mercoledì, settembre 05, 2007

Non ci arrenderemo: gli avvocati non abbassano la guardia dopo l’approvazione della riforma Mastella.



Il dibattito parlamentare sulla riforma dell’ordinamento giudiziario si è caratterizzato per il condizionamento operato da un lato dal Ministro della Giustizia e dall’altro dalle pressioni esercitate dall’ANM.

In particolare in più occasioni il Ministro ha di fatto chiesto la fiducia sul provvedimento — pur non essendo la stessa posta ufficialmente dal Governo — al fine dichiarato di evitare che il testo) frutto di intense ed unilaterali negoziazioni con la magistratura associata, dovesse subire nel percorso di approvazione modifiche tali da incidere sui punti fermi oggetto di accordo già nella fase elettorale del 2006, quando l’annullamento della riforma Castelli fu lo snodo sul quale addirittura si misurò la capacità della politica di scegliere autonomamente colui che dovesse ricoprire l’importante ruolo di Guardasigilli.

Ricordiamo tutti il veto posto dall’ANM alla individuazione quale Ministro della Giustizia di Giuliano Pisapia, reo di essere avvocato, ancorché fine giurista e autorevole esponente della maggioranza. L’ultima minaccia, addirittura di dimissioni, ha purtroppo riguardato direttamente il ruolo e la dignità dell’avvocatura: il titolare di via Arenula, infatti, forse dimentico della sua funzione super partes e che il dicastero da lui retto è preposto al governo di un sistema ove avvocati e magistrati sono entrambi, con pari dignità costituzionale, soggetti di giurisdizione, ha apertamente mostrata di non voler garantire e valorizzare tale parità, schierandosi apertamente ed aprioristicamente in favore della magistratura.

Ci chiediamo il perché di tale inusitato atteggiamento, e siamo alla ricerca di risposte. Al di là delle odierne dichiarazioni di equilibrio, che ci spiace dover registrare come tardive e di mera circostanza, il ministro Mastella, in linea con i desiderata dell’ANM, ha minacciato di dimettersi nel caso in cui fosse passato in aula l’emendamento a firma del sen. Manziine che presenza del presidente del consiglio dell’ordine degli avvocati del capoluogo del distretto nei consigli giudiziari.

Si è trattato di un atto gravissimo di ostilità nei confronti dell’avvocatura e, per contro, di polveroso ossequio al disegno autoreferenziale e restauratore della magistratura associata. Con il risultato di scrivere una pagina non certo edificante non solo nello storia delle riforme del settore giustizia,ma più in generale della dignità del Parlamento e di far sorgere fondati interrogativi sulla reale indipendenza del potere legislativo (ed ancor più dell’esecutivo) dal potere giudiziario.

Tralasciando il ruolo, quasi coreografico, riservato alla Camera dei Deputati chiamata sostanzialmente ad una mortificante opera di ratificadel testo governativo. E ciò anche se i lavori — e sopratutto quelli dinanzi la Commissione Giustizia della Camera —hanno visto i parlamentari di entrambi gli schieramenti seriamente impegnati nel tentativo di migliorare una riforma che, a ben vedere, di realmente riformatore non ha nulla.

Tra tutti va ricordato l’on. Buemi (Sdi), che ha presentato in aula propri emendamenti, discussi qualche giorno primo nell’incontro con l’Oua, tesi a realizzare la separazione delle carriere, nel rispetto dell’art. 111 della Costituzione, e a reintrodurre l’avvocatura nei consigli giudiziari, con pienezza di funzioni. Purtroppo, al momento del voto non si è avuta la determinazione dl andare al di là della mera astensione, concorrendo così di fatto ad approvare il testo già varato dal senato,senza alcuna variante.

Pur non essendo stata esplicitata dallo stessa ANM, in audizione alla Camera, alcuna valida ragione per non dare luogo ad una proroga di sei mesi, verso la quale molte forze politiche si stavano responsabilmente orientando, tale soluzione, che avrebbe consentito verosimilmente di introdurre alcune significative e migliorative modifiche al testo, talune delle quali —pare — anche auspicate dalla stessa magistratura, gli ordini di scuderia hanno prevalso. Vogliamo ricordare che la presenza del rappresentante degli avvocati nei consigli giudiziari era stata prevista nel corso del dibattito in commissione, al Senato, proprio su iniziativa del relatore e condivisa dalla stessa maggioranza fino a quando non è intervenuto il rappresentante del governo che ne ha imposto l’esclusione in esecuzione di una precisa richiesta dell’ANM.

Sembra inoltre privo di coerenza politica il fatto che la “unità della maggioranza”, valore per il quale una volta in più tutto può essere ed è sacrificato, sia stato affidato ad un provvedimento sprezzante verso una categoria di professionisti la cui funzione è proclamata dalla Costituzione, trattandola alla stregua di un fastidioso intralcio alla pretesa di insindacabilità di un sistema che dimostra di non voler pienamente attuare la lettera e lo spirito della norma costituzionale.

L’Avvocatura già dal prossimo settembre riprenderà ogni iniziativa per la modifica dell’ordinamento appena varato, incidendo sulle molteplici ombre del sistema, per riaffermare i principi del giusto processo e dell’ autonomia e indipendenza dei poteri: la promozione del disegno di legge di riforma costituzionale teso alla separazione delle carriere e le iniziative da assumere in tema di incarichi extragiudiziari dei magistrati ne sono soltanto alcuni esempi. Ai cittadini, e ai parlamentari, vogliamo ricordare che tutta l’Avvocatura è unita per contrastare un disegno autoritario e illiberale che vuole emarginare e indebolire la funzione dell’avvocato ed assegnare alla magistratura una sorta di incontrastata primazia, con effetti condizionanti non solo nell’esercizio della giurisdizione ma anche sulla stessa vita politica del Paese.

Gli esempi sono quotidianamente sotto gli occhi di tutti. Gli avvocati italiani vogliono continuare ad essere presidio e testimonianza di indipendenza, di autonomia e di libertà, anche se tali caratteristiche certamente ne fanno soggetto inviso a molti e”scomodo” in alcuni consessi.

di Michelina Grillo – Presidente Oua