lunedì, dicembre 08, 2008
Scontro tra Procure: Alfano “Giustizia malata, riforma subito”.
ROMA (8 dicembre) - Ministro Alfano lo scontro tra procure fa emergere una crisi di sistema?
«Evidentemente c’è un qualcosa di gravissimo e anche di incomprensibile per i cittadini. L’idea, cioè, che due procure si inseguano tra di loro ha creato allarme e confusione al tempo stesso e ciò che noi dobbiamo preservare è la fiducia dei cittadini nella giustizia».
La tempestività del Csm è il segno di una consapevolezza nuova della stessa magistratura o della paura di essere travolti da una riforma non gradita?
«È il segno della piena comprensione che la vicenda di Catanzaro e Salerno necessitava di un urgentissimo punto fermo, pena la delegittimazione dell’intero sistema giudiziario a cominciare dal suo apice, dal suo vertice cioè dal Csm. Per questo ho apprezzato la tempestività del Csm che peraltro ha fatto emergere dei risvolti inquietanti relativamente ai quali mi pare che anche a palazzo dei Marescialli non vi sia stata alcuna reticenza».
Perché si è arrivati a questo punto? Una volta il problema erano le toghe politicizzate e oggi?
«Qui nella sostanza la politica non c’entra. Se i magistrati di Salerno indagano quelli di Catanzaro e i magistrati di Catanzaro indagano quelli di Salerno, siamo di fronte ad una patologia che va, mi si permetta, oltre ogni limite fin qui conosciuto. Tant’è che in quelle ore delicate non intravvedendosi un punto di chiusura del sistema delle garanzie, il capo dello Stato ha ritenuto doveroso intervenire».
Secondo lei, esiste ancora il partito dei giudici?
«Io non so se esista ancora il partito dei giudici. Credo che le ultime vicende testimonino la persistenza in Italia di un fenomeno singolare, quello dell’abuso delle intercettazioni, sconosciuto in altri Paesi europei, che vorrei definire con una figura evocata dal professor Panebianco sul Corriere della Sera: la pesca a strascico. Ecco con la pesca a strascico qualche pesce finisce in padella, ma si uccidono molte forme di vita innocenti e si producono danni secolari all’ambiente».
In concreto: come il governo farà funzionare la giustizia per i cittadini?
«Tre sono le questioni di fondo. Una è la giustizia civile: oltre 4 milioni di processi pendenti sono intollerabili, come sono intollerabili dieci anni di attesa, a volte più, per una sentenza definitiva. Sono danni incalcolabili per i cittadini, per la giustizia e per l’economia dell’Italia da cui gli investitori stranieri fuggono in quanto le controversie contrattuali non possono attendere anni e anni per le sentenze. Abbiamo messo in campo una riforma che è già stata approvata alla Camera e speriamo che il Senato licenzi al più presto per accelerare la soluzione delle controversie in essere e per individuare soluzioni alternative ai tribunali, come la conciliazione, la mediazione».
La seconda è il processo penale?
«Sul processo penale occorrerà attuare pienamente l’art. 111 della Costituzione che parla del giusto processo. Siamo al lavoro e speriamo di portare correttivi significativi anche al processo penale in tempi rapidi».
La terza?
«Le riforme ordinamentali. Vogliamo intervenire sulla Costituzione per far si che la parità tra accusa e difesa non sia un auspicio ma la realtà. Dobbiamo far sì che il giudice, per essere equo ed imparziale, sia tanto distante dall’avvocato quanto dal pubblico ministero».
Se fosse solo lei a scegliere indichi le priorità tra questi obiettivi? Separazione delle carriere? Riforma del Csm? Immunità per i parlamentari? Certezza della pena? Intercettazioni? Sveltezza del processo penale e civile?
«Eccetto la vicenda dell’immunità che non ha mai fatto parte dell’agenda del governo, tutte le altre lo sono a pari titolo. E noi non stiamo facendo un’ordine di una graduatoria proprio perché le stiamo perseguendo tutte insieme. Proprio esattamente come le dicevo poc’anzi. Potrei dirle che sul processo civile siamo già al Senato, sul processo penale siamo già intervenuti con il pacchetto sicurezza così come sulla certezza della pena, inasprendo alcune sanzioni, ed altre ancora ne faremo. In riferimento alla riforma costituzionale intendiamo realizzare ciò che pensiamo e diciamo dal 1994».
Farà anche la riforma della responsabilità civile dei magistrati?
«Lì non ci vuole la riforma. Ma ci vuole l’effettività del principio che è stato approvato a larga maggioranza dal popolo italiano con un referendum».
Le carceri sono di nuovo stracolme: quali soluzioni sta approntando?
«Le carceri sono piene. E lo sono per oltre un terzo di stranieri. Ciò è lo specchio di un mondo che cambia e con cui occorre fare i conti senza bende davanti agli occhi. Abbiamo deciso di costruire nuove carceri e contiamo davvero di farcela per consentire una maggiore certezza del fatto che le nostre scelte di politica criminale non siano frenate dalla difficoltà nelle carceri e per consentire che i detenuti che vivono reclusi stiano in condizioni dignitose, potendo applicare il precetto della funzione rieducativa della pena e anche quello del senso di umanità».
Ma si è parlato di messa in prova, braccialetto, assunzione di personale, costruzione di nuovi istituti. Qual è la via maestra?
«Per risolvere la questione carceraria la via di fondo è costruire nuove carceri».
E gli istituti già pronti ma vuoti, non utilizzati?
«Mi sono già impegnato a fare aprire al più presto quelli che si possono già aprire, bloccati come sono stati da inefficienze o contenziosi amministrativi apparsi insuperabili. E credo che i primi risultati li avremo a breve».
Chi può frenare di più la riforma della giustizia: la mancanza di soldi o resistenze all’interno della maggioranza?
«No, dentro la maggioranza c’è una linea coesa e molto compatta nel procedere alle riforme. Abbiamo sottoscritto un programma che non era una liturgia formale, ma che ha un alto livello di condivisione e che si regge su una forte identità di vedute sulle riforme costituzionali. Noi siamo convinti della ineluttabilità di queste riforme».
Abruzzo, Crotone, Napoli, Genova, Trento, Foggia, Firenze: perché la magistratura oggi colpisce di più a sinistra che a destra?
«Credo che il Pd stia facendo i conti con i risultati del governo locale. Resto affezionato all’idea, sennò non potrei fare il ministro della Giustizia, che la magistratura debba sempre intervenire laddove è giusto intervenire».
La questione morale di cui parla Berlusconi riguarda solo il Pd o è più generale? Investe anche la magistratura?
«La questione è semplice. Queste settimane stanno dimostrando che non c’è un primato etico di qualcuno su qualche altro, di un qualcuno che sia appartenente ad una parte politica o ad un ordine professionale».
Berlusconi vuole presto la riforma della giustizia: sarà un testo blindato, prendere o lasciare, oppure accetterete i contributi del Pd e dell’Udc?
«Le riforme riguardanti la giustizia saranno fatte se possibile con un’ampia maggioranza per la quale io ho fatto pubbliche aperture al Pd. Se necessario le approveremo da soli. Pensiamo di porre mano ad alcune riforme costituzionali insieme con l’opposizione, questa sarebbe la via preferibile. Tuttavia, sarebbe sbagliato fermarsi qualora il Pd non varcasse il Rubicone decidendo una volta per tutte in materia di giustizia di stare nel campo dei riformatori».
S’è riacceso il giustizialismo? Riuscirete a
convincere la maggioranza del Paese a voltar pagina?
«Noi pensiamo di avere dalla nostra la maggioranza del Paese sul tema della giustizia esattamente come l’abbiamo su altri temi. E del resto il tema della giustizia non è mai stato secondario per la nostra coalizione. E dunque se abbiamo vinto è anche per le nostre posizioni in materia di giustizia».
Torniamo un momento alla lunghezza dei processi: quali soluzioni vorrebbe realizzare? L’inappellabilità della doppia sentenza conforme? L’obbligo dei riti alternativi?
«Sul processo civile abbiamo già messo in campo le soluzioni, come ho detto prima. Sul processo penale un recente rapporto Eurispes dimostra che troppo spesso sono non tanto deficit normativi ad impedire la celerità dei processi quanto inefficienze organizzative alle quali occorre dar rimedio con una valorizzazione dei principi di efficienza e delle cosiddette “best practices” (migliori risultati ndr) all’interno della magistratura».
Intervista di Mario Coffaro
Tratto dal sito: www.ilmessaggero.it
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