Di garantismo peloso si è parlato sovente a proposito dell’attenzione eccessiva rivolta solo ai reati dei c.d. colletti bianchi, per stigmatizzare la prassi dell’emanazione di leggi ad personam in materia di diritto penale (sostanziale e processuale) nel corso della passata legislatura, per osteggiare singoli punti della riforma dell’ordinamento giudiziario perorata dal Guardasigilli Castelli, etc.
Ora D’Alema non si è ancora pronunciato sull’ennesima fuga di notizie riservate (guardacaso dal Tribunale di Milano) circa intercettazioni “illegali” dei colloqui suoi e di altri illustri parlamentari diessini (ben 73, stando alla perizia depositata al gip Clementina Forleo), preferendo glissar ogni considerazione sulla gogna mediatica e limitandosi a commentar l’esito del secondo turno delle elezioni amministrative; quella “mancata spallata” della CdL al fortino dell’esecutivo, che tanto reca euforica soddisfazione al presidente Prodi, ognor giulivo e non conscio del vorticoso calo di consensi in ogni fascia dell’elettorato per la sua malconcia raffazzonata compagine governativa.
Preferisce, l’ottimo Massimo, anche questa volta delegare a collaboratori del calibro del sen. Nicola La Torre (vicecapogruppo dell’Ulivo a palazzo Madama) o a penalisti-docenti di fama, quale il sen. Guido Calvi, le reazione tacite e le esternazioni sul più recente accadimento mediatico-giudiziario.
Così si apprende dall’intervista rilasciata dal Calvi a Il Messaggero (pg.9 del 12.06.07) che “non ci sono più garanzie: tutto è travolto da una farsa indecorosa… a Milano il Tribunale si è trasformato in una sorta di circo mediatico illegale”. Per il professor dell’Ateneo Camerte, la colpa di tale ennesima circolazione di intercettazioni che riguardano persone non indagate (cioè, parlamentari diesse) risiede nel fatto che la tutela dei livelli istituzionali da parte del mondo politico incontra un forte limite: “La presenza degli avvocati”, presenza che spesso non aiuta, assecondando l’interesse alla diffusione di atti di ii.pp. coperti dal segreto istruttorio.
Finalmente è venuta a galla… la fonte del garantismo peloso: l’avvocatura penalista che compromette l’intendimento del magistrato di essere un organo indipendente e, “alla fine”, immerge anche lui in un “sistema parapolitico”.
TIME ALWAYS IMPROVES TRUTH (“Il tempo comprova sempre la verità”) era solito recitare Thomas More, lo statista-giurista inglese nonché filosofo,la cui spiccata coscienza etica lo rese aduso “a tutte le stagioni”.
Molto più sommessamente a noi, al pari di tutti quelli che non desistono dall’aver a cuore le sorti della Giustizia, non resta che auspicare che questa riedizione del garantismo peloso ( che per D’Alema si riconosceva dal genuino per esser “a senso unico”, sospetto, surrettizio, etc) non sia transeunte e strumentale, ma corrobori l’esigenza primaria di tutela effettiva di diritti e libertà fondamentali nel nostro paese.
Che il garantismo peloso carsicamente ora riaffiorato, diventi un fenomeno costante, in grado di alimentar stabilmente la … polla sorgiva di quel fiume – con afflussi e deflussi variegati, ma mai a regime torrentizio – costituito dal solido e coerente strumentario concettuale della sinistra di governo, che dispone sempre di chiavi di lettura adeguate circa gli intricati rapporti tra magistratura, politica e cittadini.
Scritto da Jacopo Severo Bartolomei
mercoledì 13 giugno 2007
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