martedì, marzo 16, 2010

Riforma forense: l’Avvocatura richiama la politica alla responsabilità di approvarla.


I tempi lunghi del parlamento e le modifiche al testo della riforma forense - così come approvato unitariamente dall’avvocatura - mettono a rischio l’efficacia dell’intervento riformatore per qualificare professionalmente e deontologicamente l’avvocatura.
E i legali incominciano a chiedersi se la politica non risponda a logiche diverse da quella della mediazione tra contrapposti interessi, che dovrebbe essere un suo preciso compito.
“Come mai non c’è stata alcuna levata di scudi delle Autorità di garanzia contro le riforme delle altre professioni, come quella notarile e dei commercialisti? Come mai Bankitalia correla l’inefficienza della giustizia con il numero degli avvocati e la Banca mondiale degli investimenti fa lo stesso?”.
Per il presidente del Consiglio nazionale forense, Guido Alpa, il momento che vive l’avvocatura è molto critico.
E ne ha fatto un’analisi nella tavola rotonda conclusiva del V Congresso di aggiornamento giuridico- forense, che in tre giornate ha visto la partecipazione di 2700 avvocati che si sono aggiornati in ogni branca del diritto.
Una presenza massiccia che testimonia la volontà di una categoria di “riappropriarsi di un profilo di alta qualificazione e quindi di alta tensione etica”.
Una volontà che rischia di essere delusa dall’assenza della politica. Il timore che serpeggia tra i legali è che il parlamento non porti in porto la riforma della professione, che il 18 sarà in aula al senato ma sulla quale gli auspici, nonostante le promesse, non sembrano essere dei più favorevoli.
“Come avvocati e giuristi dobbiamo chiederci se le nuove forme giuridiche che il legislatore immagina siano in linea con questa volontà che sembra indirizzata a deprimere l’avvocatura”.
Alessandro Bonzo, consigliere che si è occupato della redazione del testo di riforma, ha evidenziato come alcune delle modifiche apportate dalla commissione giustizia del Senato abbiano indebolito l’impianto e annacquato il vigore.
“Avevamo chiesto il riconoscimento delle specialità della professione, ed è stato eliminato ogni riferimento: il potere regolamentare del Cnf è stato eliminato nonostante il suo essere ente pubblico avrebbe potuto favorire l’applicazione del principio comunitario della sussidiarietà; ora si parla di rivedere le norme sull’accesso e sula continuità della professione. La politica sembra non aver compreso l’obiettivo che ci eravamo proposti di riqualificare la professione. Questo ci preoccupa”.
“Se la riforma non si farà, il pericolo è che si consolidi la situazione di crisi in cui versa attualmente la categoria forense, stretta tra crisi economica e decreto Bersani, che è tutt’ora in vigore”, ha sottolineato il presidente dell’Oua Maurizio De Tilla.
Le conclusioni del Congresso di aggiornamento, che ha visto momenti di scambio internazionale come il confronto sul Draft Common Frame of Reference e la visita di una delegazione di professori agentini, sono state affidate a Angelo Falzea, maestro di diritto e figura di riferimento della professione, il quale proprio nel consesso che ha visto i legali dedicarsi interamente al loro aggiornamento professionale, li ha spronati a proseguire sulla strada della ricerca della qualità, allargando gli orizzonti verso l’Europa e il diritto comunitario.
“Il nostro maestro Falzea ci ha richiamato il pensiero di Piero Calamandrei che ha sempre sostenuto che “di fronte allo sfracelo del mondo gli avvocati devono aver fede nel diritto”, ha chiuso il Congresso il presidente Cnf Guido Alpa.

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