martedì, maggio 22, 2012

La mediazione civile è inapplicabile nei giudizi innanzi al GDP(GdP di Cava dei Tirreni, ord. 21 apr.2012).

Secondo la pronuncia del GDP di Cava dè Tirreni, la mediazione civile è inapplicabile nel giudizio innanzi al giudice di pace, pena una inutile duplicazione delle competenze ad essi assegnate, nonché l’ostacolo alla celerità del processo. 
L’art.311 c.p.c., non soltanto si pone in rapporto di specialità rispetto al procedimento dinanzi al Tribunale, ma dispone in via diretta che il procedimento dinanzi al giudice di pace è regolato dalle norme del titolo II del libro II. Ebbene, il D.Lgs. n. 28/10 non contiene alcun richiamo al processo dinanzi al Giudice di Pace. 
Ne discende che una norma sul rito può essere applicata al Giudice di Pace solo se essa lo disponga espressamente, altrimenti continuano ad applicarsi le disposizioni di cui al predetto titolo II. 
Una diversa interpretazione oltre ad essere paradossale sarebbe in evidente contrasto con il delineato quadro sistemico, e finirebbe per vanificare lo scopo del legislatore diretto proprio a favorire la conciliazione delle controversie di competenza del giudice di pace, che già svolge ex lege la funzione affidata con il D.Lgs. n. 28/10 al Mediatore.
Testo integrale dell’ordinanza:
 GIUDICE DI PACE DI CAVA DEI TIRRENI

Il Giudice di Pace, a scioglimento della riserva relativa all’eccezione, sollevata dalla terza chiamata in causa in causa (…) Assicurazioni SpA di improcedibilità della domanda attrice per violazione dell’art. 5 c.1 del D.L. n. 28/22010, che prevede l’obbligatorio preventivo esperimento del procedimento di mediazione , ritiene che l’eccezione della essere respinta,
Secondo il parere di questo giudicante il tentativo obbligatorio di conciliazione per le controversie affidate al Giudice di Pace è già stato previsto dal legislatore all’art. 30 L.n. 374 del 21.11.1991, la cui ratio ispiratrice è quella di tendere a deflazionare il contenzioso.
Invero, la norma di cui all’art. 5 del D.Lgs. n. 28/10 non può essere considerata avulsa dal contesto preesistente, ma deve essere applicata all’interno dell’ordinamento giuridico, nel quale si inserisce.
Occorre quindi affrontare il rapporto tra il suddetto D.Lgs, il giudizio dinanzi al giudice di pace e l’art. 322 c.p.c. e stabilire quale sia la norma da eliminare o da applicare.
Ebbene, l’art. 311 c.p.c. prevede espressamente che “il procedimento dinanzi al giudice di pace per tutto ciò che non è regolato nel presente titolo o in altre espresse disposizioni, è retto dalle norme relative al procedimento davanti al tribunale in composizione monocratica in quanto applicabili”.
Tale norma non soltanto si pone in rapporto di specialità rispetto al procedimento dinanzi al Tribunale ma dispone in via diretta che il procedimento dinanzi al giudice di pace è regolato dalle norme del titolo secondo del libro secondo e, per ciò che esso è regolano, da quelle innanzi al Tribunale in composizione monocratica (di cui al capo terzo del titolo primo di detto libro), ed esige che un diverso regolamento risulti da altre espresse disposizioni.
Ne discende che una norma sul rito può essere applicata al Giudice di Pace solo se essa lo disponga espressamente, altrimenti continuano ad applicarsi le disposizioni di cui al predetto titolo II. Ebbene, il D.Lgs. n. 28/10 non contiene alcun richiamo al processo dinanzi al Giudice di Pace. L’art. 320 c.p.c. stabilisce che “ nella prima udienza il Giudice di Pace interroga liberamente le parti e tenta la conciliazione. Se la conciliazione riesce se ne redige processo verbale a norma dell’art. 185 ultimo comma. Se la conciliazione non riesce, il Giudice di Pace invita le parti a precisare definitivamente i fatti che ciascuna pone a fondamento delle domande, difese ed eccezioni, a produrre i documenti e a richiedere i mezzi di prova da assumere”. L’art.320 c.p.c. non è stato abrogato dal D.Lgs. n. 28/10.
Ne consegue che applicare la mediazione per le materie del Giudice di Pace comporterebbe una inutile duplicazione di quanto già assegnato alla competenza del giudice di pace ed un ostacolo alla celerità del processo.
L’art. 322 c.p.c. (conciliazione in sede non contenziosa) stabilisce che “l’istanza per la conciliazione in sede non contenziosa è proposta anche verbalmente al giudice di pace competente per territorio secondo le disposizioni della sezione III, capo I, del libro primo. Il processo verbale di conciliazione in sede non contenziosa costituisce titolo esecutivo a norma dell’art. 185 ultimo comma, se la controversia rientra nella competenza del giudice di pace . Negli altri casi il processo verbale ha valore di scrittura privata riconosciuta in giudizio”.
Quindi, il procedimento dinanzi al Giudice di Pace già prevede sia la conciliazione in sede non contenziosa in virtù dell’art. 320 c. 1. c.p.c. che in sede non contenziosa (non prevista dinanzi al Tribunale). Ai sensi dell’art. 322 c.p.c., e tale istituto peesiste al D.Lgs. n. 28/10. Invero, il D.Lgs. n. 28/10 non contiene alcun richiamo al giudice di pace né dispone espressamente l’abrogazione degli art. 320 e 322 c.p.c.
Ne deriva che nel procedimento innanzi al giudice di pace vanno applicate le disposizioni di cui al libro II, titolo II, dall’art. 311 all’art. 322 c.p.c.
 Una diversa interpretazione oltre ad essere paradossale sarebbe in evidente contrasto con il delineato quadro sistemico e finirebbe per vanificare lo scopo del legislatore diretto proprio a favorire la conciliazione delle controversie di competenza del giudice di pace, che già svolge ex lege la funzione affidata con il D.Lgs. n. 28/10 al Mediatore.
P.Q.M.
Rimette le parti dinanzi a se per il tentativo di conciliazione ai sensi dell’art. 320 c.p.c., invitando le parti medesime a conciliare le rispettive pretese, rinviando per la formalizzazione dell’accordo conciliativo all’udienza del (..)...2012.
Cava dei Tirreni, 21 aprile 2012.
 Il GDP
Dott.ssa Marcella Pellegrino

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