domenica, gennaio 24, 2010
Boccassini: altari e polvere.
Due auto della polizia strombazzanti, la scorta, arrivò cosi il Procuratore di Vallo della Lucania Nicola Boccassini nel piazzale antistante TV Oggi (sotto la chiesa di Santa Maria ad Martires a Torrione) per un’intervista storica.
Una scenografia sobria, due poltrone ed un pannello anonimo attaccato al muro alle nostre spalle. Valeva la sostanza.
In quei giorni si erano seduti sulle stesse poltrone, con me, Paolo Del Mese, Vincenzo Giordano e Marco Siniscalco per altrettante interviste storiche. Correva l’anno 1993 ed eravamo in piena stagione estiva.
Il procuratore, inseguito da sospetti e qualche avviso di garanzia, entrò in studio con la sua solita baldanza che non era arroganza ma semplice atteggiamento caratteriale ed ostentazione di sicurezza.
Feci così la conoscenza di un uomo e di un potente magistrato del quale avevo sentito solo parlare, sia in bene che in male.
Da tempo nei corridoi del palazzo di giustizia si sussurravano cose irripetibili sull’uomo e sul magistrato, tra cui le interminabili attese temporali tra la fine dei processi e la pubblicazione delle sentenze.
Probabilmente si trattava soltanto di accuse strumentali contro un personaggio scomodo che nel corso della sua carriera aveva comunque raggiunto apici indiscussi condannando potenti clan malavitosi, da Mario Mirabile all’imprendibile Tommaso Buscetta.
Mi strinse la mano con forza e, sereno, si sedette davanti a me pronto ad essere intervistato senza avere la minima idea di cosa gli avessi chiesto. Fu un’intervista a tutto campo, corretta e senza esclusione di argomenti.
Gli chiesi delle inchieste che lo stavano travolgendo e della sua amicizia con l’avv. Marco Siniscalco e l’ing. Graziano (arrestati qualche mese prima per una delle tante inchieste di tangentopoli); senza tentennamenti rispose che si sentiva vittima di una congiura di palazzo dalla quale non poteva ritenere del tutto estraneo il suo sostituto Anacleto Dolce e che quella con Siniscalco e Graziano era solo una semplice amicizia consolidatasi nel tempo anche per la loro comune passione “casalinga” del gioco delle carte. “Mi chiami quando e come vuole” mi disse salutandomi.
Non feci in tempo a chiamarlo, poco tempo dopo quell’intervista televisiva fu arrestato e con lui finirono dietro le sbarre il suo sostituto Dolce, la segretaria della Procura di Vallo, e di nuovo sia Siniscalco che Graziano.
In questi anni, mentre continuava il calvario giudiziario del procuratore, ho rivisto spesso Nicola Boccassini e con lui ho ripercorso la cronistoria di fatti e circostanze delle sue disavventure sulle quali, al momento, è doveroso stendere un velo di silenzio.
Ci sarà tempo e modo per riparlarne. L’ultima volta che l’ho visto ci siamo incontrati sul Corso Vittorio Emanuele di Salerno, anzi per meglio dire l’ho visto seduto, quasi accasciato su una delle tante panchine del corso.
Mi sembrò di rivedere l’immagine di Fiorentino Sullo buttato su una panchina dinnanzi al Municipio di Salerno.
Abbandonato da tutti, visibilmente distrutto fisicamente e profondamente avvolto da una crisi psicologica devastante; aveva perso tutta la baldanza e la sicurezza di un tempo, anche lo sguardo era spento. E pensare che aveva improntato la sua vita alla correttezza dei rapporti ed all’assoluta disponibilità verso il prossimo.
Il suo fisico imponente primeggiava sempre, da lì il vezzo di essere presente sempre e comunque. Mi avvicinai e gli strinsi la mano, non era più quella mano forte del ’93.
Mi sedetti al suo fianco, forse si sorprese anche della mia solidarietà umana. Gli dissi che non avevo mai creduto nella sua totale estraneità ai fatti addebitatigli ma che ero convinto che a lui fosse stato riservato un trattamento durissimo e fuori dalle righe, probabilmente a causa dei tanti nemici che aveva battuto e lasciato alle sue spalle.
Insomma gli esternai la mia convinzione che il magistrato Boccassini era stato sacrificato come contrappeso sull’altare della battaglia che la magistratura salernitana stava combattendo contro la politica e la malavita organizzata.
La gente del corso nel suo andirivieni quasi ci evitava e nessuno si avvicinava. Con gli occhi, con uno sguardo drammaticamente intenso mi fece capire quanto infimo possa essere il livello di riconoscenza della gente.
Mi ringraziò con semplicità e mi annunciò la sua intenzione di andare avanti fino al suo rientro in magistratura. La storia e il Signore hanno deciso in maniera diversa.
di Aldo Bianchini
tratto da “Cronache del Mezzogiorno”
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