lunedì, giugno 23, 2008

Questione giustizia: il governo può contare su Napolitano.


A Roma si dice “liscio e busso”, ed è proprio questo quel che Giorgio Napolitano ha inferto a Nicola Mancino in una burrascosa telefonata di domenica mattina.
Checché ne dicano i felpati resoconti dei principali quotidiani, mai, dai tempi degli scontri di Cossiga presidente col Csm, era successo che un presidente della Repubblica infliggesse una tale e pubblica umiliazione ad un vicepresidente del Csm.
Già, perché il comunicato che dichiarava che nessun documento di censura al governo era in preparazione al Csm (contrariamente a quanto affermato da tutta la stampa nazionale, non smentita), non è stato dettato alle agenzie, dopo quella tempestosa telefonata, da Nicola Mancino stesso, ma dal Quirinale nella forma di una nota ufficiosa.
Una vera e propria bacchettata sulle dita di Mancino, a sottolineare il fatto che Giorgio Napolitano aveva imposto la rimozione pura e semplice di quel documento istituzionalmente eversivo, che invece il vice presidente del Csm, per due giorni, aveva avvallato.
Il primo lancio di agenzia che ne parla è dell’Ansa ed è delle 16.31 di giovedì 19 giugno, i titoli dei giornali che danno notizia della dichiarazione di incostituzionalità dell’emendamento “cancella processi” del governo, a firma dei consiglieri “togati” Fabio Roia e Livio Pepino, sono di sabato 21 giugno.
Per due giorni, dunque, Nicola Mancino ha approvato esplicitamente - ne ha parlato anche indirettamente in una intervista a Repubblica - la volontà di larga parte del Csm di arrivare ad uno scontro istituzionale al calor bianco tra l’organo di autogoverno della magistratura e il governo.
Scontro in cui, peraltro, il Csm si arrogava - e Mancino era pienamente concorde - il ruolo, il diritto e il compito di stabilire se una legge fosse o meno costituzionale, non più solo “terza Camera”, quindi, ma anche “Corte Costituzionale bis”.
Giorgio Napolitano ha atteso a lungo che Mancino correggesse il tiro, poi, verificato che il suo vice non ne aveva alcuna intenzione e che se ne era addirittura andato a passare il weekend ad Avellino, gli ha fatto una telefonata da levargli la pelle e ha siglato l’evidente sua irritazione con quel comunicato in cui ha fatto dire a Mancino proprio le cose che Mancino non aveva avuto nessuna intenzione di dire.
Chapeau a Napolitano, dunque.
Facili profeti, avevamo auspicato che il presidente della Repubblica - memore della infausta stagione di Mani Pulite che tra il 1992 e il 1994 gli aveva - tra l’altro - sterminato anche la sua componente “migliorista” del Pds - intervenisse con forza per impedire nuove invasioni di campo della magistratura nella politica.
Napolitano ha fatto esattamente questo: ha esercitato con vigore le sue prerogative di presidente del Csm e - esattamente come fece nel marzo del 1990 Cossiga con un duro messaggio a Cesare Mirabelli, vicepresidente del Csm - ha bloccato una manovra extraistituzionale e pericolosissima della magistratura associata che si arrogava il ruolo di “potere dello Stato”.
La partita, naturalmente, è ancora aperta, ma il fatto che il governo sappia di poter contare sulla piena correttezza istituzionale del capo dello Stato, e soprattutto il fatto che il Csm di Mancino e i magistrati oltranzisti sappiano che è finito il lungo intervallo di subalternità nei loro confronti iniziato con Scalfaro e poi proseguito con Ciampi, è di straordinaria rilevanza.

Articolo di Carlo Panella del 23 Giugno 2008
tratto dal sito: http://www.loccidentale.it

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