mercoledì, luglio 04, 2007

Tribunale di Napoli: sciopero della fame di un cancelliere .

“Sono un lavoratore del Tribunale di Napoli e lancio un disperato appello alle istituzioni, in primis al Capo dello Stato, perché sia messa la parola fine alle numerose ingiustizie e alle avvilenti mortificazioni che i lavoratori degli uffici giudiziari subiscono da troppo tempo, e in ragione dell’indignazione che provo ho cominciato lo sciopero della fame. I colleghi ben sanno che rivesto un ruolo nella struttura provinciale della Uil giustizia di Napoli, ma al fine di evitare facili strumentalizzazioni preciso che l’iniziativa è assunta a titolo personale ed esula da un quadro rivendicativo di natura sindacale, restando ferma la fiducia in tutto il gruppo dirigente dell’organizzazione alla quale ho il privilegio di appartenere e alla quale va tutto il mio sostegno e ringraziamento.

La coscienza, quindi, mi spinge a non lasciare nulla di intentato, e per questo scelgo di rivolgermi al cuore e alla mente di chi legge, perché alla dignità calpestata possa finalmente seguire il riconoscimento professionale, perché al senso di sfiducia possa seguire l’ottimismo, perché alla mortificazione quotidiana possa seguire il rispetto dei lavoratori, delle loro aspettative e dei loro diritti, perché l’appartenenza all’amministrazione giudiziaria diventi ragione di orgoglio, prestigio e gratificazione per tutti.

Il contesto in cui vivo ancor più sollecita la mia coscienza a perseverare: a Napoli l’emergenza legalità ci coinvolge tutti, ma il drammatico scenario di inefficienze e carenze ci relega in una realtà intrisa di precarietà, marginalità e incertezze. Il senso di demotivazione che si respira ormai diffusamente in tutti gli uffici giudiziari è inquietante; si dovrà rispondere nel più breve tempo possibile, altrimenti difficilmente si potrà immaginare un futuro positivo per la Giustizia e, senza inutili catastrofismi, per le istituzioni democratiche del nostro Paese, a meno che non si voglia negare che la giustizia è il primario fattore di garanzia per il buon funzionamento dello Stato. Non ci sarà riforma che tenga se non si porterà «pace» nell’amministrazione giudiziaria; un modo molto semplice per dire che una risposta, come me, la attendono tutti i lavoratori, nessuno escluso, e che dopo anni di divisioni e mancati riconoscimenti ogni soluzione dovrà equamente restituire dignità a tutti.

Ben consapevole che la tematica è già all’attenzione della dirigenza del Paese, evito ogni elenco delle vergognose criticità che quotidianamente affrontiamo, perché sono sotto gli occhi di tutti. Per un senso di correttezza non mi permetto di entrare nel merito della vicenda, in quanto è necessario attendere sviluppi anche nella fase negoziale. Mi astengo per evitare inopportune interferenze e per il profondo rispetto che nutro nei confronti del ruolo delle delegazioni sindacali impegnate in questa delicata fase: unica e pressante motivazione a sostegno della presente è legata alla urgenza delle soluzioni da adottare. La fiducia mi obbliga a pensare che, almeno questa volta, non si commetteranno errori, perché le conseguenze che deriverebbero dalle «non scelte» o da «scelte sbagliate», ora più che mai, non possono che pesare come un macigno sul nostro futuro.

Qualcuno potrebbe pensare che le soluzioni dettate dal buon senso siano soltanto un meraviglioso sogno: la mia convinzione è che tanto rappresenta l’unico presupposto sul quale si potrà basare ogni buona soluzione, perchè la Giustizia sia recuperata al suo ruolo, perché siano restituite ai cittadini quelle certezze da troppo tempo annunciate e disattese.

Scritto da Luigi Montesanto

(Cancelliere a Napoli)

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