero medesimo e l'impossibilità di provvedere diversamente alla salvezza di quest'ultimo.
Deve, quindi, qui riconfermarsi il principio di diritto sulla scorta del quale, in tema di cause di giustificazione, l'allegazione da parte del contravventore dell'erronea supposizione della sussistenza dello stato di necessità deve basarsi non già su un mero criterio soggettivo, riferito, cioè, al solo stato d'animo dell'agente, bensì su dati di fatto concreti e che siano univocamente idonei a poter comportare un imminente pericolo di danno grave per un soggetto non altrimenti ovviabile, e, quindi, tali da giustificare l'erroneo convincimento in capo al trasgressore di trovarsi in tale stato”.

mercoledì, giugno 12, 2019

L’usucapione dell’immobile detenuto in locazione.

Cass. Civile Sez. VI - Ord. Num. 15733/2019 - Presidente: LOMBARDO - Relatore: FORTUNATO - Data pubblicazione: 11/06/2019. 


 “La sostituzione dell'impianto elettrico e il solo intento di eseguire interventi radicali sull'immobile non potevano comportare l'affermazione di un possesso pieno, idoneo a far cessare il godimento “nomine alieno”, perpetuatosi, per contro, quale effetto del versamento del canone di locazione.
Occorreva quindi un atto di interversione che, ai sensi dell'art. 1141 comma secondo c.c., si manifestasse nel compimento di attività materiali che, secondo l'apprezzamento insindacabile del giudice di merito (Cass. 27521/2011; Cass. 4404/2006), fossero tali da rendere esteriormente riconoscibile all’avente diritto che il detentore aveva iniziato a possedere, rivendicando la titolarità del diritto esercitato (Cass. 17376/2018; Cass. 26327/2016).
A tal fine non rilevavano né l'inottemperanza alle pattuizioni in forza delle quali la detenzione era stata costituita, verificandosi, in questo caso, un'ordinaria ipotesi di inadempimento contrattuale, né meri atti di esercizio del possesso, idonei solo a sostanziare un abuso della situazione di vantaggio determinata dalla materiale disponibilità del bene (Cass. 26327/2016; Cass. 2392/2009)”.

domenica, giugno 09, 2019

Ricorso cassazione civile: il vizio di violazione di legge e quello di motivazione.

Corte Cass. Civile Sez. I - Presidente: TIRELLI - Relatore: DE MARZO  - Sent. Num. 15402/2019 - Data pubblicazione: 06/06/2019. 

“In tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un'erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge ed implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; viceversa, l'allegazione, come nel caso di specie, di un'erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è esterna all'esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, solo sotto l'aspetto del vizio di motivazione (v., ad es., Cass. 28 settembre 2017, n. 22707).
Ora, nel regime antecedente alle modifiche apportate all'art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., dall'art. 54, comma 1, lett. b) del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv., con modificazioni, dalla I. 7 agosto 2012, n. 134, la deduzione di un vizio di motivazione della sentenza impugnata con ricorso per cassazione conferisce al giudice di legittimità, non il potere di riesaminare il merito della intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, ma la sola facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, delle argomentazioni svolte dal giudice del merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l'attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, dando così liberamente prevalenza all'uno o all'altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge.
Ne consegue che il preteso vizio di motivazione, sotto il profilo della omissione, insufficienza, contraddittorietà della medesima, può legittimamente dirsi sussistente solo quando, nel ragionamento del giudice di merito, sia rinvenibile traccia evidente del mancato (o insufficiente) esame di punti decisivi della controversia, prospettati dalle parti o rilevabili di ufficio, ovvero quando esista insanabile contrasto tra le argomentazioni complessivamente adottate, tale da non consentire l'identificazione del procedimento logico - giuridico posto a base della decisione (Cass. 4 agosto 2017, n. 19547)”.