Non si contano più in Italia i casi di processi mediatici. Gli esempi sono tanti, dal Grande Fratello di Rignano Flaminio al video della Bbc sui preti pedofili messo in onda da Santoro, fino ad arrivare a sfiorare il ridicolo con “vallettopoli” e l’indecoroso balletto delle intercettazioni. Gli effetti di questa sovraesposizione potrebbero essere devastanti sia per gli spettatori del circo mediatico che per gli stessi protagonisti.
Il caso di Rignano e dell’incessante dibattito tra colpevolisti e garantisti ha fatto perdere di vista, come già era successo con Cogne, la tragedia delle vittime. Le innumerevoli trasmissioni che insistono su dettagli terribili per scatenare la diatriba televisiva tra gli alfieri della giustizia assoluta e i portatori sani di garantismo opportunista stanno consumando un vero e proprio delitto. Quello che Francesco Merlo su Repubblica ha definito il delitto della cronaca. La delicatezza delle questioni trattate infatti imporrebbe un po’ di tatto, invece assistiamo quotidianamente all’uccisione della notizia, non alla cronaca del delitto.
Si rischia di provocare una sorta di oscurantismo di massa. Il video trasmesso da Santoro ha contribuito a questa triste decadenza cui gli italiani assistono inermi. A parte la faziosità del documentario che parte da terribili casi singoli per tentare di arrivare ad improbabili conclusioni di sicuro impatto mediatico. Quello che spaventa è il rischio della generalizzazione lobotomizzante e del livellamento verso il basso. Una dimostrazione di ciò è il degradante scontro politico che ha preceduto e che segue la messa in onda del video. Le commissioni di Vigilanza si spaccano ed è gara a chi strumentalizza di più il dramma umano. E alla fine perdono tutti, a parte ovviamente chi architetta ad arte il teatrino e, come Santoro, Vespa e Mentana, se la ride sotto i baffi perché ha fatto il boom di ascolti.
Siamo appena usciti a fatica dal Truman show sul delitto di Cogne e ci ritroviamo in questa melma mediatico-giudiziaria. Non è da sottovalutare inoltre il rischio di sviare le indagini e di complicare dei processi che già si reggono in piedi a malapena. E giù a spendere milioni di euro per intercettare dei tristi personaggi del sottobosco mediatico che vengono arrestati e poi puntualmente scarcerati quando sono già diventati dei martiri e hanno raggiunto un’inaspettata popolarità. Ci guadagnano solo loro, giudici vip e trapezisti del circo mediatico che acquistano oltretutto autorevolezza e credibilità. Almeno però ci risparmino le omelie sul diritto di cronaca e la libertà di stampa.
Sergio Pelaia
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