venerdì, aprile 25, 2008

Cassazione: per le tariffe notarili c’è divieto di deroga.


I notai non sono come gli altri professionisti: svolgono una funzione pubblica e «non è ipotizzabile» che si facciano concorrenza tra loro.

Lo afferma la Cassazione che, almeno per questa categoria, mette in discussione la prima lenzuolata pro liberalizzazione del ministro dello Sviluppo economico Pierluigi Bersani.

L'occasione è la sentenza 9878/2008, depositata il 15 aprile: la Suprema Corte dà ragione al Consiglio notarile di Verona nel processo contro un notaio incolpata di aver fatto concorrenza «illecita» ai colleghi nel luglio del 2004.

Come? «Con la riduzione degli onorari in via ripetuta, continuativa e non occasionale, così violando l'articolo 147 della legge notarile». Secondo i giudici, il decreto legge Bersani n. 223 che liberalizza le tariffe professionali non salva il notaio perché entra in vigore il 4 luglio 2006, e non ha efficacia retroattiva. Né si può applicare il favor rei, un principio penalistico da non estendere alla sanzione disciplinare inflitta dall'Ordine al notaio di Verona.

Oltre a questi due principi di diritto, però, la Cassazione fa affermazioni importanti sulla natura della professione. «È sicuramente da escludere – si legge – che in relazione all'attività notarile che si contretizza nello svolgimento di una pubblica funzione (...) sia ipotizzabile la possibilità di una libera prestazione di servizi, in regime di concorrenza, da parte di altri professionisti dello stesso Paese o di altri Paesi della comunità».

La Cassazione censura il notaio di Verona affermando che il Dl Bersani non ha efficacia per il passato, ma va oltre. Perché? «Il procuratore generale in Cassazione ha chiesto di verificare d'ufficio la compatibilità delle norme italiane con i principi comunitari», spiega Anselmo Barone, l'avvocato che ha vinto il ricorso per conto del Consiglio veneto. «La risposta è stata che non c'è contrasto tra tariffe inderogabili dei notai e ordinamento comunitario sia rispetto alle norme sulla concorrenza, sia a quelle sulla libera prestazione dei servizi».

Le conseguenze non sarebbero da poco. «In sostanza – dice Barone – la Cassazione afferma che l'attività di notaio così come concepita e regolata si sottrae alle leggi della concorrenza e del libero mercato. È il contrario di quanto affermano da tempo la Commissione europea e l'Antitrust italiana, ma è in linea con la direttiva sulle qualifiche professionali (la 2005/36) e con quella conosciuta come ex Bolkestein: entrambe escludono i notai dalla liberalizzazione del mercato dei servizi professionali a livello comunitario».

I giudici arrivano a questa conclusione citando la sentenza Cipolla (quella della Corte di giustizia Ue del 5 dicembre 2006) che definisce il «divieto assoluto di derogare ai minimi tariffari stabiliti per gli avvocati» italiani prima dell'entrata in vigore del decreto legge Bersani «una restrizione della libera prestazione di servizi», ma riconosce allo Stato membro (e non all'Ordine professionale) la possibilità di prevedere a discrezione minimi tariffari se serve a tutelare la buona amministrazione della giustizia.

I notai possono sorridere. «Con questa sentenza – conclude Barone – non è ipotizzabile che il notaio di un altro Paese europeo, per quanto qualificato, possa esercitare in Italia senza sottoporsi alle regole del nostro ordinamento. E poi, nel dibattito sulla riforma delle professioni i notai hanno un argomento in più per non essere trattati come gli altri professionisti».