sabato, marzo 22, 2008

DESPERATE LAWYERS.


(….)Il fatto è che noi avvocati siamo diventati come gli assicuratori, o gli agenti immobiliari. Ce ne sono a bizzeffe, uno più affamato dell’altro.

Basta fare due passi in una strada anche periferica e contare le targhette affisse ai portoni. Un avvocato, oggi, per una nomina anche d’ufficio è disposto a piroette e carpiati della dignità fantasiosissimi.

E la molla non è l’ambizione economica o il desiderio di prestigio sociale: nemmeno più questo.

Qui si tratta, ma davvero, di stare sul mercato con un minimo di senzatezza (cioè, pagare le spese e portare qualche solo a casa) o chiudere baracca. E la vera tragedia è che questa politica della sopravvivenza accomuna ormai trasversalmente sfigati e garantiti, privilegiati e poveri cristi.

Nel senso che il rampollo dell’avvocato di successo ha una fame di procacciamento pratiche pari o addirittura superiore a quella di chi è figlio di n.n. E’ la nuova cultura della concorrenza, palazzinara e bulimica, che ha equiparato avidità e bisogno, ponendo sullo stesso piano di una falsa parità contendenti che partono da posizioni completamente diverse.

Ricchi e poveri che lottano per le stesse cose: ecco a voi la morte del principio di uguaglianza. (….)

Tratto dal romanzo di Diego De Silva “Non avevo capito niente” Einaudi 2007 pagina 69