1. E’ inutile dire che ci vuole la riforma, si deve indicare quale. L’Italia spende quanto e più di altri Paesi, in giustizia, ma ha un servizio che fa pena. Non è un problema di soldi. Si è adottato, in penale, il sistema accusatorio, ma ancora gli accusatori sono colleghi dei giudicanti. I termini temporali fissati dalle leggi vengono interpretati come “ordinatori”, vale a dire che si possono tranquillamente violare. Una riforma seria mette le mani in questa roba e non sta ad ascoltare gli interessi corporativi delle toghe. Fin qui succede l’esatto contrario: quel poco che era stato fatto (l’ordinamento giudiziario) lo si vuole smontare.
2. Napolitano sollecita che le carriere non procedano solo per anzianità e per appartenenza correntizia, ma lo fa parlando ad un Consiglio Superiore della Magistratura che è la sede per eccellenza del dominio correntizio e dell’inefficacia, quando non della ridicolaggine, dell’autogoverno e dell’autodisciplina. Visto che ne è Presidente, abbia il coraggio di denunciare questo evidente e consolidato fatto.
3. E’ inutile sollecitare i magistrati a lasciare in pace gli estranei ad un’inchiesta giudiziaria, evitando di dare i loro nomi in pasto alla stampa, perché tanto, alla fine, quegli atti vanno depositati e, quindi, la pubblicità è prevista dalla legge. I modi per tutelare il giustamente richiamato diritto alla propria onorabilità sono due: a. i processi devono giungere subito dopo le indagini e chiudere in fretta le ferite; b. ai giornalisti non va imposta la censura, ma insegnato il mestiere ed indicato il dovere di sentire e dare spazio a quanti citano, spesso a sproposito.
4. Dice Napolitano ai giudici: “si calino nella realtà del Paese facendosi carico delle ansie quotidiane !”. No, a me paiono fin troppo calati. Se ne stiano in alto, e facciano il loro dovere, con serietà ed indipendenza.
Davide Giacalone (Pubblicato da Libero dell’8 giugno 2007).
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