giovedì, ottobre 29, 2009

GIUDICI COMUNISTI:POCHI MA POTENTI.


I giudici sono davvero comunisti come dice Silvio Berlusconi? No, per lo meno non tutti. I comunisti sono una parte e per giunta minima degli oltre settemila in servizio nei tribunali.
Peccato che sia la parte più influente della magistratura, quella più famosa e chiassosa e dunque in grado di condizionare le scelte delle altre toghe.
E un`eredità del Sessantotto, anche se non sono tutti sessantottini, anzi, fra di loro ci sono molti quarantenni: una pattuglia che non ha a cuore l`applicazione scrupolosa e equidistante della legge, ma la usa per perseguire il proprio fine, ovvero il sovvertimento di un sistema considerato sbagliato.
Vogliono cambiare il Paese e sognano di farlo con le sentenze.
L`anomalia italiana - così l`ha definita il premier - sta tutta li, in quel piccolo gruppo di pm e giudici ideologizzati che s`è impadronito della giustizia e attraverso il sistema delle correnti esercita un potere vero sui tribunali e le procure, agendo su trasferimenti e provvedimenti disciplinari.
Per qualche magistrato emettere una sentenza contro questo gruppo significa scavarsi la fossa, essere messo ai margini, non fare più carriera.
Ci sono giudici che hanno provato a decidere in autonomia, contro lo strapotere di procure come quella milanese, ma sono finiti male, dirottati su un binario morto.
Ad altri, che pure hanno cercato di rompere il muro di conformismo che condiziona l`attività della giustizia, in particolare nei processi di rilevanza politica ma non solo, è capitato addirittura di essere isolati come se avessero la peste.
Difficile opporsi a questa mafia delle toghe, che non è un partito in senso classico ma agisce come se lo fosse.
Chi ci ha provato, come ho detto, ha avuto vita dura.
Per quieto vivere e per esigenze di carriera la maggioranza delle toghe preferisce adeguarsi, confermando sentenze sbilenche, genuflettendosi di fronte a assoluzioni troppo generose che fanno comodo al pm o a condanne senza prove che però interessano le procure.
Ufficialmente nessuno lo ammetterà, ma in privato e dietro garanzia di anonimato più di uno confida di non poterne più dell`arroganza di questi capi corrente.
Vorrebbero reagire, mandare a quel paese le toghe rosse, ma non sanno come farlo. Mancano di iniziativa o forse più semplicemente di coraggio, sono gli stessi che biasimano le sparate di Berlusconi contro i giudici comunisti, perché a loro dire ottengono l`effetto opposto a quello desiderato e li costringono a fare fronte comune con le toghe rosse di fronte al nemico, ovviamente sempre lo stesso: il premier.
Fino che non si allenterà la presa che questo gruppo esercita sulla magistratura sarà dunque difficile cambiare la giustizia in Italia.
Se il Cavaliere vuole davvero farla finita con i giudici comunisti non è dichiarando guerra a tutte le toghe che riuscirà a vincere la sua battaglia.
Non servono proclami. L`unico modo efficace è togliere potere alla cupola che comanda nei tribunali, cambiando il sistema delle nomine e modificando profondamente il Consiglio superiore della magistratura.
Solo così riuscirà a porre fine all`influenza nefasta che alcune toghe politicizzate hanno esercitato sui colleghi negli ultimi trent`anni e più.
Tolga loro le armi con cui hanno condizionato e indirizzato l`intera categoria e vedrà che il loro potere si frantumerà.
Non sono invincibili, sono solo intoccabili.

MAURIZIO BELPIETRO
tratto da "LIBERO - EDIZIONE MILANO"
di giovedì 29 ottobre 2009.

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