giovedì, marzo 20, 2008

"Mano morta" sul bus: la Cassazione conferma condanna a mesi 15 di reclusione.


Furbe «mani morte» a rischio di reclusione.

L’avvertimento è chiaro e si rivolge a tutti quei pomicioni che approfittano dei contatti ravvicinati forzati, tipici sui mezzi pubblici, per palpeggiare parti proibite delle passeggere.

Lo sottolinea la terza Sezione della Cassazione penale, nel confermare la condanna, ad un anno tre mesi e 15 giorni di reclusione, di Andrea V., 57 anni, di Trapani, pronunciata prima dal Tribunale e poi dalla Corte d'appello di Palermo, colpevole di avere palpeggiato la coscia di Maria Donatella I.

Sulla corriera Palermo /Trapani, l'uomo, dopo l'iniziale pressione della propria gamba contro quella della ragazza, seduta accanto a lui, aveva allungato la mano sulla coscia della sua vicina, palpeggiandola.

La ragazza, allontanatasi, senza urlare, dal suo posto, aveva telefonato al fratello che, all'arrivo del pullman, aveva rimproverato il 50enne. La denuncia è comunque scattata e la Suprema Corte ha confermato la condanna per Andrea V.

L'uomo ha fatto ricorso in Cassazione, sostenendo che non erano state acquisite le dichiarazioni dei testimoni, che avrebbero dovuto accorgersi dello stato di agitazione della ragazza.

Ma Piazza Cavour lo ha respinto e ha sottolineato che la condanna per violenza sessuale è legittima visto che "la violenza richiesta non è soltanto quella che pone il soggetto passivo nell'impossibilità di opporre tutta la sua resistenza voluta, tanto da realizzare un vero e proprio costringimento fisico, ma anche quella che si manifesta nel compimento insidiosamente rapido dell'azione criminosa, così venendo a superare la contraria volontà del soggetto passivo”.

Non solo. «In tema di violenza sessuale - continua ancora la Cassazione - l'elemento oggettivo consiste sia nella violenza fisica in senso stretto, sia nell'intimidazione psicologica che sia in grado di provocare la coazione della vittima a subire gli atti sessuali, sia anche nel compimento di atti di libidine subdoli e repentini, compiuti senza accertarsi del consenso della persona destinataria».

I giudici non hanno dato "eccessivo rilievo al fatto che la vittima, alzatasi, appena subita la molestia sessuale, aveva evitato di reagire platealmente, all'interno del veicolo, avendo chiesto aiuto, tramite cellulare, al fratello".

Andrea V., oltre al pagamento delle spese processuali, dovrà anche sborsare duemila euro alla vittima costituitasi parte civile.