mercoledì, dicembre 10, 2008

Salerno-Catanzaro, il test di un disastro.


Non è un caso qualsiasi. Non è neppure, come qualcuno cerca di far capire, uno scandalo della “giustizia di sinistra” che ha bloccato “quella di destra” e di quella di destra che ha bloccato quella di sinistra.
Il caso Salerno-Catanzaro è un test dello sfascio di tutta la giustizia italiana, della giustizia dei protagonismi delle “campagne”, dei processi di prima classe con tanto di “nome d’arte”, del C.S.M. che punisce e trasferisce con logiche più da probiviri del partito dei magistrati che ha organo di governo e di disciplina di una magistratura che dovrebbe essere al servizio della legge e dei cittadini.
E’ inutile domandarsi chi ha torto e che ha ragione, se De Magistris è un magistrato retto e intransigente che i “potenti” e la magistratura (e il C.S.M.) della loro parte hanno “fermato”, se l’intervento della Procura di Salerno riafferma legalità e ragionevolezza o se va al soccorso di stravaganze e personalismi o se è la longa manus di chi “stava dietro” le iniziative di De Magistris.
E tutto ciò ed il suo contrario.
E’ una pagina di una storia scritta in una lingua surreale. E, se vogliamo, il pettine cui arrivano nodi diversi, destinati a stringersi e moltiplicarsi man mano che vi arrivano.
C’è, invece da domandarsi come mai la giustizia dei protagonismi, delle “campagne di giustizia”, delle pretese di “raddrizzamento” della politica, di scavalcamento di ogni argine istituzionale e via discorrendo, non sia arrivata assai prima a scontri clamorosi e grotteschi come quello ora in atto.
E c’è pure da domandarsi come mai anche quella parte della classe politica che da anni ha fatto le spese di certe patologie del sistema giudiziario e che ne ha quanto meno intravisto la consistenza e la gravità, non invochi oggi la necessità di far piazza pulita di un sistema che produce questo ed altro.
In realtà un “corpo separato” (così si diceva un tempo, nel linguaggio “sinistrese”, riferendosi non solo alla magistratura, ma a forze di polizia, forze armate, etc.) che abbia compiuto una “rivoluzione giudiziaria” come quella degli anni ’92-’96, vedendosi sfumare il successo ultimo per un “incidente” come la scesa in campo di Berlusconi e che poi per un decennio sia stata “delegata” dalla Sinistra a gestire l’opposizione ed i tentativi di ribaltamento delle situazioni create dalle varie tornate elettorali e di “completamento” del golpe del ’92-’96 è incomprensibile che non abbia dovuto subirne un serio contraccolpo e sia sfuggita ad una efficace “messa a norma” da parte del potere politico; che senza ricredersi sul suo ruolo abbia tuttavia potuto dover prendere atto della sostanziale sconfitta della sua strategia e nello stesso tempo, abbia potuto constatare l’efficacia politica degli strumenti di cui è depositaria e dell’assenza di rischi seri delle sue “deviazioni” eversive. Ma, proprio per questo una simile compagine è destinata, prima o poi, a spaccarsi, dilaniarsi, rivoltarsi contro antichi alleati.
Le “lotte intestine” di cui quella tra Catanzaro e Salerno è esempio clamoroso, si manifestano assieme ad un crescente “disagio”, ad un rivoltarsi contro gli antichi alleati, i beneficiari del golpe consumato, i mancati (o inadeguati) sostenitori della “seconda fase”, i “traditori” del P.D.
Un atteggiamento che pure abbiamo potuto cogliere in vicende recenti e che ancora dovremo registrare in futuro.
Ma la tensione più forte che attraverso oggi la magistratura, assieme a quella tra irriducibili dell’eversione e dell’impegno politico e “moderati” che vorrebbero il ritorno ad una situazione “normale”, è quella determinata dal perdurante possesso, pressoché intatto, degli strumenti della prevaricazione politico-istituzionale ed, al contempo, della coscienza di non riuscire a trovare uno sbocco, una concludenza a tendenze e potenzialità eversive.
Tutto ciò, intendiamoci, è avviluppato in un contesto culturale (si fa per dire) complicato più che complesso, in rapporti difficili, equivoci e non sempre confessabili con ambienti, persone ed aree politiche con i quali, in passato, la connivenza e l’inciucio sono stati manifesti.
Oggi noi tutti paghiamo, perché è indubbio che c’è una ricaduta su tutta la società oltre che nell’ambito istituzionale ed in quello della giustizia, il peso ed i danni di questi strascichi della stagione dei golpe giudiziari, perché non abbiamo avuto la capacità e il coraggio di imporre verità e contestare responsabilità di fronte a macroscopiche esorbitanze eversive di un pugno agguerrito di magistrati sostenuti da un‘alleanza di “poteri forti”, che non ci siamo mai preoccupati di capire e di scandagliare.
Abbiamo coperto tutto, continuiamo a coprire tutto, a consentire che altri coprano tutto con principi e parole (principi svuotati ridotti a parole screditate) come indipendenza della magistratura, incensurabilità del contenuto della giurisdizione e dell’attività giudiziaria, irresponsabilità dei magistrati.
Fatti come la faida Catanzarsalernitana dimostrano che i riguardi usati nei confronti di una certa magistratura golpista, esorbitante, arrogante, purtroppo egemone perché troppo ben inserita nei “posti chiave” di tutto l’apparato giudiziario, sono stati il più grosso torto e la più grave causa di danno che potesse arrecarsi alla magistratura nel suo complesso, alla sua naturale autorevolezza, al suo prestigio ed alla libertà e decoro dei migliori dei suoi componenti.
Da Salerno e da Catanzaro arriva un pressante appello ad incidere i bubboni, che è sempre più assurdo sperare che si riassorbano senza provocare un’infezione mortale. E da fare presto.

di Mauro Mellini
Tratto dal sito: www.giustiziagiusta.info-lunedì 08 dicembre 2008

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