venerdì, giugno 07, 2013

I giovani avvocati e praticanti sono "i ragazzi di oggi".

 
Il grande inganno realizzato dall’avvocatura nei confronti dei giovani è stato quello di far credere che vi fossero sbocchi lavorativi per tutti e che l’attività professionale potesse garantire a chiunque un reddito soddisfacente.
Tale atteggiamento, unito alla carenza di diverse occupazioni lavorative (esistenti, come sopra detto, fino agli anni ’70), ha portato ad un aumento smisurato degli iscritti negli albi di avvocato, ed inoltre ad un aumento smisurato del numero dei praticanti.
A questo assalto l’avvocatura ha reagito tentando di rendere l’esame di abilitazione sempre più difficile. Nessuno però ha avvertito i giovani della possibile saturazione del mercato, e della possibilità di non superare l’esame di abilitazione.
Questa situazione, sommata alla possibilità di esercitare il patrocinio provvisorio per sei anni (fino al 1988 erano quattro), ha portato alla formazione di una categoria di sub professionisti che hanno un patrocinio provvisorio, hanno formato una propria clientela, magari hanno messo su famiglia, ma non hanno alcuna garanzia per il futuro e rischiano di non diventare mai avvocati.
Quella che manca è soprattutto la motivazione o, come si sarebbe detto tanti anni fa, la vocazione; si sceglie di iscriversi nel registro dei praticanti per provare, e si va avanti per forza d’inerzia perché nel frattempo non si è trovato nulla di meglio.
E’ logico e normale che, navigando a vista, un praticante si preoccupi non tanto della propria formazione personale (compito che peraltro non spetta a lui), quanto della formazione della clientela, necessaria per vivere.
Le proposte che tendono a restringere l’accesso ponendo ulteriori limiti sono illogiche e retrive: occorre invece puntare sulla formazione autentica e sgombrare il campo dalle false illusioni di lauti guadagni che appaiono, in realtà, assai improbabili per chi inizia la professione in questo momento storico.
L’avvocatura non può combattere una assurda battaglia contro i propri praticanti, poiché ciò significa combattere contro sé stessa.

Avv. Antoni Ciavola
Foro di Catania.

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