La giurisprudenza francese si è così inserita nel solco interpretativo già tracciato dalla Corte di giustizia delle comunità europee e dalla Corte costituzionale belga, che già avevano avuto modo di esprimersi su questa controversa questione.
Due i passaggi significativi della decisione dell’ alto giudice amministrativo.
Innanzitutto, il Conseil d’Etat ha stabilito che la direttiva 2001/97/Ce può essere ritenuta compatibile con i principi fondamentali come il diritto alla difesa e alla riservatezza delle comunicazioni solo ove, alla luce del considerando 17 della stessa direttiva, le informazioni ricevuto o ottenute da un avvocato al momento della valutazione della situazione giuridica di un cliente “siano escluse dal campo degli obblighi di informazione e di operazione con le autorità pubbliche con la sola riserva dei casi in cui il consulente legale prenda parte alle attività di riciclaggio di capitali o la consulenza legale sia fornita a fini di riciclaggio o l’avvocato sappia che il suo cliente intenda ottenere la consulenza ai fini del riciclaggio di denaro sporco.
In secondo luogo ha riconosciuto e affermato che i principi generali dell’ordinamento, in particolare il diritto alla segretezza delle comunicazioni fra avvocato e cliente, prevalgano sulla normativa antiriciclaggio, limitandone l’applicazione agli avvocati nei casi tassativamente elencati.
Sulla base di queste considerazioni e con specifico riferimento alla normativa nazionale di attuazione della direttiva comunitaria, il giudice amministrativo ha statuito che essa è invalida nella misura in cui consente all’autorità di sorveglianza di porre direttamente domande ai professionisti legali prescindendo dalla essenziale funzione di filtro svolta dagli ordini professionali; e che il Codice monetario e finanziario è invalido nella misura in cui impone agli avvocati un ruolo di vigilanza nella loro attività professionale, senza prevedere condizioni a salvaguardia del segreto professionale.
“Siamo soddisfatti di questa nuova pronuncia che ancora una volta conferma la interpretazione offerta dal Consiglio nazionale forense in merito alla individuazione dell’area di attività oggetto di segnalazione”, commenta il presidente del Cnf Guido Alpa.
“ La consulenza legale in quanto attività tipica della professione forense, al pari della attività giudiziale, resta al di fuori degli obblighi di segnalazione. Conforta constatare come sul tema si vada ormai consolidando un dialogo tra i vari giudici europei che per primi si sono occupati della vicenda e che potrà costituire un valido criterio interpretativo ove anche in Italia i giudici fossero chiamati a pronunciarsi”.