Caro Presidente, quando t’inviai un “messaggino” d’auguri per la Tua elezione alla Cassa Forense, mi rispondesti: “Ti voglio bene”.
Sono certo che Tu fossi sincero.
Non abbiamo avuto la possibilità di parlarci più ed ora che un cieco destino ci ha separati, voglio salutarTi con le parole che il grande poeta salernitano, Alfonso Gatto, scrisse al papà.
Che il Padre comune Ti accolga, Presidente.
Peppe Celia
Se mi tornassi questa sera accanto
lungo la via dove scende l'ombra
azzurra già che sembra primavera,
per dirti quanto è buio il mondo e come
ai nostri sogni in libertà s'accenda
di speranze di poveri di cielo,
io troverei un pianto da bambino
e gli occhi aperti di sorriso, neri
neri come le rondini del mare.
Mi basterebbe che tu fossi vivo,
un uomo vivo col tuo cuore è un sogno.
Ora alla terra è un'ombra la memoria
della tua voce che diceva ai figli:
«Com'è bella la notte e com'è buona
ad amarci così con l'aria in piena
fin dentro al sonno». Tu vedevi il mondo
nel plenilunio sporgere a quel cielo,
gli uomini incamminati verso l'alba.
ALFONSO GATTO
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