martedì, novembre 17, 2009
Giustizia, tentazione Pdl:"infinocchiare" il Pd.
di Franco Bechis - C’è una idea pazza nel PdL sulla giustizia, ed è quella di accantonare il ddl sul processo breve presentato la scorsa settimana da Maurizio Gasparri e controfirmato da altri 52 parlamentari (perfino 15 finiani) per sostituirlo con il vecchio testo del ddl presentato da Anna Finocchiaro nel lontano 2006. Sarebbe una sfida all’opposizione che certo non può gridare allo scandalo se si propone un testo ideato e scritto dai più fini giuristi del Partito democratico di Pierluigi Bersani ed eventualmente alcune abnormità lì contenute potranno essere corrette con emendamenti durante il percorso parlamentare.
Per questo ieri il ddl Finocchiaro era all’esame dei giuristi del PdL e sarà oggetto di un esame politico fra tutte le componenti di maggioranza nelle prossime ore.
«Certo, se ne devono occupare i nostri tecnici», spiega lo stesso Gasparri, «ma quella del ddl Finocchiaro assunto come testo base è una soluzione politicamente percorribile e che metterebbe spalle al muro chi oggi si scandalizza di norme che solo tre anni fa aveva proposto in modo assai più generoso».
Con il ddl Finocchiaro una cosa sarebbe certa: verrebbero dichiarati subito estinti i processi in corso nei confronti di Silvio Berlusconi perché sarebbero trascorsi i tempi massimi previsti (e le norme sarebbero - come espressamente detto nella relazione di accompagnamento di quel ddl, il n.878 del Senato durante la scorsa legislatura - applicabili a tutti i processi in corso in qualsiasi fase).
Più problematica la sua applicazione materiale ad ogni tipo di reato senza distinzione della sua gravità e della pena edittale prevista come voleva la Finocchiaro: perché in questo caso sì - a differenza del ddl Gasparri - salterebbero in toto processi delicati come quelli a Parmalat e Cirio e come quelli Eternit e Thyssen, precludendo anche i risarcimenti non ancora erogati ai familiari delle vittime.
Ma appunto sarebbe con gli emendamenti presentabili al Senato e alla Camera che si potrebbe correggere questo effetto-terremoto che il ddl Finocchiaro in sé aveva ed ha.
Con piccole modifiche bisognerebbe poi eliminare da quel testo la furia ideologica con cui per fare piazza pulita della odiata legge ex Cirielli si facevano saltare anche gli inasprimenti lì inseriti per il 416-bis, e cioè per i reati di associazione mafiosa.
Per altro l’applicazione letterale del ddl Finocchiaro anche a tutti i processi in corso nei confronti della criminalità organizzata ne farebbe saltare gran parte, ed è un altro difetto clamoroso a cui il PdL dovrà tentare di porre argine.
La senatrice del Pd, che probabilmente non ha ancora avuto il tempo di rileggersi il testo del ddl da lei stessa sottoscritta nel 2006, ha sostenuto in una vibrante intervista a Repubblica che con quelle norme minimo un processo sarebbe durato 12 anni «e prevedeva che dalla notizia di reato alla sentenza di primo grado potessero trascorrere sei anni».
Purtroppo per chi oggi vorrebbe assumerlo come testo base e mettere fine alle polemiche strumentali, quel che ha sostenuto la Finocchiaro non è vero: il ddl da lei firmato prevedeva massimo due anni per le indagini preliminari (nel testo PdL invece queste non hanno limiti di tempo, essendo assai diverse le indagini su un piccolo furto da quelle su una strage o su una associazione di stampo mafioso) e massimo altri due per il processo di primo grado.
E anche se la Finocchiaro prima di fare il politico è stata magistrato e non matematico, non c’è dubbio che due più due faccia quattro e non sei. Con altri due anni per il secondo grado e due per la Cassazione il tempo massimo processuale previsto dal ddl Finocchiaro sarebbe stato sei anni più due di indagini preliminari. Quello del ddl Gasparri sei anni più tutto il tempo necessario alle indagini preliminari.
I ritocchi non sono semplici da fare però per il PdL. Perché proprio le modifiche restrittive sono quelle che stanno causando più problemi con il Quirinale.
Innanzitutto quelle che ha voluto fortemente il presidente della Camera Gianfranco Fini e introdotte via Giulia Buongiorno (la non applicabilità del processo breve a chi non è incensurato), bocciata espressamente dagli sherpa del Quirinale.
In secondo luogo proprio l’esclusione di alcune tipologie di reato grave (ad esempio quelle sugli infortuni e la sicurezza nei luoghi di lavoro) dall’applicabilità della norma. Secondo il Quirinale quelle esclusioni non possono esserci, e Berlusconi può evitare i suoi processi solo se li eviteranno anche Calisto Tanzi e i vertici della Thyssen.
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