venerdì, gennaio 08, 2010

Cassazione Civile: anche i fallimenti “lumaca” vanno indennizzati.


Equo indennizzo anche per l'irragionevole durata della procedura fallimentare. Se supera sette anni i creditori hanno diritto ad essere risarciti dallo Stato.
È questo il principio affermato dalla Corte di Cassazione che, con la sentenza n. 28318 del 31/12/2009, ha fissato una sorta di vademecum della lunghezza massima consentita per le procedure concorsuali spingendosi fino a determinare un termine di durata, sette anni, per i fallimenti con tanti creditori e tre anni per quelli con un solo creditore.
La prima sezione civile ha quindi accolto il ricorso di un lavoratore (creditore dell’azienda fallita), ribaltando completamente la decisione dei giudici di merito e decidendo in senso difforme rispetto alle richieste della Procura generale di Piazza Cavour.
“Difformemente dalla decisione del 03/06/2009, innanzi richiamata, - motivano i giudici di Piazza Cavour - correggendo un'evidente errore materiale in essa contenuto (che indica in cinque anni lo standard di durata della procedura fallimentare), va conclusivamente affermato che alla luce dell'orientamento sopra riportato della giurisprudenza della Corte di giustizia europea e degli elementi dianzi sintetizzati concernenti la procedura fallimentare, qualora non emergano elementi a conforto della particolare semplicità della medesima, può quindi identificarsi, in linea tendenziale, in anni sette il termine di ragionevole durata, entro il quale essa dovrebbe essere definita. Ciò tenuto conto della ragionevole durata per tre gradi di giudizio (sei anni) dei procedimenti incidentali nascenti dal fallimento nonché dell'ulteriore termine necessario per il riparto dell'attivo (un anno)“.
Nelle motivazioni la prima sezione civile ha tracciato le differenze fra la procedura fallimentare e il processo di cognizione.
“La durata ragionevole del fallimento - scrivono infatti i Consiglieri della prima sezione civile - , all'evidenza, non è suscettibile di essere predeterminata ricorrendo allo stesso standard previsto per il processo ordinario, in quanto ciò è impedito dalla constatazione che il fallimento è, esso stesso, un contenitore di processi, con la conseguenza che la durata ragionevole stimata in tre anni può essere tenuta ferma solo nel caso di fallimento con unico creditore, o comunque con ceto creditorio limitato, senza profili contenziosi traducentisi in processi autonomi”.
Insomma prevedere una durata massima triennale anche per procedure concorsuali complesse non sarebbe stato giusto, secondo la Cassazione. E questo per le peculiarità legate al fallimento e al fatto che in esso si intrecciano almeno tre diversi procedimenti.

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