lunedì, dicembre 19, 2011

Professioni e Casse Previdenziali fanno gola a Confindustria.


E' ormai chiaro che sulla riforma delle professioni si sta giocando una partita ambigua e assai pericolosa. Una partita che ora sta coinvolgendo anche le casse di previdenza. Se ci limitiamo a guardare alle norme contenute nell’ultima manovra del governo Berlusconi e nella manovra Monti, sembra che il capitolo della liberalizzazione degli ordini sia sostanzialmente chiuso. C’è un testo che impone di attuare entro il 13 agosto una riforma di alcuni punti della disciplina degli ordini per renderli più aperti al mercato e più aderenti alla loro funzione originaria che è quella di garantire gli utenti e i cittadini. Non manca qualche sbavatura, soprattutto la norma sulle società tra professionisti che consentirebbe paradossalmente ad un radiato dall’ordine per motivi disciplinari di rientrare in gioco come socio di capitali di una società tra professionisti, magari in posizione dominante. Tutto sommato però le linee guida della riforma vanno nella direzione di rendere più trasparente il ruolo degli ordini, più corretto il rapporto tra professionisti e clienti.

Ma è meglio non abbassare la guardia. Nel corso del 2011, infatti, sono state approvate quattro manovre economiche per fronteggiare situazioni di gravi crisi finanziarie. Manovre assolutamente necessarie, sulle quali non si potevano fare troppe discussioni: andavano inghiottite tutto d’un fiato, come una medicina. Tutte le volte una manina misteriosa ha cercato di approfittare dell’occasione infilando un articolo o un comma per abolire gli ordini o comunque per ridurne drasticamente il ruolo. I tentativi sono sempre stati sventati, qualche volta anche in modo drammatico. Ma è facile prevedere che si riproporranno. Chi c’è dietro questa manina? La risposta non è difficile. Ci sono ampi settori di Confindustria che vogliono entrare nel mercato dei servizi professionali in modo industriale e perciò non vogliono avere tra i piedi gli ostacoli che sarebbero posti dagli ordini professionali. Ovvio che la continua invocazione delle liberalizzazioni è per questi poteri forti solo una copertura ideologica.

C’è anche un altro pericolo che riguarda, questa volta, le casse di previdenza. Il ministro del lavoro, Elsa Fornero, ha infatti voluto inserire in manovra una disposizione che obbliga entro pochi mesi le casse a presentare bilanci a 50 anni. Non solo. In un periodo così lungo, gli enti di previdenza dovrebbero garantire un equilibrio tra entrate e uscite senza prendere in considerazione il valore del patrimonio accumulato nel corso degli anni. È chiaro che si tratta di una missione impossibile: il timore è che dietro ci sia la volontà di incamerare o comunque di commissariare la gestione di un patrimonio che vale diverse decine di miliardi di euro. Ci avevano già provato del 1996, nel corso di un’altra grave crisi finanziaria. Il rischio è che, facendo leva su condizioni di obiettiva difficoltà e su alcune contraddizioni che pur ci sono nella gestione delle Casse, ora il governo ci tenti di nuovo.

Di Marino Longoni
(Editoriale di ItaliaOggi Sette)

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