mercoledì, febbraio 06, 2008

Piccole cose per una giustizia più efficiente.


Torno ora a scrivere prendendo lo spunto da una notiziola apparsa in occasione dell'inutile rito delle inaugurazioni dell'anno giudiziario, dove si ripetono stancamente le stesse lamentele inascoltate dei venti o trenta anni precedenti.

Si tratta di un accordo tra i magistrati e gli avvocati di Milano, una clausola del quale prevede che le udienze debbano cominciare non dopo le 9,15.

Modesto particolare, certo, ma indice di un diffuso malcostume dei giudicanti e dei pubblici ministeri ritardatari che fanno perdere una quantità del tempo prezioso costituito dalle ore del mattino (perché spesso non si può continuare nel pomeriggio mancando i soldi per pagare gli straordinari).

Da questa inezia passiamo al tasto dolente e più corposo della produttività.

Da una mia esperienza genovese traggo la notizia di cause civili che quella Corte d'appello fissa al 2012; ma non sono purtroppo eccezionali i casi di analoghe fissazioni in altre Corti addirittura al 2020: cos'è questa se non denegata giustizia? Ora, è difficile credere che i giudici che rinviano le cause di dieci anni abbiano fatto tutto il possibile per evitare uno scandalo simile.

Su un altro versante, se qualcuno si prendesse la briga di fare un'indagine comparativa assai semplice sulla produttività, vedrebbe, per esempio, che in una stessa sezione di tribunale o di Corte d'appello il numero delle sentenze scritte da quei giudici varia sensibilmente da individuo a individuo, senza plausibile motivo salve eccezionali circostanze di complessità delle controversie; un livellamento verso l'alto non trova alcuna controindicazione.

Non parliamo poi delle differenze regionali: non posso non segnalare, con orgoglio subalpino e correndo i rischi del caso, i virtuosi numeri del tribunale torinese rispetto alle disastrose statistiche di molti uffici meridionali.

Sempre a proposito di sentenze, sarebbe utile (e non è difficile) sapere quante di esse sono state modificate sostanzialmente nei gradi superiori di giudizio, per saggiare il livello di equità delle decisioni e la perizia degli estensori.

Forse non è del tutto noto, inoltre, che il singolo giudice relatore di una causa civile e il presidente di una sezione penale sono liberi di fissare il numero e il tipo di processi da portare ad ogni udienza: va da sé che chi ne porta pochi ne decide pochi.

Chissà se quei giudici che rinviano al 2012 e via via fino al 2020 hanno le udienze precedenti così stracariche da rendere umanamente impossibile aggiungerne altre.

Forse è a causa di questo spaventoso stress decisionale che le ferie dei magistrati sono di fatto ben più lunghe di quei 45 giorni durante i quali, per legge e anche per favorire gli avvocati, viene sospeso il lavoro ordinario.

Su questo argomento, purtroppo, la stessa Corte di Cassazione non dà il buon esempio: anche se non si dice, difficilmente un consigliere della Suprema Corte si vede fissare le udienze dopo la metà di luglio e prima della terza decade di settembre; se vi aggiungiamo un buon mese di tregua per il periodo natalizio e qualche scampolo per quello pasquale il recupero delle energie dei cassazionisti dovrebbe ritenersi soddisfacente.

Certo, le cause della crisi della giustizia non sono solo queste, e le altre hanno ben altro peso. Ma forse i cittadini gradirebbero se chi appartiene ad un corpo giustamente elitario desse il meglio di sé già nelle piccole cose; chissà che le prove di buona volontà dei magistrati non riescano a contagiare i politici, gli avvocati e tutti quelli che dell'attuale dramma giudiziario sono gli attori principali.

MARIO GARAVELLI

Già presidente della Corte d'appello di Genova

Tratto dal sito: www.lastampa.it