venerdì, gennaio 22, 2010

Giovani Pm e Procure disagiate, una deroga intelligente.


È coincidenza singolare, ma non troppo, che nello stesso giorno in cui il Senato approvava il disegno di legge sul «processo breve» (con tutti i gravi rischi che possono derivarne, a parte evidenti problemi cli incostituzionalità), presso la Commissione giustizia della Camera maggioranza ed opposizione trovassero l’accordo per una soluzione accettabile dell’ormai annoso problema della «scopertura» dei posti in numerosi uffici di procura della Repubblica.
Problema tanto più preoccupante in quanto molti dei posti rimasti scoperti riguardano diverse sedi «disagiate» della Sicilia e dell’Italia meridionale, dove più forte è l’esigenza di fronteggiare determinate forme di criminalità, organizzata e non.
L’accordo, consacrato in un emendamento governativo ad un discusso decreto legge, prende le mosse da un’idea più volte suggerita dal Consiglio superiore della magistratura, e di recente ripresa anche da proposte di legge provenienti dal Pd (Ferranti e Tenaglia) e dall’Udc (Vietti).
Quella, cioè, d'ammettere, in ipotesi del genere, una deroga al divieto legislativo di assegnazione dei magistrati di prima nomina — una volta terminato il loro tirocinio — alle funzioni di pubblico ministero o di giudice singolo in materia penale.
Una simile deroga, dunque, adesso è stata introdotta, almeno per quanto riguarda le funzioni di pubblico ministero, e la decisione appare saggia, anche alla luce delle forti motivazioni idei che spingono molti giovani ad entrare in magistratura per contribuire alla tutela della legalità.
Allo scopo di bilanciare eventuali esuberanze giovanili (che qualcuno potrebbe temere, a causa della limitata esperienza) di questi nuovi magistrati addetti a funzioni di pubblico ministero è stato, comunque, previsto che, per l’esercizio dell’azione penale rispetto ai reati più gravi, gli stessi dovranno sempre ottenere l’assenso scritto da parte del procuratore della Repubblica, salvi i casi di giudizio direttissimo a seguito di arresto in flagranza.
Si tratta, evidentemente, di una soluzione «tampone».
Ma è anche, oggi, l’unica soluzione possibile — nel delicato rapporto tra costi e benefici — come del resto si è già da tempo sottolineato su queste colonne.

di Vittorio Grevi
tratto dal quotidiano "IL CORRIERE DELLA SERA"

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