mercoledì, dicembre 14, 2011

Liberalizzazioni: lettera aperta dell'OUA al Sen. Monti.


Ill.mo Sen.
Prof. Mario MONTI
Presidente del Consiglio dei Ministri
ROMA



Ill.mo e carissimo Presidente,
mi permetto di rivolgermi a Lei per illustrarLe la posizione dell’Avvocatura riguardo alle prospettate liberalizzazioni.
L’attività dell’avvocato-difensore non può rientrare nei principi della libertà di impresa e nelle regole della concorrenza.
L’avvocato che difende un cittadino in un processo ha, infatti, una sua specificità e peculiarità. L’avvocato svolge una funzione costituzionale che non può essere ricondotta alle regole del mercato.
L’art. 24 della Costituzione sancisce il principio della inviolabilità del diritto di difesa in ogni stato e grado del processo e, collegato a questo, il principio della tutela dei non abbienti. L’art. 111 sancisce poi il principio della parità delle parti nel processo.
Dal dettato costituzionale emerge che l’avvocatura è una componente essenziale della giurisdizione che trova fondamento in principi fondamentali della nostra Costituzione che vengono attuati con il suo concorso decisivo.
Il ruolo dell’Avvocatura diventa, quindi, l’indispensabile sostegno alla correttezza e pienezza del ruolo del giudice per la rappresentazione della situazione giuridica delle parti.
Piero Calamandrei proclamava che l’avvocato nell’esercizio del proprio ministero deve obbedire solo alle leggi e alla propria coscienza e non curarsi di altro, di guisa che il difensore può essere posto sullo stesso piano del giudice quando giudica. L’autonomia e la libertà dell’avvocato è, infatti, condizione e garanzia dell’imparzialità del giudice e, quindi, dell’attuazione della giustizia.
Ora Illustrissimo Presidente, mi permetto di rivolgerLe alcune domande.
Come si fa a configurare una concezione mercantile dell’avvocato che contraddice la riconosciuta funzione costituzionale di difensore dei diritti dei cittadini e di garante dell’equità della giurisdizione?
Quale senso ha la previsione di un esercizio professionale dell’avvocato riferito a società di capitali con soci non professionisti e/o soci di capitale che possono condizionare la sua indipendenza?
Come si può “delegificare” l’ordinamento forense fissando una nuova disciplina con un regolamento governativo che, come Ella ben conosce, ha valore di normativa di rango secondario?
Come si può abrogare per legge il 14 agosto 2012 l’ordinamento forense che trae fondamento dalla Costituzione?
Sono questi atti che si possono compiere agevolmente in un sistema democratico di tutela dei diritti?
L’Avvocatura accetta ogni sacrificio economico, ma non può accettare che vengano violati principi e libertà fissati dalla Costituzione che non hanno, per altro, nulla a che vedere con la crisi economica.
Grato per una cortese risposta.
Con rinnovata stima.
Roma, 13 dicembre 2011

- avv. Maurizio de Tilla -
(Presidente dell’Organismo Unitario dell’Avvocatura Italiana
eletto dal Congresso Nazionale Forense)

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