venerdì, gennaio 08, 2010

Craxi e le strategie sulla giustizia.


Si scrive Craxi e si legge Riforme o, viceversa, si scrive Riforme e si legge Craxi. Come preferite. Si può combinarlo in entrambi i modi, ma il risultato è lo stesso - è il nuovo assioma della politica italiana.

Non si spiegherebbe altrimenti la forza con cui il decennale della morte del leader socialista ha fatto irruzione sulla scena politica. Dopo tutto di anniversari ne capitano uno all’anno per ogni evento. Quello che sta succedendo in verità è che il memoriale per Bettino Craxi si è trasformato, de facto, in una convinta, seria e (quasi) aggressiva richiesta di riabilitazione. Una richiesta che prende atto, e si avvantaggia, delle condizioni in cui è entrato il dibattito italiano.

Ci sono intanto una serie di coincidenze, che definiscono il contesto di perfetti rimandi. La prossima settimana, dominata dalle celebrazioni in memoria di Craxi, inizia anche con un vertice a Palazzo Grazioli per decidere la strategia del governo sulla Giustizia. In aula al Senato sono in arrivo sia gli emendamenti al ddl sul processo breve, sia la nuova versione, stavolta di iniziativa parlamentare, del Lodo Alfano in veste costituzionale.

Alla Camera si lavora invece al legittimo impedimento e, dietro le quinte, si discute di immunità parlamentare. Tutti sono passaggi considerati una prova generale per poter decidere o no se procedere con le Riforme.

Coincidenze, certamente. Ma il risultato è sconcertante. Oggi per Berlusconi, come un decennio fa per Bettino Craxi, il rapporto fra giustizia e politica è lo stesso, è irrisolto e - addirittura - ha il volto degli stessi protagonisti.

Non siamo così ingenui da appiattire questi due leader l’uno sull’altro. Politicamente rappresentano esperienze quasi incomparabili: il primo, Craxi, è uno «scardinatore» che rimane dentro il sistema dei partiti; il secondo, Berlusconi, è il fondatore di un sistema anti-partiti. Eppure sulla questione della giustizia fra i due c’è una assoluta continuità.
Sostiene oggi Berlusconi, come ieri Craxi, che i giudici sono strumento di attacco a una leadership politica non gradita. E per il premier di oggi, come per il premier di allora, il tema che si pone è come «difendersi» dallo scontro giudiziario. Entrambi hanno in merito raggiunto le stesse conclusioni: il rifiuto di accettare il processo di una giustizia «ingiusta».
Ma questo parallelismo - dopo tutto noto, e di recente sottolineato dalla stessa Stefania Craxi - non basterebbe da solo a dare all’attuale anniversario di Hammamet la forte carica politica che ha assunto. L’effetto nasce anche dalla evoluzione stessa del quadro in cui ci troviamo.

C’è intanto il nuovo clima post attacco a Berlusconi. La avvertita e condivisa necessità di mettere fine all’odio e agli attacchi personali, si vuole ora estenderla anche ai nemici di ieri.
C’è poi la nuova storia degli ex socialisti. Nel governo attuale la loro componente - a partire da 4 ministri - è tale da poter far dichiarare chiusa, e bene, la crisi nata dalla fine del craxismo. Molti socialisti hanno ritrovato ruolo personale e, in particolare sulla giustizia, hanno riportato le loro opinioni al governo.

Quello che manca loro, per avere una definitiva rivincita, è la riabilitazione del passato. Nell’unica forma concreta possibile: ottenere oggi, via Berlusconi, quel rapporto fra politica e giustizia che Bettino non riuscì invece a ottenere.

Il cortocircuito di tutte queste componenti è perfettamente rappresentato da Fabrizio Cicchitto - uomo di primo piano nella difesa di Berlusconi sulla giustizia, gran sacerdote della memoria di Craxi, e gran sostenitore delle Riforme «a patto che». Un recente episodio, che lo ha visto protagonista, ci ha raccontato quasi teatralmente il grumo di emozioni, guerre vecchie e nuove, e conti aperti che dal passato ritorna sul tavolo oggi: in un violento scontro che, dopo l’attacco a Berlusconi, si è scatenato fra lui, Cicchitto, e Antonio Di Pietro, si parlava di odio, giustizia, riforme ma, appunto, l’eco che è arrivata alle orecchie di tutto era Craxi, Hammamet, Tangentopoli. Come in una macchina del tempo erano infatti ancora lì, ancora gli stessi, con gli stessi argomenti alla mano.

Non sappiamo come intenderà procedere la politica. Ma se la strada è questa, se l’atmosfera rimane così carica, il percorso delle riforme si fa molto difficile.
Dialogare è obbligatorio. Diverso è fare un pacchetto di mischia in cui insieme si devono cambiare leggi, opinioni, e Storia.

Bettino Craxi è sicuramente una parte ancora controversa e da discutere del nostro vicino passato. La sua è una storia che fa ancora male, comunque e chiunque la tocchi. A maggior ragione va affrontata fuori dalla cronaca. E fuori dalla strumentalizzazione politica.
Forse lo chiederebbe lo stesso Craxi.


LUCIA ANNUNZIATA
Tratto dal quotidiano “La Stampa”.

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