venerdì, dicembre 02, 2011

LETTERA APERTA ALL’AVVOCATURA ITALIANA.


Da alcuni mesi il nostro Paese vive una situazione politico-economico-sociale di continua emergenza che ha, inevitabilmente, contagiato il sistema giustizia e il mondo forense.
Il medesimo clima emergenziale è stato infatti da tutti noi vissuto all’ultima Conferenza Nazionale dell’Avvocatura organizzata dall’OUA, tanto da consentire una rapida presa di posizione unitaria contro i possibili attacchi alla giurisdizione e ai pilastri fondamentali della nostra professione.
Tuttavia - mantenendo sempre vigile l’attenzione verso tutti i possibili ‘colpi di spugna’ – che la contingenza politica potrebbe improvvisare in questi giorni o nelle prossime settimane – ritengo doveroso concentrare la nostra attenzione verso obiettivi di più ampio respiro.
La difesa strenua dell’esistente, senza alcuna disponibilità al dialogo con gli interlocutori politici ed economici, rischia di aggravare la diffusa sensazione, presente nell’opinione pubblica, che tutti i guasti della Giustizia (o gran parte di essi) siano responsabilità degli avvocati.
La Giovane Avvocatura è ben consapevole che non esiste la casta degli avvocati, così come è consapevole che la nostra magnifica professione è nei fatti (oltre che giuridicamente) libera, soprattutto per quanto riguarda l’accesso.
Ma se vogliamo restituire fiducia nella nostra professione, siamo obbligati ad interrogarci sulla possibilità che si possa innovarla, mantenendo fermi i principi cardine dell’indipendenza e dell’autonomia dell’avvocato nelle sue scelte professionali; auspicando il massimo rispetto del codice deontologico e rafforzando il controllo disciplinare.
In questo quadro non sono giustificabili le chiusure nette verso le società professionali o inter-professionali a responsabilità limitata, che possono costituire una nuovo modello per l’organizzazione del lavoro degli studi legali anche, e soprattutto, a vantaggio delle giovani generazioni; sia pure con tutte le remore per la presenza di un socio di puro capitale (con poteri di amministrazione e controllo).
Come dovrebbe essere ben vista - in tale prospettiva - la netta divisione dell’attività disciplinare da quella amministrativa, prospettata nella manovra di agosto, in modo da consentire un recupero di credibilità della stessa struttura ordinistica.
Sarebbe auspicabile – anche e finalmente –la regolamentazione di quei rapporti tra avvocati titolari e avvocati collaboratori di studio, riconoscendo a quest’ultimi tutele e garanzie in linea con le recenti e future riforme del mercato del lavoro.
Ma tutto ciò passa inevitabilmente da una rivisitazione della rappresentanza democratica dell’Avvocatura.
Credo che sia ampiamente condivisa la sensazione di un gravissimo deficit di rappresentanza, dovuto al sistema poliarchico di governo della nostra classe, che produce una continua confusione dei ruoli e genera un mancato coordinamento delle nostre voci con gli interlocutori politici e non solo.

Oggi è quanto mai necessario che vi sia un’unica voce, davvero unitaria, democraticamente e direttamente eletta da tutti gli avvocati italiani, senza complicati meccanismi elettorali, senza elezioni di secondo o terzo grado.
Abbiamo bisogno del Presidente degli Avvocati Italiani, e per far questo l’AIGA è pronta a fare la sua parte.
Roma, 2/12/2011

Dario Greco
Presidente AIGA

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